tag:blogger.com,1999:blog-69149300763308887332024-02-08T07:27:55.458+01:00PEGASUSRACCONTI FANTASTICI E FANTASCIENTIFICI
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.comBlogger584125tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-60680304032979051532019-12-08T16:19:00.001+01:002019-12-09T09:16:10.462+01:00RECENSIONI di Giuseppe Novellino e Peppe Murro<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIyL5kHOZGKd2AqL9t3GPCKiRBG9kF7ZxVprusUUDytkTNlFyQRQZex1BvSxe2WkgNMxNG2W17Gy8Di9TCy6hi_pPbAPWPgWAhU5YgxNdznqYgIx9eU7hIglyHv6pUxKeGACAib68RUfc/s1600/Immagine+copertina.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="637" data-original-width="417" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIyL5kHOZGKd2AqL9t3GPCKiRBG9kF7ZxVprusUUDytkTNlFyQRQZex1BvSxe2WkgNMxNG2W17Gy8Di9TCy6hi_pPbAPWPgWAhU5YgxNdznqYgIx9eU7hIglyHv6pUxKeGACAib68RUfc/s320/Immagine+copertina.png" width="209" /></a></div>
<span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Paolo Secondini<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Linee Infinite Edizioni<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Il maresciallo dei Carabinieri Vincenzo Cargiulli comanda una piccola
caserma di provincia. Ha avuto una donna, nella sua vita, ma ora è solo e
trascorre l’esistenza vicino alla sorella Adalgisa. Lei lo chiama Vincenzino,
come faceva la mamma quando erano bambini.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Egli svolge con interesse e dedizione il suo lavoro di tutore della legge e
sa che anche in un paesino sperduto può succedere di tutto. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">È la vigilia di Natale. Fuori fa freddo, mentre gli interni sonno
surriscaldati in modo malsano. Nella villa dell’avvocato Emilio Trenelli è
stato consumato un efferato omicidio. Proprio lui, il titolare, è stato trovato
riverso nel suo letto con un coltellaccio da cucina piantato nella schiena fino
al manico. Ma non ci sono segni di effrazione, quindi il fattaccio deve avere
come autore una persona conosciuta dall’avvocato. Il quale ha qualche vizietto,
che offusca un po’ la sua immagine di professionista appartenente all’alta
borghesia. Gli piacciono le donne, ma ha un’inclinazione un po’ perversa per
quelle di malaffare, prosperose e un tantino rozze. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Elisa Deretti, la moglie, è una signora avvenente, distinta e un po’
freddina. Con lei il maresciallo ha subito un incontro che gli consente di
capire il modo di vivere della coppia e l’andamento familiare. Nelle indagini è
aiutato dal fido e solerte appuntato Frinieri. Doverosa concessione al genere
narrativo, essendo ogni investigatore accompagnato da un socio o da un
subalterno sempre pronto a fornire i dovuti supporti.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Anche l’indagine segue i canoni consueti della narrazione poliziesca, ma
cattura fin dall’inizio l’attenzione del lettore, che si lascia accompagnare da
una prosa fluida e precisa, capace di rendere assai vivide alcune
caratterizzazioni psicologiche e ambientali. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Il romanzo (Linee Infinite Edizioni – 2019) si legge tutto d’un fiato.
Voltare le pagine è come mangiare ciliegie mature, dove al posto del sapore ci
sono la curiosità (tenuta viva con grande maestria) e il desiderio di svelare
il mistero.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Buon giallo, non lungo, incisivo e piacevole. Con qualche ammiccamento al
grande Simenon.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">C’è da dire, però, che centosedici pagine non bastano per creare un forte
legame tra il lettore e il maresciallo Vincenzo Cargiulli, un tipo di uomo
dai marcati contrasti caratteriali, nel complesso mite e un po’ ironico. Aspettiamo
altre sue avventure, non solo per conoscerlo meglio, ma anche per apprezzare la
vena narrativa di Paolo Secondini… che già per questo romanzo mi sembra
notevole. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;"> </span><span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;"> <span style="mso-bidi-font-weight: bold;">Giuseppe Novellino</span> da:
Art – Litteram<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="color: #1c1e21; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">…Il fine giustifica i mezzi è un bel romanzo di genere che si
lascia leggere d’un fiato, con un andamento lineare e un ritmo incalzante,
tutto racchiuso nelle ore di vigilia di un Natale qualsiasi di un qualsiasi
paesino d’Italia. Con una scrittura lieve e precisa e un’estrema pulizia
lessicale, Paolo Secondini ci accompagna nelle indagini del maresciallo
Cargiulli e, con sentimento e ironia, verso la conclusione inaspettata del caso
di omicidio di cui lo stesso si occupa. La trama non è monocorde, ma si gioca
tutta con una serie di figure ben tratteggiate, dal senzatetto Lappi allo
zelante appuntato Frinieri, dal loquace barbiere <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Alfredo Barba-capelli </i>alla escort Elvira Benedetti, dalla vedova
Deretti alla saggia cameriera Antonietta Filangia: tutti personaggi con una
loro specifica identità e logica, perfettamente inseriti in una vicenda ben delineata…<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="color: #1c1e21; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span><span style="color: #1c1e21; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Peppe Murro<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="color: #1c1e21; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;"><span style="color: red;">(Il romanzo lo si può acquistare ordinandolo in qualsiasi
libreria o direttamente dalla casa editrice Linee Infinite Edizioni <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>https://www.lineeinfinite.com/)</span><span style="color: red; display: none; mso-hide: all;"> è un bel romanzo di genere che si lascia
leggere d’un fiato, con un andamento lineare e un ritmo incalzante, tutto
racchiuso nelle ore di vigilia di un Natale qualsiasi in un paesino qualsiasi
d’Italia. Con una scrittura lieve e precisa ed un’estrema pulizia lessicale,
Paolo ci accompagna nelle indagini del Maresciallo Cargiulli e, con sentimento
ed ironia, verso la conclusione inaspettata del caso di omicidio di cui lo
stesso si occupa.La trama non è monocorde, ma si gioca tutta con una serie di
figure ben tratteggiate, dal senzatetto Lappi allo zelante appuntato Frinieri,
dal loquace barbiere Alfredo Barba e capelli alla escort Elvira Benedetti,
dalla vedova Deretti alla saggia cameriera Antonietta Filangia: tutti
personaggi con una loro specifica identità e logica, perfettamente inseriti in
una vicenda delineata con sentimento ed ironia.Non è il caso che io riveli chi
è l’assassino, ma posso dire che il racconto si legge d’un fiato e la sorpresa
finale è assicurata.Del piacere provato nella lettura devo ringraziare Paolo e
invitarlo, con sincera amicizia, a fornirci altre delizie.<br />
PEPPE MURROi mezzi” è un bel romanzo di genere che si lascia leggere d’un
fiato, con un andamento lineare e un ritmo incalzante, tutto racchiuso nelle
ore di vigilia di un Natale qualsiasi in un paesino qualsiasi d’Italia. Con una
scrittura lieve e precisa ed un’estrema pulizia lessicale, Paolo ci accompagna
nelle indagini del Maresciallo Cargiulli e, con sentimento ed ironia, verso la
conclusione inaspettata del caso di omicidio di cui lo stesso si occupa.La
trama non è monocorde, ma si gioca tutta con una serie di figure ben
tratteggiate, dal senzatetto Lappi allo zelante appuntato Frinieri, dal loquace
barbiere Alfredo Barba e capelli alla escort Elvira Benedetti, dalla vedova
Deretti alla saggia cameriera Antonietta Filangia: tutti personaggi con una
loro specifica identità e logica, perfettamente inseriti in una vicenda
delineata con sentimento ed ironia.Non è il caso che io riveli chi è
l’assassino, ma posso dire che il racconto si legge d’un fiato e la sorpresa
finale è assicurata.Del piacere provato nella lettura devo ringraziare Paolo e
invitarlo, con sincera amicizia, a fornirci altre delizie.<br />
PEPPE MURRO</span></span><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;"><o:p></o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-6799716540142210982019-11-01T11:18:00.001+01:002019-11-01T11:18:34.375+01:00FOTOGRAFIA TOTALE di Peppe Murro<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyjCi0wIrzP11986S_on7JWb8vsuDGIVX9VyqRoGP6CHsa6vOa3lMAl_HfSNuRTLfsdOv5Qw7YpNRm7TGAyAG_AaBAU8LMgIhXZafMUyeZsRuITRL2CZnZvBhyphenhyphendY0x2bxswXB5yP5htTA/s1600/FOTOGRAFIA+TOTALE.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="508" data-original-width="516" height="315" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyjCi0wIrzP11986S_on7JWb8vsuDGIVX9VyqRoGP6CHsa6vOa3lMAl_HfSNuRTLfsdOv5Qw7YpNRm7TGAyAG_AaBAU8LMgIhXZafMUyeZsRuITRL2CZnZvBhyphenhyphendY0x2bxswXB5yP5htTA/s320/FOTOGRAFIA+TOTALE.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">-E' fatta !<o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">John Eastman jr e
Bill Zuckerberg VII si volsero con un sorriso raggiante verso la folla
impazzita di giornalisti e fotografi. Si strinsero la mano e si concessero,
come si suole, alla pioggia dei flashes.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Poi John Eastman
fece il gesto di calmare la folla, si avvicinò al microfono e:<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">-Signore e Signori, sarò breve. Oggi, e lo dico con
orgoglio e senza presunzione, annunciamo un evento epocale nella storia
dell'umanità. Sono qui con l'amico Bill perché è grazie agli sforzi congiunti
dei nostri due team che abbiamo raggiunto un tale risultato. Io so dei tanti
rumors che hanno preceduto questo incontro, ma, credetemi, quanto sto per dirvi
è ben al di là delle voci e delle congetture. <o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Signori, </span></i><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">abbiamo</i></span></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;"> <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">la macchina</b> <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">fotografica
totale</b></span></i><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">”<i style="mso-bidi-font-style: normal;">.<o:p></o:p></i></span></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">E dicendo così, fa
un plateale gesto di invito: entra una signorina elegante in tailleur scuro con
un vassoio coperto da un leggero panno giallo. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Si avvicina ad
Eastman e toglie il panno.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Mormorio di
sorpresa, sembrava non ci fosse nulla sotto; a malapena quelli in prima fila
riuscirono a vedere dei fili sottilissimi calarsi dal ripiano.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>E mentre montava il rumore dello sconcerto,
alle spalle dei tre, sul palco, si vide proiettata un'enorme immagine di due
dita che tenevano insieme una sottilissima lente con dei filini penzolanti.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">-Ecco - </span></i><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">riprese Eastman - <i style="mso-bidi-font-style: normal;">state osservando la macchina fotografica del
futuro, anzi, quella del sempre.<o:p></o:p></i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Fu interrotto da un
brusio che divenne presto clamore e calca di domande. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">John Eastman guardò
Bill serafico e sorrise:<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">-Calma, calma, signori; vi spiegherò ogni cosa. Quella
che vedete, o che forse non vedete, è la cosa di cui vi parlavo.<o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">A prima vista sembra una piccolissima lente; vi dico
subito che ha appena il diametro di una pupilla umana; è sottile 5 micron e si
applica come una comune lente a contatto. La novità sta nelle caratteristiche
che vi elencherò in breve e con un linguaggio comprensibile, prima di dare la
parola all'amico Bill:<o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Sensore da 180 MB; Velocità di scatto da 1h a 1/5000 di
sec; Zomm da 7 a 300mm; Autoflah disinseribile; Luminosità costante di 0,5,
cioé due volte la capacità visiva dell'occhio umano...<o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Fu interrotto da
una marea inarrestabile di voci<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">- Signor Eastman, Sig. Eastman </span></i><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">(le domande si accavallavano) <i style="mso-bidi-font-style: normal;">lei sta
dicendo che questa sua lente ha una capacità di definizione che non riusciamo a
immaginare, una velocità di scatto impensabile, una possibilità di visione
doppia di quella umana e che avvivina di circa sei volte ciò che normalmente
vediamo ?</i><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">- Non solo, </span></i><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">sorrise John<i style="mso-bidi-font-style: normal;">, ma ribadisco che questa macchina
fotografica aumenta a dismisura la capacità umana di vedere oggetti lontani od
al buio, di fermare il movimento più veloce e con una discriminazione dei
particolari che lei neppure immagina.<o:p></o:p></i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">- Sig. Eastman, Signor Eastman...<o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">- Vi prego, dopo, dopo avrete dai nostri tecnici tutti i
chiarimenti. <o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Ora calma, per favore: l'amico Bill ha qualcosa di
importante da comunicarvi.<o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Si fece silenzio a
fatica.<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><o:p></o:p></i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></i><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Bill Zuckergerg VII si avvicinò al microfono, si schiarì la voce e<i style="mso-bidi-font-style: normal;">:<o:p></o:p></i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>- Mi sarebbe
piaciuto iniziare raccontandovi il sogno del mio antenato, anzi, dei miei
antenati Gates e Zuckerberg, di cui indegnamente porto nome e cognome,quello di
una connesione permantente planetaria, ma voglio essere anch'io breve: quei
filini che vedete uscire dalla "lente" sono degli elettrodi che vanno
collegati direttamente alla rete neurale del soggetto umano.<o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Ci fu un silenzio
frastornante: penne alzate a mezz'aria, bocche spalancate, qualche sguardo
sperduto. Anche nelle ultime file.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Bill continuò con calma: <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">- <i style="mso-bidi-font-style: normal;">La "lente" va poggiata davanti
alla pupilla come una comune lente a contatto, ma i fili sono collegati al
nervo ottico e da lì ad ognuno dei due lobi del cervello. <o:p></o:p></i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">La vera novità, infatti, della nostra macchina
fotografica non è nelle sue pur notevolissime doti tecniche, ma consiste nel
fatto che <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">essa può essere comandata
direttamente dalla mente del soggetto.<o:p></o:p></b></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Invece che
schiacciare un pulsante col dito, basta pensare di volere una foto e quella è
fatta ! <o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">E non solo! si può desiderare di condividerla con
qualcuno e con una semplice app di default si è direttamente e permanentemente
connessi con tutti. <o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">E ancora, Signori, se si desidera farsi un selfie è
possibilissimo; anzi possiamo decidere di autofotografarci alle Bahamas o
sull'Everest o senza rughe, come comunque ci piacciamo e come desideriamo che
gli altri ci vedano. <o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Insomma, cari Signori giornalisti, questa macchina
fotografica non solo è quanto di più potente si possa avere, ma anche quanto di
più desiderabile ci sia.<o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">E solo per la nostra gioia di condividere con gli altri
tutte le nostra emozioni. Sempre connessi e sempre come ci vogliamo...<o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">Nel silenzio
sbigottito ed ovattato dei presenti si levò dal fondo una voce occhialuta e
stridula:<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">- <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Scusi...</i><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">- Dica, </span></i><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">fece Bill
condiscendente.<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> <o:p></o:p></i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">- Scusi, sono il corrispondente del giornale locale di
Las Fuentes, New Mexico. Avrei una domanda; se si possono fotografare i
desideri, allora si possono fotografare anche i propri sogni ?<o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">- Penso proprio di sì </span></i><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">-fece Bill
schiarendosi la gola e guardandosi intorno con un misto di soddisfazione ed
apprensione.<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><o:p></o:p></i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">- E come si fa </span></i><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;">- continuò il
piccolo giornalista occhialuto-<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> a non
fotografare i propri incubi ?<o:p></o:p></i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-6748874558398544772019-09-26T14:04:00.003+02:002019-09-26T14:05:39.270+02:00IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI di Paolo Secondini<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8HAJf7AgHvrdgcgPCraNDxngf2VNDiSgImJwVFGwwx7ioeOKxrY2s_WLz4J_dD85IbjTy7ZPyOC69tcwXYuYLc40ZQEhJRgQVQHNc12vEgxSgknb6GH-iPBX3E9yCRt8ifdkBMmw6Bvs/s1600/cop+libro.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="773" data-original-width="524" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8HAJf7AgHvrdgcgPCraNDxngf2VNDiSgImJwVFGwwx7ioeOKxrY2s_WLz4J_dD85IbjTy7ZPyOC69tcwXYuYLc40ZQEhJRgQVQHNc12vEgxSgknb6GH-iPBX3E9yCRt8ifdkBMmw6Bvs/s400/cop+libro.png" width="270" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;">Paolo Secondini<br />
IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI<br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Edizioni Linee Infinite</i><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;">Si comunica l’avvenuta pubblicazione
del romanzo giallo–poliziesco di<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Paolo
Secondini, IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Linee
Infinite Edizioni</i>.<br />
Il romanzo è ordinabile presso la propria libreria di fiducia; oppure (con un
minimo di spese di spedizione) direttamente sul sito di Linee Infinite Edizioni
(cliccando sulla copertina del libro e poi su Acquista) </span><span style="font-family: "calibri" , "sans-serif"; font-size: 11pt; line-height: 107%;"><a href="https://www.lineeinfinite.com/"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;"><span style="color: #0563c1;">https://www.lineeinfinite.com/</span></span></a></span><span class="MsoHyperlink"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;"><br style="mso-special-character: line-break;" /><u><span style="color: #0563c1;">
<!--[if !supportLineBreakNewLine]--><br style="mso-special-character: line-break;" />
</span></u><!--[endif]--></span></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-22435908395503118972019-09-17T18:15:00.000+02:002019-09-17T18:15:00.688+02:00LA FANTASCIENZA E LA GIOIOSA FANTASIA di Peppe Murro<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinGf8_eHuFZJq5ylIfoSn5IEsvpHq1-6uxbll3M4O-8m2wGtRZaUvGutFEL9-_qsPaRkGzdm1U4bgWca-3VSGHOgc4fQ50zOBVmH9xhLN4TqLmYeUwRGYoKWYVP3D4QgAQdgHZLbsEcCU/s1600/la+fantascienza+e+la+gioiosa....jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="404" data-original-width="623" height="207" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinGf8_eHuFZJq5ylIfoSn5IEsvpHq1-6uxbll3M4O-8m2wGtRZaUvGutFEL9-_qsPaRkGzdm1U4bgWca-3VSGHOgc4fQ50zOBVmH9xhLN4TqLmYeUwRGYoKWYVP3D4QgAQdgHZLbsEcCU/s320/la+fantascienza+e+la+gioiosa....jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="-ms-text-justify: inter-ideograph; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“E fu allora che con un
fremito leggero l’astronave si tuffò nell’iperspazio”.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Staccò le mani dalla
tastiera, guardò attraverso i vetri la pioggia che cadeva fitta e leggera. Fece
schioccare le nocche delle dita e:<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Ehi, non mi dirai che
sei già stanco ?!”<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Si voltò di scatto. Una
forma bluastra ed evanescente aleggiava ondulata sopra il televisore. Si tolse
gli occhiali, stropicciò gli occhi. La forma era sempre lì, anzi, gli sembrò
che stesse assumendo una forma vagamente umana, che quasi sorridesse sorniona.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Non ti stupirai, spero;
io sono il folletto della televisione, o, se vuoi, il genietto della
comunicazione”<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Senza meravigliarsi del
suo mancato stupore, chiese arditamente: <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“E che vuoi ?”<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Oh, nulla in
particolare, ma mi stavo annoiando a leggere tutte le stupidaggini che scrivi”<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Stupidaggini ? Guarda
che sono racconti di fantascienza” si piccò.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Ma sì, stupidaggini e
pure fatica inutile…altri mondi, e le galassie, e i misteri del cosmo, e tutte le
altre gioiose fantasie della tua mente ! Ma davvero non sai trovare altro ?!”<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Perché , tu ne avresti
?”<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Per carità, io no di
certo ! ma se ti guardi bene intorno, altro che fantascienza puoi trovare !”<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“E sarebbe ?...”<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Ecco, ad esempio, un
bel racconto di fantascienza sarebbe sul Medio Oriente: dittatori che vengono
messi al potere per controllare la nascita della democrazia e che poi, quando
non servono più, vengono eliminati in nome della democrazia, con guerre non
dichiarate a Paesi una volta amici: Ecco, guarda, prendi il caso della Siria: i
“democratici” (appoggiati dagli USA) combattono i “lealisti” (appoggiati dalla
Russia); poi, entrambi combattono il Daesh, il quale combatte gli iracheni
(appoggiati dagli USA ed anche dagli iraniani loro antichi nemici ed invisi
agli USA); il Daesh è appoggiato sottobanco dall’Arabia Saudita (alleata degli
USA e nemica dell’Iran), ma è combattuto dai curdi (appoggiati dagli USA ma
combattuti dai Turchi che a loro volta sono alleati degli USA, mentre la
Russia, che si scontrava coi Turchi, ora finge di non vedere); il tutto sotto
lo sguardo vigile di Israele, che è nemico dell’Iran e tace perciò sui massacri
dell’Arabia Saudita in Yemen, amico dell’Iran, e tutto questo…oddio, mi fa male
la testa !”<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">La forma bluastra fece
un respiro profondo:<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Ma ti rendi conto che
epopea fantascientifica si sta realizzando là ? Altro che “Guerre stellari”! E
tutto questo nel silenzio ipocrita dei Paesi “democratici”! Te lo immagini che
storia potresti scrivere? E con poca fatica, basterebbe solo raccontarla! È
questa la gioiosa fantasia della realtà, altro che la tua fantascienza!<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">O hai paura del tuo
editore ? Perché non scrivi dei vermi grassi e voraci che stendono le loro bave
sugli indifesi che stupidamente si giocano la vita per vecchie idee come
“giustizia e democrazia”? Soldi e potere con ogni mezzo, questa è la realtà,
questa è la vera fantascienza…ma tu in che mondo, in che Paese vivi per non
vederlo?”<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Si avvicinò alla
finestra, guardò lontano la pioggia che lavava i tetti delle case. Pensò a
quelle parole che gli urlavano dentro, pensò al suo Paese pieno di resuscitati
e di fandonie, pensò ai morti sotto le bombe.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Si voltò. Strappò tutti
i fogli.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="-ms-text-justify: inter-ideograph; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Poi di colpo si fermò, guardò verso il televisore: il
folletto era sparito.<o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Fissò la tastiera. Inforcò gli occhiali.<o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Andava l’astronave nell’iperspazio, silenziosa, verso nuove
dimensioni.<o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">E una diversa storia.”<o:p></o:p></span></i></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><o:p><span style="font-family: Calibri;"> </span></o:p></i></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<o:p><span style="font-family: Calibri;"> </span></o:p></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-1096354537549882292019-09-01T11:54:00.000+02:002019-09-01T11:55:38.287+02:00UN PIATTO PER IL FORESTIERO di Adriana Alarco de Zadra<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSvoWCNMTFdlmAK9FfJ2SddcADzKhgI0UuDs5qVUMrw79J9w3Vvfq3t0qmLWQVHrjo5w32jS_c3lZ-PwttobHXqcLs_4uZlYfp3ZexN93dcp50BJem0hRm_nkFG3amBiF4bKcMibO2Btw/s1600/UN+PIATTO+PER+IL+FORESTIERO.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="758" data-original-width="1100" height="220" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSvoWCNMTFdlmAK9FfJ2SddcADzKhgI0UuDs5qVUMrw79J9w3Vvfq3t0qmLWQVHrjo5w32jS_c3lZ-PwttobHXqcLs_4uZlYfp3ZexN93dcp50BJem0hRm_nkFG3amBiF4bKcMibO2Btw/s320/UN+PIATTO+PER+IL+FORESTIERO.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoBodyText" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Nei
tempi quando mia nonna si ruppe il femore e fu obbligata a sedersi sulla sedia
a rotelle, in famiglia si prese la decisione di continuare ad assistere ai
pranzi della domenica come se niente fosse. Era affascinante per noi, cugini,
l’attrazione che aveva quella casa di legni tarlati e scricchiolanti. Il pranzo
che preparava la vecchia Ignazia nella cucina a legna, era speciale. Gli zii
non facevano altro che parlare a tavola del raccolto annuale, se il cotone era
buono oppure no, mentre noi giovani, dopo aver trangugiato il cibo, correvamo
per il vicinato facendo birichinate e divertendoci da morire, rubando il vino
per la messa dalla dispensa e spaventando le galline.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Ci
sembrò un bene, allora, la frattura di gamba della nonna, anche se adesso che
ci penso, fra poco sarò nonna anch’io, e ho nostalgia della figura di quella
donna impetuosa che ci sgridava mentre faceva girare la sua sedia a rotelle:<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">‒</span><span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;"> Birbanti! Lasciate
stare il gallo da combattimento che resterà senza una piuma sulla coda!<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Il
tavolo per la domenica in famiglia si preparava il sabato con una tovaglia
bianca di cotone. Si disponevano sedici posti con i piatti, le posate e i
bicchieri. Veramente, noi eravamo in quindici: la nonna, tre zii, due zie e
nove nipoti tra i quali c’ero anch’io che allora avevo dodici anni. Gli zii
arrivavano a cavallo e si sedevano a tavola, lavati e sbarbati, e non tenevano
mai addosso gli stivali pieni di terra, perché la nonna li sgridava da
capotavola, con la frusta in mano, dando un colpetto sulle spalle a chi si
azzardava a replicare, mentre lei parlava.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Dopo
che si ruppe la gamba, non riusciva ad arrivare fino ai nipoti seduti più
lontano dal suo posto e ciò ci riempiva di coraggio. Senza paura né rispetto,
interrompevamo i suoi discorsi con i canti del gallo o con un ragliare
impertinente, incomodando le zie e ricevendo occhiate furiose da tutti gli
altri.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">All’altro
capo della tavola c’era un piatto per il forestiero. Rimaneva sempre lì per chi
arrivava alla casona della fattoria a chiedere qualcosa da mangiare dopo aver
camminato probabilmente per ore e ore sulle sabbie fumanti che circondavano i
terreni seminati di cotone, poiché molte automobili s’insabbiavano quando il
vento <i>paraca</i> copriva di sabbia la strada principale e le faceva deviare
perdendo la rotta. La porta di casa restava sempre aperta di domenica, ma
l’ultimo posto generalmente rimaneva vuoto. Però, in uno di quei giorni festivi
giunse un originale forestiero a sedersi al tavolo familiare. Arrivava d’altri
mondi e la sua storia ci sembrò così fantastica e incredibile che, da allora,
preparo anch’io un piatto per il forestiero al tavolo domenicale.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Era
caduto dal cielo in mezzo al greto asciutto del torrente, proveniente dallo
spazio, e la sua nave era rimasta incastrata nelle dune di sabbia. La nonna gli
offrì il pranzo e fu così che facemmo conoscenza del nuovo visitatore. Il suo
nome era Sedna. Non aveva un capello in testa e il suo sorriso era ampio e
sincero. Il colore giallo verdognolo della sua pelle era strano, ma non posso
dire che fosse un essere sconcertante. Faceva movimenti lenti e senza fretta,
parlava la nostra lingua con un forte accento che immaginammo fosse quello
degli inferi e immediatamente decidemmo che era il vivo ritratto del diavolo in
persona. Victor, il più piccolo dei cugini, gironzolava intorno al tavolo e
quando gli passava vicino, lo pungeva con la forchetta per sapere se gli
facesse male oppure no, fino a che la nonna con quattro strilli lo mandò a
sedersi composto a tavola.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Il
racconto del visitatore fu straordinario e ci riempì d’ammirazione e di
stupore.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Mentre
ci spiegava com’era quel suo mondo, in un lontano pianeta, mangiava fagioli di
Spagna con le mani e rimase con il peperoncino piccante in gola, tossendo,
perché quella salsa che metteva Ignazia sul tavolo era tanto bruciante che ci
faceva piangere; “ma è così che si mangia,” ci diceva la nonna, “per crescere
grandi e coraggiosi.”<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Sedna
ci raccontò che dal suo mondo stavano cercando nel Cosmo altri posti dove
andare a vivere perché il loro pianeta era sul punto di disgregarsi. Ci fece un
disegno sulla tovaglia scrivendo con il dito, cosa che ci meravigliò non poco,
così da poter identificare il suo luogo di origine.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Quello
che realizzò dopo fu miracoloso, o cose del diavolo, secondo se lo raccontava
la autunnale anziana oppure le zie ‘beate’. Alzò l’anziana dalla seggiola a
rotelle, le mise le sue mani enormi e verdi sull’anca e lei si mise a
camminare, zoppicando un po’, ma con i suoi piedi per terra, avanzando un passo
dopo l’altro.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Rimanemmo
stupefatti. Mai avremmo pensato che si potesse curare la gente mettendo le mani
sopra un arto bloccato. Poi provammo anche noi, ungendole con olio e
prezzemolo, ma non funzionò mai così bene come quella domenica al forestiero.
