giovedì 26 settembre 2019

IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI di Paolo Secondini


Paolo Secondini
IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI
Edizioni Linee Infinite
Si comunica l’avvenuta pubblicazione del romanzo giallo–poliziesco di  Paolo Secondini, IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI, Linee Infinite Edizioni.
Il romanzo è ordinabile presso la propria libreria di fiducia; oppure (con un minimo di spese di spedizione) direttamente sul sito di Linee Infinite Edizioni (cliccando sulla copertina del libro e poi su Acquista)
https://www.lineeinfinite.com/

martedì 17 settembre 2019

LA FANTASCIENZA E LA GIOIOSA FANTASIA di Peppe Murro

“E fu allora che con un fremito leggero l’astronave si tuffò nell’iperspazio”.
Staccò le mani dalla tastiera, guardò attraverso i vetri la pioggia che cadeva fitta e leggera. Fece schioccare le nocche delle dita e:
“Ehi, non mi dirai che sei già stanco ?!”
Si voltò di scatto. Una forma bluastra ed evanescente aleggiava ondulata sopra il televisore. Si tolse gli occhiali, stropicciò gli occhi. La forma era sempre lì, anzi, gli sembrò che stesse assumendo una forma vagamente umana, che quasi sorridesse sorniona.
“Non ti stupirai, spero; io sono il folletto della televisione, o, se vuoi, il genietto della comunicazione”
Senza meravigliarsi del suo mancato stupore, chiese arditamente:
“E che vuoi ?”
“Oh, nulla in particolare, ma mi stavo annoiando a leggere tutte le stupidaggini che scrivi”
“Stupidaggini ? Guarda che sono racconti di fantascienza” si piccò.
“Ma sì, stupidaggini e pure fatica inutile…altri mondi, e le galassie, e i misteri del cosmo, e tutte le altre gioiose fantasie della tua mente ! Ma davvero non sai trovare altro ?!”
“Perché , tu ne avresti ?”
“Per carità, io no di certo ! ma se ti guardi bene intorno, altro che fantascienza puoi trovare !”
“E sarebbe ?...”
“Ecco, ad esempio, un bel racconto di fantascienza sarebbe sul Medio Oriente: dittatori che vengono messi al potere per controllare la nascita della democrazia e che poi, quando non servono più, vengono eliminati in nome della democrazia, con guerre non dichiarate a Paesi una volta amici: Ecco, guarda, prendi il caso della Siria: i “democratici” (appoggiati dagli USA) combattono i “lealisti” (appoggiati dalla Russia); poi, entrambi combattono il Daesh, il quale combatte gli iracheni (appoggiati dagli USA ed anche dagli iraniani loro antichi nemici ed invisi agli USA); il Daesh è appoggiato sottobanco dall’Arabia Saudita (alleata degli USA e nemica dell’Iran), ma è combattuto dai curdi (appoggiati dagli USA ma combattuti dai Turchi che a loro volta sono alleati degli USA, mentre la Russia, che si scontrava coi Turchi, ora finge di non vedere); il tutto sotto lo sguardo vigile di Israele, che è nemico dell’Iran e tace perciò sui massacri dell’Arabia Saudita in Yemen, amico dell’Iran, e tutto questo…oddio, mi fa male la testa !”
La forma bluastra fece un respiro profondo:
“Ma ti rendi conto che epopea fantascientifica si sta realizzando là ? Altro che “Guerre stellari”! E tutto questo nel silenzio ipocrita dei Paesi “democratici”! Te lo immagini che storia potresti scrivere? E con poca fatica, basterebbe solo raccontarla! È questa la gioiosa fantasia della realtà, altro che la tua fantascienza!
O hai paura del tuo editore ? Perché non scrivi dei vermi grassi e voraci che stendono le loro bave sugli indifesi che stupidamente si giocano la vita per vecchie idee come “giustizia e democrazia”? Soldi e potere con ogni mezzo, questa è la realtà, questa è la vera fantascienza…ma tu in che mondo, in che Paese vivi per non vederlo?”
Si avvicinò alla finestra, guardò lontano la pioggia che lavava i tetti delle case. Pensò a quelle parole che gli urlavano dentro, pensò al suo Paese pieno di resuscitati e di fandonie, pensò ai morti sotto le bombe.
Si voltò. Strappò tutti i fogli.
    
Poi di colpo si fermò, guardò verso il televisore: il folletto era sparito.
Fissò la tastiera. Inforcò gli occhiali.
“Andava l’astronave nell’iperspazio, silenziosa, verso nuove dimensioni.
E una diversa storia.”

