sabato 19 ottobre 2013

RISVEGLIO di Giuseppe Novellino



 Si era svegliato con l’odore di cavolo liofilizzato. All’apertura della scatola non si sentiva nulla. Solo quando la poltiglia giungeva a una certa temperatura, rilasciava quel sentore tra il dolciastro e il sintetico. Tutta la stanza doveva esserne impregnata, ma avrebbe dovuto uscire e subito rientrare, per rendersene conto. Per il momento il problema riguardava solo le sue narici.
Ancora nel letto, fece una panoramica su quella manciata di metri cubici che era tutta la sua dimora; si tirò su seduto e si stiracchiò con un certo piacere. Aveva dormito bene e aveva fatto anche dei sogni. Se li ricordava; quindi l’attività onirica doveva essere stata di una certa intensità. Complice, certamente, il cavolo liofilizzato della sera precedente.
La spia della consolle, in un angolo del locale, lampeggiava: stavano arrivando dei messaggi di routine. Bene, li avrebbe letti nel corso della mattinata.
Mise i piedi giù dal letto solo dopo essersi soffermato sull’arredamento, termine un po’ esagerato per definire quell’insieme di oggetti essenziali alla sua vita domestica: oltre alla branda, una seggiola girevole, un vecchio inginocchiatoio di legno, un fornello a induzione per riscaldare i pasti precotti, liofilizzati o surgelati, e un lavandino tutto incrostato di ruggine e calcare. Il resto era rappresentato dagli strumenti elettronici di comunicazione, indispensabili per il suo ministero.
Si avvicinò al distributore di acqua, inserì una monetina da due eurofigure per prenotare il prezioso liquido che gli sarebbe servito per tutta la giornata. Poi si lavò la faccia, riavviò i lunghi capelli ingrigiti e si inginocchiò per pregare.
– Signore – pronunciò, – tu che hai fatto i cieli e i mondi, tu che percorri con il tuo spirito gli spazi siderali e l’universo tutto, ascolta l’umile preghiera del tuo servo inutile, assistilo nel suo cammino. Fa in modo che noi tuoi figli riconosciamo la grandezza del tuo amore, rendici degni della tua grazia. Aiutaci a considerarla non un bene che ci spetti di diritto, ma un dono della tua infinita bontà. Amen.
Recitò quindi le Lodi del giorno.
Subito dopo uscì nel pianerottolo per vedere se c’era qualcosa nella cassetta delle esternazioni condominiali, situata a fianco della porta d’ingresso. Era un banale controllo quotidiano che lui faceva con puntualità. Voleva essere sicuro di non trovare qualche esternazione, qualche minaccia o semplice sberleffo nei suoi confronti.
Come al solito non trovò nulla che fosse degno di nota. Il che significava che non era mal visto o che passava del tutto inosservato. Nel contenitore di plastica c’erano solo una strisciolina di nastro colorato, una monetina da un centesimo fuori corso e un pupazzetto di gomma. Esaminò quest’ultimo: era un personaggio della collezione Ifix-Pioniers, per ragazzi. Presentava una capigliatura lunga e grigia, molto somigliante alla sua. Quello forse poteva essere un messaggio, ma abbastanza innocuo e comunque poco chiaro, lasciato da qualche monello, di quelli che nelle ore pomeridiane e serali andavano su e giù per le scale dell’immenso caseggiato, giocando a rincorrersi e a esplorare rampe e anditi poco frequentati.
Quindi niente esternazioni liberatorie nei suoi confronti. L’ipocrisia di quella società non lo chiamava direttamente in causa. In un mondo così degradato e diviso in classi, era proibito usare termini troppo forti, espressioni volgari. Questo contrasto lo lasciava molto perplesso, prima ancora che indignato. Nella comunicazione era stato imposto quello che una volta (suo padre se lo ricordava) veniva chiamato politically correct. Non che la gente si astenesse dal dire parolacce, ma cercava di non cadere in errore fuori dall’intimità domestica e dal piccolo gruppo sociale di appartenenza. Le cassette delle esternazioni condominiali era un rozzo espediente, consentito dalla legge, per dare sfogo alla volgarità repressa.