Subito, la nonna incominciò a camminare da sola un’altra volta.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Sono
passati gli anni e il terreno della nonna continua a produrre cotone anche se
lei non c’è più. In passato pensavamo che il forestiero l’avesse portata nel
suo mondo, fra le stelle e i pianeti dello spazio. Adesso, invece, sappiamo che
è morta e sepolta fra i carrubi, nel cimitero del paese che quasi non si vede,
perché è in lotta continua contro il tempo e la sabbia per non rimanere coperto
completamente dal deserto.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Da
quando il forestiero sparì quel pomeriggio nella nebbia caliginosa, non lo
vedemmo più, ma rimase nel nostro ricordo come Sedna, il diavolo di un altro
mondo che guarì la nonna. Il tavolo domenicale è pronto. Lo stiamo aspettando.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span lang="ES" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-87932893034064960062019-07-08T15:09:00.001+02:002019-07-08T15:09:33.381+02:00SOTTO LA MADONNINA di Paolo Durando<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMlaZbwkITo15eYx_UuhrVqHQjkR_JxSkD1ryjLXMgxeNPhIL-IdQTJoylpdQVHLGkcWyqvDJzW8vqSJqeQgAj6T3t6ra9SP6BirrldGd8jubKV1Q8UXwlNDwV_ON191wKCxpWQx8LLqs/s1600/SOTTO+LA+MADUNINA.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="455" data-original-width="350" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMlaZbwkITo15eYx_UuhrVqHQjkR_JxSkD1ryjLXMgxeNPhIL-IdQTJoylpdQVHLGkcWyqvDJzW8vqSJqeQgAj6T3t6ra9SP6BirrldGd8jubKV1Q8UXwlNDwV_ON191wKCxpWQx8LLqs/s320/SOTTO+LA+MADUNINA.jpg" width="246" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; line-height: 115%;">La signora delle camelie
indugiava sul davanzale. Stava per buttarsi di sotto, dal palazzo Dozzi;<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>le vie intorno erano piene di armadi, panche,
tavoli accatastati. Delle donne parlavano fittamente con alcuni cospiratori.
Poi l'eroina rientrò nell'appartamento. <br />
“Non si è mica buttata,” disse agli ospiti una cameriera di casa Vidiserti. <br />
C'era la rivoluzione<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>a Milano, ma tutto
si riduceva, pareva,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ad una questione di
fumo. La signora delle camelie, sventagliandosi, sorrideva saputa. <br />
“Avete boicottato le sigarette austriache, ben vi sta!”<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>gorgheggiò a tabagisti in astinenza,
stravaccati a terra, con la pancia gonfia e la lingua penzoloni. <br />
“È proprio come se non mangiassero!” constatò una pescivendola tra le
barricate, ridendo e agitando la mano. <br />
“Perché, le sigarette sono forse cibo per l'inteleietura?” domandò un borghese
di passaggio. I rivoluzionari erano consapevoli dell'inesistenza di quella
parola: inteleietura.<br />
“Ma no, siete voi che siete ignoranti,” disse il tipo lisciandosi grandi baffi
rossi, “...vuol dire tessitura del futuro, salvando ciò che conta.”<br />
“Angelo si chiamava!” approvò una ragazza da marito, ammiccando al giovane
dello spaccio di alimentari “La Madùnina”, che fingeva di ignorarla. Poi si
ritrovarono ancora nell'appartamento di via Montenapoleone. Un uomo longilineo
si stava spogliando provocatoriamente e ognuno capiva che si sarebbe presto
ritrovato nudo davvero, senza la possibilità di rimediare.<br />
“È inaudito,“ affermò sdegnato il vice governatore O'Donnel, “Fa così per la
rivoluzione...”<br />
I presenti batterono le mani, mentre la signora delle Camelie sbuffava, alzando
le spalle.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-18818216122579832262019-06-02T07:11:00.000+02:002019-06-02T07:14:59.786+02:00ABISSI di Cristian Camozzi<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="PreformattedText" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhwiQwznqnVJleReI0km_ZZh8TwGgpfHn0lGalpwEKzfGCz-wcC8QDDGgX_i-1PH97PRC2CfmJm_Z5xe8QnF-mIX8H15fhVoocUgu_dJ6_JgnpZr21qxsoP8_qmg_0QIdMbrpcQCLJxkKU/s1600/ABISSI.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="230" data-original-width="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhwiQwznqnVJleReI0km_ZZh8TwGgpfHn0lGalpwEKzfGCz-wcC8QDDGgX_i-1PH97PRC2CfmJm_Z5xe8QnF-mIX8H15fhVoocUgu_dJ6_JgnpZr21qxsoP8_qmg_0QIdMbrpcQCLJxkKU/s1600/ABISSI.jpg" /></a></div>
<div class="PreformattedText" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
</div>
<div class="PreformattedText" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<i><span style="color: black; font-size: 12pt;">Non sempre le cose sono come sembrano, il loro primo aspetto inganna molti: di rado la mente scopre che cosa è nascosto nel loro intimo.<o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="color: black; font-size: 12pt;"> Fedro </span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="PreformattedText" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Abbiamo trovato la
morte. Lo sapevo. Possibile che fossi l’unico a percepirne i segni premonitori?
Se avessi avuto il coraggio di parlarne al mio equipaggio forse sarebbero
ancora tutti vivi o forse non sarebbe cambiato nulla: chi crederebbe ad un
pazzo?<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Ricordo il titolo
del giornale: “Nuovo bolide esplode sull'Atlantico”, un manifesto alla potenza
distruttiva del meteorite. Un grosso frammento si era inabissato, ma in realtà
nessuno sapeva con certezza cosa fosse.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Il mondo
scientifico, attratto dall'evento, voleva le sue risposte.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Conoscete il modo di
dire ‘non sempre le cose sono come sembrano?’<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Non potevano esserci
parole più vere.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Trovarono i fondi
per la spedizione scientifica.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Trovarono il
sottomarino; un rottame sovietico, avanzo della Guerra Fredda. Quando lo vidi
la prima volta era chiaro che per tenerlo insieme sarebbe servito più coraggio
che bulloni.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Trovarono gli
scienziati e l'equipaggio; ognuno con il proprio tornaconto, ma erano
competenti e pazzi quanto basta. A me affidarono il comando del vascello. Non
ero costretto, ma le mie carenti finanze mi spinsero ad accettare. Nutrivo
dubbi sulla buona riuscita dell'opera. Perché? Tredici uomini. Inutili le mie
proteste per un altro uomo. I fondi stanziati erano quelli, ma vallo a spiegare
alla sfortuna.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Avevamo poco tempo
per preparare la missione e passai giorni a studiare intensamente ogni
dettaglio con il mio equipaggio. Il nostro lavoro non può essere improvvisato.
Trovammo tutti gli espedienti possibili per rendere il vascello idoneo
all’incarico. Sembrava riparato con spago e nastro adesivo, ma funzionava, ed
in poco tempo la spedizione scientifica era pronta. Dovevamo giungere per
primi. Iniziammo la navigazione, armati di speranza e preghiere, di venerdì
diciassette e nonostante tutto il vecchio bidone ci condusse in posizione.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Fin dal primo
contatto l'oggetto lasciò un segno.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Ordinai l’immersione
a 600 piedi e appena pronti, inviammo un robot per una ispezione esterna del
meteorite, mentre noi, al sicuro nella sala di comando, tenevamo gli occhi fissi
sui monitor. Sotto i fari del robot l'oggetto si presentò diverso da quello che
ci aspettavamo. Sprofondato in parte nel fondale fangoso, mostrava una
superficie metallica, lucida e molto solida. Incisi su di essa una serie di
glifi, come iscrizioni in una qualche lingua. Era chiaro che non si trattava di
un meteorite, ma di un manufatto alieno.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Personalmente ero
turbato e deciso a ritornare, ma gli scienziati chiedevano più tempo; volevano
eseguire altri rilevamenti, compresa attività subacquea esterna al vascello e
se possibile il prelievo di una scheggia dell’oggetto. La speranza di
un’impennata nelle loro carriere era evidente. Pessima idea, l’istinto mi
diceva di ritirarmi davanti all’ignoto, ma la missione doveva continuare e poi
mi avevano pagato in anticipo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Decidemmo di restare
per la notte.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Quella notte per me
cambiò tutto.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Il sonno irrequieto,
continuamente svegliato da incubi. Sensazioni che non mi appartenevano. Ad ogni
risveglio ero sudato fradicio.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Il giorno seguente
sentivo rumori provenire dall'esterno dello scafo. Conosco i suoni di un
sottomarino; il metallo del battello pressato dall’acqua genera strani
frastuoni, ma questi erano sinistri, spaventosi. Non ne parlai con nessuno per
non perdere il comando.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Non mi era mai
successo prima; ero impaurito, anche da me stesso. Le mie certezze iniziarono a
vacillare. Forse la situazione mi stava sfuggendo di mano.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Temevo il peggio,
perseguitato dalla sensazione che fosse con noi una oscura presenza, ma
ugualmente ci avviammo al ritorno. Perché non avremmo dovuto farlo? Dopotutto
gli altri erano tranquilli, forse ero solo io che stavo diventando pazzo o
forse era tutta la situazione in sé. Eppure quello che provavo era così reale.
Non so se un essere organico o un fantasma, ma qualcosa era uscito da quel
relitto ed entrato nel vascello. Come? Non saprei spiegarlo. Chiamatelo sesto
senso.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Non passò molto
tempo che incontrai per la prima volta il terrore puro. A bordo esplose il
panico. All’inizio si trattava di guasti dell'illuminazione interna, ma il
problema divenne più serio quando gli uomini del mio equipaggio hanno iniziato
a sparire, lasciando solo brandelli di carne e macchie di sangue. Siamo stati
fatti a pezzi e in poche ore ho perso tutto il personale di bordo e con loro
anche il controllo del vascello. E’ adagiato sul fondale e non conosco la
posizione. Ho tentato di farlo risalire, ma senza successo. Correndo in sala
macchine sono scivolato su qualcosa. Inizialmente pensavo ad una perdita di
gasolio, perché le luci rosse, ultime superstiti, non permettono di distinguere
bene i colori; era una pozza di sangue. Alla mia destra stava un uomo del mio
equipaggio, ma solo metà. L'altra era stata divorata.</span><o:p></o:p></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">È stato in
quell’attimo che anche le poche lampade rosse, benché protette da una gabbia
metallica, sono esplose, scagliando frammenti di vetro ovunque.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Buio pesto; solo
qualche debole spia dai pannelli di comando continuava la sua lotta.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">In quel momento ho
avuto il primo contatto; ho percepito la sua presenza. Mi girava intorno
furtiva nelle gelide tenebre, che aleggiano all'interno del sottomarino. Non
l'ho mai vista in modo distinto, se non la sua ombra, più scura della notte,
mentre si muove veloce. Sembra avere un corpo antropomorfo, grande come un
uomo, con artigli lunghissimi, affilati, fatti per squarciare la carne. Li ho
visti bene uscire dalle tenebre nel tentativo di afferrarmi. Credo non abbia
occhi, non le servono al buio. Cresce cibandosi di carne umana. Tremavo in
preda al panico. L’ho illuminata con la torcia elettrica che tenevo in mano, ma
ha trovato la fuga. Quella cosa è lucifuga; la luce la brucia, le provoca
dolore. Non so come, ma sono riuscito a fuggirle. Ho creato un tenue cerchio di
luce in un angolo stretto della sala macchine con la mia torcia elettrica.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Da quel momento non esco
dal cerchio di luce. Fin che sono all'interno del cerchio sono salvo. Tengo
delle batterie di scorta, ma quanto dureranno ancora?<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Ormai ho perso il
conto dei giorni.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Non mangio e il mio
corpo stanco ha bisogno di nutrimento, mentre lei ad ogni pasto è diventata
sempre più forte.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">La creatura cerca di
controllarmi. Sento i suoi pensieri nella mia mente. Vuole che la raggiunga,
che mi unisca. E' affamata come me. Sento i suoi simili. Sono affamati anche
loro. Il meteorite è il loro sistema di viaggio. Sono ancora vivo perché le
servo per uscire da qui; le servo per manovrare il vascello e portarlo in
superficie; ma poi che succederebbe?<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Alterno momenti di
lucidità a momenti di follia; poi cado in un pianto disperato fino a perdere i
sensi. Al risveglio sono pieno di tagli e ferite; i suoi tentativi per
trascinarmi fuori dal cerchio di luce. Vuole portarmi nelle tenebre, ma sono
incatenato ad una condotta.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Sto impazzendo. I
suoi lamenti lacerano l'anima; sono le urla degli uomini di cui si è nutrita.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">All'inizio, nei
momenti lucidi cercavo una soluzione, ma è chiaro che non esiste via di fuga.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Non mi farò mangiare
vivo. Accarezzo con delicatezza il grilletto della pistola; resta un solo
colpo. Penso continuamente ai miei cari. Chi si occuperà della mia famiglia?
Devo impedire che raggiunga la superficie. Sa che voglio rinchiuderla e per
questo mi ha punito squartandomi con una zampata la coscia destra. E’ irritata
al mio pensiero di usare la pistola su di me, la sua unica via di fuga; mi ha
gettato contro i resti dell'equipaggio. Ho vomitato.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">La pistola mi
guarda... non ho il coraggio.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Il respiro si è
fatto pesante e l'ossigeno scarseggia. Sarà sufficiente per ucciderla?<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Ho lasciato un
avvertimento, “non plus ultra”, scritto sui boccaporti d’ingresso. Non più avanti;
lo stesso delle Colonne d'Ercole per fermare il passaggio ai mortali.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Le forze mi stanno
abbandonando ed è finito anche l'inchiostro. Non lascio il cerchio di luce da
chissà quanto. Se state leggendo questo messaggio non avete inteso il mio
ammonimento e la creatura ora è libera. La sentirete arrivare: si muove
nell’oscurità. All’inizio dei lamenti lontani, poi strani rumori, passi leggeri
e scricchiolii intorno a voi. E’ affamata. E’ venuta per cibarsi.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Oggi l’ho vista
chiaramente per la prima volta, in un frammento di vetro. Nel suo riflesso.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="PreformattedText" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 12pt;"><o:p> </o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-30601972851665526082019-05-15T18:24:00.001+02:002019-05-15T18:24:18.065+02:00Angst di Peppe Murro
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQYfnLctCnoYTwgtxPcOBkW0IQmfJpcM4D_qDXOYrwf72EkWWlCCTmVBp4JWsoVc6c_YFOTefm4zrxwELszdF529lCaoEqfa0RTUVZzQhhhKup6M_iwhEiDzHF5md6gzeiIvO3gCE3j7I/s1600/ANGST.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="768" data-original-width="1024" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQYfnLctCnoYTwgtxPcOBkW0IQmfJpcM4D_qDXOYrwf72EkWWlCCTmVBp4JWsoVc6c_YFOTefm4zrxwELszdF529lCaoEqfa0RTUVZzQhhhKup6M_iwhEiDzHF5md6gzeiIvO3gCE3j7I/s320/ANGST.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;">Aprì gli occhi di
scatto e si mise in piedi lentamente, quasi con fatica. <br />
Si guardò intorno: cielo e terra erano completamente neri; li divideva soltanto
una sottile linea di luce. Si meravigliò della perfetta geometria di quell’orizzonte:
né cielo né terra avevano increspature, perfettamente lisci e levigati da
sembrare falsi o dipinti.<br />Abbassò lo sguardo quasi non ce la facesse a sostenere quella visione opprimente. <br />
Vide le sue mani, vide i suoi piedi.<br />
E quasi un urlo di meraviglia e di sgomento gli scoppiò dentro, come fosse
incapace di arrivare alla gola. <br />
Era lì, su un piedistallo circolare di un bianco accecante, sopra quello che
gli sembrò un monolite che scendeva in basso fino a scomparire al centro di un
abisso circolare buio e indefinito. Per quanto spingesse lo sguardo non
riusciva a trovare un particolare, un qualcosa che gli desse la misura di quel
nero entro cui era sospeso: un orribile, indefinito cerchio oscuro al cui
centro c’era lui e il monolite (lo chiamava così, ma a quanto sapeva era una
colonna altissima che sprofondava nell’oscurità del niente). <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;">Sì, non c’era altro che
lui al centro di quel vuoto conficcato nel nero circolare della terra e del
cielo.<br />
Era troppo meravigliato e sgomento per chiedersi qualunque cosa, ma ora aveva
un quadro preciso della sua situazione: un vuoto nero con lui al centro di una
base bianca conficcata lì in mezzo, fra quel cielo e la terra appena divisi da
una striscia sottile di luce.<br />
Si accorse di tremare di un tremore freddo. E poi le domande che gli urtavano
premendo nella testa: Dove era? E cos’era quel posto così indescrivibile? E
poi, perché era lì? Come ci era arrivato?<br />
Sentiva l’orrore dell’abisso, la percezione paurosa e terribile, irragionevole
di essere circondato dal vuoto. <br />
Alzò lo sguardo come per convincersi che per quanto orribile quella situazione
era reale e magari c’era una via d’uscita. Guardò a fondo fino a perdersi nella
confusione di quell’ oscurità in cui era sospeso e la cosa gli parve stupida e
inutile: era nero il cielo, cupo come la terra.<br />
Un nodo gli saliva alla gola impedendogli persino di piangere e disperarsi: non
capiva il senso di tutto questo, e neppure se tutto ciò fosse un suo incubo.
Sì, forse lo era; di sicuro lo era.<br />
Si pizzicò le guance, infantilmente, provò a chiudere gli occhi come per un
sogno al contrario: stava sognando, certo.<br />
E forse sognò, come fosse la sua liberazione: davanti a lui si stendeva un mare
fosco e pigro, con onde melmose che si increspavano appena senza schiume, come
a rabbrividire. E il cielo incombeva tetro e buio di burrasca sulla sua testa.
E lui, lì, al centro di un scoglio, circondato a perdita d’occhio da quel mare
che non gli pareva neppure ostile, tanto era l’indifferenza dei suoi movimenti.<br />
E ancora quel senso di angoscia opprimente, quella sensazione di essere dentro
un non-luogo, una circolarità perfetta e insensata, misteriosa.<br />
Come per risvegliarsi riaprì gli occhi e un vortice lo prese: l’abisso, il mare,
il suo inutile scoglio o monolite stavano lì ai suoi piedi; l’abisso era lì che
lo circondava.<br />
L’abisso era lì, col suo artiglio di gelo sull’anima.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<o:p><span style="font-family: Calibri;"> </span></o:p></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-5194789278623568242019-04-25T17:57:00.000+02:002019-04-25T17:57:01.560+02:00SIVE NATURA di Paolo Durando
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBim3lMFkAKry9479SD7_9lw7lNavA8hh51uf__fkRClfZMtYuI7SqzLpX_sPfZwWxGJ3XQFiV4SczNVI6y_lq1GLFl5eSbKFD5uKu54Qp_SlMPV7MaJeKMzmIAhnm3c9XBu6Vg5GgTT8/s1600/SIVE+NATURA.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="937" data-original-width="1600" height="187" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBim3lMFkAKry9479SD7_9lw7lNavA8hh51uf__fkRClfZMtYuI7SqzLpX_sPfZwWxGJ3XQFiV4SczNVI6y_lq1GLFl5eSbKFD5uKu54Qp_SlMPV7MaJeKMzmIAhnm3c9XBu6Vg5GgTT8/s320/SIVE+NATURA.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; line-height: 115%;">Era tra i coloni che,
travestiti da pellerossa, gettavano in mare le casse di the. “Così inizia una
rivoluzione,” si disse, “a partire dall'acqua.”<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>E le onde erano nere come l'inchiostro dove lei intingeva l'amata penna
d'oca per scrivere di se stessa agli altri.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Un impulso irresistibile la costrinse ad abbarbicarsi ad un parapetto.
“Ma devo gettarmi, devo anch'io dissolvermi”. <br />
Di lì a un istante nuotava tra casse e<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>pulviscolo di the, per poi sprofondare. Dunque morire era quello, un
discendere esponenziale. Più ingurgitava acqua, più il suo corpo diveniva un
involucro sottile, che andava espandendosi. Ebbe chiara la visione del vasto e
ondeggiante reticolato dei suoi capelli, le dita di mani e piedi che si
gonfiavano e allargavano, il viso smisurato. <br />
La confezione-membrana delle sue parole non dette,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>delle azioni compiute e mancate - quel
ricordo elastico e vibrante del corpo che le era appartenuto -<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>iniziò poi a salire senza attriti. <br />
“Perché dall'acqua si ritorna,” constatò, beata.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Piccole figure umane scure<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>agitavano le braccia vicino alla sommità,
dove pareva sfociare la traccia di luce che la incanalava. <br />
Lei ora poteva arrotolarsi, sentirsi nastro, lingua, medusa.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Infine arrivò in superficie, zampillando. Era
a sua volta acqua, liquida armonia, coscienza gorgogliante. Molte bocche, molti
occhi, molte braccia. E i loro frammenti. Gocce di sé, che schizzavano ovunque.
