Dai neri cancelli della notte pendono due arpe: una è lucida, grande,
splendente di perle e pietre preziose, che al chiaro di luna sembrano lacrime
di stelle; l’altra è piccola, scura, brutta a vedersi, dalle corde contorte e
arrugginite.
Un suono si leva melodioso nel silenzio della notte, e quanti lo ascoltano pensano all’arpa più grande e più bella.
Un suono si leva melodioso nel silenzio della notte, e quanti lo ascoltano pensano all’arpa più grande e più bella.
* * *
Sui neri cancelli della notte un’arpa soltanto gli uomini hanno voluto che
restasse, quella splendente di perle e pietre preziose; l’altra, piccola e
brutta, l’hanno donata a un vecchio mendicante, perché la portasse con sé nel
suo continuo vagabondare, cercando di trarne qualcosa per vivere.
Ora, nel silenzio della notte, una voce si leva sgraziata, lamentosa, dall’unica arpa, quella lucida e grande; una voce che, irrompendo nei sogni, atterrisce i cuori, trasforma, in grida spaventose, i sospiri degli innamorati.
Un suono invece si ode, soave e melodioso, lontano, in ignote contrade del mondo.
Ora, nel silenzio della notte, una voce si leva sgraziata, lamentosa, dall’unica arpa, quella lucida e grande; una voce che, irrompendo nei sogni, atterrisce i cuori, trasforma, in grida spaventose, i sospiri degli innamorati.
Un suono invece si ode, soave e melodioso, lontano, in ignote contrade del mondo.
Splendida e sintetica metafora della stupidità umana. Per fortuna tra noi resiste sempre qualche povero mendicante; un opportunità (l'unica?) di salvezza.
RispondiEliminaSauro Nieddu
Racconto bonsai davvero, ma molto carino, e anche con la morale.
RispondiEliminaUn raccontino nello stile della'apologo, breve, intenso e molto significativo.
RispondiEliminaGiuseppe Novellino