Si era
svegliato con l’odore di cavolo liofilizzato. All’apertura della scatola non si
sentiva nulla. Solo quando la poltiglia giungeva a una certa temperatura,
rilasciava quel sentore tra il dolciastro e il sintetico. Tutta la stanza
doveva esserne impregnata, ma avrebbe dovuto uscire e subito rientrare, per
rendersene conto. Per il momento il problema riguardava solo le sue narici.
Ancora nel letto, fece una panoramica su quella
manciata di metri cubici che era tutta la sua dimora; si tirò su seduto e si
stiracchiò con un certo piacere. Aveva dormito bene e aveva fatto anche dei
sogni. Se li ricordava; quindi l’attività onirica doveva essere stata di una
certa intensità. Complice, certamente, il cavolo liofilizzato della sera
precedente.
La spia della consolle, in un angolo del locale,
lampeggiava: stavano arrivando dei messaggi di routine. Bene, li avrebbe letti
nel corso della mattinata.
Mise i piedi giù dal letto solo dopo essersi
soffermato sull’arredamento, termine un po’ esagerato per definire
quell’insieme di oggetti essenziali alla sua vita domestica: oltre alla branda,
una seggiola girevole, un vecchio inginocchiatoio di legno, un fornello a
induzione per riscaldare i pasti precotti, liofilizzati o surgelati, e un lavandino
tutto incrostato di ruggine e calcare. Il resto era rappresentato dagli
strumenti elettronici di comunicazione, indispensabili per il suo ministero.
Si avvicinò al distributore di acqua, inserì una
monetina da due eurofigure per prenotare il prezioso liquido che gli sarebbe
servito per tutta la giornata. Poi si lavò la faccia, riavviò i lunghi capelli
ingrigiti e si inginocchiò per pregare.
– Signore – pronunciò, – tu che hai fatto i cieli e
i mondi, tu che percorri con il tuo spirito gli spazi siderali e l’universo
tutto, ascolta l’umile preghiera del tuo servo inutile, assistilo nel suo
cammino. Fa in modo che noi tuoi figli riconosciamo la grandezza del tuo amore,
rendici degni della tua grazia. Aiutaci a considerarla non un bene che ci
spetti di diritto, ma un dono della tua infinita bontà. Amen.
Recitò quindi le Lodi del giorno.
Subito dopo uscì nel pianerottolo per vedere se
c’era qualcosa nella cassetta delle esternazioni condominiali, situata a fianco
della porta d’ingresso. Era un banale controllo quotidiano che lui faceva con
puntualità. Voleva essere sicuro di non trovare qualche esternazione, qualche
minaccia o semplice sberleffo nei suoi confronti.
Come al solito non trovò nulla che fosse degno di
nota. Il che significava che non era mal visto o che passava del tutto
inosservato. Nel contenitore di plastica c’erano solo una strisciolina di
nastro colorato, una monetina da un centesimo fuori corso e un pupazzetto di
gomma. Esaminò quest’ultimo: era un personaggio della collezione Ifix-Pioniers,
per ragazzi. Presentava una capigliatura lunga e grigia, molto somigliante alla
sua. Quello forse poteva essere un messaggio, ma abbastanza innocuo e comunque
poco chiaro, lasciato da qualche monello, di quelli che nelle ore pomeridiane e
serali andavano su e giù per le scale dell’immenso caseggiato, giocando a
rincorrersi e a esplorare rampe e anditi poco frequentati.
Quindi niente esternazioni liberatorie nei suoi
confronti. L’ipocrisia di quella società non lo chiamava direttamente in causa.
In un mondo così degradato e diviso in classi, era proibito usare termini
troppo forti, espressioni volgari. Questo contrasto lo lasciava molto
perplesso, prima ancora che indignato. Nella comunicazione era stato imposto
quello che una volta (suo padre se lo ricordava) veniva chiamato politically
correct. Non che la gente si astenesse dal dire parolacce, ma cercava di
non cadere in errore fuori dall’intimità domestica e dal piccolo gruppo sociale
di appartenenza. Le cassette delle esternazioni condominiali era un rozzo
espediente, consentito dalla legge, per dare sfogo alla volgarità repressa.
