
La strada
da Napoli a Massa Lubrense è generosa di panorami che vorrei
immortalare con la mia Nikon. Scie bianche di barche e traghetti
spezzano il blu del mare. Riesco a vedere, tra una curva e l’altra,
Ischia, laggiù, accanto alla piccola Procida.
Mi fermerei
volentieri accanto a uno dei numerosi terrazzi che si affacciano
sulla scogliera per godere dei profumi e dei colori di questa parte
di costa, ma sono atteso dal conte e non voglio farlo aspettare.
Attraverso
Sorrento, piena di vita in questa torrida estate, e mi avvio alla
meta, non molto lontana da qui.
Dopo una
serie di curve che si snodano verso la cima della collina, arrivo a
Massa, accolto da festosi striscioni annuncianti le prossime sagre in
programma.
Svolto a
sinistra e la strada scende rapidamente verso la parte bassa del
paese. So che si allunga fino al piccolo porto tre o quattro
chilometri più in basso.
Seguo
attentamente le precise istruzioni dettatemi dal conte in persona e
infine arrivo, dopo aver percorso metà della via per il mare.
Un basso
cancello delimita la villa, cui
si può accedere per una
stretta scala o attraverso l’ampio garage, nascosto da due serrande
elettriche.
Non ho
bisogno di avvisare del mio arrivo: appena accosto a destra, una
delle due serrande comincia a salire permettendomi di accedere al
grande garage.
Entro con
cautela per lo stretto passaggio e posteggio l’auto accanto a una
vecchia barca e a una più moderna Mazda RX8.
Mentre la
serranda ripercorre lentamente la sua breve corsa, chiudendo fuori il
caldo e il sole di agosto, vedo fermarsi al piano l’ascensore di
vetro che mi porterà al terrazzo di sopra.
Constantin,
il maggiordomo, mi accoglie con un leggero sorriso.
«Benvenuto
dottore» mi dice con un lievissimo inchino. «Il conte l’aspetta
nel salone».
Conobbi il
conte Giordano un anno e mezzo fa, complice una comune amica che mi
aveva invitato alla festa di laurea del figlio più piccolo.
Con lui
ebbi una simpatica conversazione, sui segreti del celebre limoncello
che popola tante vetrine di questo angolo d’Italia.
Ero
incuriosito dal suo titolo nobiliare, portato con leggerezza ma che
emanava da ogni fibra del suo essere.
Alto poco
più di un metro e ottanta, lo ricordo fisicamente imponente, con una
leggera pancetta, e audace con i suoi lunghi capelli brizzolati
raccolti in una coda da un fiocco nero. La barba ben visibile ma non
lunga, ne aumentava, se possibile, il suo fascino.
Quando gli
avevo confidato che per passione ero un cacciatore di fantasmi, mi
aveva raccontato una storia intrigante, legata alla sua «dimora
estiva», nella quale a fare da protagonisti erano strani
accadimenti: rumori, oggetti spariti e apparsi nuovamente qualche
giorno dopo in luoghi diversi, zone d’ombra e di freddo improvviso.
I paesani narravano di amori, tradimenti e omicidi consumati nella
ottocentesca villa e di anime che la popolavano, inconsolabili e
dispettose.
Mi
confessai curioso e lui, gentilmente, mi invitò, anche se tenne a
precisare che non era mai stato testimone di simili fenomeni.
Soggiunse: «Ciò che si dice in giro deve sempre essere ascoltato
con spirito critico e mai accolto a braccia aperte».
E ora, a
distanza di quindici mesi, ho deciso di fare onore al suo invito.
Il breve
tragitto dell’ascensore termina sul terrazzo sovrastante il costone
della collina rocciosa che si tuffa in mare, qualche centinaio di
metri più in basso.
Da qui
Ischia sembra più vicina, anche se appare leggermente indistinta
nella foschia che sale dal mare per effetto del calore del sole.
Attraversiamo
il terrazzo e percorriamo lo stretto corridoio accanto al grande
agrumeto colmo di alberi di limoni. Alcuni frutti fanno bella mostra
di sé, gialli, pesantemente appesi agli esili rami. Ma quelli che
daranno profumo e sapore al limoncello, sono appena apparsi, piccoli
e verdi. Il conte mi ha spiegato che sarà il raccolto di novembre a
produrre il caratteristico liquore.
Ci accoglie
Zeus, uno splendido pastore Maremmano, affettuoso e festaiolo, credo
assolutamente incapace di far da guardia alla casa.
Entriamo
all’interno della villa da una porta che conduce direttamente alla
grande cucina. È una porta di servizio, mi spiega Constantin,
l’unica utilizzabile senza pesanti lavori di ristrutturazione.