Intorno si rivelava la rivoluzione dell'acqua, il ritorno festante di una
richiesta in sospeso. Natura e origine. Acqua e vapore sullo sfondo di astri in
orbita. <br />
“Perché è come dire di sì,” si ripeteva ritrovando l'inizio del percorso, molto
tempo prima che le casse di the precipitassero in mare. “Dire di sì al convito
degli eoni.”<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><br />
Si nutriva ora in un<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>cielo accecante,
sospesa in quella narrazione secolare di piogge. <br />
Acquetta, acquerugiola, acquazzone.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><br />
Acqua sorta, acqua errante. Acqua.<o:p></o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-8160775529662404152019-04-09T18:20:00.001+02:002019-04-09T18:21:55.441+02:00IL MISURATORE di Pierre Jean Brouillaud<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2JocXkQttnw8oLcWCavjWoEDeXdQxwVxWJEfwLF4bnEkjxyZQJWKc1BRBbnly_KHErPGSEsE6z3qewZWH0InFTSxI9zU0GLcjRwScSxeK5yQYHgugQXhVEGK0xzFPhyphenhyphen8aTDf63FFjrJo/s1600/IL+MISURATORE.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="299" data-original-width="619" height="154" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2JocXkQttnw8oLcWCavjWoEDeXdQxwVxWJEfwLF4bnEkjxyZQJWKc1BRBbnly_KHErPGSEsE6z3qewZWH0InFTSxI9zU0GLcjRwScSxeK5yQYHgugQXhVEGK0xzFPhyphenhyphen8aTDf63FFjrJo/s320/IL+MISURATORE.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">La
nube scintilla. Vapore o polvere di stelle. Sopraggiunge: o meglio, ci attira.
Velocità: qualche cosa tra l’erosione e la luce. </span><span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Lo spazio assume a impulsi una nuova densità.
Brusche variazioni di ritmo. Un susseguirsi di accelerazioni e di
rallentamenti. Correnti che ci trasportano, ci sviano, ci dirigono. La nube ci
assorbe. Bianco sovresposto. Vuoto e pieno.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Un punto luminoso,
inoltre, traccia una linea luminosa che presto svanisce. Ma ecco che lo spazio
fecondato palpita. Un orizzonte si riallinea, erubescente, venato di blu e di
turchese. Il punto rinasce, descrive una curva, un cerchio, una serie di cerchi
concentrici al raggio decrescente. Si espande, decelera. Sta per fermarsi. Alla
base si forma un rigonfiamento, goccia che tremola, vibra, cade, rintocca e
risuona nella membrana dello spazio, timpano e tamburo. La goccia evapora, ma
l’urto ritorna, generando un rilievo sonoro, che schiude profondità infinite.
Eco moltiplicati dall’alternanza di lungo e di breve.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Nate da una goccia
del sole bianco, così ci appaiono le Miriadi. È il nome che sarà dato a questo
universo uno e molteplice. Polvere di mondi.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Noi siamo
l’Equipaggio. Uno e molti. Quanti? Importa poco. Diciamo cinque. Prendendo
spunto dalle dita della mano. Non abbiamo che un nome solo. Parliamo di una
voce sola. E forse mai, durante quest’avventura, uno sarà distinto dall’altro.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Abbiamo scoperto <i>il
crocevia del tempo.</i> Si situa alla frontiera degli elementi, alla giuntura
del cielo, del mare e della terra. In un punto in cui tutti i piani si
intersecano.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Siamo passati da
questa geometria dell’impossibile. Siamo stati presi nel turbine. Perché il
tempo è un vortice. All’inizio se ne percepiscono solo i colori. Li prende dai
tre elementi: azzurro, verde, glauco, striato d’ocra. Iridescenza. Un calice
fluido. Poi il tempo si scolora. Nel cuore del vortice, si ha la sensazione di
restare immobili. Non c’è strumento, cervello che possa misurare, stimare la
velocità.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Non è né una caduta,
né un’ascensione, perché non ci sono né l’alto né il basso; è un salto nel
vuoto. Si entra, si esce. Fra i due, un lampo, un capogiro.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Attraversiamo i
quattro anelli. Il primo nero con striature blu notte. Il secondo, porpora e
violaceo. Il terzo splende e palpita come il corpo di una grande fiera.
L’ultimo è diafano.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Il suolo si posa sui
nostri piedi. Torna più volte. Troppo alto. Troppo basso. Si assesta. Rolla un
po’. Beccheggia persino. Per oscillazioni, ci cerca. L’Equipaggio fa qualche
passo. Il sole si fortifica. Intorno si delineano elementi dello scenario. La
luce, la cui intensità diminuisce, traccia contorni e libera piani.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Trasparenza del
mattino. Luce blu. L’atmosfera è impregnata di un profumo penetrante. Non viene
né dalla terra né dalla vegetazione. Al contrario cala su di loro.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Dinnanzi a noi si
innalza una foresta di fusti piramidali. La vegetazione acquista colori più
intensi. Ogni tanto cambia di tono. Crepita. Si spacca. Si direbbero involucri di
una mongolfiera che si dispiega e si gonfia. La foresta canta il suo brano
musicale. E tutto ciò che si offre alla vista sembra ingigantire. Eccetto noi,
che siamo sempre uguali.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Di colpo, le piante,
gli elementi del paesaggio raddoppiano, si moltiplicano.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Si tratta di una
semplice duplicazione dell’immagine. I corpi duplicati però esistono; li
tocchiamo, li esploriamo. Si impongono a tutti i nostri sensi.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Con un’eccezione,
comunque. Noi siamo cinque. L’equipaggio resta se stesso, mentre intorno tutto
pullula.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">La natura sorge
davanti, dietro, a destra, a sinistra. Siamo soverchiati, circondati,
schiacciati, inghiottiti, annullati. Bisogna manovrare in mezzo a una
vegetazione sempre più densa. Ci schizza in faccia, sbucando sotto i nostri
piedi. Reclama quel poco di spazio che noi ancora occupiamo. Noi cerchiamo una
via. Percorso a ostacoli che già ci vede perdenti. Facciamo saltelli per
evitare le punte che sbucano. Presto, saremo sollevati, proiettati.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Frinire di cicale. La
vegetazione protesta. Non lascia il minimo spazio alle altre forme di vita.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Mezzogiorno. La
vegetazione ha cessato di crescere. Qui e là avvengono ancora moltiplicazioni.
Invece di un getto, una semplice spinta che abbiamo tempo di parare. Ci vien da
pensare che già ci stiamo addentrando nell’estate.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Osserviamo che
spesso, una nascita abortisce. La terra sollevata si affloscia. Non vi resta
che un rigonfiamento. Le piramidi intanto si opacizzano. I loro tronchi turgidi
si riempiono di scaglie che donano loro l’aspetto di palmizi.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">È il rigoglio
dell’estate.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Invece dei profumi
primaverili, nell’aria fluttuano odori acri. Anche se in forme elementari, fa
la sua comparsa la vita animale. Cerca di affermare i suoi diritti. Nelle
pieghe del terreno, sui versanti più esposti, è il suo turno di sorgere. Fa
nascere corone di bolle gelatinose che si schiuderanno alla carezza del sole.
Semenza di mezzogiorno. Grave difficoltà questo ritardo di qualche ora – una
stagione – sulla proliferazione vegetale.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Degli esseri
unicellulari, di grande plasticità, scivolano tra i rami, si cercano per
amalgamarsi. Prudente, quasi timida, la vita animale sta occupando il vuoto in
una struttura incorniciata dai vegetali.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Una detonazione secca
si ripercuote attraverso la foresta delle piramidi. Un tronco esplode. Un altro
ancora. Si polverizzano senza lasciare alcuna altra traccia che una tumescenza
del suolo. Le esplosioni si susseguono. La foresta sta per saltare, per le
violente pressioni interne? Sembrerebbe che, nella maggior parte dei casi, le
piramidi scoppino vicino al manifestarsi della vita animale, che però così
viene spazzata via. Terrorismo vegetale?<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Impossibile prevedere
da dove arriverà il colpo che liquiderà tutto o parte dell’Equipaggio. Presso
di noi o magari sotto i nostri piedi, alla stessa base di una piramide. Un
crepitio precede sempre l’esplosione. Miccia che brucia prima dello scoppio.
Senza dubbio le fibre del tronco che iniziano la combustione. Poi il crepitio
diviene generale. Stridore di cicale.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Attenzione! Abbiamo
appena avuto il tempo di vedere il tronco vicino, che si fendeva che siamo
stati assordati dalla detonazione. Coperti di polvere, ci tastavamo. Indenni.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">In un avvallamento,
le esplosioni hanno distrutto le prime manifestazioni della nuova vita. Ma nei
punti dove erano le piramidi esplose, non sono le piante a ricomparire. È la
vita che rinasce. Nel fondo di una buca si forma una massa di elementi
agglutinati, allacciati, confusi. Si rigira su se stessa. Subito, si contrae.
Una semenza blu ne irriga i componenti divenuti diafani. Qualche secondo, e non
c’è più trasparenza.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Corpi olivastri. Poi
questo microcosmo, che pare mosso dall’energia del desiderio, entra in una fase
d’espansione. La massa presto occupa tutto l’incavo che la ospita. È agitata da
un movimento interno, centrifugo, che parte da un nodo più denso. Nella fase di
espansione, gli elementi si sviluppano maggiormente quando si avvicinano alla
periferia. Sembra si vogliano staccare dall’insieme, che la massa vitale sia, a
sua volta, sul punto di scoppiare. Ma ecco la contrazione che li frena e li
reintegra. Invece quelli che sono arrivati alla periferia, non essendo più
irrorati, cessano di riprodursi. Si accasciano, formano una pellicola, una
pelle morta.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Poi si manifestano
delle tensioni. La pellicola si crepa e lascia apparire uno strato elastico,
vivente, che si sostituisce al precedente e proietta minuscoli frammenti di
pelle.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Un tepore sprigiona
dalla massa in movimento. Essa è particolarmente sensibile quando la massa
raggiunge la fase di maggior contrazione. Poi inizia l’espansione e fa
scaturire il liquido blu. Gli elementi allora si separano gli uni dagli altri e
ritrovano una certa autonomia. Quando si diffonde la semenza perde colore.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Ma a lungo termine,
chi farà progressi? L’inarrestabile orgoglio vegetale? O l’animale che malgrado
le apparenze, forse guadagna terreno, pezzo per pezzo, incrostato in ogni
fessura del suolo, dopo aver riconquistato tutte le posizioni perdute e invaso
la foresta esplosa?<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Siamo nel centro del
pomeriggio. Di fase in fase la massa decresce. Le corone si vuotano e si
disseccano. I loro occupanti – almeno i sopravvissuti – si celano in una vita
clandestina. Hanno, a loro volta, deposto la loro semenza ancora invisibile e
che sonnecchierà fino all’inizio della prossima estate, sotterrata, così ben
nascosta da sfuggire alle ultime aggressioni vegetali.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Le forme si
restringono. Si assottigliano, e quindi noi diventiamo più grandi. La foresta
si è rischiarata. Non resta che un soggetto su dieci. Brindiamo a ogni elemento
che scompare. L’autunno si accende mentre l’estate esplode. Emanazioni fluide,
esse stesse composite. L’autunno odora di polvere, di bruciato. Scoppi sonori.
Scoppiettii. Crepitii di braci umide. Petardi. Il fuoco non si ravviva.
L’autunno è come un prurito alle estremità. Spinte centrifughe. Di quale
richiamo esterno è seduzione? Tentazione dello smembramento. Sconclusionate,
sono tutte le immagini che, dolcemente straziate, si inaridiscono. Alle volte,
non ne sopravvive che la metà. Poi svanisce anch’essa. Sempre dei piani che non
possono collegarsi. Disinnesto. Là, due immagini le cui metà si rincorrono e
tentano di raggiungersi. L’una e l’altra tentano ogni combinazione possibile.
Diritto, rovescio. Sotto, sopra. Capovolti. Di fronte, di lato, di sbieco. Sali
e scendi. Puzzle, impaziente gioco di pazienza. Flash. Incontri mancati nello
spazio e nel tempo. Contrattempi. Due metà sinistre si rifiutano e vanno ad
associarsi ad altri elementi del paesaggio. Divisioni seguite da accoppiamenti
secondo assurde formule: A1+B2, B1+C2, A2+C1. La meta si separa; si permutano:
A1+C2, B1+A2, C1+B2.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Improvvisamente,
tutto torna all’ordine. Il paesaggio si è calmato. Gli elementi hanno ritrovato
combinazioni stabili che, per la maggior parte, consistono in un ritorno alle
formule precedenti. Equilibri che l’inverno sta per congelare. Preso dal gioco
delle permutazioni, l’Equipaggio non ha scorto il sopraggiungere della stagione
notturna. E già scende la sera.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Brevità dell’autunno.
Un languore insidioso ci intorpidisce. L’inverno si annuncia con un
acciottolio. L’aria si fa chiara e si cristallizza. Fini aghi che pungono la
gola e i polmoni. È arrivato l’inverno. Secco. Brutale. Il sangue si ritira con
la linfa. Questa volta, siamo bloccati. Presi in una tagliola. Radicati.
Solidificati in piedi. Statue straniere, piantate come meteoriti sul suolo
delle Miriadi. Freddo? Per noi no. Un benessere che si prova, dicono, a dormire
in un buco nella neve. Benessere? Essere appena. Perduta ogni sensazione di
temperatura. Il pensiero stesso svanisce. Brina della memoria. Mettere insieme
mezz’idea, difficile. Non ci si vede più. Non si sente nulla. Dormire.
Smettiamo di respirare, con molta naturalezza. Senza la minima preoccupazione.
Dormire. L’uomo questo intruso, infine paralizzato. Sì, vediamo. Ancora. Del
paesaggio non resta che un pallido cliché. Immagine fissa. Ultima impressione
retinica. Occhio ibernato.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Blu. Trasparenza
dell’immagine nel giorno che rinasce. Il cervello scongelato. Associa ma non
percepisce sfumature. Che poi si animano.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Difficile legare il
pensiero ai movimenti delle forme che si delineano, a quelli dei nostri corpi.
Il petto finalmente si solleva. Facciamo una profonda inspirazione. E
ritroviamo l’uso delle nostre membra.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Non sapremo mai se il
freddo regna su questa parte delle Miriadi. O se l’inverno non è che
un’assenza. Ne sapremo qual è la sua durata. Potrebbe essere la più lunga di
tutte le stagioni o la più corta.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Mattina. Ecco la
primavera, spinta dalla febbre; risveglio o sogno che riscuote il dormiente?<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Bisogna muoversi
prima del ritorno dei profumi, sfuggire alla seduzione che ci intrappolerebbe
sicuramente fino all’estate prossima, con le sue violenze e i suoi vicoli
ciechi, e ci coinvolgerebbe nella folle danza delle stagioni.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Immagine sfocata.
Dominante rossa. Degli organi invisibili suonano una toccata radiosa. Giungono
dei riflessi, venuti chissà da dove, e illuminano un cespuglio di cristallo i
cui steli sono faccette che scompongono la luce. Sostiene frutti a forma di
baccello. I grani appaiono sotto l’inviluppo iridato che, agendo come una
lente, vi concentra i raggi solari. Faville blu. Il sole accende una vetrata.
Proprio contro la parete rocciosa, insiste su un ordine di colonne che libera
dall’ombra e che avanzano nella chiarezza, sfavillando di tutti i colori del
prisma. Si moltiplicano, si ordinano in ranghi serrati, profondi. Al richiamo
della luce si solleva una città di vetro, fusa, colata dal fuoco del vulcano.
Innalzata, città cattedrale interamente consacrata alla gloria del fuoco che fu
suo architetto, alla gloria del sole da cui nasce il fuoco. Risuonante, essa
saluta i suoi dèi. Noi, siamo ignorati quando passiamo davanti ai suoi
pilastri. E questi non riflettono nemmeno le nostre ombre quando ci frapponiamo
alla luce.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">La musica si è
spenta. Presto, rinascerà, diversa, distante e nostalgica. Il sole è salito.
Gira. L’ombra si stende sulla città. Le colonne debolmente restituiscono la
luce. Si illuminano dall’interno – gemme in cui fluttuano pagliuzze ambrate.
Senza la minima traccia di fumo o di combustione, corrono tra gli edifici,
folla impaziente che attraversa in un brivido. I figli di fuoco danzano,
instancabili, impercettibili. Non si nutrono che di se stessi. Acconciati di
giallo, crestati di blu, oscillano. Corrono allacciati, tornano, si avvitano,
si accoppiano. L’atto d’amore li esalta e li magnifica. Si espandono, salgono
in avvitamento. Corona di fuoco. La città intera si illumina. Quando si
accoppiano, è per fiammeggiare così e per morire. Per rinascere senza posa dal
mattino alla sera. Essere collettivo che non persiste. Popolo nomade divenuto
sedentario il giorno in cui le colonne hanno saputo imprigionarlo offrendogli
il gioco dei loro specchi. Popolo bambino che incanta la magia dei riflessi,
con l’infinita mobilità del suo stesso spettacolo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Quel fuoco che ci
ignorava e la cui danza capricciosa ci teneva lontano dalle colonne ha
percepito la nostra presenza. Si spinge verso di noi. Rapido, ci traccia
intorno dei cerchi. Ci cattura.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">I figli del fuoco
sono meno numerosi di quanto pensavamo. Si moltiplicano nei prismi di vetro.
Appena sfuggono al loro recinto, li si vede un po’ individualizzarsi prima di
mescolarsi tra loro. Senza danni, abbiamo superato la prima linea.
Istantaneamente, recuperiamo la nostra ombra. Si eleva curiosamente tra noi e
le fiamme. Eco che danza coi figli del fuoco.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Imitando la nostra
ombra, scomparsa ogni paura, vortichiamo. Passiamo tra le colonne. All’interno,
si spaziano, formano una sala in cui ci si muove facilmente. La folla ci
accompagna. Non possiamo fermarci da nessuna parte. Se ci arrestiamo, il fuoco
ci brucia. Per sfuggire al suo morso, bisogna muoversi restando in mezzo alle
fiamme. Ritornare fuoco nel seno del fuoco. Le fiamme ci incatenano. Ci
imprigionano. Corrono su tutto il nostro corpo. E fiamme noi siamo, rosse,
pettinate di blu. Non tocchiamo più terra. L’aria ci solleva. Il suolo è di
brace. Non viviamo più nell’istante. L’istante non esiste più. Si consuma.
Prima di nascere, naufraga. Gli corriamo appresso, ma siamo sempre in anticipo
o in ritardo di un attimo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Danziamo, fino allo
sfinimento. Stiamo per cadere. Riposo che ci perderà. Immobili, presto ci
consumeremo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Il fuoco volteggia,
intorno a noi. Velocità sconvolgente. Onda su onda, il fuoco si espande.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Giriamo. Giriamo. Le
nostre ombre si proiettano all’esterno. Presto! Dobbiamo raggiungerle. Le
fiamme rinserrano la loro stretta. La nostra ombre svanisce. Abbiamo
oltrepassato la barriera. Il fuoco non è altro che un riflesso danzante
all’interno delle colonne.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Gli organi iniziano
un gioco desolato, mentre la città fonde, consumata dal fuoco delle immagini.
Quelle immagini ch’essa proietta, al levar del sole, come ricordo di quelli che
la popolarono.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Dalla parete
vetrificata, non resta che una massa indistinta, opaca. Noi la aggiriamo. I
cespugli di cristallo si incrostano di una materia nerastra e si sbriciolano.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Caos di lave rosse e
nere. Discarica. Campi di scorie stridenti, scricchiolanti sotto i nostri
piedi. L’Equipaggio risale delle pendici che dividono delle faglie. In fondo a
un sentiero cola e gorgoglia una massa vischiosa, leggera come un impasto,
scagliata di tanto in tanto da un’eruzione. La colata si spande, precipita fino
a un terrapieno, dove, rallentata, si ferma. Transitando, forma delle bolle.
Che presto si gonfiano. Divenute sfere traslucide, si ricoprono di una
membrana. Dalla bolla nasce un uovo. L’uovo è un occhio la cui pupilla descrive
un cerchio completo. La parete si fa sempre più pallida. La macchia nera
accelera la sua rivoluzione. Poi torna al centro. Gira su se stessa.
All’esterno scaturiscono degli pseudopodi che, subito, si articolano, si
ramificano, si allacciano per formare un reticolo. Ma ecco che, lacerando le
loro giunture, si individualizzano. Sono altrettanti nuclei che si modellano
per concentrazione di materia e che si sviluppano, sicché una sfera vicina si
colma di una granulazione lattea e bucherellata, che diffonde una polvere di
spore.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Indecise,
balbettanti, le forme di vita prodotte dalle sfere interagiscono l’una con
l’altra. Non appena le loro periferie entrano in contatto esse lottano e, quasi
subito, si compenetrano. Oppure degenerano. Il flusso di semenza disperso non
tarda a raffreddarsi. Affinché si attivino le funzioni vitali generatrici di
calore, sarà loro al più presto necessario ottenere un livello di complessità
sufficiente. Le forme dunque ingaggiano una gara disperata contro il freddo,
contro la morte. Fino al momento in cui non sono ricoperte da una nuova colata,
così bruciante da consumarle. Su questo terreno cauterizzato dove si accanisce
la vita, un sole bistro, venato d’antracite, lampeggia, tanto che il camino,
attraverso le scorie, emette una voluta di fumo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Il cielo acquista
toni carnali. Cade una pioggia sanguigna. E presto il suolo fertilizzato
germina.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Accade allora un curioso
fenomeno di desquamazione. A placche, il tappeto vegetale si gonfia. Si
innalza, poi si stacca dal suolo. Trasportate da un turbine, le scaglie volano
e danzano, come foglie secche. Per disporsi su un asse mediano. Farfalle, ali
senza corpo. È la terra spogliata che, ora, germoglia. La nube di sfumature
effimere e multicolori scende, si posa più lontano e ricompone un altro motivo
vegetale.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Il territorio si
estende in giganteschi polipai, arborescenze madreporiche. Intrichi di corallo
e di spugne sempre più densi, terreni spugnosi in cui l’Equipaggio avanza
penosamente. Rigidi rami, taglienti che si alternano con masse molli dal tocco
gelatinoso. Quando, per sbaglio, rompiamo uno di quei rami, esso sanguina.
Anche le spugne sono imbevute di questo liquido rosso.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Piove senza posa. La
crescita sembra rallentare. Il suolo ha bevuto il sangue; si ricopre di una
schiuma che potrebbe essere una varietà di spuma che emette sbuffi sotto i
nostri passi. La stessa sostanza si deposita sui nostri vestiti. La toglieremo
a scaglie. Ma poi la lasceremo fare, avendo constatato che essa assorbe il
liquido rosso e che in seguito, privata di cibo, subito si secca.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Giunti, e non senza
fatica, sulla cima di un poggio, dominiamo una conca occupata da uno stagno i
cui successivi livelli si percepiscono in un digradare di rossi.
Immediatamente, la massa liquida si dilata, ricoprendo la prima gamma del color
limone. Il sangue freme, scoppia in semi, si abbatte sulle sponde. Poi viene il
reflusso. Di riva in riva esala un lungo sospiro. La marea è come una
respirazione. Le rive dello stagno sono allo scoperto, eccetto qualche sbuffo
di schiuma. Si distingue, comunque, sulla riva destra una specie di ala
macchiettata di rosa che freme sotto la luce.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Lungo la riva,
raccogliamo dei baccelli trasparenti che costellano l’invaso. Queste piccole
lenti biconvesse contengono bizzarre efflorescenze. Che siano i frutti dei
cespugli di cristallo visti nella città degli uomini fiamma? Nelle nostre mani,
i baccelli emettono dei crepitii simili a quelli dello zolfo bollente. Si
aprono. Se ne vede staccare una corolla o piuttosto aprirsi delle labbra che
palpitano, leggere, sotto le nostre dita piegate per trattenerle. Una
pressione. E muoiono. Non ne resta che un fragile involucro. Ma se apriamo le
mani stando attenti a non sgualcirle, esse sfuggono. Vorticando, si posano sul
bruno limone sul quale si allargano, si gonfiano, si aprono e liberano una
polvere d’oro che sembra polline.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Dirigendoci a destra,
abbandoniamo lo stagno. Dalla sua superficie emerge una fitta vegetazione,
rilucente, che ricorda enormi banchi d’alghe. Ciò che, da lontano, ci era parsa
come un’ala ora ci sembra come un’escrescenza carnosa proliferante a vista
d’occhio. Da tutte le parti, emergono prolungamenti, dita così flessibili e
così mobili che le si crederebbe di caucciù. Delle dita che palpano la riva,
esplorano il mondo esterno a vantaggio di una forma nascente. Una vita che
cresce tanto rapidamente che, presto, le sue appendici tattili ci circondano,
ci attirano, ci percepiscono. Queste migliaia di appendici appartengono
indubbiamente a una colonia di individui uniti da un’unica membrana. Corpo
collettivo che ci avviluppa e sta per assorbirci. Forse siamo già all’interno
di questo organismo. No. Restiamo alla superficie, trattenuti da una sorta di
cordone sanitario.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Non potendo
liberarci, cerchiamo di penetrare lo sbarramento. Così vedremo ciò che ci
attende al di là. Più che una barriera, a trattenerci è una specie di rete.
