sabato 2 marzo 2013

NOTTE DI TEMPESTA di Sergio Bissoli

                                  



La sera di novembre è cupa e piovosa.
Il villaggio appare deserto poiché nessuno osa uscire di casa. Una pioggia torrenziale sta cadendo da ore e la bufera non accenna a diminuire. Le pozzanghere in certi punti arrivano fino al centro della strada e i fossi sono straripati.
Cammino, immerso nei miei pensieri. Non so se sono ancora in tempo per salutare Sarah prima che sia già partita. È stata la mia compagna di giochi per tanti anni ed ora anche lei se ne va; lascia per sempre il paese.
Cammino abbassando il parapioggia per proteggermi dagli scrosci di acqua spinta dal vento. Nel mio animo c’è una grande tristezza, quasi un senso di impotenza e di annientamento.
La casa di Sarah sta isolata fuori dal villaggio. Nella notte piovosa è solo un’ombra scura e priva di vita. Due finestre piccole al piano superiore risplendono fiocamente come lumi.
Busso alla porta bagnata cercando riparo sotto all’architrave. Poi provo a chiamare ma la mia voce si disperde nel vento.
In silenzio la porta si apre un poco, quanto basta per lasciarmi passare. Appena entro nella saletta la vedo: Sarah indossa un vestito bianco e ha i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle. In mano tiene una bugia di ottone con una candela accesa. Nei suoi occhi c’è smarrimento e paura.
Rinchiude mettendo i catenacci mentre io deposito in un angolo il parapioggia che forma subito una pozzanghera sulle mattonelle. Mi guardo intorno: la saletta vuota sembra più piccola. I mobili sono già stati portati via, è rimasto solo un baule e alcune valige.
Senza parlare Sarah mi fa cenno di seguirla. Attraversiamo la cucina, dove abbiamo trascorso pomeriggi a giocare fra il borbottare dei nonni e l’abbaiare dei cuccioli. Ora che sono partiti tutti è solo una stanza priva di vita, fredda e vuota.
Con movimenti flessuosi la ragazza sale le scale ripide di legno tenendo alta la candela. La fiamma tremolante scava ombre paurose sulle pareti. La pioggia di novembre cade sui tetti con un rumore insistente, monotono.
Lei apre una porta del corridoio. Mi fa entrare in una cameretta semibuia rischiarata dalla luce rossastra del camino. É rimasto solo il letto, un tappeto e un telaietto da ricamo. Uno specchio ovale sta attaccato al muro.
Vado davanti al camino acceso per asciugarmi. Anche lei si curva sul fuoco senza parlare. Il suo corpo esile è scosso da brividi di freddo. Dalle finestre piccole vedo il buio oltre i vetri ruscellanti di pioggia.
Nella notte da tregenda restiamo ad ascoltare il fischio del vento e lo scroscio incessante della pioggia. Si odono scricchiolii, piccoli tonfi, gemiti... La casa pare animata e vibra sotto la spinta delle raffiche. Ci sentiamo completamente soli quasi fossimo gli unici esseri rimasti al mondo. Ci sentiamo sperduti, in balìa delle forze della natura.
Un topo corre in fondo alla stanza e va a rifugiarsi in una fessura. Fuori nella notte buia ci sono solo i démoni in ascolto e abbiamo paura di parlare.
Il corpo di Sarah è curvo sul fuoco alla ricerca di calore. I capelli le ricadono sul viso come una pioggia di seta. Il vento ulula dentro alla cappa del camino, fa salire le faville, disperde la cenere.
Con il passare del tempo ci sediamo sul tappeto. Il freddo ci fa stare più vicini. Il suo volto stupendo ha una espressione seria, quasi implorante. Solo con gli sguardi comunichiamo la sofferenza delle nostre anime.
La notte sembra non dover finire mai. All’improvviso negli occhi di Sarah scorgo lampi di desiderio e paura. Riconosco tutto l’erotismo dell’adolescenza, solo sognato e intuito.
Le sue labbra con gli angoli piegati verso il basso sussurrano alcune parole, come una preghiera:
“Baciami, amore baciami, e non fermarti mai...”
Nel silenzio grave che segue, le sue parole lasciano un’eco di perle che cadono nel latte.
Timidamente ci prendiamo per mano. La guardo negli occhi ed è come se vedessi in fondo alla sua anima.
Il primo bacio è solo uno sfiorare di labbra. I capelli hanno riflessi d’oro. Le sue lunghe mani vellutate tremano.
Lentamente l’attiro sempre più vicino fino ad abbracciare il suo corpo soffice.
***
É molto tardi. É quasi l’alba.
Devo andarmene per non essere sorpreso dai parenti che verranno a prendere Sarah e a caricare le cose rimaste.
Le prime luci del mattino illividiscono il cielo. Sulla porta le dico un ultimo ciao senza ricevere risposta. Dopo la notte d’amore vado a casa e rimango a letto fino a tardi.
Verso mezzogiorno un tiepido sole illumina la campagna. Dalla mia finestra guardo le gocce di pioggia scorrere sul vecchio muro della casa di fronte, come lacrime.
Mi vesto in fretta ed esco in strada di corsa. Forse sono ancora in tempo per vedere Sarah per l’ultima volta. Il cielo è tutto un ribollire di nubi bianchissime, spumose in mezzo a torri di cristallo.
Raggiungo la sua casa ma le finestre sono tutte chiuse. Nel fango della strada sono impressi i segni delle ruote. I parenti sono venuti a prendere anche lei e adesso sono partiti tutti.
Camminando piano ritorno indietro. Tutto è finito. Una parte della mia vita se ne è andata per sempre.
A est nubi a raggiera dilatano il cielo. Anche se l’inverno è vicino c’è nell’aria come un senso di speranza.
Spero che il futuro sia sempre per me come una pagina bianca.
                   
  (Per gentile concessione dell’autore)




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