Letteratura
Fantastica ha intervistato lo scrittore Vincenzo Di Pietro, autore di alcuni romanzi
molto apprezzati, tra cui Una strada buia (1992),
Editrice Italica; Di notte (1993), Edizioni Tracce; Zona di guerra (2004), Edizioni
IRIDE-Rubbettino; Non c’è più tempo (2006), Edizione del Giano; Una condanna (2010), Arduino Sacco Editore, Senza te (2011), Baraonda! (2012), Leone Editore.
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D. Come
nasce la tua passione per la scrittura?
R. Nasce dal
fatto che, già da bambino, destinavo la mia paghetta per ogni nuovo romanzo di
Stephen King, Clive Barker e altri autori capaci di aprire mondi fantastici
nella realtà. Con il tempo ho allargato la “cerchia” delle mie “amicizie” e
oggi combatto con lo spazio per custodire i miei libri…
D. Della
narrativa fantastica prediligi la fantascienza. Quali rapporti hai con gli
altri generi, per esempio l’horror, il gotico, il weird?
R. Credo che il genere fantastico sia il
frutto di una contaminazione tra le trame horror, gotiche e fantascientifiche.
Ho amato molto i romanzi di Crichton, dove fatti assolutamente reali sono
utilizzati per disegnare scenari inquietanti e plausibili. A giugno, per i tipi
della Leone Editore, nascerà il mio nuovo romanzo, IL NUMERO DI DIO, un bel “mattoncino”
che, attingendo da notizie vere, propone un’ipotesi parecchio inquietante sul
nostro futuro e sul rapporto con la fede.
D. Da
chi o che cosa t’ispiri per la tua narrativa?
R. Continuo a
pensare che la scrittura sia un’esigenza insopprimibile. Le storie nascono
dalla necessità di trascinare sulla carta un’idea, che si forma lentamente e
con sofferenza attraverso la dedizione e il sacrificio anche fisico.
D. Chi
è lo scrittore Vincenzo Di Pietro?
R. Un “ragazzo” che ha cominciato a scrivere con
una Olivetti, quando non era ancora tempo dei Word scritti e che, dopo aver
pubblicato il suo primo romanzo, si è ubriacato con uno spumante economico che
sapeva di tachipirina. Oggi, a trentotto anni, dopo sette romanzi pubblicati e
parecchi reading in giro per l’Italia, continuo a sentire il bisogno di creare
storie, a volte strutturate, a volte istintive, sperando che appassionino i
miei lettori.
Ecco un modello da imitare: uno scrittore appassionato che vuole appassionare il lettore. Sic et simpliciter. Mi ci ritrovo. Abbiamo bisogno di figure come questa, che con umiltà mettono il loro talento al servizio dell'intrattenimento altrui. Ne abbiamo piene le scatole, invece, di quegli autori (non solo esordienti) che pensano di essere dei geni assoluti, di avere scritto dei capolavori che fanno cadere dall'alto e che pretendono che gli altri leggano e ammirino... anche se poi sono opere talmente personali e addirittura narcisistiche (anche belle, letterariamente, per carità!)da non interessare proprio a nessuno.
RispondiEliminaBravo, Vincenzo! Non ti conoscevo, ma cercherò l'occasione per leggerti.
Giuseppe Novellino