giovedì 16 maggio 2013

L’UOMO CHE GUARDA di Paolo Secondini



Perché quell’uomo – un distinto signore sulla cinquantina – si ferma sempre in quel punto della strada e guarda verso il cielo?
Resta immobile, le mani allacciate dietro la schiena, gli occhi fissi, quasi incantati.
Ogni volta che lo vedo in quella posizione, anch'io alzo lo sguardo verso l’alto, senza che lui se ne accorga. Ma non vedo che cielo sereno, quando non vi sono le nubi, o, quando ve ne sono, cosparso di cirri o nembi che minacciano pioggia.
Mi allontano pensando che cosa quell’uomo possa guardare attentamente per lungo tempo. Infatti, se ne sta fermo in quel punto per vari minuti, senza che niente – voci, suoni, rumori – lo distolga.
E sempre, quando lo incontro in quel tratto di strada – gli occhi rivolti verso il cielo –, mi domando la stessa cosa.
Mi sto convincendo che la sua è una pura finzione, un qualcosa che lo faccia apparire (per bisogno di originalità, di nuovo?) diverso dagli altri.
Un atteggiamento, dunque?
O piuttosto il mio è un credere ciò dal momento che il vero motivo sfugge alla mia comprensione?
Il più delle volte, infatti, quello che vedono gli altri non lo vediamo, semplicemente perché ne siamo incapaci. E questo duriamo fatica ad ammetterlo.

2 commenti:

  1. Più che un racconto, un'interessante riflessione sulla comprensione tra gli esseri umiani. In poche righe, proponendo una situazione, l'autore ci fa meditare anche sul mistero del mondo come nostra rappresentazione.

    Giuseppe Novellino

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  2. Ottima considerazione, mi trovi pienamente d'accordo.

    Sauro Nieddu

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