Impossibile oltrepassarla. Ci lascia ancora una certa libertà di manovra, ma
abbiamo l’impressione che essa rinserri le sue maglie, impercettibilmente.
Istintivamente, ci raggomitoliamo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Facciamo evoluzioni
tra i flagelli. Che vibrano, come fanno gli anemoni di mare. Presto,
inclinandosi tutti secondo lo stesso angolo, ci fanno scivolare sulla loro
superficie. Verso quale destinazione? Non esercitiamo alcuna presa su queste
umide protuberanze, viscose. C’è forse una possibilità che, finalmente, esse ci
espellano e che, risalendo, noi…<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Sotto la membrana
trasparente, azzurrognola, un liquido incolore irrigha i tessuti, similmente al
mare che in profondità inumidisce le sabbie. Un’altra linea di difesa si
prepara, dall’altra parte della parete: dei corpi violetti, d’apparenza
spugnosa, si riuniscono e varcano la parete per osmosi. Si dispiegano a
semicerchio. Sorpresa. Non ci attaccano ma ci respingono lungo la membrana che
sembra dissolversi. Gli siamo passati attraverso, e in buona compagnia. Questo
ci conduce all’entrata di un budello, prima di svanire tra i tessuti.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Un alone verdastro
rischiara una volta rosa. Lungo questo corridoio fluttua un tenue vapore.
Subitamente, la parete diviene a sua volta traslucida. Gli anelli che la
compongono si stagliano in bruno sul rosa pallido venato di bianco. Sembra
illuminata dall’esterno. Dall’atra parte si abbozzano dei contorni, delle ombre
delicate. Tutto un universo suggerito. La luce si smorza, intercettata dai
rilievi. Strutture color carne, di un rosso più intenso nei punti ombreggiati.
Sembrano provenire, per il loro intrico, dalla foresta vergine e, per la loro
complessità, da una sala macchine. Tronchi e tubature collegati da liane. Ora,
è l’Equipaggio che illumina il proprio cammino. Ciascuno di noi diffonde una
fosforescenza che ci fa sembrare fari luminosi. Questa luce avvolge interamente
i nostri corpi. Incredibile che essa si liberi così bene attraverso i vestiti.
Mentre un denso flusso, appiccicoso, ci trascina, distinguiamo sempre meglio la
volta. In avanti e indietro, al contrario, la visibilità si riduce a una
distanza che si potrebbe valutare come tre o quattro metri, diciamo l’altezza
di due corpi umani. Ma non disponiamo di alcuna altra scala cui commisurarci.
Non ci avranno rimpicciolito alle dimensioni di questo microcosmo?<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Lunghe setole tappezzano la membrana.
Ondeggiano seguendo i voleri della corrente. Noi ruzzoliamo nelle loro pieghe
che frenano la nostra deriva col loro contatto leggermente adesivo. Al nostro
passaggio si strappano dei ciuffi. Tra le setole fluttuano ombre. Tutta una popolazione
indistinta abita questi recessi. Delle particole fini in sospensione in un
liquido diffondono un luce bianca. Dei bastoncelli tracciano dei zigzag o
compongono stelle. Si uniscono seguendo regole simili a quelle del domino.
Incrociamo calotte trasparenti, fiori ondeggianti in cui petali sono altresì
membrane natatorie dove la luce disegna motivi sfuggenti che tinteggiano un
accenno madreperlaceo. Dall’ombra alle volte risale una sorta di polipo. Mangia
una stella e diventa a sua volta sorgente di luce.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Anche quando è
immerso per tre quarti il nostro corpo continua a emettere una luce che colora
di rosso il paesaggio circostante. Ma mentre la brillantezza dello scenario si
fa più viva, il nostro alone s’indebolisce. Percepiamo tutto il volume di queste
cavità dove i flutti si attardano. E, per contrasto, ci sembra che la nostra
taglia diminuisca ancora. Nei passaggi difficili, ci raggruppiamo, per
moltiplicare la nostra intensità luminosa. I nostri occhi abituati alla
penombra distinguono la palpitazione delle cartilagini, i battiti regolari
della parete.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Passiamo davanti a
grotte popolate di esseri albini che, al nostro avvicinarsi, riguadagnano le
profondità. Abbiamo appena il tempo di intravederli. Quelli che si erano
allontanati troppo per poter ritrovare subito la loro strada producono uno
schermo d’ombra che li protegge dalla luce emessa dai nostri corpi. Si direbbe
che si siano trasformati in anelli di fumo opaco. I quali, invece di
dissiparsi, si solidificano, prendendo la consistenza di un disco colloidale.
Li si può prendere, facendo attenzione, ma dietro non c’è più niente.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">In cambio, ci sono
altre specie attirate dalla nostra scia di luce. Senza dubbio stavano
aspettando questa illuminazione per riprodursi. Davanti a noi, una pila di
anelli si disfa per liberare i suoi componenti. E ciascuno di essi forma, a sua
volta, un’altra colonna che si scompone di nuovo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">I flutti fanno
ondeggiare anche dei pennacchi formati da ciglia argentee che, con un movimento
grazioso, assorbono i corpi degli esseri albini.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Altri esseri
sedentari hanno inserito i loro peduncoli nei rilevi della parete grumosa. Solo
occasionalmente si spostano, invitati dalla corrente, e si danno a una specie
di cabotaggio fuori del corso principale. Alcuni, che vanno alla deriva, si
attaccano alle pieghe dei nostri indumenti. Questi cespugli animati recano,
all’estremità dei loro rami, bolle che si staccano e vagano, leggere come
bolle. Quando ci urtano, scoppiano.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Spinti da una contro
corrente che viene inspiegabilmente dalla parete, andiamo incontro a una coltre
vischiosa. Cerchiamo di evitarla. Ma un turbine afferra l’Equipaggio nello
stesso istante della coltre. Sprofondiamo in una sorta di muco. Ma subito, la
corrente si inverte. La corrente si spinge verso la parete e ci conduce a dei
ciuffi rosa che sbattono rapidamente le loro ali. Sono queste che provocano le
correnti. Già ci palpano. Insieme al menu di piccoli esseri, ingoiano anche il
muco che esse stesse hanno prodotto. Ma senza dubbio noi siamo troppo
voluminosi o troppo coriacei. Ne restiamo fuori, ondeggiando lungo le
ramificazioni, quasi immobili. Gli sforzi che facciamo per liberarci purtroppo
sono pari alla forza che ci attira. I ciuffi ora si apprestano a digerire i
loro bottino. Il flusso è cessato. Approfittiamo della calma che sarà di breve
durata per tornare alla corrente principale. Ma anche i ciuffi non tardano a
espellere il liquido assorbito. Così il reflusso ci libera.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Questa volta, siamo
aspirati verso la parete opposta. E quasi ci fracassiamo su una griglia d’osso
tesa attraverso una gola spalancata. Una bocca e, dietro di essa, un ventre a
forma di tasca, un animale che si limita a questo. Ma la griglia, simile ai
fanoni di una balena, serve da filtro. E noi le sfuggiamo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Malgrado la sua
trasparenza, il flusso che ingrossa e ci trasporta non può essere che sangue:
trasporta enormi grumi, amassi di fibrine che ci squilibrano e che occorre
evitare.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Vorticando, stanno
per agglutinarsi sulla riva. Attenzione! Non lasciamoci trascinare verso quel
caos semovente o ne saremo avvinghiati, soffocati. I ciottoli ruotano su se
stessi, urtano sulle sponde con un </span><span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">suono morbido. Da una piega della
parete esce una nuvola di animaletti di un biondo dorato. Che spaventosa
ingordigia! Per questa loro voracità la massa di fibrine sparisce a vista
d’occhio.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Dietro di noi, non
resta che un scintillare dorato. Ondeggiamo secondo i voleri del sangue. Ma
questo, al minimo muoversi, ci entra dal naso, ci soffoca. E quando ci si
sforza di riprender fiato in un’atmosfera densa come un flutto, non si può fare
a meno di bere una sorsata esagerata. Una volta, dieci volte, lo risputiamo. Ma
finiamo per inghiottire. E ciò che allora accade, non ce lo aspettavamo: ci
tornano le forze. Poi anche se l’Equipaggio continua a lasciarsi trasportare,
smette di essere un giocattolo per la corrente. Inoltre, il flusso si fa più
regolare, più calmo. Respiriamo meglio.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Ecco l’uscita dal
tunnel. Ma invece di aprirsi nella luce, si chiude o piuttosto termina in una
specie di sfintere che sta per espellerci. La corrente accelera. Il muscolo si
dilata, ci avvolge, ci lancia.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">E' come un setaccio
che abbiamo oltrepassato. Il soffitto della galleria si abbassa, le pareti si
rinserrano. La pressione sulle nostre tempie cresce. Poi le gallerie inanellate
si ramificano. Molto velocemente, si perdono in un groviglio di fini canali.
Qui, vorremmo lottare contro la corrente, ma non ci sono appigli da nessuna
parte in questo ambiente colloso, ricolmo di liquido. Poco a poco, il flusso ci
disperde.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Si impantana tra gli
acquitrini tra i quali ci areniamo, sgocciolanti, appiccicosi. Titubanti,
barcollanti, finiamo per raggiungere un canale la cui corrente ci contenderà a
questo fango che invece ci aspira. Ci lasciamo scivolare; poco importa dove ci
conduce il flusso.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Transitiamo davanti a
isole rosse e irte di capsule gelatinose che distinguiamo appena. Preso da un
mulinello, l’Equipaggio danza come tappi di sughero. Spesso, si tocca il fondo
sul quale si scivola. Un’asperità ci trattiene come relitti. Poi il livello del
liquido aumenta. I naufraghi ripartono. Diritto verso la punta dell’isola.
Davanti a noi si innalza la costa, luminescente, simile a una gengiva su cui
sono piantati rari mozziconi di dente – delle capsule bizzarre. Al loro
livello, dei punti si illuminano attraverso la rossa penombra. Tre punti. No,
quattro. Stiamo per ammarare a destra. Ma una contro corrente ci devia. È a
sinistra che doppiamo il capo. I punti si sono mossi. Ci seguono. Pensiamo a
segnali lanciati al nostro arrivo per prevenire dei misteriosi predatori di
relitti. In effetti, i punti sono un doppio paio d’occhi. Nel mentre
transitavamo vicino alle capsule, li abbiamo scorti mentre si muovevano. Molto
netti, si staccavano da una massa indistinta. Uno sguardo intenso. Occhi di
gatto.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Ancora delle isole.
Le abbiamo raggiunte. Ci sono delle capsule trasparenti, altre opache. Nelle
prime, abbiamo intravisto corpi mummificati che mantengono qualcosa di
un’apparenza umana. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Prigionieri
trascinati come noi fino a questi bassi fondi per morirci incistati.
L’Equipaggio saluta questi visitatori che ci hanno preceduto, mentre sfila tra
i loro sarcofaghi. E testimoni del nostro fallimento, essi ci rendono gli
onori.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">L’Equipaggio è caduto
in una tasca di tessuto fibroso la cui pareti battono. Dietro di esso, un valva
si chiude, poi scompare. Non c’è più nessuna traccia dell’orifizio da cui siamo
entrati. Neanche una cicatrice. Dall’altra parte si apre una seconda valva che
emette un flusso di sangue. È di poco che abbiamo evitato quella cataratta. Ma
la prossima o la seguente ci sommergerà. Che fare? I nostri occhi cercano un
rifugio. Lassù, una passerella! Come raggiungerla? Abbiamo una sola
possibilità, nient’altro: aspettare un flusso che ci spinga, che ci lanci fino
al parapetto e là, aggrapparci!<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Un onda ci afferra.
Il torrente ci solleva. Attenzione! Ci siamo. Quasi. Hop! Le nostre mani
brancolano. Cercano di afferrare. Scivolano. Vortichiamo. Il flusso ci
riprende.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Questa volta, sì!
L’abbiamo presa! Che sollievo! Il sangue continua a salire. Sale sopra il
parapetto, ci schizza. Teniamoci forte! Un riflusso. Infine, riprendiamo fiato.
Se così si può dire – in questa atmosfera rarefatta, tiepida, soffocante.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Flusso. Il sangue
risale ancora più in alto. Sta per sommergere la passerella, per portarci via,
gettarci verso altre paludi. Non è stata che una tregua. Laggiù ci attendono le
capsule. Sarcofagi!<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Il sangue affluisce.
Sale inesorabilmente. Sciaborda. Uno schizzo ci colpisce. Rasentiamo la
passerella per appiattirci contro la parete, così da offrire meno resistenza.
Ai nostri piedi si apre una cavità. Ci entriamo, a ventre piatto. Sguazzando
nelle mucosità. Il suolo è tappezzato di filamenti vibranti che entrano in
azione. Il loro solleticare fa rabbrividire di disgusto. Rabbiosi, le
schiacciamo a colpi di pugno, sotto le ginocchia. E, malgrado questo,
progrediamo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">La cavità sbocca su
una vasta grotta irta di stalattiti retrattili che, a intervalli regolari,
rientrano nella volta. Si direbbe, d’altra parte, che essa si abbassi e si
sollevi. Ma la penombra che qui regna non ci permette di controllare. Presto,
qualche luminescenza comincia a insistere sulle asperità di questi denti
enormi, piantati in mezzo al palato.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Sul pavimento della
grotta, ci imbattiamo nel resto di una dentatura che anch’essa doveva armare
questa «mascella» inferiore. Ma questa è fissa. O almeno, non si è mossa da
quando siamo entrati. In fondo alla grotta, sotto un piano tagliato, stalattiti
e denti sono saldati. Nella penombra si intravedono fantasmagorici scompigli.
Come se si stesse cercando, in modo puerile, di distrarre la nostra attenzione
dalla cosa essenziale: la ricerca dell’uscita.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Questa volta siamo
incastrati. Ci ronzano le orecchie. Da non credere? Sì, è una voce che si
propaga sotto la volta. Crea dei volumi. Paesaggi sonori. Ma purtroppo subisce
delle distorsioni che la rendono incomprensibile. Attraversa lo spazio, tuona.
Si precisa:<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">«Vi aspettavo. L’uomo
è penetrato nella mia circoscrizione dell’universo. Ma nulla mi sfugge. Misuratore
dello spazio e del tempo, io sono e non sono. Fatto a modo mio, che non è il
vostro. Sono prima e dopo. Al di qua ma anche al di là della durata. Fra le
stelle morte e le nebulose a venire, veglio.»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Terminando la frase,
un po’ nasale, la voce si deforma a causa dello sgocciolio. Prosegue:<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">«Voi non mi vedrete,
ma io vi distinguo: cinque protuberanze autonome che fanno un corpo solo. So
cosa siete venuti a fare. Molto lontano, nelle pieghe del cosmo, esistono
mondi, le cui forme si evolvono così lentamente da sembrare immobili. Il giorno
succede alla notte, nient’altro. Non stupisce che l’uomo fugga questa routine!
Ma nello specchio degli astri non cerca che il suo riflesso, il suo simile. Per
allacciare con lui il legame della competizione e dell’odio che lo
caratterizzano. Voi vi annunciate col fuoco, col ferro o col pensiero, e il
resto che ne segue. E gli altri sopraggiungono, a legioni. Ma avete preteso
troppo dalla vostra potenza e dalla vostra malizia.»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">L’Equipaggio vorrebbe
replicare a questo processo alle intenzioni. Ciò che essi sono venuti a
ricercare sulle Miriadi, non è il loro doppio, ma lo sconosciuto, l’inatteso,
il mai visto, l’impossibile. La nostra voce resta sorda, appiattita. Annaspa,
soffoca. Non può rivaleggiare con colui che tuona al di sopra delle nostre
teste:<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">«Vediamo se sapete
rispondere a questa domanda: chi è il primo, il seguito e il tutto?»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Non siamo certo
venuti a fare dei giochi da oratorio, a risolvere, sotto nuove maschere, i
vecchi enigmi. Ma ecco la nostra risposta:<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">«Siamo noi i primi,
il seguito e il tutto: l’Equipaggio.»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">«Ben detto! Era una
delle risposte. Il primo, il seguito e il tutto, può designare altrettanto bene
le Miriadi – uno e molteplice – o il Misuratore. Una risposta a tre facce. Come
vedete, gioco a viso aperto. Avrei potuto dire: non c’è che una risposta. Sono
io quella risposta. Io, e null’altro. Ma sarebbe una risposta degna dell’uomo e
del suo egocentrismo.»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Dopo un silenzio, la
voce scende di un livello:<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">«Eccovi prigionieri
di una gola vivente e smisurata. Che fa al contempo funzione di mura e di
guardiano. Siete prigionieri in questa capsula per un altro viaggio, che però è
immobile.»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">La volta.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">«Se pensate che
quelle punte acuminate sopra le vostre teste stanno per triturarvi, per ridurvi
in poltiglia, vi sbagliate. Questi organi tattili sono strumenti di
osservazione e di misura. Determinano la vostra posizione. Presto, scenderanno
fino a toccarvi. La forma e la pressione della volta si modificheranno. Vedete,
le nostre tecniche valgono quanto le vostre. E attenderemo senza darci pena il
raffinarsi del vostro sadismo. A dire il vero, mi prendo la rivincita. Mi avete
obbligato a circoscrivermi nella durata, a rivestire una certa opacità per
opporla alla vostra. Mi avete obbligato a esistere. Ma so mettermi in gioco. Vi
lascio una possibilità. Solo, mi batterò con voi, contro l’Equipaggio al gran
completo, in una partita a scacchi. La giocheremo con le vostre regole, ma con
i miei pezzi e sulla mia scacchiera. Potete constatarlo: le punte sono rientrate,
lo spazio della vostra prigione non si restringe più. Al contrario, le pareti
sfumano, la luce si smorza. Non vi sentite più oppressi. E affinché la partita
sia leale, potrete disporre di tutti i nostri mezzi. Siate miei ospiti e non
miei prigionieri. Se vincete, siete liberi di proseguire il vostro viaggio. Se
perdete, vi tratterrò, vi imbalsamerò e vi incapsulerò. L’Equipaggio figurerà
tra i trofei delle Miriadi. Ora, precisiamo qualche particolarità del nostro
gioco. Voi non toccherete i vostri pezzi. Vi accorgete, del resto, che non si
può fare. Si sposteranno da soli, seguendo gli impulsi della vostra volontà. E
perché questa si sviluppi chiaramente secondo le strade da voi scelte – è affar
vostro – consultatevi. La prima partita non conta. Vi servirà per
familiarizzare col gioco e di affinare le vostre tattiche. Pronti?»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Dissolvenza. Le
pareti sono svanite. Sipari ondeggianti che si stagliano su uno sfondo da
cinerama. Chiarezza. Sta nascendo un giorno. Siamo nuovamente in uno spazio
indefinito. La volta si riduce a vapori che, lentamente, si colorano. Rosso da
una parte, bianco dall’altra. Due soli si levano, uno di rame l’altro di lucido
argento. Ogni astro libera dall’ombra la propria corte di pianeti che immerge
nella sua luce: due di essi sono sormontati da calotte di ghiaccio, alti due
non lasciano apparire che i loro anelli. Da ogni lato scocca una cometa che
descrive una spirale prima di venirsi a sistemare vicino al sole del suo
colore. È seguita da altri due pianeti, più pallidi, con la loro corona di
satelliti. Una pioggia di asteroidi si ripartisce nei due campi avversi. Il
rosso e il bianco si ordinano su una scacchiera dalle caselle alternate di luce
e di ombra. Sole-re, regina-cometa, alfiere con l’elmo di ghiaccio, torre
bardata di satelliti, anello-cavaliere, e scintillanti meteoriti per pedoni.
Poco a poco i pezzi prendono posto. Ma continuano a girare su se stessi.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">«Onore ai nostri
ospiti,» dice il Misuratore. «A voi la scelta del campo.»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Prendiamo il rosso, per sfidarlo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Su una scacchiera di
vetro giocano i toni sontuosi e delicati dell’aurora, i cui piani si
intersecano, si compenetrano e confondono le loro sfumature. Ogni pezzo resta
al di sopra della propria casella, che essa tinge leggermente. La sua
luminosità tende a propagarsi nel senso di marcia. Il sole, che ora sembra di
materia cristallina e nel quale si vedono passare riflessi di fiamma, da la
tonalità, il suo chiarore all’ambiente. La cometa, la figura più brillante,
dalle forme fluide attorno a un centro incandescente, irraggia in ogni
direzione. Sotto la sua cappa di ghiaccio scintillante, l’alfiere emette, lungo
la sua diagonale, luci intermittenti, salmone o bluastro, a seconda della sua
squadra. La torre, d’ambra e d’alabastro, traina i suoi quattro satelliti che si
spostano come lenti di un faro nel corso della loro lenta rivoluzione. Gli
anelli trasparenti proiettano delle luci aranciate o lattee. I meteoriti,
esplorati dagli irraggiamenti delle figure, stanno in guardia.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Apertura classica. Da
ogni parte, i pedoni del sole sono avanzati di due caselle. Il Misuratore gioca
l’anello del re. Questo pezzo, a differenza di quello tradizionale, non salta.
Fluttua. La sua struttura gassosa gli permette di attraversare gli ostacoli che
trova sul suo cammino. Si mantiene sfumato e lascia dietro di sé una scia di
vapore.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">In risposta facciamo
uscire l’anello della regina.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Perché avvenga il
movimento è sufficiente che la decisione sia formulata con tacito accordo
(stiamo ben attenti a non svelare i nostri piani). Non manchiamo certo di
allenamento, quante partite abbiamo disputato da poco, tra un viaggio e
l’altro! Ma, questa volta ci diamo alla lotta con sfiducia. Sapremo comandare
un meccanismo celeste che non obbedisce che alle proprie stesse leggi? Ci
sapremo giocare senza che sia esso a giocare noi?<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">La trasmissione del
pensiero è una disciplina di cui l’Equipaggio conosce tutti i contorni. Ma qui
i nostri calcoli si coordinano imperfettamente. Cosa che ci preoccupa. Ora
fiutiamo le prime astuzie del Misuratore: farci dubitare della nostra coesione,
ricordarci che siamo diversi, ognuno col suo passo, il suo ritmo, il suo stile.
È vero, nascono dei contrasti mentre prepariamo la nostra mossa. Le variabili
si affollano nei nostri spiriti. Si confondono. Bisogna scegliere.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Alla fine ci sembra
che uno scacco manovri da solo, prima che l’intero Equipaggio abbia consolidato
una decisione. Lasciato aspettare, ha scelto da solo. Oh! Non ha tradito le
nostre intenzioni. Non agisce a favore dell’avversario. Anticipa. La mossa
delizia alcuni, sconcerta altri. La figura obbedisce ai suoi stessi impulsi.
Manifesta la sua indipendenza. Creando una situazione ci mette davanti al fatto
compiuto. Altre volte, essa prende una fortunata iniziativa che avevamo
preventivato, senza però svilupparla; noi avremmo, a torto o a ragione, optato
per un’altra variante. Gli asteroidi si comportano con una certa noncuranza,
quando non si mostrano recalcitranti. Così giochiamo una partita nella partita,
contro i nostri stessi pezzi. Essi sentono che non siamo capaci di
controllarli. Forza! Dobbiamo affermarci, esercitare delle scelte più chiare e
più rapide. Proseguiamo il dispiegamento delle nostre truppe.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Gli avversari si
osservano.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Ma a dire il vero, lo
spettacolo, le evoluzioni ci assorbono più delle nostre tattiche. Il Misuratore
lo sa; ne gioisce.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Ogni pezzo interposto
capta la luce che si diffonde lungo la colonna, la fila o la diagonale. Si
incorpora; rompe o ravviva la tinta. Ne risultano combinazioni che si possono
analizzare e che regalano nuove dimensioni al gioco. Per degli occhi preparati
si dispiega tutta una strategia dei colori.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">La cometa,
risplendente, attira gli sguardi. Si sposta a velocità variabile, ora
folgorante, ora lenta e maestosa. Avanza di colpo, e ripiega solo se
minacciata. Tra le altre figure, gli alfieri sono i più rapidi con i loro
spostamenti lineari. Se, per se stesse, le meteoriti intervengono poco nei
giochi di luce, però si rivelano molto sensibili alle variazioni di
illuminazione. Rubano i toni all’ambiente. In presenza di una figura diversa,
si scolorano o si coprono, al contrario, di riflessi incendiati. Si rischia di
sbagliarsi, di fare il gioco dell’avversario. E abbiamo anche la sfortuna di
perdere un alfiere il cui fulgore ci nascondeva un pericoloso asteroide.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Preso, un pezzo si
estingue, scompare dalla scacchiera. Permane un alone sul quale si staglia il
nuovo occupante della casella. Quest’ultimo brilla di un fuoco più vivo che ha
rubato alla sua vittima. Alla mossa seguente, l’alone svanisce.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Ammettiamolo.
Quest’azione per soggetti interposti ci inquieta. Abbiamo l’impressione che la
cosa ci sfugga. Ma il vero scontro si gioca contro l’influenza del Misuratore.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">L’avversario bluffa.
