mercoledì 13 marzo 2013

UN MISTERO DI CAMPAGNA di Sergio Bissoli




Una notte d’autunno sono nella mia cameretta nella casa di campagna dello zio ma non riesco a dormire.
Sento il vento autunnale che sibila. Sento il lontano frusciare dei pioppi.
Ma a volte sento anche un altro rumore, più acuto e preoccupante. È una specie di fischio o grido e non riesco a capire da dove provenga.
Devo essermi addormentato. Mi sveglio all’improvviso nel cuore della notte sentendo dei tonfi giù in cucina. Aspetto un altro poco. Ancora i rumori inspiegabili; stridii acuti, tramestio.
Questa volta non posso sbagliarmi. C’è qualcuno giù, forse un ladro. Negli ultimi tempi sono scomparsi dei vitelli nelle fattorie vicine.
Mi alzo piano, prendo il lumino e senza far rumore esco nel corridoio. Socchiudo la porta della camera dello zio e lo vedo disteso sul letto con gli occhi aperti. Mi fa cenno di entrare. Anche lui ha sentito i rumori perciò si alza, indossa gli stivali e mi precede in camicia da notte.
Entro nella stanza del nonno: poiché soffre di insonnia sta seduto vestito sul letto a fumare la pipa. Pure lui ha sentito i rumori così prende il suo bastone e mi segue.
Spengo il lumino e tutti insieme scendiamo la scala passo dopo passo sforzandoci di non fare rumore.
Arrivati giù ci fermiamo sulla soglia a guardare. La cucina è immersa nel buio. Strisce di luce lunare entrano dalle fessure alle imposte.
Allora avanziamo piano fino a raggiungere la saletta. Anche qui buio e la luce lunare che entra dalle fessure della porta. Mio zio accende un fiammifero, poi accende la lucerna.
La visita alle due stanzette inferiori è presto fatta. Le porte sono sbarrate con i catenacci, le finestre sono chiuse e munite di inferriate. Io guardo nel secchiaio e nel sottoscala.
Per scaricare la tensione ci mettiamo a chiacchierare prima di ritornare a letto. Il rumore, una specie di grido aspro e acuto, si fa sentire vicinissimo questa volta mettendoci in allarme. Nel silenzio che segue ci voltiamo tutti verso la porta chiusa che immette nella legnaia. É piccola e robusta, sbarrata con due ganci e due catenacci. Mio zio la indica parlando sottovoce:
“Qualcuno è entrato nella legnaia.”
Ci avviciniamo piano alla porta che abbiamo varcato tante volte, ma che adesso appare inaccessibile e pericolosa. Lentamente sfiliamo i catenacci. Mio zio dopo aver atteso un poco sferra un poderoso calcio con gli stivali mandandola a sbattere contro il muro. Poi mette il braccio in avanti illuminando con la candela la stanzetta piccola e squallida, riempita di cataste di legna per l’inverno.
Scendiamo i due gradini. Non c’è nessuno nemmeno qui. Ci fermiamo nel centro della stanzetta sotto le travi basse guardando tutto intorno.
Un sibilo sottile e rabbioso ci fa sobbalzare. In cima a una pila di legna c’è il nostro gatto che soffia con il pelo ritto e la schiena inarcata. Sembra irriconoscibile. Con un salto corre giù, infila la porta della cucina e scompare.
Ancora il silenzio. Poi un nuovo rumore, questa volta acuto e rabbioso. Mio zio che ha visto qualcosa, impugnando il rastrello corre verso il fondo della legnaia.
In un angolo è apparsa una biscia mostruosa con il corpo grosso e lungo e la testa da gallo! Mio zio l’affronta decisamente con il rastrello. La biscia si ritira poi con uno scatto volta la testa e si solleva.
Mio zio pentito della mossa avventata si gira per tornare indietro. La biscia con uno slancio gli si attacca alla caviglia. Nello stesso momento io alzo la mannaia che sta posata sul ceppo e con un colpo taglio in due il corpo della biscia.
Mio zio manda un grido, ma non si è fatto niente perché gli stivali di gomma lo hanno protetto. I due tronconi del serpente restano a dibattersi sul pavimento di terra, in una pozza di liquido scuro.
La stessa notte usciamo fuori sull’aia. Una luna piccola e fredda rischiara la campagna. Il vento d’autunno fa fischiare i comignoli.
Senza parlare scaviamo una buca profonda in mezzo al letamaio. Poi mio zio va a prendere la cosa con la forca, la butta dentro e la seppelliamo sotto mucchi di letame.
Quando abbiamo finito un fumo si leva dietro di noi. Corriamo a vedere: ma è solo la giacca del nonno sull’aia. Egli se la era tolta per aiutarci a scavare dimenticando nel taschino la sua pipa accesa.

(Per gentile concessione dell’Autore)



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