Dedicò una fuggevole occhiata alla desolazione del pianerottolo, situato al diciassettesimo piano. Era praticamente ingombro di cartacce unte e di lattine. Notò perfino un assorbente femminile sporco di sangue. Sui muri campeggiavano scritte per lo più oscene, fatte con le bombolette. La maniglia dell’ascensore era immancabilmente rotta.
Gettò il pupazzetto in un cestino stracolmo di rifiuti e rientrò nel suo alloggio. Sì, l’odore di cavolo liofilizzato ristagnava nel locale poco illuminato.
Guardò l’orologio. Era quasi l’ora della Santa Messa. Si sedette alla consolle e programmò il rito che sarebbe stato trasmesso nella rete. Come omelia scelse la 47/B, perfettamente adattabile al Vangelo del giorno (Luca 9, 49-50). Fece copia-incolla, inserì il tutto e poi si mise in uno stato di raccoglimento. La sua immagine olografica, rivestita dei paramenti feriali, sarebbe stata ricevuta da altre persone, non solo sulla Terra, ma anche sulla Luna e sulle tre stazioni spaziali nell’orbita del pianeta.
Egli diede voce al suo etereo simulacro. – Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Era abituato a vedersi in quel modo nel monitor di controllo, i lineamenti del volto un po’ diversi da come si presentavano nella realtà.  La sua concentrazione divenne completa e gli consentì di celebrare al meglio la santa liturgia. Tutti lo vedevano circonfuso della dovuta sacralità, mentre in effetti se ne stava in ciabatte infradito, t-shirt e calzoncini corti davanti a una consolle.
Al momento della consacrazione, prese l’ostia e il calice, li alzò pronunciando le parole del rito. E qui non poté, ancora una volta, non considerare la differenza tra la sua situazione del momento e l’immagine che doveva arrivare a tante persone. Appariva letteralmente trasfigurato, con un volto che non era propriamente il suo ma che tutti ormai riconoscevano. Ecco, si stagliava sull’altare neobarocco in basalto lunare, tra fumi d’incenso e i bagliori policromi dei faretti alogeni.
Ma una nota di insoddisfazione si insinuò nel suo animo quando, più tardi, ebbe riascoltato la registrazione dell’omelia. Quel breve brano del Vangelo era di grande attualità: “ – Maestro, abbiamo visto un tale che scacciava demoni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non è con noi tra i tuoi seguaci. Ma Gesù rispose: - Non glielo impedite, perché non è contro di voi, è per voi.” Insomma era stata troppo affrettata la sua decisione di adattarvi un’omelia predefinita. Va bene che si trattava di una messa feriale, ma in quel brano biblico riecheggiava un dibattito molto acceso fra i teologi del momento, dopo che qualcuno aveva cominciato a predicare che dallo spazio esterno veniva una nuova energia spirituale. Sarebbe stato giusto inserire a caldo un suo pensiero in proposito.
Arrivarono le prime comunicazioni riguardanti la Messa.
Apparve l’immagine olografica di Padre Mc Allister di Bristol - Connecticut.
– Buongiorno, Santità.
– Buongiorno a lei, reverendo. Che mi dice a proposito della lista per l’udienza di domani, mercoledì 14 maggio 2089?
– Ecco, Santità…
Una luce verde si accese e su un monitor cominciarono a scorrere i nomi dei notabili che sarebbero stati ammessi alla sua presenza virtuale.
Francesco IV esalò un sospiro e si abbandonò contro lo schienale della sedia.
    
    

4 commenti:

  1. Quando un dramma apocalittico coinvolge anche la Chiesa e i suoi rappresentanti! Racconto avvincente con un finale a sorpresa. Chi mai, davvero, l’avrebbe immaginato? Molto bello.

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  2. Un'idea molto originale e poi l'ottima struttura con cui è stato scritto.
    Complimenti al validissimo Giuseppe.

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  3. Complimenti! Nell'affresco di una semplice scenetta, si intravvede sullo sfondo un mondo diverso da quello che conosciamo, che poche pennellate di colore già riesce a prendere forma e a lasciarsi immaginare nei particolari. Davvero una bella capacità di sintesi.

    Sauro Nieddu

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    1. Scusate:
      "... che con poche pennellate..."

      Sauro

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