Dedicò una fuggevole occhiata alla desolazione del
pianerottolo, situato al diciassettesimo piano. Era praticamente ingombro di
cartacce unte e di lattine. Notò perfino un assorbente femminile sporco di
sangue. Sui muri campeggiavano scritte per lo più oscene, fatte con le
bombolette. La maniglia dell’ascensore era immancabilmente rotta.
Gettò il pupazzetto in un cestino stracolmo di
rifiuti e rientrò nel suo alloggio. Sì, l’odore di cavolo liofilizzato
ristagnava nel locale poco illuminato.
Guardò l’orologio. Era quasi l’ora della Santa
Messa. Si sedette alla consolle e programmò il rito che sarebbe stato trasmesso
nella rete. Come omelia scelse la 47/B, perfettamente adattabile al Vangelo del
giorno (Luca 9, 49-50). Fece copia-incolla, inserì il tutto e poi si mise in
uno stato di raccoglimento. La sua immagine olografica, rivestita dei paramenti
feriali, sarebbe stata ricevuta da altre persone, non solo sulla Terra, ma anche
sulla Luna e sulle tre stazioni spaziali nell’orbita del pianeta.
Egli diede voce al suo etereo simulacro. – Nel nome
del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Era abituato a vedersi in quel modo nel monitor di
controllo, i lineamenti del volto un po’ diversi da come si presentavano nella
realtà. La sua concentrazione divenne
completa e gli consentì di celebrare al meglio la santa liturgia. Tutti lo
vedevano circonfuso della dovuta sacralità, mentre in effetti se ne stava in
ciabatte infradito, t-shirt e calzoncini corti davanti a una consolle.
Al momento della consacrazione, prese l’ostia e il
calice, li alzò pronunciando le parole del rito. E qui non poté, ancora una
volta, non considerare la differenza tra la sua situazione del momento e
l’immagine che doveva arrivare a tante persone. Appariva letteralmente
trasfigurato, con un volto che non era propriamente il suo ma che tutti ormai
riconoscevano. Ecco, si stagliava sull’altare neobarocco in basalto lunare, tra
fumi d’incenso e i bagliori policromi dei faretti alogeni.
Ma una nota di insoddisfazione si insinuò nel suo
animo quando, più tardi, ebbe riascoltato la registrazione dell’omelia. Quel
breve brano del Vangelo era di grande attualità: “ – Maestro, abbiamo visto un
tale che scacciava demoni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non è
con noi tra i tuoi seguaci. Ma Gesù rispose: - Non glielo impedite, perché non
è contro di voi, è per voi.” Insomma era stata troppo affrettata la sua
decisione di adattarvi un’omelia predefinita. Va bene che si trattava di una
messa feriale, ma in quel brano biblico riecheggiava un dibattito molto acceso
fra i teologi del momento, dopo che qualcuno aveva cominciato a predicare che
dallo spazio esterno veniva una nuova energia spirituale. Sarebbe stato giusto
inserire a caldo un suo pensiero in proposito.
Arrivarono le prime comunicazioni riguardanti la
Messa.
Apparve l’immagine olografica di Padre Mc Allister
di Bristol - Connecticut.
– Buongiorno, Santità.
– Buongiorno a lei, reverendo. Che mi dice a proposito
della lista per l’udienza di domani, mercoledì 14 maggio 2089?
– Ecco, Santità…
Una luce verde si accese e su un monitor
cominciarono a scorrere i nomi dei notabili che sarebbero stati ammessi alla
sua presenza virtuale.
Francesco IV esalò un sospiro e si abbandonò contro
lo schienale della sedia.
Quando un dramma apocalittico coinvolge anche la Chiesa e i suoi rappresentanti! Racconto avvincente con un finale a sorpresa. Chi mai, davvero, l’avrebbe immaginato? Molto bello.
RispondiEliminaUn'idea molto originale e poi l'ottima struttura con cui è stato scritto.
RispondiEliminaComplimenti al validissimo Giuseppe.
Complimenti! Nell'affresco di una semplice scenetta, si intravvede sullo sfondo un mondo diverso da quello che conosciamo, che poche pennellate di colore già riesce a prendere forma e a lasciarsi immaginare nei particolari. Davvero una bella capacità di sintesi.
RispondiEliminaSauro Nieddu
Scusate:
Elimina"... che con poche pennellate..."
Sauro