- Ed ora… i Rokes!
Il
presentatore, in abito argentato all’ultima moda, gettò le braccia in avanti in
segno di saluto e uscì saltellando.
Sul palco erano già piazzati gli
strumenti: tre chitarre a freccia appese a un’asticciola quasi invisibile e una
batteria.
- Ecco il tuo
momento, nonno! – disse il nipotino di dieci anni in tuta da sera con il rigido
colletto alto. Il loro tavolo era proprio sotto il podio dove si sarebbe
esibito il complesso.
L’uomo non
stava nella pelle. – Vedrai che roba, Daniele!
Il ragazzino,
sprofondato nella poltroncina, guardò di sottecchi il nonno e afferrò il
bicchiere di aranciata. – Era il tuo gruppo preferito?
- Correva
l’anno 1968, quando presentarono questo pezzo alla televisione. Il programma
dice che lo eseguiranno nello stesso modo.
Un moderato
applauso accolse la comparsa di Mike, il batterista. Emerse proprio dietro il
suo strumento. Cominciò a battere sui tamburi, dando voce all’introduzione
martellante della canzone: “Lascia l’ultimo ballo per me”.
Subito dopo
entrò Johnny. Afferrò la chitarra che sembrava sospesa nell’aria e cominciò a
suonare. Poi fu la volta di Shel e di Bobby. Comparvero dai lati opposti, si
misero a tracolla i loro strumenti e completarono la musica di quel ballabile
dalle sonorità scoppiettanti.
Il nonno rimase
a bocca aperta.
Daniele
succhiava dalla cannuccia, mentre fra i tavoli del locale variopinto si
spegneva il brusio.
E la musica prese
il sopravvento.
- Sono proprio
loro! – esclamò il nonno. – Sembra di essere ai vecchi tempi. Sapeva che doveva
esserci un trucco, ma l’effetto era davvero sorprendente.
Shel, i folti
capelli e una barba incolta, cantava con la sua voce vellutata. Bobby, con i
baffetti, sembrava D’Artagnan. Johnny, faccia pulita e capelli un po’ più
corti, ricamava con la chitarra solista. Dietro di loro, Mike segnava il ritmo,
facendo danzare le bacchette.
- Cavoli,
nonno… ti piace eh? – constatò Daniele, posando il bicchiere sul tavolo.
Cosa poteva
dire? Ogni commento era superfluo. Guardava rapito verso il palco, dove i
Rokes, esattamente come si presentavano nella primavera del 1968, eseguivano la
celebre canzone fra luci multicolori.
Erano davvero
magnifici con le giacche scure, le camicie da paggetto e il papillon in tinta
con l’abito. Le chitarre a freccia luccicavano.
Poi, al termine
della canzone, i Rokes fecero un elegante inchino e vennero gli applausi.
Il nonno si
alzò in piedi e gridò:
- Bravi, bravi!
Shel!… Shel!
Qualcuno
dimostrava lo stesso entusiasmo del nonno. Erano donne e uomini della sua età.
Mentre gli altri si limitavano ad applaudire, stando seduti nelle poltroncine.
Poi accadde
qualcosa.
Mentre i
quattro Rokes rimanevano in piedi, rispondendo con sorrisi agli applausi, una
ragazzina saltò sul palco. Indossava un miniabito che in quel 2027 appariva del
tutto eccentrico. Qualcuno dei giovani rise, mentre dagli anziani vennero
fischi d’ammirazione.
La fanciulla
portava un mazzo di rose gialle e ne diede una a ciascuno dei musicisti. Quando
fu vicino a Johnny, emise un gridolino di gioia, mettendosi a saltellare
graziosamente. E gli si gettò al collo.
Mentre la gente
applaudiva, lei si girò verso il pubblico. Ma con un movimento brusco urtò il
chitarrista. Johnny, che si trovava sull’orlo del palco, perse l’equilibrio e
cadde.
La testa si
staccò e rotolò ai piedi del tavolo dove erano seduti il nonno e il nipotino.
L’anziano incrociò
lo sguardo perso del musicista. Dal collo uscivano cavi elettrici e giunti di
metallo. Daniele emise un’esclamazione di stupore, mentre un brusio cominciava
a diffondersi nel locale.
Gli altri tre
Rokes, sul palco, stavano immobili e sorridevano, pronti ad attaccare un nuovo
pezzo.
La ragazza in
miniabito si era messa in un angolo, imbarazzata, con aria contrita.
E finalmente
accorsero due tecnici in camice bianco.
(Per gentile concessione dell’Autore)
Suggestivo il tuo racconto, Giuseppe. I rokes presentati come simpatici robot, per rinverdire emozioni negli ammiratori di un tempo.
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