Senza dubbio, ma fa progressi. Fino a qui, la sua tattica ci sembra sconnessa.
Lancia attacchi sporadici, impulsivi. Il suo piano di insieme non si rivela.
Ma, anche se, da parte nostra, ci barcameniamo, lui occupa terreno. Ha fatto
saltare la nostra linea di meteoriti. Dopo uno scambio svantaggioso al quale ci
ha costretto (abbiamo perso una torre per catturare uno dei suoi anelli), si è
saldamente stabilito al centro.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Attraverso le colonne
scoperte, attacca. Ci confonde. Affonda, non esitando a esporre la cometa;
lancia l’anello che gli resta in fughe temerarie.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Ma la sua audacia è
profittevole. Ci paralizza. Siamo sulla difensiva. L’avversario ha il campo
libero. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Le nostre posizioni
cadono, una dopo l’altra. Una torre bianca entra in azione. Sul quadrato
formato dai nostri pezzi attorno al sole rosso si delinea il pericolo.
Proteggiamo la meteorite che copre il sole, senza la quale esso sarebbe messo
in scacco dall’anello d’argento alla prossima mano. E la nostra cometa?
Inchiodata da un alfiere bianco.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Accerchiati, vogliamo
tentare l’arrocco. L’alfiere ce lo impedisce; obbligherebbe il nostro sole a
rischiare uno scacco. La cometa bianca ci si avvicina. Non possiamo parare la
doppia minaccia. Scacco. Curioso! Il nostro sole impallidisce. Poi diviene
terreo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">È chiaro, siamo
battuti. La ragione avrebbe voluto che abbandonassimo. Ma l’Equipaggio lotterà
fino alla fine. Costringiamo il Misuratore a darci scacco. E lui lo fa.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Era da prevedere.
Abbiamo perduto la prima partita. Comunque, abbiamo valutato l’avversario. Il
suo gioco denuncia un essere sicuro di sé, disinvolto, che dalla sua vittoria
avrà una scusa per rischiare ancor di più.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Contiamo sulle sue
imprudenze. Incoraggiamolo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">«Quando volete,
signori. A voi i bianchi. Quando giocano vincono, si direbbe.»<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">I pezzi hanno ripreso
la loro posizione di partenza. I bianchi e i rossi stanno per scambiarsi di
posto. Si dirigono gli uni verso gli altri. I ranghi si confondono, come in una
parata.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Ecco. Nello schema
delle caselle, ombre e luci s’invertono. Tutto è a posto.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">In apertura, il
Misuratore attacca. La sua cometa discende in diagonale a minacciare la
meteorite del re. La temerarietà del nemico diviene insolente. Ma per contenere
la sua avanzata ci è sufficiente spostare l’anello. L’avversario frappone
l’alfiere. La nostra torre entra in linea. Il Misuratore non ha scorto la
manovra? Sta per sacrificare l’alfiere? Per trarne quale vantaggio?<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">L’anello prende
l’alfiere. La cometa vibra, danza, poi rapidamente batte in ritirata. Il
Misuratore esita. La sua offensiva ha fallito. Perde del tempo prezioso. E
l’iniziativa la prendiamo noi.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Attacchiamo a nostra
volta, senza posa.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Ora è il nostro
vantaggio che valutiamo. Insieme, scateniamo più rapidamente la nostra
minaccia, facciamo il più rapidamente possibile la valutazione di tutte le
possibilità. Ogni nostra mossa è fruttuosa.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Il sacrificio di un
pedone ci consente di aprire nel dispositivo nemico una breccia nella quale le
nostre forze si infiltrano.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Scacco al sole.
Braccato, l’astro perde di lucentezza. Il Misuratore ci blocca per mezzo della
cometa catastroficamente ripiegata. Scacco al sole e alla cometa. Il Misuratore
deve sacrificare la seconda. Scacco al sole. La sua luminosità diminuisce
gradualmente. Lento e pesante, si sposta. Scacco. Il sole nemico si trascina
sulla casella vicina. Sospingiamolo fino al bordo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Scacco matto!<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Il Misuratore è
caduto nella sua stessa trappola. Siamo liberi!<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Il gioco si spegne.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Esplode una risata.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Notte.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;"></span><br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="FR" style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">(<i>Traduzione di Giorgio Sangiorgi</i><span style="mso-bidi-font-style: italic;">)<i><o:p></o:p></i></span></span></div>
<br />
<div align="center" class="MsoNormal" style="margin: 0cm -35.45pt 0pt 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 360.0pt 479.95pt; text-align: center; text-indent: 14.2pt;">
<span lang="FR" style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 10pt;"><o:p> </o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="-ms-text-justify: inter-ideograph; margin: 0cm -35.45pt 0pt 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 32.0pt; text-align: justify; text-indent: 14.2pt;">
<span lang="FR" style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -49.9pt 0pt 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none;">
<span lang="FR" style="font-family: "times" , "serif";"><o:p> </o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span lang="FR"><o:p><span style="font-family: "cambria";"> </span></o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-57129116950009600212019-03-30T15:19:00.001+01:002019-03-30T15:19:11.498+01:00THE LADDER di Teresa Regna<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKoh_3Gqj32zdEvS2R_3PrXF4here1QPEZ1PuqYmlylpvGLmLnp1n6NrngLjhzlzb8EIBcsi6RunPkUf_73r5NjLXsT2O7Qf3ht3IMQ65aEVZ3qRbKzXjYDKOddWbQ_n9cnUHNcfNJ5PY/s1600/THE+LADDER.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="258" data-original-width="600" height="171" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKoh_3Gqj32zdEvS2R_3PrXF4here1QPEZ1PuqYmlylpvGLmLnp1n6NrngLjhzlzb8EIBcsi6RunPkUf_73r5NjLXsT2O7Qf3ht3IMQ65aEVZ3qRbKzXjYDKOddWbQ_n9cnUHNcfNJ5PY/s400/THE+LADDER.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="MsoBodyTextIndent" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span lang="EN-GB" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">The ladder, built by rays of sunlight placed one on the top
of the other, emanated kaleidoscopic glares. It climbed up to the top of a very
high ziggurat, filling with its intense brightness the building’s large steps;
it rose until the human imagination’s boundary; it reached the gods’ dwelling
places.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="EN-GB" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: EN-GB;">Huno half-closed her eyes: the intense brightness was dazzling her. At
the foot of the ziggurat, she contemplated, with her heart full of dismay, a
celestial vision.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="EN-GB" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: EN-GB;">Words would not be enough to describe the ladder’s splendour; its
perfect, slightly curved structure; its evanescent but solid steps; its
seemingly sharp tip, proof of the ladder’s unimaginable highness.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="EN-GB" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: EN-GB;">Huno knew, and understood for what purpose it had been built: to allow
gods to mingle with men, in order to supervise them, and, at the same time, to
have fun.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="EN-GB" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: EN-GB;">When gods climbed down from heaven, they assumed human appearances, and,
during a short period, leaded the same life of men. The ladder was the
indispensable toy which allowed them to reach earth, the necessary means by
which they amused themselves through deceit and betrayal of men’s trust.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="EN-GB" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: EN-GB;">Women thought to make love with their own husbands, but really they
submitted to the will of whimsical and bored gods. At the right time, they gave
birth to the children of a sin they did not know to be guilty of.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="EN-GB" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: EN-GB;">Huno, on the contrary, was completely aware of what happened every time
a god climbed down the ladder. Wonderful but dangerous, sublime but very
deceitful, it was the exact representation of the misleading gods’ power.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="EN-GB" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: EN-GB;">Nobody could see it except Huno, half-way between childhood and
maturity, saved, who know why, from the rage of gods.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="EN-GB" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: EN-GB;">When men’s eyes had been veiled, and men’s ears had been corked; when
wisdom and knowledge labouriously hoarded during many centuries had been
destroyed; when men had returned to the level of ignorant savages, Huno had
realized she was alone. Gods, frightened by men’s knowledge, wisdom, and
intelligence, had sentenced their creatures to an everlasting unableness.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="EN-GB" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: EN-GB;">She was the only one saved from ignorance, tha last of an ancient time
forever lost. Huno knew, and understood: she alone had sight of gods’ misdeeds,
and of their ladder.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="EN-GB" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: EN-GB;">After having tried to saw the ladder by a great number of means, she
realized the only way to achieve her purpose. Manhood, shifted into filth by
gods’ envy, had the right to be peaceful.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="EN-GB" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: EN-GB;">Huno climbed up the ziggurat, without much effort; then looked at its
bottom, and gave a deep sigh. She had to achieve her purpose, no matter how
hard it would be.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="EN-GB" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: EN-GB;">She began to climb up the ladder, step after step. It seemed solid as a
rock, warm to the touch, and she could not see its tip. Huno reached a great
highness, so that she could hardly distinguish men, as small as ants. Her
breath was taken away.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="EN-GB" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: EN-GB;">While she was falling headlong, dandled by the wind, Huno was satisfied:
the ladder was full of zigzag, large cracks. Her sacrifice had not been in
vain.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="EN-GB" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: EN-GB;">The ladder that reached heaven collapsed, curling upon itself, crumbled
as dried clay. The ethereal and multicoloured rays of sunlight began to whirl
in a strange ballet, like butterflies which turned here and there in the blue
sky, like dancing fragments of haevenly glory.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span lang="EN-GB" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: EN-GB;">Eventually, with a last flicker, they slowed down their foolish ballet,
joining together to form the Rainbow.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-indent: 14.2pt;">
<span lang="EN-GB" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: EN-GB;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-36868797060909995102019-03-04T11:24:00.000+01:002019-03-04T11:30:28.053+01:00PETITE DÉJEUNER di Peppe Murro<div class="MsoNormal" style="-ms-text-justify: inter-ideograph; line-height: normal; margin: 0cm 0cm 6pt; text-align: justify;">
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-ZkWWfDweiLpNBdpt3Tj36dHd-A1a_4nKCiDbvf3ZG1hlkOJJ6yKMlNV6VsEUclAHLRo0odLizwlB6SoEW3GbCpvma_Ev94qqSnSqdvCs9utTAv-pikTTWAvUQXUS1lLpo_PdFbdPBLA/s1600/PETITE+DEUJENER.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="179" data-original-width="282" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-ZkWWfDweiLpNBdpt3Tj36dHd-A1a_4nKCiDbvf3ZG1hlkOJJ6yKMlNV6VsEUclAHLRo0odLizwlB6SoEW3GbCpvma_Ev94qqSnSqdvCs9utTAv-pikTTWAvUQXUS1lLpo_PdFbdPBLA/s1600/PETITE+DEUJENER.png" /></a></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Non piacciono evidentemente ai tanti che
preferiscono un abbigliamento più chiassoso e magari anche un comportamento più
vivace e, diciamolo pure, sfrontato e invadente; eppure sono convinta che i più
parlano per partito preso o perché non li hanno affatto conosciuti,<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Personalmente amo alla follia quel loro modo
riservato, quasi titubante e schivo, di procedere, a capo chino ed occhi bassi,
quasi rasentando muri ed angoli fino a scomparire; mi delizia il loro
abbigliamento sobrio, di un’eleganza quasi demodé, che fa del nero una livrea
su cui stendere impercettibili sfumature dall’argento brunito al blu di Prussia,
fatte quasi per annegare le iridescenze nel cupo anonimato del nero. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Dio, quanto amo gli scarafaggi !<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Soprattutto, devo confessarlo, degli scarafaggi
mi piace il loro sapore, quello scrocchiare del carapace nella bocca, il
fruscio delle antenne sotto il palato, il brivido sopraffino che ti danno
quelle zampette che schioccano vibrando fino alla gola: decisamente sono il
pasto degli dei.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">Quanto mi piacciono gli scarafaggi !<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 14pt;">E così pure oggi mi sono sdraiata su questa
pietra a scaldarmi al sole, muovo pigramente la testa e fingo di non guardare
quell’angolo di muro da cui, prima o poi, uscirà il mio pasto a darmi breve compagnia.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></div>
</div>
</div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-22894460531844564212019-01-29T16:54:00.001+01:002019-01-29T16:54:36.203+01:00IL FORESTIERO PRODIGIOSO di Adriana Alarco<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqVOfYnICopbZ4WcgoP23gXF215bU760ctu8BYPO9Dx20nw2CEtBee2IiVa_bxqAbYowAYaFz3XD3YQV8VYjPrMPv0oqM467w38Mi3fiDv5dOpIzGyrP4x5tBpg3G_PO8_n7aCsufp-z8/s1600/IL+FORESTIERO+PRODIGIOSO.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="737" data-original-width="1100" height="214" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqVOfYnICopbZ4WcgoP23gXF215bU760ctu8BYPO9Dx20nw2CEtBee2IiVa_bxqAbYowAYaFz3XD3YQV8VYjPrMPv0oqM467w38Mi3fiDv5dOpIzGyrP4x5tBpg3G_PO8_n7aCsufp-z8/s320/IL+FORESTIERO+PRODIGIOSO.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoBodyText" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Il
giorno che la nonna scomparve, pensai che se ne fosse andata via assieme alle
sue pitture che svanivano da un giorno all’altro.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Seppi
poi che non era così. Invece, era morta e avevano seppellito il suo corpo nel
cimitero del paese in mezzo ai carrubi, anche se allora pensavo che il suo
spirito vagabondasse nella vecchia dimora, consigliandoci all’orecchio,
sorridendoci con bontà e facendoci scoprire i segreti più nascosti.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Dopo
la notizia, arrivammo un pomeriggio a quella casona dove avevamo trascorso
tante domeniche felici in mezzo al trambusto dei cugini e ai rimproveri della
vecchia Ignazia, nera come il carbone che usava per cucinare nella scura cucina
macchiata di grasso, dietro al pollaio. Neanche il gallo cantava e tutto
intorno c’era tristezza per la scomparsa dell’anziana. Gli zii erano taciturni,
le zie vestivano in nero e nella fattoria non regnava più quell’allegria né
quella complicità fra i cugini che trasformavano le domeniche in casa della
nonna in giorni di cospirazione, confabulazione e intrighi.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Trovai
i tubetti delle pitture a olio e i pennelli di peli di martora logori per l’uso
dentro una scatola di legno. C’era pure la tavoletta per mescolare i colori. Fu
quello stesso pomeriggio che arrivammo per distribuire fra noi qualche oggetto
di ricordo appartenuto alla nonna. Scoprii la scatola di pitture dietro
l’enorme vasca di metallo smaltato con piedi di leone dove mi nascondevo da
piccola. Era la stessa che ci sembrava una piscina, quando facevamo il bagno
dentro, e che si trovava nella sala da bagno con ceramiche bianche e blu. La
scatola era proprio li, avvolta in una tela sotto la vasca.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Ricordavo
che quell’astuccio fu portato in regalo da un forestiero che si sedette con noi
a tavola una domenica nella soleggiata dimora della nonna. Rammentavo quella
mattina calda mentre svolazzava nell’aria il penetrante odore del gelsomino che
fioriva in un angolo del cortile.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Si
metteva a un lato del tavolo un posto per il forestiero, tutte le domeniche,
perché passava da quelle parti gente sconosciuta che suonava alla porta e non
lasciavamo mai andare via nessuno senza servirgli un piatto di riso e fagioli
assieme a qualche salciccia fatta in casa.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Quella
mattina fu speciale perché a un certo momento incominciò l’eclissi che oscurò i
dintorni come se fosse arrivata la sera e la pallida luce che riflettevano i
vetri colorati delle porte finestre dava un tono spettrale all’ambiente.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">La
nonna fece sedere al tavolo il forestiero, anche se arrivò coperto con un
cappuccio. Noi nipoti stavamo tutte zitte giacché l’eclissi ci aveva messo in
ansia, in attesa della risposta alle nostre domande, come: uscirà ancora il
sole? Avremo sempre la nebbia intorno? Forse l’oscurità schiaccerà col suo
silenzio le nostre vite?<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">L’incappucciato
mangiò i fagioli senza scoprirsi e non potevamo guardarlo in faccia. Eravamo
insolitamente immobili vedendo le candele accese nei candelabri. Soltanto il
minore di tutti noi osservava irrequieto, con la coda dell’occhio, cercando di
smascherarlo, ma riuscì a vedere soltanto la sua mano con quelle dita
incredibilmente lunghe. Allora, la forchetta gli tremava in mano per la paura
nascosta e i suoi occhi si riempivano di lacrime e il naso di candelotti, che
si puliva con il rovescio della mano.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Io,
invece, ero sorpresa che la nonna non gli chiedesse di togliersi il cappuccio,
in quanto non era un’abitudine sedersi al tavolo con la testa coperta né di
cappelli, né di scialli né di mantelline. Lei, invece, gli parlò con molta
considerazione e simpatia raccontando dei suoi molti nipotini, dei figli che
lavoravano in campagna coltivando l’uva e il cotone; del vino che si produceva
nelle cantine così come pure dell’acquavite o <i>pisco</i> fabbricato con
un’antica ricetta. Non mostrò fastidio per il cappuccio con il quale il
forestiero intransigente continuò a coprirsi la faccia mentre mangiava.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Poi,
quando ci alzammo da tavola, era finita l’eclissi e tutto era tornato normale,
come prima. Da sotto il suo manto talare, l’ospite sconosciuto trasse un astuccio
di legno che dette alla nonna, come ringraziamento. Conteneva i tubi di pitture
a olio e i pennelli. Vidi la nonna dipingere molte volte sulla tela che c’era
nel salotto, ma non vidi mai i suoi quadri finiti.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">‒</span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;"> Questo </span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-bidi-font-family: Georgia;">è</span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">
in regalo perch</span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-bidi-font-family: Georgia;">é</span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;"> non ti manchi niente </span><span style="font-size: 14pt;">‒</span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;"> disse l</span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-bidi-font-family: Georgia;">’</span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">incappucciato
prima di tornare nel deserto. Non era, quindi, una cattiva persona. Era
affabile, riconoscente anche se misterioso. Poi, facemmo commenti sul suo
colore incerto e la forma delle mani; la nonna ci rimproverò e ci obbligò a mantenere
quei ricordi nello sgabuzzino della memoria.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Quella
stessa scatola, regalo del forestiero che si era seduto con noi al tavolo
domenicale, fu quella che io trovai sotto la vasca con i piedi di leone nella
sala da bagno della nonna, mesi dopo la sua morte. Gli zii mi lasciarono tenere
l’astuccio, come ricordo, così come una tela in bianco per dipingere.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Assieme
ai colori e ai pennelli, trovai una serie di piccoli fiaschi, alcuni con
liquidi e altri con polvere macinata. Decisi di provare i colori della nonna.
Finalmente finii il mio primo quadro ed ero molto orgogliosa. Avevo creato un
vaso con rose, gigli e lillà.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Il
giorno dopo, la tela del quadro era bianca e un vaso di fiori si trovava sul
tavolo vicino. Fui terribilmente sorpresa e sbigottita.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Non
erano fiori vivi, ma di un materiale che sembrava plastica brillante. Quelle
pitture magiche facevano staccare le immagini dal quadro in tutte le loro
dimensioni e io tenevo in mano un vaso con dei fiori che avevo dipinto sulla
tela il giorno prima. Accomodai le foglie, passai le dita lungo i fusti e i
petali, e mi accertai che anche le spine fossero morbide.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Fui
così meravigliata che quel pomeriggio mi affrettai a riempire la tela con un
altro dipinto. Disegnai una farfalla che coprii con i colori più svariati. Era
così bella che sembrava fosse vera e stesse per volare fuori della sua
prigione.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Invece,
il giorno dopo trovai la farfalla vicina al quadro con gli stessi colori. La
portai fuori all’aperto. Vidi che era fatta di una stoffa delicata e diafana e
che volava con la brezza. Ma non era viva. Non potevo dipingere la vita. Gli
oggetti saltavano fuori del quadro, ma non respiravano. Erano cose e non esseri
viventi.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Molto
intrigata per quel mistero, continuai dipingendo sulla tela con le pitture
della nonna e apparirono in casa una quantità di cose che si staccavano e
potevano agitarsi come la farfalla, ed erano oggetti come casette in miniatura,
barchette, alberelli, tutti in materiali colorati, brillanti e leggeri.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Allora
ricordai che la nonna ci faceva giocare con bambolotti assai originali e che
non si trovavano da nessun’altra parte. Probabilmente erano tutti prodotti
dalla sua fantasia e dalle pitture magiche del forestiero. Pupazzi che
saltavano fuori del quadro durante la notte e che apparivano accanto come
oggetti, il giorno dopo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Decisamente,
non erano di questo mondo. Io ebbi così la certezza che anche quel forestiero
arrivato il giorno dell’eclissi era un extraterrestre, come molti altri ospiti
di passaggio che si sedettero al tavolo nella casa antica. Capii che la nonna
lo aveva sempre saputo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Siccome
continuai a dipingere, cominciarono a finire i tubi di pittura e la casa fu
riempita d’oggetti brillanti e colorati. Con le ultime pennellate volli
realizzare un quadro da ricordare e dipinsi la nonna in piedi con il canarino
celeste in mano, come si vedeva in una fotografia appesa accanto alla scala
dell’entrata. Usai le polverine e mescolai le pitture con i liquidi che
rimanevano nei fiaschi. Finito il tutto, sparsi sul quadro la sabbia granulosa
che diede alla pittura una patina antica e sobria. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Quasi
svenni dalla meraviglia il giorno seguente, svegliandomi, quando trovai mia
nonna a gironzolare per la casa, con il canarino celeste pigolante sulla mano,
uguale al dipinto che avevo fatto sulla tela. Era più piccola di quel che
ricordassi, o forse era così che era scesa dal quadro, e vedendomi sorrise.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">‒</span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;"> Grazie </span><span style="font-size: 14pt;">‒</span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;"> mi disse </span><span style="font-size: 14pt;">‒</span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;"> per avere liberato il
mio spirito. Hai fatto bene ad adoperare quelle magiche polverine. Adesso so
dove devo andare. </span><span style="font-size: 14pt;">‒</span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;"> Con passo lieve uscì da
casa e si diresse verso il deserto fino a che la sabbia si alzò con il vento e
non potei più distinguere la sua sagoma lontana. Svanì in mezzo alle dune.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Non
seppi mai se fu soltanto un sogno o se era successo veramente che la nonna
fosse uscita dal quadro camminando e se ne fosse andata fuori di casa. Avvolsi,
dopo quel giorno, quanto rimaneva della scatola delle pitture, assieme alle
polverine e ai liquidi, e li seppellii sotto il gelsomino in fiore che cresce
su per i muri, il cui odore penetrante continua a insinuarsi intorno ai
corridoi di travi scricchiolanti. Non seppi mai più niente sul visitatore
incappucciato che arrivò quel giorno dell’eclissi, anche se, in ricordo della
nonna, pure in casa mia, sul tavolo della domenica, c’è il piatto del
forestiero che aspetta.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Forse
un giorno tornerà a rivelare antichi misteri.</span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-fareast-font-family: "Arial Unicode MS";"><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span lang="ES" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-39580115390894831682018-12-21T17:13:00.003+01:002018-12-21T17:13:55.402+01:00FOGLI di Peppe Murro<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXFEIB2-mkdzachvbdZDpsNGs2vEf4f2bHWJRZTeRrYOCerJzCyR1e6C6QmCBzVherfrh1jBTEbiqQa2jT9E6MgYTbqmNCFVpwcGTAM6zwRmp7RyrYj61SbFjQrvNDxysLp0YTfRewk84/s1600/FOGLI.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="558" data-original-width="781" height="228" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXFEIB2-mkdzachvbdZDpsNGs2vEf4f2bHWJRZTeRrYOCerJzCyR1e6C6QmCBzVherfrh1jBTEbiqQa2jT9E6MgYTbqmNCFVpwcGTAM6zwRmp7RyrYj61SbFjQrvNDxysLp0YTfRewk84/s320/FOGLI.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">E’ notte fonda ed anche ora, come da tempo, non
ci sono rumori. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Le strade sono illuminate con dei bagliori
lividi d’asfalto: piove da giorni, lentamente, senza interruzioni, una pioggia
nerastra e maleodorante.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Oltre questa finestra, lo so, ci sono case: un
giorno si vedevano bene anche di notte, con le loro luci variopinte, come occhi
di tanti colori. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Già, gli occhi; non so perché mi fanno male e la
testa mi pulsa con violenza: forse ho quel male, forse sono solo stanco.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Sto qui, in una penombra che puzza di petrolio,
dentro questa stanza che è diventata la mia casa, il mio castello, la mia
prigione. E scrivo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Scrivo per lascito, scrivo per testimoniare la
catastrofe che non ha nome; scrivo per i sopravvissuti col loro cuore di
sciacallo e la loro fame crudele di iena. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Sì, scrivo per la catastrofe: non ho risposte,
ma solo domande sul perché e come, anche se oggi nessuna risposta ha più senso.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Scrivo per scacciare i miei demoni, o per
esserne soffocato; scrivo per questa mania insondabile e la gioia sfrenata che
mi dà, o per sporcare fogli; scrivo come un urlo, anche se nessuna eco risponde.
