Leoluca cominciava
ad averne piene le scatole.
Da un po’ di
tempo, quando arrivava in prossimità del passaggio a livello, tra la
mezzanotte e l’una, lo trovava di sicuro chiuso. Il che era a dir
poco incredibile, essendo la linea ferroviaria decisamente
secondaria, sulla quale transitavano non più di sei o sette treni al
giorno. L’ultimo incrociava la provinciale alle 21.35. Leoluca si
trovava davanti quelle barriere azionate a mano, che scorrono su un
piccolo binario.
Capitava tutti i
venerdì notte, quando rientrava dal suo giro sulle colline oltre il
grande fiume, dove effettuava il suo ultimo viaggio settimanale di
rappresentante in articoli di gioco e tempo libero. Ripartiva sempre
a tarda ora, dopo essersi intrattenuto con Marta, giovane donna un
po’ chiacchierata. La quale però era tenera con lui, lo invitava a
casa, gli preparava una cenetta, e quasi sempre lo aiutava a
scrollarsi di dosso la tensione e la fatica dei precedenti giorni
lavorativi. Non occupava un posto particolare nella vita di Leoluca.
Era una compagna occasionale e discreta, capace di rischiarare in
qualche modo la vita un po’ grigia di uno scapolo quarantenne.
Accese una sigaretta
e mandò una nuvola di fumo oltre il finestrino con il vetro semi
abbassato. Era una bella notte di giugno. Si sentiva odore di fieno.
Il silenzio rotto da uno tenue frinire di grilli.
Finalmente comparve
il casellante. Fece scorrere le barriere parallele e si avviò per
rientrare nella sua casetta dai muri scrostati, ai bordi della linea
ferroviaria.
Era un uomo gobbo,
magro e minuto, dall’età indefinibile. Un paio di volte Leoluca
gli aveva rivolto la parola, per chiedere spiegazioni, ma quello non
aveva mai risposto. Si era limitato a fare un gesto con la mano come
a dirgli che lo lasciasse in pace, perché altro non faceva che il
suo mestiere. Certo, aveva pensato Leoluca, doveva trattarsi di un
servizio extra, che poteva avere a che fare con il passaggio di
qualche mezzo per la manutenzione della ferrovia. Ma quella
puntualità, ogni venerdì notte, lo lasciava perplesso, e ancor più
il fatto che non si era mai trovato nel momento di transito del
convoglio.
Quella volta Leoluca
perse la pazienza. Spalancò lo sportello della Lancia Appia, lanciò
il mozzicone di sigaretta e gridò:
- Ehi, casellante!
Dovette rincorrerlo.
Gli mise una mano sulla spalla e poi vide la faccia di lui, triste e
rugosa, messa in risalto dal chiarore lunare.
- Che cos’è
questa storia? – domandò il viaggiatore.
- Quale storia?
- Non faccia il
finto tonto. Ogni volta che arrivo in questo punto, trovo il
passaggio a livello chiuso. Eppure non passano treni. A quest’ora,
poi…
- Lei non sa quello
che dice – sibilò il casellante, facendo l’atto di andarsene
verso la sua dimora.
- No, lei mi deve
spiegare.
- Non c’è niente
da spiegare. Buona notte!
Leoluca non poteva
lasciar perdere. Insistette:
- Lei sa che ogni
venerdì notte passo di qui… Mi vuole fare un dispetto?
L’omino si tolse
il berretto, si grattò la zucca pelata e disse:
- Va bene, glielo
dico. A quest’ora, ogni settimana transita il treno per l’inferno.
Porta le anime dannate, destinate all’eterna dimora. Quello che
svolgo, a quest’ora, è un servizio del tutto straordinario, per il
quale non ricevo alcun compenso. Quindi mi lasci in pace e vada per
la sua strada.
- Lei mi sta
prendendo per i fondelli… o è pazzo!
Ma quello non
aggiunse altro. A passetti irregolari guadagnò la porta della sua
casetta e scomparve.
“Non c’è
dubbio: deve essere ammattito” pensò Leoluca, scrollando il capo.
“ Forse è colpa del lavoro monotono. Infatti non credo che possa
esserci gente che si alza di notte per far passare un treno carico di
anime dannate… non gente normale, non in questo giugno 1955”.
Riavviò la macchina
e partì sgommando.
La settimana
successiva si ritrovò davanti al passaggio a livello.
Chiuso, come al
solito.
Piovigginava e
l’aria era piuttosto fresca.
- Mi spiace, ma non
abbocco più – disse a voce alta, battendo i pugni sul volante.
Scese dall’Appia e
andò vicino all’ostacolo.
Come al solito non
c’era anima viva su quel tratto di strada provinciale in aperta
campagna. Guardò verso la dimessa costruzione. Non si vedeva ancora
apparire il casellante. Quello avrebbe aspettato i soliti minuti,
prima di lasciare libero il transito.
Allora Leoluca fece
scorrere le due barriere, si infilò in macchina e ingranò la prima.
Quando fu sui
binari, accadde in un attimo.
Un fischio
lacerante, un rumorosissimo sferragliare…
Poi… più nulla.
Bel racconto. Scritto magistralmente e semplicemente... terrificante.
RispondiEliminaLa prova che a volte l'orrore si nasconde nella quotidianità.
RispondiEliminaMatteo Bigarella
Mi sarei aspettata un assalto di ladri d'accordo con il casellante....oppure un'esecuzione mafiosa.
RispondiEliminaMetti proprio in evidenza il pregiudizio che é dentro di noi, che ci fa distorcere la realtà, e ci fa perdenti nelle relazioni e anche nella vita.
Molto efficace!
Annarita
Grazie per i vostri commenti!
RispondiEliminaGiuseppe Novellino
L'idea di base è piuttosto interessante e contiene enormi margini di sviluppo; non hai pensato di tirarne fuori un romanzo?
RispondiEliminaSauro Nieddu
Caro Sauro, non ci ho pensato. Questo, come altri racconti (non parlo solo dei miei), si presta ad essere sviluppato. Molti scrittori famosi hanno fatto una cosa simile. Nel mio piccolo potrei pensarci. Ti faccio notare che si presta anche come soggetto per un corto.
RispondiEliminaGrazie per il tuo giudizio... e per il suggerimento.
Giuseppe Novellino