L’enorme
sala è sontuosa, impreziosita da antichi ritratti e numerosi oggetti
preziosi custoditi in pesanti credenze antiche.
Il conte mi
saluta calorosamente e per il resto della giornata mi intrattiene con
piacevoli conversazioni spaziando dalla situazione politica ai
gustosi cibi tipici campani.
La serata
si conclude piacevolmente con il celebre liquore prodotto con i
limoni del suo giardino.
Gli chiedo,
incapace di dominare la mia curiosità, se altri avvenimenti hanno
scosso la sua tranquillità, ma lui scrolla le spalle e, con un
sorriso malizioso, mi invita a non credere a tutte le storie che si
raccontano.
Un po'
deluso, mi preparo per la notte, nella stanza degli ospiti.
Affacciandomi
alla finestra, scopro che posso vedere gran parte dell’agrumeto e
la cuccia di Zeus proprio sotto i miei occhi.
Dopo
qualche minuto il sonno ottenebra i sensi, nonostante la calura.
Mi sveglia
un continuo abbaiare che proviene dalla finestra aperta.
Guardo
l’ora. Le tre del mattino, l’ora delle streghe e dei fantasmi.
Mi alzo e
vedo Zeus che insiste nel suo abbaiare. Non sembra spaventato o
innervosito, perché non ringhia e nemmeno arretra. Fissa come
divertito (ma forse è una mia personale interpretazione) un punto
imprecisato dell’agrumeto di fronte a me.
Socchiudo
gli occhi, cercando di intravedere la fonte del suo abbaiamento, ma
non scorgo nulla.
Dopo
qualche istante trotterella verso quel punto che osservava
attentamente e, continuando ad abbaiare e scodinzolare, comincia a
saltare e a girare in tondo.
È come se
qualcuno lo istigasse a prendere un oggetto che gli fa penzolare
davanti al muso. Salta e gira in tondo, ritornando alla carica nel
tentativo di afferrare qualche invisibile pallina.
Sembra
quasi una danza. Una danza di fantasmi, dico a me stesso.
Il gioco
continua per oltre mezzora e poi, così come è cominciato, finisce
improvvisamente, lasciando Zeus immobile nel mezzo del giardino.
Ancora
qualche minuto e lui torna a sdraiarsi nella sua cuccia, a me sembra,
con mestizia.
Quando la
mattina riferisco al conte quel che è successo nella notte, lui si
limita a sorridere.
«Mi deve
scusare, ma ho il sonno molto pesante» mi dice, aggiungendo che
forse il cane inseguiva qualche falena.
Lo guardo
dubbioso e lui, continuando a sorridere, mi dice: «Non voglio dare
alcun credito a queste leggende. Sono storie di paese, divulgate ad
arte da chi vuole abbassare la quotazione degli immobili.»
Non otterrò
altro, lo so.
La mia
visita si conclude nel tardo pomeriggio. Prendo congedo dal conte e,
passando accanto a una rivendita di liquori a Massa Lubrense, vedo un
manifesto che pubblicizza un limoncello chiamato «Lacrime d’agosto».
Senza nemmeno chiedermi perché, entro e ne acquisto una bottiglia.
Rispondendo
alla mia domanda sull’origine del curioso nome del liquore, la
vecchina dietro il banco mi spiega che la leggenda narra di una
storia tragica accaduta un secolo e mezzo fa in una grande villa lì
vicino.
Il due
agosto del 1863 il nobile proprietario della villa organizzò una
festa nel suo giardino. Vi furono canti e balli fino a notte
inoltrata. Il mattino successivo gli abitanti della casa vennero
trovati uccisi. Nel centro dell’agrumeto c’era un grande albero
di limoni che era maturato improvvisamente in una sola notte. Dissero
che la sofferenza di quell’albero, costretto ad essere muto
testimone di quegli avvenimenti, si era trasformata in frutti maturi.
Fecero un liquore delizioso con quei limoni, che decisero di chiamare
«Lacrime d’agosto».
Ringrazio
la vecchina per il racconto e mi avvio verso la strada del ritorno.
Penserei a
un’altra leggenda creata per vendere liquore se oggi non fosse il
tre di agosto.
Racconto suggestivo, d'atmosfera... da leggersi sotto un pergolato, sorseggiando un bicchierino di limoncello. Bella storia di fantasmi, raccontata con brio.
RispondiEliminaGiuseppe Novellino
Seducente. Mi ha tenuto incollato al video ininterrottamente, sino alla fine.
RispondiEliminaAntonio Ognibene