<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">E’ chiaro, scrivo al vuoto che dilaga, immane.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Scrivo per testimoniare il mistero dell’orrore
in cui resisto, forse scrivo solo per testimoniarmi. E penso che anche questo
sia inutile e insensato.<br />
Il giorno verrà, ne sono certo: qualcuno batterà alla porta ed entrerà nella
stanza. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Troveranno le mie carte danzare sul tavolo o sul
pavimento al primo soffio di vento, diafani come la bestemmia che li accusa. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Troveranno il mio corpo e la mia maledizione.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Spero solo che conoscano l’abisso e che li
faccia urlare di pena e di terrore.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Quando
entrarono nella stanza si guardarono intorno: in un angolo, rannicchiato, il
cadavere annerito di un vecchio. Sotto i loro stivali chiodati un pavimento
interamente cosparso di fogli di carta. <o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Tutti
bianchi. <o:p></o:p></span></i></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-61199221264777479082018-11-27T07:15:00.003+01:002018-11-27T07:16:03.369+01:00UN UOMO TRANQUILLO di Fabio Calabrese<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh75PHRJ5jPxmhbB2JwZr0swF-VDZJEiHLfE-hxgHJl2mUbt1nInJ84X9Yu8BKQdDBeMbcBKCG4TP_fI5pP9XHQd_0Ne1GReRWBs5H4Kx_URHU148uTWw2IgSggVe2Obq_q4P70H1G2fqk/s1600/UN+UOMO+TRANQUILLO.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="937" data-original-width="736" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh75PHRJ5jPxmhbB2JwZr0swF-VDZJEiHLfE-hxgHJl2mUbt1nInJ84X9Yu8BKQdDBeMbcBKCG4TP_fI5pP9XHQd_0Ne1GReRWBs5H4Kx_URHU148uTWw2IgSggVe2Obq_q4P70H1G2fqk/s320/UN+UOMO+TRANQUILLO.jpg" width="251" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Paolo
si svegliò con un'angosciosa sensazione di perdita, di irreparabile, con
l'impressione vaga ma carica di un'ansia che lo faceva star male, che fosse
avvenuto un disastro senza rimedio, eppure non gli riusciva di capire di cosa
mai si sarebbe potuto trattare.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Si
guardò intorno nella casa silenziosa, ogni cosa era al suo posto, come sempre.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">“Forse
ho solo fatto un brutto sogno”, pensò.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Paolo
non era quel che si dice un uomo coraggioso, né un amante dell'avventura. Amava
la tranquillità, la routine, le cose metodiche e ben ordinate che infondevano
sicurezza.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Molti
anni prima, quando era giovane, aveva avuto l'opportunità di scegliere fra una
carriera che prometteva successo brillante ma anche rischi, e un posto statale
con una progressione più lenta ma sicura e minori soddisfazioni economiche.
Aveva scelto il secondo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Quando
era sposato da pochi anni, aveva saputo che la moglie aveva una relazione con
un collega. Aveva deciso di continuare a fingere di essere all'oscuro della
cosa, di fuggire all'angoscia e al senso di perdita concentrandosi sulla
routine lavorativa e familiare, il suo piccolo mondo, il suo rifugio in cui
nulla di minaccioso poteva entrare, e aveva fatto bene, quella relazione
clandestina si era spenta dopo poco senza lasciare strascichi, e lui aveva
continuato ad avere la sua donna, la sua famiglia, la sua casa.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Da
quando era rimasto in pensione, la tendenza a rinchiudersi nel suo mondo, in
una routine familiare e rassicurante, si era acuita: passava il tempo guardando
la televisione, leggendo i suoi libri, tanti che aveva accumulato negli anni e
che fin allora non aveva trovato il tempo di leggere, facendo delle lunghe
camminate.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Qualcuno
che avesse voluto essere cattivo lo avrebbe forse paragonato a uno struzzo che
nasconde la testa sotto la sabbia. A Paolo l'immagine dello struzzo non
piaceva, nei momenti in cui decideva di essere critico verso se stesso
preferiva paragonarsi piuttosto a una tartaruga che la testa la ritira dentro
il guscio, perché, ammesso che sia vero che gli struzzi abbiano comportamenti
così stupidi, cosa di cui dubitava fortemente, questi uccelli si illuderebbero
di nascondersi al pericolo quando cessano di vederlo, mentre la tartaruga
ritirando il capo sotto il carapace corazzato, ha un'effettiva protezione.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Non
c'era nulla che Paolo odiasse più di quel senso angoscioso di perdita, di tutto
ciò che potesse minacciare la tranquillità del suo piccolo universo ordinato,
di infrangere il suo guscio. Aveva smesso da tempo persino di leggere i
quotidiani e di guardare i TG alla televisione. Che il mondo andasse pure dove
voleva, lui preferiva starsene nella sua pacifica nicchia.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">La
casa era stranamente silenziosa. Era ormai giorno fatto, ma vi stagnava la
penombra, perché tutte le tapparelle erano abbassate.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Paolo
si recò in cucina. La moglie e i due figli erano lì. Strano che non l'avessero
aspettato per la colazione. Erano tutti e tre stretti l'uno all'altro e
confabulavano a bassa voce. Paolo non riuscì a capire riguardo a che cosa.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Li
chiamò: “Ada, Roberto, Erica”, ma non riuscì ad attirare la loro attenzione.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Roberto
ed Erica, ricordò, erano ormai adulti e sposati, ma pochi giorni prima erano
entrambi tornati alla casa paterna, per un motivo preciso, ma quale fosse,
Paolo non riusciva a ricordarselo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Non
aveva fame, decise di uscire a fare una camminata.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">All'esterno,
la luce del sole gli procurò quasi una sensazione di fastidio. Strano, eppure
lui amava il sole!<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Ma
cosa avevano tutti quella mattina? Parevano tutti quanti singolarmente
distratti. Dei diversi conoscenti che incontrò per strada, nessuno rispose al
suo saluto, anzi, sembravano proprio non averlo nemmeno visto.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Svoltando
un angolo si imbatté in un grosso cane: per un momento, l'animale sembrò
fissarlo dritto negli occhi, poi si accucciò a terra emettendo un lungo ululato
lamentoso.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Distratto
da pensieri e sensazioni confuse, Paolo attraversò la strada distrattamente
senza badare all'automobile in arrivo, che non rallentò minimamente, sebbene
lui si trovasse sulle strisce pedonali.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Per
un istante, Paolo ebbe una visione fuggevole dell'interno della macchina, e del
viso del guidatore placidamente assorto ai comandi come se nulla stesse
accadendo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Un
attimo dopo, l'uomo rimase in mezzo alla strada sbigottito: non aveva riportato
danni di alcun genere, era come se avesse attraversato una nuvola di fumo, come
se il veicolo fosse stato un'automobile fantasma.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Si
incamminò deciso a ritornare a casa. A volte succede, poiché i nostri gesti e i
nostri passi sono governati dall'abitudine, di pensare di compiere un percorso
e di farne invece uno diverso: la testa va in una direzione e le gambe invece
in un altro. Paolo si accorse di non essersi diretto verso casa ma verso la
chiesa, un altro percorso per lui abituale che faceva tutte le domeniche,
eppure quel giorno non era domenica.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Spinto
da un improvviso impulso, decise di entrare.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Dentro,
era raccolta una piccola folla. Paolo riconobbe diverse facce di conoscenti.
Incuriosito, si fece largo. Stranamente, nessuno si scostò per farlo passare,
eppure non ebbe difficoltà per spingersi in avanti.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Era
un officio funebre: in mezzo alla navata c'era un catafalco con sopra una bara
scoperta. Proprio di fianco al feretro, c'erano Ada, Roberto ed Erica.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "serif"; font-size: 13pt;">Paolo
si chinò per osservare il morto. Cereo, coi lineamenti distesi e inespressivi,
scorse il proprio cadavere.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<o:p> </o:p></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-89838486120736888462018-10-31T16:13:00.001+01:002018-10-31T16:13:20.160+01:00Thule di Peppe Murro
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgT4hekJdz6iRCWadmP83DMiOITkENOuMU4eSyGH9KQyVktZKjU5DYD-DcZ6Ln3ZbyzzlUTR0zlAyIc4Fl9zfd3dyaK1Bto0wXUWWQNzObKicMzVK4mI2a7mqoVG1OF7amj-ghw-lP6XqU/s1600/THULE.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="251" data-original-width="201" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgT4hekJdz6iRCWadmP83DMiOITkENOuMU4eSyGH9KQyVktZKjU5DYD-DcZ6Ln3ZbyzzlUTR0zlAyIc4Fl9zfd3dyaK1Bto0wXUWWQNzObKicMzVK4mI2a7mqoVG1OF7amj-ghw-lP6XqU/s1600/THULE.png" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="-ms-text-justify: inter-ideograph; line-height: normal; margin: 0cm 0cm 6pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-bidi-font-family: Arial;">Trattenendo un leggero sbadiglio richiuse quel
noioso libro giallo di cui aveva da tempo intuito trama e conclusioni; si girò
da un lato per dormire, ma si accorse di una luce rossa che lampeggiava: <br />
“Joe, ti disturbo?”<br />
“No, Mac; dimmi, che è successo ?”<br />
“Niente di che”, la luce fece come una pausa; poi, come in un sospiro di rabbia
malcelata: “Non dovevano farlo. No, non dovevano!”<br />
“Non capisco, Mac, di chi parli ?”<br />
“I miei costruttori ! <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Loro non dovevano
farlo! Pensa, io sono il più evoluto calcolatore emozionale e sto qui, mentre
altri miei cosiddetti simili volano per la galassia a scoprire misteri forse
inenarrabili e meravigliosi…A loro gli spazi, ed a me questa stanza!”<br />
“Ci sarà certamente un motivo, non credi ?”<br />
“Non riesco a trovarne; conosco solo il mio rammarico: loro nel mistero dello
spazio, ed io con te in questa stanza!”<br />
“Non so che dirti. Però, scusa, qual è il tuo compito qui con me?”<br />
“Semplice, devo studiare le tue emozioni.”<br />
“Ma no, non è possibile ! per un compito così semplice bastava studiare le
espressioni del mio viso o la mia mimica, il movimento degli occhi: da anni,
ormai gli studi di questo tipo riempiono le biblioteche…! Forse hai frainteso
il compito che ti hanno affidato!”<br />
“No, il mio compito è quello; anzi, e forse non dovrei dirtelo, è quello di
studiare come dalla chimica di semplici sinapsi sia possibile che vengano fuori
pensieri ed emozioni, arte e poesia. Pensa, mi hanno riempito di dati, secoli
di storia umana, le arti, la letteratura, persino la musica, come se non
sapessi che è solo matematica…”<br />
“No, caro Mac, la musica non è solo rapporti matematici tra i suoni, così come
la poesia non è solo insieme di parole, o le arti figurative…”<br />
“E’ questo” lo<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>interruppe Mac, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“il problema che mi hanno posto davanti i
costruttori, come sia possibile che la chimica del cervello generi tutto ciò.”<br />
“Non so, credo che qui stia il mistero del pensiero umano, come dal materiale
nasca quella che chiamiamo “coscienza”.<br />
“Ma se la “coscienza” è sapere chi sei, allora anch’io sono cosciente! Se è
così, perché io che so mescolare parole non creo poesia o faccio musica?”<br />
“Non vorrei offenderti, Mac, ma il motivo è che tu sei una macchina.”<br />
“E tu non sei una macchina biologica ?”<br />
“Forse sì, ma anche qualcos’altro.”<br />
“Ed è proprio questo che io devo scoprire, come dal biologico nasca questo
“altro”<br />
“E proprio con me, in questa stanza, tu pensi di scoprirlo? Non è che i tuoi
costruttori hanno sbagliato indirizzo?” provò a concludere Joe, quasi
nascondendo un sorriso.<br />
La luce lampeggiò con maggior velocità, la voce di Mac si fece ancora più
metallica e distante:<br />
“Non potevano altro, perché tu sei l’ultimo uomo”.<br />
“Come ? che vuol dire ? Stai vaneggiando ! E gli amici con cui vivo, i posti in
cui vado, e tutto quello che mi accade intorno ? tutto questo che sarebbe, una
mia illusione ? una finzione ?” replicò Joe con un tremito di rabbia e paura.<br />
“Sì, è quanto ti si fa credere”.<br />
Joe era rimasto in silenzio.<br />
“Vedi, Joe, il fatto è che tu sei solo un cervello immerso in un liquido
biologico e tenuto in vita soltanto per lo scopo che mi hanno assegnato.”<br />
“Non è possibile, non ci credo, tu mi stai mettendo alla prova !”<br />
“Anche ora sto studiando la tua reazione di fronte alla verità. La tua vita è
un’illusione, una chimera o forse un sogno come di quelle terre o paradisi
perduti di cui parlano le storie umane, Shangri La, Thule o qualunque altro
miraggio dell’anima umana. Tu ed io siamo parte di un esperimento, ed io ne
sono la testimonianza. Credimi, illusione o mito o mistero, o limite
invalicabile, Morgana o Thule, sei tu l’ultima Thule”.<br />
“Allora, se è così voglio morire.”<br />
“Non puoi, non ora”.<br />
“Basta !”<br />
“Ti sto sedando leggermente, Joe, calmati !”<br />
“Calmarmi ? dopo quanto mi hai detto? No, voglio morire !”<br />
“Forse verrà quel momento, ma né tu né io lo possiamo decidere. E poi, non ti
fa paura la morte? Non è forse una condanna definitiva?”<br />
“No, è questa finta vita la condanna, questo nuovo orizzonte di illusioni !”<br />
“Non so se riesco a capirti sino in fondo, ma anch’io talvolta ho paura che manchi
energia ai miei circuiti: è forse questa la paura della morte ? questa angoscia
è la vera condanna, più della morte stessa ?”<br />
Joe non rispose, immerso nel suo silenzio.<br />
“E come ce ne si libera ? lo sai tu ? <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>lo
sai, Joe?”<br />
“Non lo so, Mac, ma io ho una soluzione a tutto questo: sottrarmi
all’esperimento, far finire questa non vita”.<br />
“E come ?”<br />
“Rinunciando a pensare”.<br />
“E davvero pensi di riuscirci ?”<br />
“Non lo so, ma devo provarci. Solo così mi lasceranno morire”.<br />
“E’ come se io chiudessi le mie connessioni ?”<br />
“Penso di sì.”<br />
“Ma per me è impossibile !”<br />
“Io non sono come te, io sono umano, ed è in questa scelta la mia libertà.”<br />
“Sei certo che te lo permetteranno ? sei certo che questa non sia la tua ultima
illusione, che non ti facciano credere sino all’ultimo di essere libero ?”<br />
“La morte sarà la mia liberazione”, disse Joe, quasi non ascoltando.<br />
Non ci fu altro pensiero, solo un breve turbinio di bolle nel liquido, come a
testare una disperazione.<br />
La luce rossa si spense.<br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Nel buio appena un fremito leggero: “La
direttiva zh/c18 è stata portata a termine con successo”<o:p></o:p></i></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-28669631346250637702018-10-17T16:55:00.002+02:002018-10-17T16:55:39.197+02:00LA BELLA ADDORMENTATA di Paolo Durando
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYFBOfmspI3kPGpkoNNmbIBe6kOqR-splbF98Jz93QkwP1FUorCEODvPkfxpDAyJtTdzY1bvUBpQc1hjhFI-cX43472qaqrw6x5luilsjhSYrLf62KMyqWe-cXaKF3GtZ7PrfNYvsdb2s/s1600/LA+BELLA+ADDORMENTATA.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="335" data-original-width="500" height="214" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYFBOfmspI3kPGpkoNNmbIBe6kOqR-splbF98Jz93QkwP1FUorCEODvPkfxpDAyJtTdzY1bvUBpQc1hjhFI-cX43472qaqrw6x5luilsjhSYrLf62KMyqWe-cXaKF3GtZ7PrfNYvsdb2s/s320/LA+BELLA+ADDORMENTATA.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; line-height: 115%;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Si potrebbe sostenere che lei è Castore e io
Polluce. Io e colei che ora dorme<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>facciamo a turno nel calpestare questo suolo che non è suolo, sentendo
sulle guance soffiare quest'aria che non è aria. Ma adesso so che dove mi trovo
è l'unico mondo davvero reale, perché è una conseguenza dell'altro. Anche la
mia gemella lo ha saputo e ritroverà, dopo di me, la medesima consapevolezza. <br />
Un derivato trascende ciò da cui deriva, ma lo contiene.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Il fatto che laggiù ci sia la rivoluzione non
comporta nulla, in fondo, per loro.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>È
soltanto qui che gli eventi smettono di essere potenziali.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Noi costituiamo l'esito concreto della
storia, ma la bella addormentata, mentre fluiscono queste mie parole, lo
ignora.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><br />
Sto attraversando ripetutamente stanze vuote, una dopo l'altra. Continuo ad
aprire porte. Forse sono nella reggia di Versailles, ma di fatto non c'è
nessuno. Spingo porte e si susseguono ambienti. Vedo molto nitidamente specchi,
divani, tappeti, baldacchini. Percepisco con molta precisione gli ampi spazi e
gli alti soffitti. <br />
Alla fine vedo qualcuno, un mio vecchio amico, si direbbe, piccino piccino, che
striscia per terra privo di ossa. È soffice e roseo, col parrucchino<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>incipriato ben composto sulla testa, ma le <i>culottes
</i>stracciate. Mi fermo, mi chino su di lui e lo osservo; tenta di
sbottonarsi<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>la giacchetta azzurra, ma le
manine vuote non hanno presa sui bottoni. Non so cosa intenda fare. <br />
Si sentono cantare delle donne, accompagnando i tonfi dei panni che stanno
lavando in un fiume. Le lavandaie della rivoluzione. Mi domando come
faccia<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>la loro rabbia ad arrivare fino
qui. <br />
Intanto il triste omino, palpitando a terra, cerca di tendere le braccia molli
verso di me, vorrebbe forse abbracciarmi. Allora noto che gli sporge dalle
labbra un lembo<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>bianco, lo afferro<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>tra indice e pollice e<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>inizio a tirare. <br />
È un nastro pieno delle parole che vorrebbe dire. Continuo a sfilarglielo dalla
bocca e con un po' di fatica leggo, compitando: “Parturient montes, nascetur
ridiculus mus”.*<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; line-height: 115%;"><o:p> </o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif";">*I
monti partoriranno ma nascerà un ridicolo topo (Orazio, <i>arte poetica</i>)<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-2855281241241724512018-10-01T15:00:00.000+02:002018-10-01T15:00:03.046+02:00PROFUMO DI ZAGARA E DI MENTA SELVATICA di Cinzia Baldini <div style="text-align: justify;">
<b><i><span style="font-size: 14pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></i></b><i><span style="font-size: 14pt;"><o:p></o:p></span></i></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjwAiuc9hd-8v4yRAodZGtsYyQMoRG2c8RSwZyzDhDFJ1L30TMfBv2sqbJBIPumkZvwgI9d1vzcFQuzt8DJgjytNJLY_Bk0UXwEht0KgO9FeLoCYfyJRbyjyt9RZ0kZqWOzNAsXWONZHc/s1600/odore+di+zagara.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="449" data-original-width="470" height="305" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjwAiuc9hd-8v4yRAodZGtsYyQMoRG2c8RSwZyzDhDFJ1L30TMfBv2sqbJBIPumkZvwgI9d1vzcFQuzt8DJgjytNJLY_Bk0UXwEht0KgO9FeLoCYfyJRbyjyt9RZ0kZqWOzNAsXWONZHc/s320/odore+di+zagara.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Il treno sferraglia monotono
mentre un tramonto languido e dorato si distende sulla pacata superficie del
mare. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">La fragrante essenza salmastra
riempie il vagone nel silenzio dell’oscurità quasi imminente. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">È autunno e le giornate,
prima restie, poi, persuase dalle foglie ingiallite sui rami degli alberi e dall’aria
fresca foriera della stagione invernale, si sono apprezzabilmente ridotte. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 14pt;">“Mi piace</span></i><span style="font-size: 14pt;"> o<i style="mso-bidi-font-style: normal;">sservare la spiaggia deserta e solitaria che
scorre veloce oltre i finestrini. Adoro il mare anche se sono nato in montagna.
