Io non so se faccio bene a raccontare questa storia.
La persona, il caro amico che me l'ha rivelata in strettissima confidenza, mi
ha raccomandato il segreto, ma io non sono persuaso che tenerla nascosta sia la
cosa migliore, anche perché è qualcosa che potrebbe permetterci di gettare una
nuova luce sul modo in cui consideriamo “la vita, l'universo e tutto quanto”,
per dirla con il compianto Douglas Adams.
Poiché non sono ancora riuscito a dissipare i dubbi
che opprimono il mio animo, ho deciso di ricorrere a un compromesso: racconterò
questa storia, si, ma sotto forma di racconto fantastico, e chiunque sarà
liberissimo di non crederla, anzi sono più che certo che la stragrande
maggioranza la riterrà una pura invenzione speculativa.
La persona di cui vi voglio raccontare la storia,
oltre ad essere un mio caro amico da moltissimi anni, è un personaggio
piuttosto noto fra gli appassionati di fantascienza, anche se non al grosso
pubblico: Donato Altamura nativo di Moffetta in provincia di Bari.
Parecchi anni fa, Donato stava per convolare a giuste
nozze con la sua prima moglie, Annamaria Altamura detta Mariella, quando
facendo le pratiche per il matrimonio, saltò fuori un impedimento. I due non
avevano solo lo stesso cognome, ma condividevano anche un qualche grado di
parentela, erano cugini di terzo o quarto grado.
Per la legge civile, la cosa non costituiva un
problema, ma al riguardo la Chiesa è notevolmente più rigida, e poiché i due
intendevano sposarsi con rito religioso, occorreva la dispensa della
curia.
Donato presentò per tempo la prescritta richiesta ma,
a quanto pareva, la curia non aveva nessuna fretta di rispondere, e così lui fu
costretto a posticipare la data del matrimonio. Figuratevi la situazione: voi
sapete che nel nostro meridione c'è l'usanza che i matrimoni siano piuttosto
sfarzosi e impegnativi: era stato prenotato un ristorante di lusso per il
pranzo di nozze, erano stati spediti centinaia di inviti ad amici e parenti
vari sparsi un po' dappertutto, e ora occorreva far slittare la cosa.
Quando, sempre in attesa della dispensa della curia,
cominciava a profilarsi un secondo rinvio, Donato non ne poté più, e dovendo
recarsi a Bari per lavoro, decise di andare alla curia e cercare di parlare
direttamente col vescovo.
Chi conosce Donato sa che è un tipo fisicamente di una
certa imponenza e caratterialmente irruento. Una volta arrivato in curia, si
trovò davanti un segretario, un pretino minuto e azzimato che tentò inutilmente
di rabbonirlo.
“Niente da fare”, disse il mio amico, “Finché non mi
date in mano la dispensa o non parlo di persona con il vescovo, io da qui non
mi muovo”.
“Va bene”, sospirò il segretario, “vedrò cosa posso
fare”.
Si fece seguire da Donato attraverso una serie di
uffici, stanze, corridoi, in alcuni dei quali il mio amico notò impalcature e
ponteggi.
“Dovete avere pazienza”, disse il pretino, “stiamo
facendo alcuni lavori di ristrutturazione”.
Alla fine, il segretario aveva portato Donato in una
stanza arredata con una certa pretenziosità, dove c'erano un lungo tavolo e
tutt'attorno due file di sedie imbottite. Aveva tutta l'aria di essere una sala
da pranzo.
“Siamo negli appartamenti privati di sua eminenza”,
disse l'uomo, “se ha la bontà di attendermi, vedrò se può riceverla”.
Mentre il pretino si allontanava, Donato prese posto
su una sedia rassegnato ad attendere e facendo appello a tutta la sua pazienza.
Passò un'ora, ne passarono forse due, e non accadde
nulla. Conosco Donato abbastanza bene per sapere che anche se se ne stava pazientemente
seduto in attesa, dentro di sé doveva ruggire come un leone ferito.
Infine tornò il segretario che gli disse con tono
placido:
“Mi dispiace molto, ma sua eminenza è impegnato, per
ora non può riceverla”.
