Radu
lavorava seduto al bancone e di tanto in tanto alzava uno sguardo
distratto sul via vai del sabato pomeriggio lungo la strada pedonale
che conduceva alla piazza. C’erano persone di ogni età, ma a lui
interessavano solo le bambine, come quella che aveva appena
appoggiato mani e naso alla vetrina del suo negozio. I capelli
castani erano raccolti in un morbido chignon, da cui sfuggivano
ciocche a incorniciare l'incarnato chiaro del viso, appena
imporporato sulle gote. Un pettinino decorato con fiori di stoffa,
inserito di lato nella massa di capelli, dava un tocco esotico
all'insieme. Radu sorrise ma la bambina non lo notò nemmeno, intenta
com'era a sondare le meraviglie esposte, gli occhi che scattavano con
vivacità da un oggetto all'altro, lo sguardo caldo e dolce,
ingentilito da lunghe ciglia brune.
–
Lara!
Il
richiamo la fece voltare e raggiungere, con una piccola corsa,
l'altro lato della strada.
–
Mamma, mi compri una bambola?
– Ne
hai già tante.
Radu
si rammaricò di vederla andare via. Ne ammirò il corpo sottile,
messo in risalto da un vestitino bianco in sangallo. Da tempo non
vedeva una bambina così bella.
Smise
di infilare ovatta nel fianco della bambola di stoffa a cui stava
lavorando, prese nel retrobottega gli occhiali da sole e la
fotocamera, girò da APERTO a CHIUSO
il cartello appeso alla porta d'ingresso e si mescolò alla gente che
andava verso la piazza. Scattò decine di fotografie, quindi tornò a
confezionare la bambola che aveva lasciato sul bancone.
All'ora
di chiusura, azionò dall'interno il pulsante per far calare la
saracinesca, prese la fotocamera e salì le scale che conducevano dal
retrobottega al suo bilocale. Tolse dal frigo una lattina di birra e
del prosciutto, con il quale imbottì un panino, accese il computer e
scaricò le foto. Lara era presente in ogni scatto. Si era tenuto a
distanza per non destare sospetti - da quando era sparita una
bambina, il mese precedente, le madri vegliavano sulle figlie più di
prima - ma lo zoom aveva fatto il suo dovere.
C'erano diverse foto a figura intera e altre focalizzate sui
dettagli.
Per
errore aveva selezionato anche una foto appartenente a scatti
precedenti, e sul video apparve il primo piano di una bambina più
piccola, con gli occhi azzurri e il caschetto biondo. Chiuse la foto
e si concentrò su Lara. Cercò l'immagine più a fuoco del viso, la
aprì al massimo ingrandimento e la fece scorrere sullo schermo,
dall'arco sottile delle sopracciglia alle labbra, piene e ben
disegnate, di un rosa cipria che dava loro un aspetto serico.
Tremando di emozione, inserì un foglio di carta fotografica e avviò
la stampa.
Quando
si trovava in quello stato di eccitazione l'unica cosa che lo
calmasse era lavorare. Scese nel retrobottega, prese della creta e si
mise al bancone con gli strumenti per modellare. Continuò fino a
notte fonda e per diverse sere successive. Quando ebbe terminato di
assemblare la bambola la guardò a lungo, in cerca di difetti da
correggere. Non ne trovò. Batté le mani sulle cosce e si lasciò
andare a una risata orgogliosa. Bine, Radu! si disse. Poi, con
le mani aperte davanti al viso, pronunciò ad alta voce una cantilena
in rumeno: quella sarebbe stata una bambola speciale.
Di
notte si rigirò nel letto, inquieto. Il bisogno di Lara era
diventato incontenibile.
Due
settimane dopo Lara passò da sola davanti al negozio e Radu non si
fece scappare l'opportunità: – Bella bambina, la vuoi una bambola
nuova? Radu chiude negozio, è ultima occasione per comprare.
Lara
si fermò, puntandogli addosso occhi curiosi: – La mamma non vuole
comprarmi un'altra bambola, dice che ne ho già tante.
–
Sei fortunata! – sbottò Radu, con voce forte e allegra. Lisciò
uno dei baffi tra le dita e continuò, abbassando il tono e piegando
il corpo massiccio verso la bambina: – E sai perché?
–
Perché? – chiese Lara, catturata.
–
Perché mi sei simpatica. Te la regalerò la bambola: entra in
negozio a sceglierla.
La
bambina tentennò: – Devo andare a danza – disse.
–
Ah, peccato! Quando uscirai, negozio sarà chiuso.
–
Nooo. – La delusione di Lara era palpabile.
–
Puoi entrare adesso. Prendi la bambola e dopo vai a danza.
Lara
girò lo sguardo pensoso a destra e a sinistra: stava cadendo nella
trappola.
Anche
Radu si guardò intorno. Non c'era nessuno nella via, era un momento
da sfruttare. Posò la mano sulla schiena di Lara e la spinse con
delicatezza all'interno del negozio. La bambina non fece opposizione.
