
(Dopo
“L’ultima dei Rokes” e “Scarica elettrica”, pubblichiamo,
dell’amico Giuseppe, un altro racconto dedicato al mitico complesso
musicale I Rokes che, quantunque inglese, fu attivo e noto
soprattutto in Italia negli anni Sessanta del secolo scorso.
Il
racconto – per usare le stesse parole dell'autore – è “il
terzo di una trilogia fantastica sui Rokes”. E chi altri poteva
scriverla, se non uno dei più viscerali, sinceri, accaniti
ammiratori dei quattro musicisti inglesi?)
Quante
sono le fotografie dei Rokes?
Quelle
pubbliche non si possono contare. Se poi aggiungiamo le istantanee
realizzate privatamente, allora entriamo in un universo di immagini
che sfuggono a ogni possibile calcolo.
The
Rokes era un complesso beat di origine inglese, affermatosi in
Italia. Dico questo per i giovani di oggi, che nel 1970, quando il
gruppo si sciolse, non solo non erano ancora nati, ma probabilmente
non potevano essere vagheggiati dai loro stessi genitori.
Torniamo
alle foto.
Ce
ne sono di svariati tipi, che ritraggono i quattro musicisti in tutte
le situazioni e in tutte le fogge: mentre suonano con le loro
originali chitarre a freccia, mentre camminano per strada, ma anche
quando fanno il bagno al mare, oppure accanto a una Rolls Royce (la
loro). Prevalgono quelle ironiche e spiritose, ovviamente. Erano
ragazzi beat, un po’ irriverenti, scanzonati e pieni di vitalità.
Come tanti loro coetanei, famosi o anonimi.
Me
ne è capitata tra le mani una particolare.
L’ho
inviata, via e-mail, a Shel Shapiro, il mitico leader del complesso,
e aspetto una risposta. Sì, perché intendo divulgarla solo dopo la
sua autorizzazione. Mi sembra giusto, no?
Di
che cosa si tratta?
Andiamo
con ordine.
Devo
dire che non sono un collezionista di fotografie. Sono semplicemente
un vecchio fan dei Rokes, e per questo, probabilmente, sono venuto in
possesso del ritratto.
Come?
Per
posta.
- C’è
una lettera per te – disse Aurelia, mia moglie.
Presi
in mano la busta. – Viene dall’America… Stati Uniti.
-
Embè? – fece lei.
- Chi
mi può spedire una lettera dall’America?
- Se
non la apri, non lo saprai mai – disse mia moglie, venendomi
vicino.
Nella
busta c’era solo una vecchia foto, nient’altro.
Per
un bel momento rimasi come stordito, il cartoncino in una mano.
- Ma
quelli… li conosco – disse Aurelia. – Non sono… come si
chiamavamo? I Rokes, no?
Erano
i Rokes, effettivamente: Shel, Johnny, Bobby e Mike. Ma ciò che
vedevo era incredibile, assolutamente da non credere.
Girai
la foto e sul retro, ingiallito e macchiato di quello che doveva
essere caffè, c’erano le seguenti parole, in inglese:
“Realizzata
da Herbie Webster a Roma il 28 settembre 1965. I Rokes si sono
simpaticamente messi in posa per accontentare me, ma soprattutto
Emma, la mia ragazza.” Sotto, in italiano, con un tratto più
fresco (evidentemente recente) spiccava il breve messaggio: “Voglio
liberarmi di questa foto, che mi ha ossessionato e turbato per anni;
ma una voce interiore mi dice che non devo distruggerla.Tramite
Facebook, ho saputo che lei è un ammiratore di quella band inglese.
Così ho pensato che fosse il più adatto a venirne in possesso. Ho
recuperato il suo indirizzo e gliela ho spedita. Lascio a lei
giudicare. Ogni commento è inutile. Charleston -West Virginia,
Mercoledì 31 ottobre 2012”
Adesso
vorrete proprio sapere che cosa c’è nella foto.
Mi
sembra giusto.
Intanto
è in bianco e nero, leggermente ingiallita e sciupata ai margini. Si
tratta proprio di un’istantanea scattata tanti anni fa.
Ritrae
i Rokes accanto alla vetrina di un caffè-pasticceria. Sono vestiti
con abiti di mezza stagione, moderatamente estrosi, secondo la moda
beat dell’epoca. Ma quello che più colpisce è il loro aspetto
fisico.
Johnny
porta gli occhiali, è stempiato con pochi capelli grigi; Mike è
quasi calvo; Bobby, con la bella pancia, è a mezza strada tra un
santone bonario un nonno affettuoso; Shel, infine, presenta un viso
molto rugoso e una bella chioma di capelli bianchi, tenuti con una
coda.
Vedere
per credere!
Adesso
aspetto una risposta di Shel. A quest’ora avrà già visto la foto.
Chissà
cosa ne pensa?
Ciao, Giuseppe, chissà che stavolta Shel non si faccia vivo per davvero. Non credo abbia, in nessun luogo, un grande ammiratore come te.
RispondiEliminaSimpatico racconto, il tuo.
Spinto dalla curiosità, mi sono dilettato a fare una piccola ricerca sui Rokes, citati in alcuni bei racconti di Giuseppe. Gruppo interessante.
RispondiEliminaIn quanto al nuovo racconto, storia originale. Mi è piaciuto leggerla.
Antonio Ognibene