In quel momento il mio amico dovette aver raggiunto il
culmine dell'esasperazione. Mi ha confessato di non aver capito lui stesso cosa
gli fosse frullato per la testa in quel momento.
Al lato opposto all'ingresso per il quale era entrato
nella sala, c'era una porticina semiaperta attraverso la quale si scorgeva un
locale che aveva tutta l'aria di essere una cucina dove, ben visibile si
scorgeva un capiente frigorifero.
Fece un salto in quella direzione.
“Vorrà dire”, gridò, “che se non posso avere la
dispensa, mi accontenterò del frigorifero!”
“Si fermi!”, gridò il segretario, “altrimenti chiamo
la polizia”.
Donato non se ne diede per inteso, e cominciò a
vuotare il frigo degli alimenti che conteneva.
Nella ghiacciaia, sotto i surgelati, gli capitò fra le
mani qualcosa. Avvolta in uno spesso strato di cellofan per proteggerla
dall'umidità del frigo, c'era quella che aveva tutta l'aria di essere una
cartella per documenti.
D'un tratto capì. Ma certo! Se si volesse nascondere
qualcosa veramente al sicuro, dove la si potrebbe mettere? Non in una cassaforte
che potrebbe sempre essere svaligiata, ma là dove nessuno si sognerebbe mai di
cercarla.
“Bene, vediamo cosa c'è qui”, disse.
Il segretario era impallidito.
Bisbigliò quasi senza voce: “Non la tocchi, per
carità”.
Donato tolse l'involucro di cellofan e aprì la
cartella: conteneva dei fogli, dei documenti, erano pagine fotocopiate. Le
scorse, alcune sembravano la fotocopia di un documento molto antico, un rotolo
pergamenaceo che, data la lunghezza dell'originale era stato fotocopiato con
tre copie in sequenza; una scrittura molto antica e illeggibile, gli parve
ebraico, poi c'erano alcuni documenti scritti, gli parve, in una specie di
dialetto pugliese strano e arcaico, difficile da comprendere, e in un francese
anch'esso poco leggibile, o forse era provenzale.
“E' meglio che li metta giù”.
L'uomo che aveva parlato era arrivato silenziosamente
alle spalle del segretario: era un uomo anziano dall'aria mite. Donato lo
riconobbe subito, era sua eminenza il vescovo.
“Eminenza”, rispose, “con tutto il rispetto, non ci
penso nemmeno!”
“E cosa pensa di farne, cosa crede di poterne fare?”,
chiede di rimando il vescovo con aria serafica.
“Questi”, rispose il mio amico che all'improvviso si
sentiva stranamente audace, “devono essere documenti importanti che non desiderate
siano divulgati. Li posso far arrivare alla stampa. Io non conosco l'ebraico,
ma ci sarà senz'altro qualche specialista in grado di tradurli. Ho
l'impressione che si tratti qualcosa di simile ai rotoli del Mar Morto, ma
quella che voglio è solo la dispensa per potermi sposare. Me la faccia avere e
mi spieghi cosa sono questi documenti, e glieli restituirò e terrò la bocca
cucita finché vivo”.
“Vedo”, rispose il vescovo con grande calma, “che
vuole passare notti insonni torturandosi con dubbi angosciosi sul significato
della sua fede, come faccio io ormai da molti anni. Mi segua”.
Fece strada a Donato verso uno studiolo privato,
lasciando da solo il segretario sempre più allibito.
Questo nuovo ambiente era molto semplice, spoglio:
conteneva solo un tavolo, due sedie, una libreria alla parete e nient'altro.
Dopo aver preso posto, l'ecclesiastico fece cenno a
Donato di sedersi.
“Quei documenti nella cartella che lei tiene
sottobraccio”, disse, “sono la prova di un mio peccato. Molti anni fa fui
chiamato dal Vaticano per tradurre dei documenti che erano stati trovati nella
Francia meridionale: una parte di essi è in una sorta di dialetto pugliese
risalente ai primi secoli del Medio Evo. Avrei dovuto mantenere il più assoluto
riserbo, ma non ho resistito alla tentazione di fare delle fotocopie. Gli
originali sono ora in Vaticano, ben custoditi, ma non è questo che mi
preoccupa, è il loro contenuto”.