Una volta dentro, Radu azionò il comando della saracinesca. Calò il
buio e lui si affrettò ad accendere la luce elettrica.
–
Chiudo per far capire che negozio non è aperto – spiegò, ma
l'attenzione di Lara era già rivolta agli scaffali. Le lasciò tempo
per valutare le bambole, prenderle in mano e posarle indecisa.
Quando
la bambina si avvicinò alla porta del retrobottega, Radu la
affiancò.
– In
questa stanza ci sono le bambole più belle – disse. – Vai a
vedere.
Nel
retrobottega c'era una colorata confusione di stoffe, arti di
plastica, calchi di gesso, sacchi da cui spuntavano imbottiture,
scatole piene di bottoni e molte altre cose. Lara avanzò piano,
riempiendosi gli occhi di ogni particolare di quel mondo
affascinante. Poi la sua attenzione fu attratta dalle bambole di
porcellana posate sugli scaffali. Ne aveva già viste in passato,
simili nei volti e abbigliate con pomposi abiti ottocenteschi e non
le erano piaciute granché. Queste però erano riproduzioni di
bambine moderne. E ogni viso era unico. Una in particolare colpì la
sua attenzione: rappresentava una bambina più piccola di lei, con
dolci occhi celesti e un caschetto di capelli biondi. Le accarezzò
la guancia con un dito ed ebbe l'impressione che la bambola la stesse
guardando. Emanava un'aura così malinconica da farle tremare il
cuore. A Lara venne quasi da piangere. Girò lo sguardo e si sbalordì
vedendo, appoggiata su uno scaffale alto, una bambola di porcellana
che assomigliava a lei. Le si avvicinò: aveva un vestito in sangallo
come il suo e ballerine rosse ai piedi; in testa il pettinino con i
fiori, uguale a quello che le metteva la mamma, per raccoglierle i
capelli nella stessa acconciatura che aveva la bambola. Piena di
stupore si alzò sulle punte e allungò le braccia per prenderla. Ma
non appena le appoggiò le mani sui fianchi, le venne da inarcare la
schiena e provò la sensazione di essere un pesce a cui venga sfilata
la lisca. Le sembrò di cadere, ma anche di sollevarsi, e quando la
sensazione passò, la sua prospettiva era cambiata: prima era voltata
verso lo scaffale, adesso aveva davanti il lato da cui era entrata.
Radu era sulla porta.
Lara
non riusciva a parlare, né a muovere la testa, le braccia o le
gambe. Vedeva, ma come dietro a un vetro color nocciola. Abbassò lo
sguardo: il suo corpo era supino sul pavimento, gli occhi e la bocca
bloccati in un’espressione di stupore. Urlò, ma fu come un
pensiero: nessun rumore echeggiò nella stanza.
Radu
entrò nel retrobottega soddisfatto: il lavoro era completato. Ci
volevano tempo, pazienza e abilità, ma il risultato lo ripagava di
ogni fatica. Con la fotografia della bambina scelta come modello,
lavorava la creta fino a riprodurne il viso. Dalla creta ricavava lo
stampo in gesso e vi colava dentro la porcellana. Dopo il viso si
occupava dei capelli e dell'abito. Gli artisti, in questo campo,
erano pochi e Radu sapeva di essere tra i migliori. Poi c'era l'altra
parte, quella segreta, che rendeva le sue creazioni uniche al mondo.
Aveva dei clienti fissi in Romania, collezionisti disposti a pagare
qualunque cifra per i suoi lavori. Le tue bambole hanno un'anima,
Radu, era la frase che gli dicevano, senza sapere quanta verità
ci fosse in quelle parole.
Non si
fermava mai a lungo in un posto. Girava il mondo in cerca di
capolavori da riprodurre e quando ne aveva trovati un paio cambiava
territorio. Tornava in patria solo per vendere le bambole speciali,
poi ripartiva.
Nelle
stanze sopra al negozio aveva già le valigie mezze fatte. Rimanevano
da sistemare le bambole esposte in negozio, quelle di porcellana e le
due speciali. Ma prima doveva rimuovere il corpo. Lo sollevò
tra le braccia e questo gli si afflosciò addosso come uno straccio.
Lara
girò lo sguardo all'estremo del vetro nocciola fino a incontrare
quello della bambola col caschetto biondo. Si ricordò in quel
momento della bambina scomparsa il mese prima, che aveva visto in
foto, e capì di condividerne la sorte.
Proruppe
in un pianto silenzioso e senza lacrime.
Bel racconto: scritto bene, avvincente.
RispondiEliminaDvvero un bel racconto, scritto in modo chiaro, incisivo e avvincente. Il rumeno "artigiano-pedofilo" è un artista dalla creatività originale e perversa. Opera impietosa e cruda, ma anche piena di malinconica poesia.
RispondiEliminaGiuseppe Novellino