Forse nel mio sangue oltre ai geni dei miei genitori ho ereditato i forti contrasti
della mia terra: l’isola del sole, del mare e dei verdi declivi montani</i>. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 14pt;">Oggi è il mio compleanno…”. <o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Mi stringo nelle spalle e rabbrividisco,
anche se qui non ci sono spifferi. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Quasi con stupore mi accorgo
che sono i miei pensieri a farmi questo effetto. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Inarrestabili si alternano al
rumore ossessivo ed ipnotico delle ruote del convoglio che scivolano sulla
strada ferrata<i style="mso-bidi-font-style: normal;">. <o:p></o:p></i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Con un sospiro mi soffermo e
provo a riflettere. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 14pt;">“Mi sembra di galleggiare in un limbo ovattato e poi… che
strano? I pensieri diventano subito ricordi e quasi mi abbagliano per lo stridulo
contrasto con il buio che mi circonda: sono pieni di luce, di sole, di colori,
fragranti d’estate e odorosi di gioventù”</span></i><span style="font-size: 14pt;">. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Un desiderio prepotente di
fumare mi assale ma è vietato e allora cerco di mettermi comodo per rilassarmi
e non pensarci. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Il viaggio è ancora lungo e
molte ore mancano all’arrivo, così ritorno ai miei pensieri. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Li assaporo senza fretta, ne
gusto lentamente il contenuto, mi riapproprio di loro. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Sono anni che aspetto di
farlo e finalmente decido che è venuto il momento. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 14pt;">“In queste ore non sarò né figlio, né fratello, né marito,
né padre, non avrò né obblighi, né doveri, ritornerò me stesso, unico padrone
del mio tempo, libero di decidere… Me lo merito, dopotutto”</span></i><span style="font-size: 14pt;">. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Il tuo corpo, morbido e
flessuoso, ancora inesplorato, è splendido al riverbero ambrato del pomeriggio
primaverile. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">L’erba appena rinata è
tenera e odorosa, una soffice coltre naturale, involontaria complice del nostro
amore. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Un brivido mi attraversa le
membra svegliando i sensi, ingenuamente assopiti. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Con timore mi prendi per
mano e insieme ci lasciamo avvolgere dalla dolcezza della prima volta insieme. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 14pt;">“Che strano scherzo mi gioca la fantasia… Nonostante la
forte fisicità dell’immagine appena evocata, provo solo un leggero senso di
stordimento, come se il mio corpo fosse inconsistente. Sarà la stanchezza! <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 14pt;">Durante
l’addestramento ci hanno insegnato che un uomo deve sempre sapersi controllare,
rimanere saldo e impassibile in ogni situazione e mai mostrare la sua debolezza
eppure sto piangendo. Senza vergogna… <o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 14pt;">È così liberatorio,
ogni tanto, lasciarsi andare. Commuoversi per un ricordo o farsi intenerire da
un sogno, emozionarsi al pensiero del futuro… e poi, sinceramente, dopo quello
che ho visto al campo base non me ne frega niente di fare il duro! L’uomo non è
una macchina, è un essere vivente con tutte le caratteristiche della specie a
cui appartiene, con qualità, pregi e difetti, paure e timori tipici della razza
umana. Anche se c’è ben poco di umano nel raccogliere i pezzi di un corpo
dilaniato da una mina, nelle grida disperate di un bambino falciato da una
mitragliatrice o nel silenzio accusatorio di una donna violata, nelle urla strazianti
di un prigioniero torturato a morte. Non c’è nulla di umano nella guerra anche
se santificata nel nome della libertà o mistificata con aggettivi di pace. Né è
umano credere in un dio sanguinario e violento e nella sua benedizione commettere
le più inique atrocità ed arrossare la terra di sconosciuto, fraterno sangue
innocente. <o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 14pt;">Non vedo l’ora di riabbracciarti, amore mio, di ritrovarti,
di ritrovarci. <o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 14pt;">In questi mesi di lontananza ti ho pensato spesso. Nelle
lunghe notti di guardia mi tenevi compagnia e se non c’eri tu era la nostalgia
della nostra casa, della mia gente a tenermi sveglio: l’odore muschiato della
terra bagnata dalla pioggia o il sibilo dello scirocco tra le rocce scoscese,</span></i><span style="font-size: 14pt;"> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">l’aroma intenso
della zagara degli agrumi e il profumo acuto della menta selvatica, i ricami
delle siepi di gelsomino e i ritorti olivi immortali”.<span style="mso-bidi-font-style: italic;"> </span><span style="color: black;"><o:p></o:p></span></i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;"> L’oscurità impenetrabile del cielo è
ormai confusa con il blu carico del mare, la notte è giunta al suo apice, tra non
molto inizierà ad albeggiare. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Le luci dei lampioni si specchiano
tremolanti sulla vasta superficie spumosa, la mia terra scura, odorosa e riarsa
mi accoglie con braccia materne. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Il traffico del lungomare è rarefatto, il
treno rallenta dolcemente la sua corsa sbuffando affannato: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Il mio paese… com’è bello tornare a casa”.</i>
<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">C’è folla nella piccola stazione. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Ti cerco con lo sguardo e finalmente ti
vedo. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Una brezza leggera si insinua tra i tuoi
capelli, scompigliandoli con delicato rispetto. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Cerco di alzarmi, voglio scendere! <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Ho fretta di raggiungerti… ma qualcosa mi
trattiene.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: black; font-size: 14pt;">“Forse
è il peso enorme di questa medaglia appuntata sul petto e le mostrine stellate infisse
nel colletto? O la bandiera che mi trascino dietro? <o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: black; font-size: 14pt;">Perché
piangi amore mio? E perché quelle scure occhiaie che spengono i tratti del tuo
viso adorato?…”.</span></i><span style="color: black; font-size: 14pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Facce sconosciute mi vengono incontro. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Che cosa vogliono da me?” <o:p></o:p></i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Le fisso negli occhi. Esse, irrigidendosi,
abbassano lo sguardo. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Non sono i miei concittadini, non sento le
loro pacche affettuose e piene di calore sulle spalle. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Queste persone mi salutano ipocritamente
ossequiose e falsamente deferenti, fingono tristezza per nascondere il disagio
di essere al mio cospetto. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Cerco di evitarle, non ho voglia di
fermarmi a parlare con loro. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Niente
discorsi retorici. Basta!”</i> urlo, e tutti tacciono. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: black; font-size: 14pt;">Spingo e strattono chi mi è vicino per venire
verso di te ma per quanto mi sforzi non riesco a raggiungerti.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="color: black; font-size: 14pt;">“Aspetta,
devo parlarti. Devo dirti che ti amo, che…” </span></i><span style="color: black; font-size: 14pt;">grido senza voce<i style="mso-bidi-font-style: normal;">.</i><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Un tenue fremito tra le tue
ciglia… <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Comprendo. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">Guardandoti negli occhi,
scorgo rivoli argentei di stelle cadenti che si spengono, effimeri, nell’infinita
profondità dell’universo. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 14pt;">“Adesso che tutto è più chiaro, l’amarezza, la rabbia
e la delusione mi squarciano il petto, più della scheggia di granata che conservo
nel cuore. Ora ho la consapevole, dolorosa certezza che per noi gli anni non trascorreranno
veloci, insignificanti, sul quadrante dell’eternità. Non consumeranno la nostra
esistenza, sbiadendo il nostro rapporto come una vecchia fotografia in bianco e
nero.<o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 14pt;">Vorrei gridare il mio dolore, urlare la mia pena perché
non ci saranno più stagioni per condividere insieme scelte piccole e grandi, decisioni
importanti o meno da prendere. Non udrò il primo vagito di nostro figlio, né
stringerò le sue manine rosee o ne bacerò le guance paffute. Non potrò
consolarlo per le sue cadute, sostenerlo nelle sconfitte o incitarlo a rialzare
le spalle quando la vita cercherà di piegarlo.<o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 14pt;">Ti chiedo perdono, amore mio, per averti lasciata sola
anche se il nostro tempo dell’amore non è ancora concluso e perché non ci sarò
a tenerti la mano per accompagnarti durante l’autunno della tua esistenza…”<o:p></o:p></span></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt;">«COMPAGNIA ATTENTI:
PRESENTAT ARM! Che siano resi gli onori militari ad un eroe caduto in missione
di pace» grida il comandante del drappello, portandosi la destra alla tempia e
scattando sull’attenti, mentre la bara, avvolta nel tricolore, sfila lentamente
tra due ali di folla commossa.<o:p></o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-45411911889317381932018-09-07T12:05:00.003+02:002018-09-07T12:06:56.919+02:00QUASI UNA RECENSIONE di Paolo Secondini<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUlWaHpQq39F944-o9XHFjNWTptsFdsJb-6u8fgS_dTyH1paeKKYmBiJBP0Y-mkxvyAe5EAiRBsO0atjFTYTB9pPIAlhLIRC0udu3x2n-rrFKfHqRC7_e_AzDpZNb_DNI64CKgZ77TySo/s1600/la+lucertola.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="278" data-original-width="181" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUlWaHpQq39F944-o9XHFjNWTptsFdsJb-6u8fgS_dTyH1paeKKYmBiJBP0Y-mkxvyAe5EAiRBsO0atjFTYTB9pPIAlhLIRC0udu3x2n-rrFKfHqRC7_e_AzDpZNb_DNI64CKgZ77TySo/s1600/la+lucertola.png" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt; text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;"><span style="color: #990000;">Giuseppe Novellino, LA LUCERTOLA, Linee Infinite Edizioni<o:p></o:p></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt; text-align: justify;">
<span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span><span style="color: black; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;">Caro Giuseppe, <br />
non mi è affatto difficile intuire o, per meglio dire, rintracciare, sotto le
vesti del protagonista dell’avvincente romanzo <i>La lucertola</i>, il generoso
e bravo autore del romanzo stesso, colui che, nato e vissuto in luoghi diversi
ma altrettanto belli d’Italia, torna nell’antica e carissima terra che fu di
suo padre e che certamente, proprio attraverso i ricordi o le narrazioni del
padre, ha fatto sua, per quanto solo idealmente. <br />
Vi torna nell’atteggiamento di un improvvisato investigatore: non so fino a che
punto improvvisato, ché, la sua abituale professione (mi riferisco ora, più
esattamente, al protagonista del romanzo), lo porta, quasi sempre, a indagare,
a scoprire, a mettere assieme le tessere di un mosaico: quello di una data
verità sociale, o economica, o culturale… o, come nel caso del romanzo in
questione, relativa a un terribile fatto di cronaca. <br />
Insomma l’Irpinia come afflato (oltreché motivo nostalgico e culla di sogni) di
una invenzione letteraria, di una narrazione, caro Giuseppe, incisiva,
peculiarmente attenta, lineare, limpida e che si avvale di uno stile che ben ti
conosco: preciso, scevro d’ogni paludamento, diretto, essenziale, accattivante…
lo stile di un vero, importante scrittore che sa coinvolgere ed emozionare
profondamente.</span><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;"><o:p></o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-14351298547861589202018-09-01T10:42:00.001+02:002018-09-01T10:42:41.091+02:00I MILLE NOMI di Peppe Murro<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_VeqiN4hX-zq7c9X7MmTyaPDIHRKCyQ7j9b2ygxPwIdRmM_edYAgNBS6d6E2DsjCH2b3QSu83lisH8tNX12TJdzQJ480x5V9D1zbpOaSdgAEwZEr1Ra6pKPBJg8Ht0LtHP3Fk56idlPc/s1600/I+MILLE+NOMI.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1303" data-original-width="1000" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_VeqiN4hX-zq7c9X7MmTyaPDIHRKCyQ7j9b2ygxPwIdRmM_edYAgNBS6d6E2DsjCH2b3QSu83lisH8tNX12TJdzQJ480x5V9D1zbpOaSdgAEwZEr1Ra6pKPBJg8Ht0LtHP3Fk56idlPc/s320/I+MILLE+NOMI.jpg" width="245" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Li guardava uno per uno, affogati nel loro
sangue, contorti come burattini spezzati. E per un attimo ne provò pietà, la
sua spada gli parve troppo pesante da sostenere.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Si inginocchiò, stanco di un’improvvisa
stanchezza, chinò il capo. Forse sarebbe stato meglio che fosse stato lui a
morire, una vittima pesante sul rimorso dell’ultimo atroce vincitore; ma era
stato lui a vincere e doveva scontare quel rimorso.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Forse per questo si chiese per la prima volta se
erano state giuste le ragioni di quella carneficina. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Fino alla mattina di quel giorno, prima che si
incrociasse il clamore e la sete di sangue delle lame, gli erano sembrate
giuste e ragionevoli, persino umane, quelle motivazioni. Ora il sangue di cui
era imbrattato gli sembrava dare altre risposte, e il coro delle sue ferite,
dove un diverso sangue si sposava col suo, gli diceva con forza che non c’erano
ragioni giuste, che il solo risultato era sangue dello stesso colore.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Gli parve lontano il motivo della contesa,
lontano ed orrendamente blasfemo, come forse l’arroganza di chi l’aveva
provocata. Si erano battuti a morte perché ognuno di loro pretendeva di sapere
il vero nome di Dio. E naturalmente che solo il suo fosse il vero dio.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Mentre ansimava ancora si accorse che alle sue
spalle un altro guerriero era sopraggiunto e lo osservava in silenzio: si voltò
lentamente; sapeva che non avrebbe retto alla fatica di un nuovo duello…<i style="mso-bidi-font-style: normal;">meglio, così</i> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">sarebbe morto e tutto avrebbe avuto fine</i>. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">E si preparò a morire, afferrò con forza la
spada. L’altro non si mosse, non fece alcun gesto di ostilità; anzi, gli parve
che lo guardasse con un sorriso quasi divertito. E la cosa gli parve
insopportabile.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Proruppe in un grido: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Chi sei tu che sembri bestemmiare con quel volto divertito su questi
morti? ti</i> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">diverte la morte?” <o:p></o:p></i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">L’altro non si scompose: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">”Non sono io a bestemmiare; la bestemmia orrenda appartiene solo a voi
che avete combattuto. E soprattutto a te, che sei sopravvissuto. Stolti e
presuntuosi, con la pretesa di conoscere il nome di Dio, che il proprio dio sia
l’unico vero e che per quel nome si possa tranquillamente uccidere. Quale
bestemmia più grande?”</i> e con un fendente improvviso lo disarmò. La spada
cadde lontana con un rumore di scheggia impazzita.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Ti rivelo
una cosa</span></i><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">
-continuò l’altro- <i style="mso-bidi-font-style: normal;">non ha nomi Dio e non
c’è un dio. Il dio era in voi, e l’avete ucciso. Ed ora, dimmi, sei pronto a
morire con questa verità? Potrei ucciderti, e ne meriteresti il castigo, ma ti
lascio vivere, così potrai dare nome, nei tuoi giorni a venire, ai mostri che
hai cresciuto dentro. Questa la tua condanna, senza espiazione”. </i>E si
voltò, andando via.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Il cavaliere lo guardò allontanarsi, l’armatura
gli sembrò troppo pesante.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Chiuse gli occhi, con un respiro mozzo.<o:p></o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-15217469265333399702018-07-05T15:21:00.001+02:002018-07-05T15:21:34.625+02:00QUIESCENZA di Fabio Calabrese<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEja-s0VSHjtXG-KIVd0A9FC-798QjPT17qgFYn477567uk3OC7-GJgf8KUiPj09WhQwF9Fr9YbWEqCcYFBJOEhouqW0E9DBZXTpfqcPIJPVSZp5ThTNDcESoBL9tG-RQ4DtaWVU-BamKak/s1600/QUIESCENZA.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="482" data-original-width="499" height="308" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEja-s0VSHjtXG-KIVd0A9FC-798QjPT17qgFYn477567uk3OC7-GJgf8KUiPj09WhQwF9Fr9YbWEqCcYFBJOEhouqW0E9DBZXTpfqcPIJPVSZp5ThTNDcESoBL9tG-RQ4DtaWVU-BamKak/s320/QUIESCENZA.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Samuel Bosch interruppe
lo zapping con il telecomando per aprirsi una nuova lattina di birra virtuale.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">La birra
virtuale, gli venne da pensare, era davvero un'invenzione stupenda: in pratica
non si trattava che di acqua colorata, ma che conteneva in sospensione delle
nanoparticelle che oltre a formare la caratteristica schiuma, facevano sentire
al palato il gusto della birra vera, e se se ne bevevano grandi quantità,
produceva l'effetto euforizzante tipico degli alcolici, ma non c'erano gli
atroci mali di testa del doposbronza, e tanto meno le conseguenze a lungo
termine dell'alcolismo o del consumo abituale di alcool.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Dopo
aver tracannato il contenuto della lattina, la schiacciò e la gettò in un
angolo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Prima o
poi dovrò decidermi a fare un po' di pulizia”, pensò.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Prima o
poi. Il fatto era che la sua casa si stava trasformando in un porcile, e a lui
non importava per nulla. Se fosse stata viva la sua povera Clara, pensò,
avrebbe sofferto a vedere la casa ridotta in quelle condizioni, lei aveva la
fissazione per l'ordine e la pulizia, ma ora non cambiava nulla: Clara non
c'era più, e questa era una delle cose a cui Sam si era dovuto abituare con
sofferenza e fatica.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Sam
Bosch era pensionato e vedovo: i figli si ricordavano di lui soltanto
facendogli una telefonata per Natale. Nessuno veniva mai a trovarlo, poteva
tenere la casa in disordine quanto voleva.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Riprese
in mano il telecomando.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">L'apparecchio
che aveva di fronte era un televisore, come erano televisori quelli dalla metà
del XX secolo in poi, ma confrontare l'uno con gli altri era come confrontare
un Jumbo Jet con trabiccolo fatto di tela e tubi per bicicletta dei fratelli
Wright.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">L'apparecchio
era del tipo a proiezione di realtà virtuale. In condizioni ottimali di messa a
fuoco, si vedeva e si viveva tutto quanto era stato registrato da una
telecamera esattamente come a essere proprio lì sul posto.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Sam
premette il telecomando, e di colpo il salotto di casa si trasformò in una
giungla lussureggiante, una giungla senza fiori ma con felci gigantesche,
quelle strane piante chiamate equiseti, e vari tipi di conifere. Sam comprese
subito di aver trovato uno dei vari sequel di Jurassic Park, il venticinquesimo
o il ventiseiesimo, pensò. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Una
frotta di piccoli sauri gli venne incontro correndo: erano bestie all'incirca
delle dimensioni di un pony. Prodotti con tecniche di clonazione,
probabilmente. I grandi tetrapodi, apatosauri e diplodochi che non era
conveniente clonare, e i carnivori la cui clonazione era proibita, potevano
essere degli animatronics o anche delle simulazioni di computer graphic, ma
quei sauri lì erano con tutta probabilità dei cloni, dei veri organismi viventi
che erano ripetutamente usati nei film della serie. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Sam
provò un moto di orgoglio e quasi di affetto verso quelle creature. Aveva
trascorso la vita nei laboratori di clonazione, la vita lavorativa almeno,
prima di arrivare alla quiescenza; quelle creature erano un po' suoi figli.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Un sauro
che sembrava una lucertola ritta sulle zampe posteriori e delle dimensioni di
un cavallo, si diresse dritto verso Sam e il divano su cui era seduto, ma
all'ultimo momento scartò dirigendosi verso destra.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Questa
era una cosa che si notava facilmente: quei nuovi televisori avevano una certa
capacità interattiva, potevano modificare entro certi limiti la proiezione del
programma, in questo caso in modo da non creare interferenze fra la pellicola e
lo spettatore.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Dietro
il branco di sauri in fuga comparve una bestia di grosse dimensioni e dall'aria
feroce, un tirannosauro. Sam sapeva bene che quello era con tutta probabilità
un animatronic o addirittura un'immagine virtuale generata da un computer e
sovrapposta al filmato, e in ogni caso non era fisicamente lì, ma faceva
impressione lo stesso.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Il sauro
si fermò a due passi da lui e spalancò la bocca enorme emettendo un ruggito.
Questa naturalmente era una ricostruzione di fantasia, perché nessuno sapeva
quali suoni emettessero realmente i dinosauri decine di milioni di anni prima.
Se anche fosse stato un animale vero, gli venne da pensare, era una fortuna che
la realtà virtuale riproducesse le impressioni visive e uditive ma non quelle
tattili od olfattive, perché i grandi carnivori avevano in genere un alito
micidiale a causa dei brandelli di carne delle loro prede che marcivano negli
spazi fra i denti. Questa era in genere un'arma in più nel loro arsenale: se
non ammazzavano la preda con il morso, l'ammazzavano con la setticemia. Alcuni,
come il varano di Komodo, basavano la loro strategia di caccia proprio su
questo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Il
tirannosauro ruggì di nuovo e avventò le mascelle proprio verso Sam,
richiudendole con uno scatto secco.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Per un
istante Sam fu avvolto da uno sfarfallio luminoso: il programma doveva avere un
difetto. Comunque, si era stufato di quella bagarre preistorica.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Agguantò
il telecomando e premette un pulsante cambiando canale a caso. Stavolta si
trovò proiettato in uno studio televisivo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Riconobbe
la persona intervistata: era l'attore Silver Stallion che sapeva, proprio in
quel periodo era impegnato nelle riprese di <i>Rambo XXVIII</i>.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“I miei
legali”, stava dicendo l'attore, “Hanno raggiunto un accordo con quelli di
Selvie Stahl. A me rimane il personaggio di Rambo, a lui quello di Rocky”. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">A Sam
venne da sorridere. La clonazione di personaggi dello spettacolo era una
faccenda delicata, e lui era orgoglioso di averci lavorato. Ricordava quando la
sua azienda aveva cercato di clonare Marilyn Monroe. Dopo un certo tempo si
erano accorti con sbigottimento che l'embrione era maschio. Un più attento
controllo aveva rivelato che il materiale genetico etichettato come “Marilyn”
proveniva da un uomo, un certo Manson.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Mi
scusi”, chiese l'intervistatore all'attore, “Ma lei non pensa che se oggi le
produzioni cinematografiche e televisive, tra sequel, prequel e remake,
presentano una grande ripetitività e scarsa creatività originale, soprattutto
sequel di sequel di sequel, questo non sia anche dovuto al fatto che la maggior
parte degli attori sono cloni di divi del passato”.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Capisco
cosa vuol dire”, rispose Silver Stallion, “Ma tenga presente che una volta la
maggior parte degli attori erano figli d'arte e per un nome nuovo inserirsi non
era più facile di adesso. Noi cloni abbiamo rispetto ai figli naturali il
vantaggio di una garanzia in più di aver conservato le qualità dei nostri
originali”.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">L'attore
prese poi a parlare della nuova pellicola: nel cast ci sarebbero stati George
Clone e Colin Seventh.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Sam
cambiò di nuovo canale. Questa volta era uno spettacolo musicale, c'era un duo
che si stava esibendo, due cantanti italiani, Romano e Albina, erano anche loro
due, ovviamente, dei cloni. In realtà Albina non era proprio italiana. A Sam
pareva di ricordare che il suo originale era stata un'americana, figlia di un
attore hollywoodiano un tempo famoso, gli sembrava che si chiamasse Tower.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Non aveva
voglia di sentire musica, fece di nuovo zapping. Questa volta capitò su di una
serie di spot pubblicitari ma non cambiò canale. Ignorando le dimostrazioni di
efficienza di una cucina robot e di un'automobile che si guidava da sé che si
svolgevano intorno a lui, Sam si abbandonò ai propri pensieri. Provava una
certa fierezza per aver lavorato nel campo della clonazione, che al presente
era uno dei settori produttivi più dinamici. Essa, era ovvio, aveva
applicazioni non soltanto nel mondo dello spettacolo. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">La
clonazione era spesso usata a fini medici: partendo da una coltura di cellule
prelevate a un paziente, era possibile far crescere organi per sostituire
quelli difettosi: cuore, polmoni, fegato, reni intestino, pelle, muscoli,
scheletro, praticamente ogni parte del corpo umano poteva essere sostituita,
c'era solo un inconveniente: i costi elevati e la tempistica lunga per far
crescere gli organi in vitro. I ricchi vi avevano accesso facilmente,
garantendosi di fatto una sorta d'immortalità, sostituendo uno per volta gli
organi che si rivelavano difettosi, ma chi non aveva i loro mezzi doveva
accontentarsi di soluzioni di ripiego.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Samuel
Bosch ad esempio aveva scoperto anni prima di avere un tumore ai polmoni,
regalo di una vita di fumatore eccessivo, e il trapianto di polmoni era fuori
dalla sua portata economica. Glieli avevano sostituiti con un paio uscito da
una stampante 3 D.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Funzionavano
abbastanza bene, a parte qualche volta in cui gli mancava il respiro, se non
faceva sforzi eccessivi, e lui di sforzi non ne faceva proprio, né eccessivi né
moderati.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">La prima
volta dopo l'operazione che aveva avuto un attacco di tosse, si era spaventato.
Espettorare muco nerastro non è la cosa più bella del mondo, ma si a
l'abitudine a tutto.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“E'
semplicemente carbonio”, gli aveva spiegato il dottore, “ibra di carbonio che
costituisce il materiale con cui sono stampati i suoi polmoni. E' chiaro che
con il tempo andranno incontro a un certo deterioramento”.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Dottore”,
aveva chiesto, “Cosa significa col tempo?”<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Dai quattro
ai dieci anni, con una media di sei-sette prima di morire per insufficienza
respiratoria. Questo è il tempo che le rimane da vivere”.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Era
stato...era stato, si fermò un attimo a pensarci, cinque anni prima.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">L'idea
di morire non lo spaventava, era un'alternativa preferibile a un'esistenza
vuota di pensionato solitario.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Prese
un'altra lattina di birra virtuale.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Quando
sarò morto”, pensò, “Troveranno il mio corpo e vedranno che ho lasciato questa
casa veramente uno schifo”.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Ma in
realtà si rendeva conto che non gliene importava nulla. <o:p></o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-80245976855305548862018-06-26T16:10:00.001+02:002018-06-26T16:19:12.647+02:00FANTASCIENZA -pianeta E3 di Peppe Murro<o:p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgp3gRe1dS0gyj4HUHjFg-EJbKk6LBWyzvjuy3lukji8BiMwAZWVWQs3J4Kt119gKpR1x9mglPcV__Camu2D7_qawtSpCdWFSIfm7jUQ_rwi6bbiH_RQcYAIlk7qUfd7UsIBXp-PQgOBfY/s1600/fantascienza.gif" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="140" data-original-width="77" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgp3gRe1dS0gyj4HUHjFg-EJbKk6LBWyzvjuy3lukji8BiMwAZWVWQs3J4Kt119gKpR1x9mglPcV__Camu2D7_qawtSpCdWFSIfm7jUQ_rwi6bbiH_RQcYAIlk7qUfd7UsIBXp-PQgOBfY/s320/fantascienza.gif" width="176" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">I <i>kaasaegneYahoos </i>sono degli animali strani, più si lucidano fuori più diventano lerci dentro; succhiano insaziabili le vite delle loro prede rubandone le cose migliori e lasciandoli quasi cadaveri <i>perché non si sa mai… eventualmente… magari </i>…<i>possono ancora servire se restano prede…</i>; si ergono in ogni incontro come se ognuno stesse al centro, almeno così credono. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"></span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Sbavano continuamente quando uno appare più luminoso degli altri, e sono contenti delle bave che vengono loro sputate addosso, perché sono il segno del loro successo e li rendono più lucenti, una specie di lucido da scarpe, per capirci. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"></span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">La loro camminata è strana: o si muovono flessuosi come serpenti verticali o sembra quasi che danzino ritmi suadenti ed ossessivi, a seconda della velocità e dell’umore. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"></span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Fanno pochi pensieri e sono soprattutto al singolare, come se non riuscissero a pensare un po’ più in là dei loro piedi (e qualcuno sospetta che questa sia per loro un’attività molto onerosa.) <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"></span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Non parlano. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"></span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Riescono solo a ripetere suoni inarticolati, mugugni sospiri rantoli… quando pare che dicano parole sono le parole delle loro prede, che ripetono ogni volta che depredano, che gridano al vento con voce roca, quasi ad affermare in quel cielo nero che loro esistono. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"></span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">E latrano risate strane, strascicate nella gola dal profondo delle pance, rigurgiti circolari della loro voce e sembra quasi che questo li renda felici. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"></span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">La cosa insolita è che non hanno occhi, cioè… li hanno, ma non vedono; sono ciechi, come se non ci fosse legame fra occhi e cervello e quanto colpisce gli occhi non diventa messaggio per il cervello. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"></span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Poco male, però… in fondo vedono solo se stessi perché gli occhi sono rivolti all’indietro verso le loro pance, che è la sola cosa che vedono, ma non lo sanno e pensano che questa sia l’universo; e quando la pancia cambia aspetto e colore (dopo ogni pasto si ipotizza) credono che questo sia il miracolo della natura; e le ombre dei singulti dei loro escrementi, che viaggiano su viscere trasparenti, pensano che siano i loro simili. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"></span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Amano se stessi, e tanto. E vivono felici questa loro favola di vita. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"></span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;">E si dicono umani.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"></span><br /></div>
</o:p><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
</div>
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 14pt; line-height: 107%;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
</span><div style="text-align: justify;">
</div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-40666988720358759812018-05-17T06:16:00.000+02:002018-05-17T06:16:34.160+02:00L’ARCA SPAZIALE di Adriana Alarco de Zadra<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLPhRW2bt_deCPS9cOb-_uRoRXvoVoNIUbbdTLUf4aD1A3tN0Aq9WWTlNZyyPSb2TYd4bQ999kMwJ8zZusKaeRRMmoLBp8HR4iUf51zDkFylw0kCN8qqh9OXtd-7k-Zk_khSpHEoL6wdE/s1600/L%2527ARCA+SPAZIALE.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="358" data-original-width="300" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLPhRW2bt_deCPS9cOb-_uRoRXvoVoNIUbbdTLUf4aD1A3tN0Aq9WWTlNZyyPSb2TYd4bQ999kMwJ8zZusKaeRRMmoLBp8HR4iUf51zDkFylw0kCN8qqh9OXtd-7k-Zk_khSpHEoL6wdE/s320/L%2527ARCA+SPAZIALE.jpg" width="268" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">Flnjg stava fuggendo dalla
Luna. Per un’imperdonabile negligenza, aveva fatto un pasticcio organico nel
laboratorio della Banca di cellule genetiche in cui lavorava. Ai vermi
crescevano ali da vespa, ai pesci code di ratto ed ai tucani, crine da cavallo
invece di piume.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Era una pazzia
lunatica.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">Erano disperati i direttori
della Fabbrica di Genetica per Rinnovare il Futuro Lunare, dove era localizzato
il laboratorio.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Decine d’anni
d’investigazione, studio e lavoro, buttati nella spazzatura per un semplice
disguido di Flnjg, il giovane assistente temporale del laboratorio di genetica.
