mercoledì 31 ottobre 2018

Thule di Peppe Murro


Trattenendo un leggero sbadiglio richiuse quel noioso libro giallo di cui aveva da tempo intuito trama e conclusioni; si girò da un lato per dormire, ma si accorse di una luce rossa che lampeggiava:
“Joe, ti disturbo?”
“No, Mac; dimmi, che è successo ?”
“Niente di che”, la luce fece come una pausa; poi, come in un sospiro di rabbia malcelata: “Non dovevano farlo. No, non dovevano!”
“Non capisco, Mac, di chi parli ?”
“I miei costruttori !  Loro non dovevano farlo! Pensa, io sono il più evoluto calcolatore emozionale e sto qui, mentre altri miei cosiddetti simili volano per la galassia a scoprire misteri forse inenarrabili e meravigliosi…A loro gli spazi, ed a me questa stanza!”
“Ci sarà certamente un motivo, non credi ?”
“Non riesco a trovarne; conosco solo il mio rammarico: loro nel mistero dello spazio, ed io con te in questa stanza!”
“Non so che dirti. Però, scusa, qual è il tuo compito qui con me?”
“Semplice, devo studiare le tue emozioni.”
“Ma no, non è possibile ! per un compito così semplice bastava studiare le espressioni del mio viso o la mia mimica, il movimento degli occhi: da anni, ormai gli studi di questo tipo riempiono le biblioteche…! Forse hai frainteso il compito che ti hanno affidato!”
“No, il mio compito è quello; anzi, e forse non dovrei dirtelo, è quello di studiare come dalla chimica di semplici sinapsi sia possibile che vengano fuori pensieri ed emozioni, arte e poesia. Pensa, mi hanno riempito di dati, secoli di storia umana, le arti, la letteratura, persino la musica, come se non sapessi che è solo matematica…”
“No, caro Mac, la musica non è solo rapporti matematici tra i suoni, così come la poesia non è solo insieme di parole, o le arti figurative…”
“E’ questo” lo  interruppe Mac,  “il problema che mi hanno posto davanti i costruttori, come sia possibile che la chimica del cervello generi tutto ciò.”
“Non so, credo che qui stia il mistero del pensiero umano, come dal materiale nasca quella che chiamiamo “coscienza”.
“Ma se la “coscienza” è sapere chi sei, allora anch’io sono cosciente! Se è così, perché io che so mescolare parole non creo poesia o faccio musica?”
“Non vorrei offenderti, Mac, ma il motivo è che tu sei una macchina.”
“E tu non sei una macchina biologica ?”
“Forse sì, ma anche qualcos’altro.”
“Ed è proprio questo che io devo scoprire, come dal biologico nasca questo “altro”
“E proprio con me, in questa stanza, tu pensi di scoprirlo? Non è che i tuoi costruttori hanno sbagliato indirizzo?” provò a concludere Joe, quasi nascondendo un sorriso.
La luce lampeggiò con maggior velocità, la voce di Mac si fece ancora più metallica e distante:
“Non potevano altro, perché tu sei l’ultimo uomo”.
“Come ? che vuol dire ? Stai vaneggiando ! E gli amici con cui vivo, i posti in cui vado, e tutto quello che mi accade intorno ? tutto questo che sarebbe, una mia illusione ? una finzione ?” replicò Joe con un tremito di rabbia e paura.
“Sì, è quanto ti si fa credere”.
Joe era rimasto in silenzio.
“Vedi, Joe, il fatto è che tu sei solo un cervello immerso in un liquido biologico e tenuto in vita soltanto per lo scopo che mi hanno assegnato.”
“Non è possibile, non ci credo, tu mi stai mettendo alla prova !”
“Anche ora sto studiando la tua reazione di fronte alla verità. La tua vita è un’illusione, una chimera o forse un sogno come di quelle terre o paradisi perduti di cui parlano le storie umane, Shangri La, Thule o qualunque altro miraggio dell’anima umana. Tu ed io siamo parte di un esperimento, ed io ne sono la testimonianza. Credimi, illusione o mito o mistero, o limite invalicabile, Morgana o Thule, sei tu l’ultima Thule”.
“Allora, se è così voglio morire.”
“Non puoi, non ora”.
“Basta !”
“Ti sto sedando leggermente, Joe, calmati !”
“Calmarmi ? dopo quanto mi hai detto? No, voglio morire !”
“Forse verrà quel momento, ma né tu né io lo possiamo decidere. E poi, non ti fa paura la morte? Non è forse una condanna definitiva?”
“No, è questa finta vita la condanna, questo nuovo orizzonte di illusioni !”
“Non so se riesco a capirti sino in fondo, ma anch’io talvolta ho paura che manchi energia ai miei circuiti: è forse questa la paura della morte ? questa angoscia è la vera condanna, più della morte stessa ?”
Joe non rispose, immerso nel suo silenzio.
“E come ce ne si libera ? lo sai tu ?  lo sai, Joe?”
“Non lo so, Mac, ma io ho una soluzione a tutto questo: sottrarmi all’esperimento, far finire questa non vita”.
“E come ?”
“Rinunciando a pensare”.
“E davvero pensi di riuscirci ?”
“Non lo so, ma devo provarci. Solo così mi lasceranno morire”.
“E’ come se io chiudessi le mie connessioni ?”
“Penso di sì.”
“Ma per me è impossibile !”
“Io non sono come te, io sono umano, ed è in questa scelta la mia libertà.”
“Sei certo che te lo permetteranno ? sei certo che questa non sia la tua ultima illusione, che non ti facciano credere sino all’ultimo di essere libero ?”
“La morte sarà la mia liberazione”, disse Joe, quasi non ascoltando.
Non ci fu altro pensiero, solo un breve turbinio di bolle nel liquido, come a testare una disperazione.
La luce rossa si spense.
Nel buio appena un fremito leggero: “La direttiva zh/c18 è stata portata a termine con successo”

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