…ed
alla fine, in quella forma che aveva traversato e sofferto tutti i cicli
astrali, riconobbe se stesso.
FINE.
Rialzò la testa, sospirò di
sollievo: era contento di aver finito quel romanzo…in quelle pagine aveva
riversato tutto se stesso, la sua vita, i suoi pensieri, le sue emozioni.
Incrociò le mani dietro la nuca
rialzando le spalle… era soddisfatto… sentì una strana spossatezza, quasi
avesse temuto di non finire il libro, ma ora era tutto passato. Ed era
importante averlo fatto! Si sentì felice come di fronte a un’opera d’arte…
Che strano dare tanta importanza a
uno strumento del passato…! Già, ora di libri se ne vedevano ben pochi, ma gli
piaceva l’idea di essere diverso e di aver scritto, come una volta si usava,
una storia… di fantascienza, per giunta. Magari oggi di fantascienza ne restava
poca, da quando avevano inventato i globi a propulsione gravitazionale e tutti
i viaggi erano diventati più facili, tutte le avventure possibili… ma lo
scritto era interamente suo, e questo gli bastava.
Ripassò con la mente le pagine che
gli sembravano migliori, carezzò con leggerezza la punteggiatura, le pause,
persino i margini bianchi: e chissà perché ritoccava con insistenza la sua
avventura nel terzo pianeta di quel sistema marginale della galassia… un viaggio
di archeologia planetaria, si disse, in quel luogo che le leggende raccontavano
come l’origine di ogni cosa.
Difficile credere che
quell’ammasso cupo di deserti e CO2 un tempo avesse contenuto vita e
intelligenza, e che da lì fosse avvenuto il Grande Esodo… eppure le storie
raccontavano che lì c’erano stati colori e stagioni, e uomini dalla diversa
pelle e con lingue diverse e qualcuno si avventurava a parlare persino di
musica e poesia… storie, fantasie che si liberano ancora nelle lunghe notti
astrali o sogni che si coltivano durante le ibernazioni... come quello che da
tempo occupava le sue notti, quel volto di donna dallo sguardo cupo che
sembrava rovistargli l’anima senza lasciargli neppure l’amarezza di un sorriso
mancato…
Un sogno, solo un sogno… o forse
un incubo perfetto…! pensò.
E ricordò, di sfuggita e con
una strana meraviglia, la leggenda del sogno di un uomo, che aveva sognato di
Solaris, un pianeta misterioso che rendeva vivi i propri pensieri e i fantasmi
interiori… bel sogno, bella storia… e si chiese, con una citazione, who
knows where Solaris revolves silent ?
Ma era tempo di prepararsi: la sua
meta, il nono pianeta di Rigel A, si avvicinava e doveva pensare alla discesa.
Tutto andava alla perfezione, il computer di navigazione lo aveva rassicurato,
fra poco si sarebbe posato in quel mondo bluastro e strano da cui sperava di
attingere nuove conoscenze o più semplicemente nuove sensazioni. Già, nuove
sensazioni…perché il difficile era vincere la noia in questo tempo dove tutti
potevano tutto o quasi, dove non esisteva altra regola che il proprio
ciclo vitale da penetrare a fondo…
Forse per questo, si disse con una
sarcastica saggezza che trovò subito ridicola, era diventato difficile l’amore,
o l’amicizia, o la semplice conversazione fra conoscenti: sembrava che tutti
fossero il centro di qualcosa, anche se tutti poi andavano spersi alla ricerca
del cosa…ma erano riflessioni inutili e le scacciò con fastidio. Doveva
prepararsi.
Mentre si sistemava nella gabbia
pressurizzata e quella gigante blu rischiarava di strani riflessi d’alba il suo
casco, canticchiò nella mente who knows where Solaris revolves silent?
Fu allora che improvvisamente capì
o forse ricordò…
…ricordò che non si era salvato
dal nono pianeta di Rigel, ricordò che era morto, che non aveva mai abbracciato
quello sguardo, che non aveva mai finito il suo libro…
Altro bel racconto di fantascienza… Una fantascienza scritta gradevolmente e molto significativa.
RispondiEliminaOriginale l'idea che su lontani pianeti, in un tempo lontanissimo, si scriva e si legga fantascienza. Ma poi tutto, alla fine si spiega, con una bella sorpresa
RispondiEliminaGiuseppe Novellino
Carina l'idea della fantascienza nel futuro. E bel finale a sorpresa. Solo... per i miei gusti... forse... un po' troppi... capite, vero...
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