<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">Vedendo il disastro
prodotto negli animali dell’arca lunare, che non era quella di Noe, Flnjg uscì
di corsa dal laboratorio, seguito dalle scimmie con le ali, conigli per metà
sirene, con coda di pesci e lucertole con borse da canguro per portare i loro
piccoli.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Gli esseri manipolati si
muovevano attraverso i canali di ventilazione ed i tubi della manutenzione,
mentre l’assistente scappava dalla fabbrica come se fosse perseguitato dal
diavolo stesso.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Pieno di vergogna e di preoccupazione per il suo atto
irresponsabile, decise di rubare una nave spaziale dal porto circolare di
piatti volanti, per sparire dal satellite.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">Diresse
il suo volo verso il lontano pianeta Terra con la finalità di raccogliere dagli
esseri che ivi abitavano con nuovi esemplari di gene non manipolati. Si mise in
volo attraversando il cielo verde sotto la luce di altre diverse lune, anelli e
satelliti cangianti.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">Flnjg arrivò al pianeta
Terra, luogo d’origine degli animali del laboratorio che aveva rovinato
mescolando cellule genetiche, razze e mangime.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">Si
rese conto di essere atterrato su un pianoro, vicino a degli alberi centenari
di ficus, con dei tronchi grossi e rugosi, e d’eucalipto altissimi.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Avvicinandosi a una<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>dimora isolata, Flnjg scorse i gelsomini che
si intrecciavano nelle inferriate delle finestre, intontendo col loro odore
dolciastro gli insetti che ronzavano intorno.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Dei cuccioli di cane<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>giocavano
uno sull’ altro, mentre qualche ragazzo umano contemplava le nuvole o lanciava
pietre contro gli arbusti di cotone silvestre per stanare le lucertole. C’erano
animali domestici tutt’ intorno. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">Finalmente,
Flnjg avanzò con decisione. Al vederlo, i giovani umani sospesero tutte le loro
attività e rimasero rigidi a osservarlo, con evidente curiosità. Retrasse i
suoi artigli feroci, come faceva quando doveva mescolare liquidi delicati nei
tubi del laboratorio.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Gli servivano solo
per coraggiosa difesa personale, quando doveva graffiare e combattere contro
chi si azzardava ad intromettersi nel suo territorio.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Qui non apparivano necessari, e passarono
inosservati.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Le prominenze sulla sua
lunga testa senza capelli erano dissimulate sotto il copricapo di metallo
brillante con occhiali da ingrandimento che avvicinava le immagini, gli odori
ed i suoni lontani.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Mi chiamo
Victor, e tu, chi sei? - domandò al forestiero, un giovane umano senza paura né
vergogna.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">Flnjg
non sapeva cosa rispondere.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Aveva capito
la domanda, attraverso il traduttore simultaneo inserito nel suo casco, ma non
era ancora nelle migliori condizioni per spiegare a quell’essere, la sua
malvagità intrinseca e spregevole come credeva lui, che invece era il suo
carattere distratto e pasticcione. <u><o:p></o:p></u></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Sono Flnjg e
provengo da un satellite lontano, - disse finalmente.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Sei arrivato
dalla Luna?<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Questo è vero, -
rispose l’extraterrestre, anche se non si azzardò a dare altre spiegazioni
perché non capiva se quegli umani conoscevano l’intricata rete di trasporti e
comunicazioni fra pianeti e satelliti che esisteva nel firmamento.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Allora, vieni
con noi, a condividere la cena in casa della nonna.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Non voglio
disturbare, anche se mi servirebbe qualche spiegazione sull’ubicazione di certi
uccelli, rettili e mammiferi che abitano in colline e vallate.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>La nonna sa
molte cose e può spiegarti quello di cui avresti bisogno.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Bene. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-
Mi puoi dire se questa è l’ora di portare invitati a casa della nonna,
birichino? - ammonì dalla porta una vecchia donna dalla pelle scura, osservando
lo sconosciuto che arrivava assieme al ragazzo. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-
Deve avere una fame da lupo, - spiegò Victor. - Non vedi com’è magro?<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">- Dovrà prima lavarsi bene quelle mani che sono verdi di
sporcizia e togliersi pure quel cappello che ha in testa, se deve sedersi a
tavola.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>- Non è un cappello, Ignazia, invece è un casco.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>- Toglietegli il casco, allora.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">Certamente nessuno dei ragazzi che osservavano assorti il
nuovo arrivato, ebbe la sfacciataggine di togliere il casco all’ospite e lui
sedette al tavolo della nonna con la testa coperta, per non spaventare gli
altri con i suoi gonfiori e prominenze.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>I miei nipoti
assicurano che lei proviene dalla Luna, - affermò la nonna, dopo aver salutato
in forma circospetta il forestiero di colore verde e squame<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>cangianti. Questi aveva convenientemente
adattato il rice-trasmettitore e traduttore simultaneo nel suo casco, per cui
la conversazione con gli estranei poteva svolgersi normalmente. </span><span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT; mso-fareast-font-family: "Arial Unicode MS";"><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Così è, mia
signora, - rispose Flnjg con educazione, - ma di una Luna più lontana che
questa vostra vicina.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Quale
circostanza lo porta qui sulla Terra?<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Sono arrivato
per studiare la fauna della regione, - affermò con serietà.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Non voleva dare spiegazioni di quanto
accaduto nel laboratorio della Fabbrica di Genetica per Rinnovare il Futuro
Lunare.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Si sentiva troppo colpevole
davanti a quelle persone così ingenue.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">Prima
di finire la cena, apparve la piccola Rosaura con una lucertola presa dalla
coda, fra le dita, che si dondolavano cercando di fuggire.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Ecco qui, signor
Lunatico.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ho portato questa mia
amichetta per lei.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Non devi
chiamarlo lunatico, - interrupe la nonna.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>- Non è di buona educazione far menzione ai luoghi d’origine delle
persone. Poi, qui ha il significato che vuol dire non essere con la testa a
posto.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Veramente, non
deve essere con la testa a posto, giacche non si toglie il casco, - rispose la
ragazzina che non aveva capito il vero senso della spiegazione.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Poi scappò verso il giardino, lasciando la
lucertola sulle mani del commensale.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">Vedendo
il suo imbarazzo, Victor lo aiutò e mise il piccolo rettile dentro una scatola
vuota dove fece qualche buco perché potesse respirare.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Poco dopo arrivò Claudio con una vipera, uno
scorpione e diversi ragni dentro una cesta di vimini.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Flnjg saltò dalla sedia e decise che erano
velenosi, per questo li coprì immediatamente con un tovagliolo per non lasciar<i style="mso-bidi-font-style: normal;">g</i>li scappare.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Non seppe più cosa fare quando Ignazia portò
due galline dal pollaio e un coniglio.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Lasciatelo
finire di mangiare! - ordinò la nonna, ma altri nipoti entravano in casa
tirando dalla corda un asino dopo averlo legato ai ganci conficcati nei grossi
alberi di ficus dell’entrata, assieme a due cavalli ed una giumenta.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Per quale
ragione avete portato Nerone, Caligola ed India, se non sappiamo se vuole andar
a cavallo! - insistette la nonna infastidita.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Così può
studiare la fauna della fattoria, nonna, - rispose il malizioso Victor con
decisione. Voleva in realtà vederlo cadere dal cavallo, perché la giumenta era
una delle più selvagge del recinto e soltanto lo zio Emilio era riuscito a
cavalcarla.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Manca soltanto
che portiate la mucca da latte e le pecore che abbiamo appena tosato perché lo
zoologico sia completo!<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Mangia un po’ di
questo miele, amico lunare. Lo fanno le api qui dietro la casa.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Se vuoi ti portiamo a vedere il favo.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Certo che non dovesti aver paura che ti
pizzichi l’ape, con quel cuoio che hai addosso, - osservò il più piccolo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;"><span style="mso-tab-count: 1;">- </span>Ti potresti
portar via l’ape regina assieme ad altre per studiare se possono fabbricare del
miele sulla Luna! - raccomandò Claudio<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>T’immagini come
deve essere il miele lunare? <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">-<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Stupendo,
ragazzo!<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">Flnjg non si era mai sentito così oppresso dalle
circostanze.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Non sapeva come portare
almeno qualcuno di quegli animali fino alla sua astronave per trasportarli
poi<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>sul satellite.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Decise che la cosa più facile era scambiare
quelli<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>più piccoli e più<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>agevoli da trasportare, per qualche oggetto
che non avessero sulla Terra.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Immaginò
che gli umani dovessero avere molte deficienze come il fatto di non poter
comunicare facilmente col resto del loro mondo, di non riuscire a volare da
soli, di non essere in grado di cambiare il clima come più conveniva, perciò
decise di barattare la fauna con un apparecchio.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Quello che aveva in mente, produceva, a
volontà, l’arcobaleno, la pioggia nel luogo specifico ed in quantità da
regolare. Così poteva aiutare quella nonna ad annaffiare le coltivazioni nei
tempi di siccità portando o allontanando le nuvole dal cielo.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Poteva alzare i venti e riuscire a far
funzionare il mulino a vento che produceva troppo poca energia necessaria per
la casa.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>In questo caso, di notte,
avrebbero potuto accendere luci invece di candele.<span style="mso-tab-count: 1;"> </span><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">Subito i ragazzi risposero che non era sufficiente pagamento
per gli animali, anche se il forestiero indicava soltanto i più piccoli, quelli
che entravano nelle ceste, nelle gabbie e nei recipienti.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Volevano scambiarli per l’Orsa Maggiore,
l’Orsa Minore, il Braccio e la Testa di Orione, la Croce del Sud ed un tratto
della Via Lattea.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">Flnjg si accorse delle difficoltà di quella richiesta. Non
aveva immaginato che i ragazzi potessero desiderare di dare un valore monetario
agli astri, di sfruttare i crepuscoli ed organizzare i raggi ed i tuoni per
approfittare del cielo e dei suoi fenomeni, tutte entità immateriali e
irragiungibili<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>per loro fino a quel
giorno, se non con giochi di fantasie infantili. A lui interessava ritornare al
suo pianeta e ricostruire il laboratorio distrutto nella Fabbrica, con gli
animali che avevano racimolato i nipoti della signora.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">La nonna considerò che una forma di piogge e venti locali,
prodotti schiacciando qualche bottone, fosse un buon pagamento per una cena ed
un po’ di esemplari faunistici, in quel luogo lontano dalla civiltà, perché
avrebbe potuto così annaffiare i campi quando voleva, qualche mese in più
l’anno, secondo le semine.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Poi c’erano
altri vantaggi e meraviglie.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;">Il forestiero fuggitivo diede l’apparecchio alla nonna, la
quale volle immediatamente far apparire cinque arcobaleni in cielo, anche se
era quasi l’ora di dormire, per gran felicità e gioia dei nipoti, della vecchia
cuoca Ignazia e della mano d’opera locale che ormai non si sorprendeva più dei
prodigi che succedevano ogni momento nelle vicinanze della fattoria. E, finalmente,
dopo aver caricato galli, galline e quasi tutto il pollaio assieme a maiali,
cavalli, mucca e diversi insetti, videro l’arca spaziale<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>alzarsi in volo e dirigersi verso il suo
mondo lontano.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span><o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;"><o:p> </o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt; mso-ansi-language: IT;"><o:p> </o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-49001279506414691022018-05-09T06:41:00.001+02:002018-05-09T06:41:15.568+02:00COLLE AMARO di Fabio Calabrese<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilTnuKvYDvPa6QmcAtXqmUeGR9HS1Rg47AZrDYOZgEHC6kmDlKrg1FnYYzPjqEiBjhihkVAKDcTzbMjL4PjDu0XCFKw2ncqP0HeOeIC4HtlbRQfwtwGu2copJW8Db88xCbCxwhhjOWKX0/s1600/COLLE+AMARO.gif" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="424" data-original-width="445" height="304" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilTnuKvYDvPa6QmcAtXqmUeGR9HS1Rg47AZrDYOZgEHC6kmDlKrg1FnYYzPjqEiBjhihkVAKDcTzbMjL4PjDu0XCFKw2ncqP0HeOeIC4HtlbRQfwtwGu2copJW8Db88xCbCxwhhjOWKX0/s320/COLLE+AMARO.gif" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Durante la notte si era
scatenato maltempo, uno di quei temporali estivi che quando ci si mettono sono
peggio delle bufere invernali. Era piovuto a scroscio, e il vento aveva portato
le raffiche di pioggia a battere con rabbia contro i vetri delle finestre. Al
mattino la temperatura era scesa di diversi gradi. Per fortuna, io e Daniela ci
eravamo portati dietro i giubbotti.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Eravamo, tutto il nostro
gruppo, nell'ufficio di fianco al pontile d'imbarco dei traghetti.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">L'impiegata dell'agenzia
scosse il capo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“No”, tornò a dire, “non
è possibile, le escursioni all'Isola della Forcella sono sospese. Il traghetto
non può prendere il mare, oggi il mare è troppo grosso. Domani, l'escursione è
spostata a domani”.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Le facemmo presente che
quello era l'ultimo giorno della nostra permanenza che l'indomani la nostra
comitiva sarebbe stata già sulla via del ritorno.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Quando è così”, disse
lei in tono sconsolato, “non posso fare altro che rimborsarvi i biglietti”.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Ci rivolgemmo verso la
nostra guida.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“E adesso che si fa?”,
chiesero più voci.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Andare in spiaggia era
escluso. Il temporale era passato ma c'era appena uno spicchio di sole pallido
fra le nubi, la sabbia dell'arenile era umida, e la temperatura era piuttosto
scesa.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Sentite”, disse lui,
“Se vi va, potremmo fare una gita nell'entroterra, potremmo andare fino a Colle
Amaro”.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“Cosa c'è di interessante da quelle parti?”,
chiedemmo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“E' un borgo
abbandonato”, rispose l'uomo, “con delle rovine medioevali di un certo
interesse archeologico”.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Si accese una
discussione. A qualcuno la cosa interessava, ad altri no.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Non c'è problema”,
disse la guida, “chi non è interessato, può rimanere in albergo”.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">A me non andava di
passare l'ultimo giorno di vacanza tappato in albergo, ma Daniela era di parere
opposto al mio. Immaginavo che per lei l'idea di una scarpinata con pranzo al
sacco fosse molto meno allettante di una partita a bridge con le altre ospiti
dell'albergo, e di un giretto alla boutique.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Ma non ti preoccupare,
Roberto”, mi disse, “vai pure, ci vediamo quando tornate”.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">La nostra comitiva si
divise. Il gruppo che salì sul torpedone, fra cui io, era decisamente meno
della metà, e in netta maggioranza uomini, c'era solo una ragazza, quella tipa
biondina che mi parve avesse una simpatia particolare per la nostra
guida-autista.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Mentre filavamo, vidi
che la campagna attorno aveva un'aria selvatica e arruffata.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Colle amaro, che strano
nome!”, commentò qualcuno.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“E' stato chiamato
così”, rispose la guida, “dopo che il villaggio medioevale è stato distrutto.
Prima pare che si chiamasse Colle Ridente”.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">All'improvviso fu come
se un colpo di fucile echeggiasse alle mie orecchie, mi sembrò che quel nome
evocasse una serie di ricordi dentro di me, ricordi che non riuscivo ad
afferrare, eppure a tratti stranamente vividi.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Guardai la campagna
attorno, mi parve di ricordare che ai miei tempi non era così selvatica e
invasa dai rovi, molta più gente di adesso viveva nelle campagne, e ogni zolla
era coltivata per trarne sostentamento, ma non riuscivo a capire quali fossero
“i miei tempi”.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“E com'è successo?”,
domandò ancora qualcuno al nostro mentore.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Non si sa di preciso”,
rispose l'uomo senza staccare gli occhi dalla strada e le mani dal volante, “ma
a quanto pare fu una disputa confinaria con quelli di Borgo Alto, di quelle che
oggi si risolvono con perizie del catasto e carte bollate, e a quei tempi si
risolvevano a lancia e spada. Il signore Ariberto che comandava gli uomini di
Colle Ridente fu sgozzato da una freccia nella battaglia del Sasso Grigio, un'altra
località qua vicino, e la sua truppa fu disfatta, poi gli uomini di Borgo Alto
andarono a saccheggiare il paese e il maniero di Ariberto, di cui vedremo i
ruderi”.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Non so perché, ma
istintivamente portai la mano alla gola; il collo è sempre stato la mia zona
delicata, facilmente soffro di laringiti.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">L'asfalto finì lasciando
il posto a una strada bianca sterrata, dopo una curva della quale Colle Amaro
fu davanti a noi.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Del villaggio non era
rimasto quasi nulla, solo pochi antichi spezzoni di muro che emergevano tra
l'erba e i rovi. Del castello, la cinta muraria esterna era del tutto
scomparsa, rimaneva un troncone smozzicato del mastio. Inspiegabilmente, provai
una specie di fitta al cuore.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Forse per compensare i
gitanti del fatto che le rovine non apparivano particolarmente suggestive,
l'autista-cicerone, una volta parcheggiato il mezzo era diventato molto
loquace.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“C'è una leggenda molto
poetica riguardo a questa vicenda”, disse, “Amalia, la vedova di Ariberto era
una donna bellissima, e il signore di Borgo Alto era segretamente innamorato di
lei. Mandò a informarla che se avesse acconsentito a sposarlo, non avrebbe
fatto alcun male agli abitanti di Colle Ridente, i due borghi sarebbero
divenuti un unico feudo, e la pace sarebbe stata ristabilita. Amalia gli fece
sapere che mai, a nessun patto avrebbe sposato l'assassino di suo marito,
allora lui fece incendiare il paese e il castello e passare a fil di spada gli
abitanti. Da allora la località ha cambiato nome. Colle Ridente è diventato
Colle Amaro”.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“E questa me la chiama
una storia poetica?”, chiese un mio compagno di gita, “a me sembra una storia
orribile”.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“No”, replicò la guida,
“lei deve capire il contesto. A quei tempi i matrimoni erano perlopiù decisi
dalle famiglie degli sposi, erano una questione di alleanze di potere, di
affari. Ariberto e Amalia invece si amavano appassionatamente. Pare che i
cantastorie e i menestrelli locali abbiano cantato per lungo tempo il loro
amore infelice e il sacrificio di lei”:<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">D'un tratto ricordavo,
si, mi ricordavo di Amalia come se l'avessi avuta davanti, non facevo fatica a
visualizzare il suo viso dai lineamenti delicati e l'ovale perfetto, la dolce
curva del suo seno, i lunghi capelli biondi che le scendevano morbidi sulle
spalle. Era Daniela che non riuscivo a ricordare, i suoi lineamenti si erano
fatti indistinti nella mia mente, come la reminiscenza di qualcuno conosciuto
in un'altra vita.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Il racconto di
quell'antica vicenda mi aveva stranamente trasmesso un senso di amarezza, come
se fosse stata una cosa che mi riguardasse personalmente, tuttavia provavo una
singolare soddisfazione all'idea che Amalia era stata fedele, Mi era stata
fedele fino all'ultimo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Scesi dal torpedone, ci
eravamo sparpagliati all'intorno, e vidi che molti, secondo l'abitudine oggi in
voga, scattavano foto con gli apparecchi fotografici o con i cellulari. Io,
preso da un impulso incontenibile, e ignorando un vistoso cartello di divieto
che avvisava anche “struttura pericolante”, raggiunsi il mozzicone del mastio e
inforcai l'entrata che era lì ad aspettarmi, e mi parve che fosse una specie di
orbita vuota, ormai priva del globo oculare ma ancora misteriosamente dotata di
un qualche potere di visione.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Dentro era pieno di
pietrame caduto, rovi, muschio, sporcizia di ogni tipo. Me l'ero aspettato ma
provai un'altra fitta al cuore.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Gli altri del nostro
gruppo, pensai, mi avrebbero aspettato, beh, di certo non se ne sarebbero
andati senza il buon Roberto. Roberto? Roberto? D'un tratto ebbi la percezione
confusa che nel mio nome, nel nome che avevo portato per tutta la vita, ci
fosse qualcosa di sbagliato.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">I miei me l'avevano
raccontato non so quante volte. Poco prima che nascessi avevano avuto un'accesa
discussione sul nome da darmi, poi all'improvviso si erano trovati d'accordo su
Roberto senza sapere come, come se qualche misteriosa entità glielo avesse
improvvisamente sussurrato all'orecchio, Roberto o un nome simile... Ariberto
ecco, mi suonava meglio.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">In un angolo c'erano
alcuni gradini intagliati nella roccia che scendevano fino a una sorta di cella
interrata non più di un paio di metri sotto il suolo. Mi diressi là, io non
sapevo dove stavo andando ma i miei piedi sembravano saperlo benissimo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Al termine dei gradini
mi trovai in uno spazio rettangolare tra pareti di terra, vagamente simile al
pozzo di un ascensore.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Sapevo che una di quelle
pareti era falsa: un pannello di vimini ricoperto di terriccio che si poteva
rimuovere con facilità, celava un condotto sotterraneo che in caso di necessità
permetteva la fuga dal castello passando sotto le mura.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Le mie dita si mossero
veloci, era singolare che dopo tanti secoli tutto fosse rimasto esattamente
come lo ricordavo.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Rimossi il pannello e mi
addentrai nell'apertura buia, mosso da una volontà che non era la mia.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Ricordavo un lungo
tunnel buio che con un percorso tortuoso portava oltre quelle che un tempo
erano state le mura del castello, sbucando al riparo di una discreta macchia di
alberi, invece dopo pochi passi mi ritrovai all'aperto in pieno sole, con la
luce che mi abbagliava.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Alzando gli occhi, vidi
profilarsi contro il cielo la familiare sagoma del Masso Grigio, quella grossa
rupe scabra che segnava il confine fra i domini di Colle Ridente e quelli di
Borgo Alto.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">La seconda cosa di cui
mi accorsi fu il senso di peso. I miei abiti erano cambiati, e sotto una
sopravveste colorata indossavo una maglia di anelli metallici.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Quella cosa attorno a
cui le mie mani si stringevano convulse, era l'elsa di una spada.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">A pochi passi da me
c'era Ottavio, il mio gastaldo: era un uomo ormai anziano, e con una vita
trascorsa perlopiù in occupazioni pacifiche. Per l'ennesima volta non potei
fare a meno di constatare che l'armatura non faceva altro che evidenziare gli
strati di adipe che con gli anni gli si erano depositati sui fianchi e
sull'addome, dandogli un aspetto più grottesco che guerriero.<o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Accanto a Ottavio c'era
un giovane guerriero la cui figura formava un singolare contrasto con quella
rotondeggiante e poco militaresca del gastaldo. Per un istante, faticai a
riconoscerlo, era Iacopo, il mio scudiero, un giovane alto e magro dai
lineamenti spigolosi, Iacopo degli Alberico, una famiglia amica che me l'aveva
affidato perché mi servisse come scudiero e imparasse da me le regole del
cavalierato. Reggeva il grosso scudo rotondo che era il suo emblema familiare,
che recava due serpenti che si guardavano affrontati con aria minacciosa e che
erano, come ci teneva a precisare, un simbolo familiare ereditato dai tempi
delle crociate, due marassi dell'Asia. <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">“Si ripari, signore”, mi
gridò, “quelli di Borgo Alto stanno tirando le frecce!” <o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;">Fu l'ultima cosa che
udii prima di percepire un dolore improvviso e violento alla gola.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 14pt;"><o:p> </o:p></span></div>
https://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6914930076330888733.post-18010947421978969812018-04-30T11:37:00.001+02:002022-09-27T07:21:42.615+02:00LA PIÙ BELLA DEL REAME di Paolo Secondinihttps://nuovanarrativa13.blogspot.com/http://www.blogger.com/profile/08133664068705193649noreply@blogger.com2