 

 

domenica 1 settembre 2019

UN PIATTO PER IL FORESTIERO di Adriana Alarco de Zadra

Nei tempi quando mia nonna si ruppe il femore e fu obbligata a sedersi sulla sedia a rotelle, in famiglia si prese la decisione di continuare ad assistere ai pranzi della domenica come se niente fosse. Era affascinante per noi, cugini, l’attrazione che aveva quella casa di legni tarlati e scricchiolanti. Il pranzo che preparava la vecchia Ignazia nella cucina a legna, era speciale. Gli zii non facevano altro che parlare a tavola del raccolto annuale, se il cotone era buono oppure no, mentre noi giovani, dopo aver trangugiato il cibo, correvamo per il vicinato facendo birichinate e divertendoci da morire, rubando il vino per la messa dalla dispensa e spaventando le galline.
Ci sembrò un bene, allora, la frattura di gamba della nonna, anche se adesso che ci penso, fra poco sarò nonna anch’io, e ho nostalgia della figura di quella donna impetuosa che ci sgridava mentre faceva girare la sua sedia a rotelle:
Birbanti! Lasciate stare il gallo da combattimento che resterà senza una piuma sulla coda!
Il tavolo per la domenica in famiglia si preparava il sabato con una tovaglia bianca di cotone. Si disponevano sedici posti con i piatti, le posate e i bicchieri. Veramente, noi eravamo in quindici: la nonna, tre zii, due zie e nove nipoti tra i quali c’ero anch’io che allora avevo dodici anni. Gli zii arrivavano a cavallo e si sedevano a tavola, lavati e sbarbati, e non tenevano mai addosso gli stivali pieni di terra, perché la nonna li sgridava da capotavola, con la frusta in mano, dando un colpetto sulle spalle a chi si azzardava a replicare, mentre lei parlava.
Dopo che si ruppe la gamba, non riusciva ad arrivare fino ai nipoti seduti più lontano dal suo posto e ciò ci riempiva di coraggio. Senza paura né rispetto, interrompevamo i suoi discorsi con i canti del gallo o con un ragliare impertinente, incomodando le zie e ricevendo occhiate furiose da tutti gli altri.
All’altro capo della tavola c’era un piatto per il forestiero. Rimaneva sempre lì per chi arrivava alla casona della fattoria a chiedere qualcosa da mangiare dopo aver camminato probabilmente per ore e ore sulle sabbie fumanti che circondavano i terreni seminati di cotone, poiché molte automobili s’insabbiavano quando il vento paraca copriva di sabbia la strada principale e le faceva deviare perdendo la rotta. La porta di casa restava sempre aperta di domenica, ma l’ultimo posto generalmente rimaneva vuoto. Però, in uno di quei giorni festivi giunse un originale forestiero a sedersi al tavolo familiare. Arrivava d’altri mondi e la sua storia ci sembrò così fantastica e incredibile che, da allora, preparo anch’io un piatto per il forestiero al tavolo domenicale.
Era caduto dal cielo in mezzo al greto asciutto del torrente, proveniente dallo spazio, e la sua nave era rimasta incastrata nelle dune di sabbia. La nonna gli offrì il pranzo e fu così che facemmo conoscenza del nuovo visitatore. Il suo nome era Sedna. Non aveva un capello in testa e il suo sorriso era ampio e sincero. Il colore giallo verdognolo della sua pelle era strano, ma non posso dire che fosse un essere sconcertante. Faceva movimenti lenti e senza fretta, parlava la nostra lingua con un forte accento che immaginammo fosse quello degli inferi e immediatamente decidemmo che era il vivo ritratto del diavolo in persona. Victor, il più piccolo dei cugini, gironzolava intorno al tavolo e quando gli passava vicino, lo pungeva con la forchetta per sapere se gli facesse male oppure no, fino a che la nonna con quattro strilli lo mandò a sedersi composto a tavola.
Il racconto del visitatore fu straordinario e ci riempì d’ammirazione e di stupore.
Mentre ci spiegava com’era quel suo mondo, in un lontano pianeta, mangiava fagioli di Spagna con le mani e rimase con il peperoncino piccante in gola, tossendo, perché quella salsa che metteva Ignazia sul tavolo era tanto bruciante che ci faceva piangere; “ma è così che si mangia,” ci diceva la nonna, “per crescere grandi e coraggiosi.”
Sedna ci raccontò che dal suo mondo stavano cercando nel Cosmo altri posti dove andare a vivere perché il loro pianeta era sul punto di disgregarsi. Ci fece un disegno sulla tovaglia scrivendo con il dito, cosa che ci meravigliò non poco, così da poter identificare il suo luogo di origine.
Quello che realizzò dopo fu miracoloso, o cose del diavolo, secondo se lo raccontava la autunnale anziana oppure le zie ‘beate’. Alzò l’anziana dalla seggiola a rotelle, le mise le sue mani enormi e verdi sull’anca e lei si mise a camminare, zoppicando un po’, ma con i suoi piedi per terra, avanzando un passo dopo l’altro.
Rimanemmo stupefatti. Mai avremmo pensato che si potesse curare la gente mettendo le mani sopra un arto bloccato. Poi provammo anche noi, ungendole con olio e prezzemolo, ma non funzionò mai così bene come quella domenica al forestiero. Subito, la nonna incominciò a camminare da sola un’altra volta.
Sono passati gli anni e il terreno della nonna continua a produrre cotone anche se lei non c’è più. In passato pensavamo che il forestiero l’avesse portata nel suo mondo, fra le stelle e i pianeti dello spazio. Adesso, invece, sappiamo che è morta e sepolta fra i carrubi, nel cimitero del paese che quasi non si vede, perché è in lotta continua contro il tempo e la sabbia per non rimanere coperto completamente dal deserto.
Da quando il forestiero sparì quel pomeriggio nella nebbia caliginosa, non lo vedemmo più, ma rimase nel nostro ricordo come Sedna, il diavolo di un altro mondo che guarì la nonna. Il tavolo domenicale è pronto. Lo stiamo aspettando.