Si interruppe un attimo come per raccogliere le idee,
poi proseguì:
“Le dice qualcosa il nome di Otto Rahn?”
“Francamente no”, rispose Donato, “Il nome mi sembra
tedesco”.
Molto più tardi, quando il mio amico mi ha raccontato
questa storia, mi ha detto che era un peccato che all'epoca Dan Brown non
avesse ancora pubblicato Il codice Da Vinci, altrimenti quel nome e la
vicenda che stava per ascoltare gli sarebbero stati subito molto più familiari.
“Esatto”, proseguì il prelato, “Otto Rahn era un
esoterista tedesco che fra le due guerre mondiali pubblicò un libro che fu un
bestseller dell'epoca, Crociata contro il Graal, nel quale raccontava
questa storia che io le espongo in estrema sintesi: durante le crociate i
cavalieri templari avrebbero trovato in Terrasanta la reliquia nota come Santo
Graal, il calice dell'Ultima Cena, o quello dove sarebbe stato raccolto il sangue
colato dalla ferita del costato di Nostro Signore. A questa reliquia sarebbero
legate la grande potenza raggiunta dall'ordine templare e la sua distruzione.
Dopo la fine dell'ordine templare, il Graal sarebbe stato portato da alcuni
templari superstiti in Linguadoca presso i Catari, un movimento ereticale dove
i superstiti dell'ordine avrebbero trovato rifugio. La crociata bandita nel XII
secolo contro i Catari dal papato e dal regno di Francia, avrebbe avuto lo
scopo di recuperare la reliquia.
Heinrich Himmler, il temuto capo delle SS hitleriane
era un patito di esoterismo, e ammirava Rahn al punto da nominarlo maggiore
delle SS. A un certo punto però, poco dopo lo scoppio della seconda guerra
mondiale, Rahn scomparve misteriosamente. Lei immagina come?”
“Francamente non lo so”, rispose Donato.
“Glielo dico io”, rispose il vescovo, “Lo facemmo
sparire noi, la Chiesa cattolica, voglio dire. Rahn non era un nazista e chiese
il nostro aiuto: la possibilità di concludere i suoi giorni in santa pace in un
luogo segreto e con una falsa identità in cambio dell'impegno a non divulgare
quella parte della storia di cui era venuto a conoscenza che non aveva reso
pubblica, quella veramente pericolosa per la fede cristiana”.
“Ahhh!”, fece Donato.
“E immagino”, proseguì il vescovo, “che non le dica
nulla nemmeno il nome di Berenger Sauniere”.
“Infatti”, ammise Donato.
“Era un religioso vissuto nell'ottocento”, proseguì il
vescovo, “Fu nominato parroco di Rennes Le Chateau, un paesino alle pendici dei
Pirenei, una parrocchia molto povera con nulla di speciale tranne il fatto di
trovarsi a due passi da Montsegur, l'ultima e quasi imprendibile fortezza dei
Catari che le forze del re di Francia riuscirono a espugnare solo dopo un
durissimo assedio. Al tempo della sua nomina, lo stesso Sauniere non aveva in
tasca, come si suol dire, un soldo bucato.
A un certo punto, Sauniere si mise a fare dei lavori
di restauro nella sua chiesa; da solo, credo, perché non aveva di che pagare
maestranze. In un incavo sotto l'altare maggiore, trovò dei documenti, credo
fossero gli stessi che si trovano nella cartella che lei tiene in braccio,
voglio dire gli originali, non le copie che ho fatto io. A questo punto, tutto
cambiò: Sauniere si trovò all'improvviso ad avere una grande disponibilità di
denaro: si fece costruire una lussuosa villa, Villa Betania, e cominciò a fare
frequenti viaggi a Parigi, frequentando salotti ed ambienti non proprio consoni
per un ecclesiastico. Quando giunse in punto di morte, si confessò dal curato
della vicina Rennes Les Bains, che rifiutò di dargli l'assoluzione”.
Il prelato s'interruppe nuovamente, come soppesando
con attenzione ciò che stava per dire ancora.
“Pensi ai catari”, esclamò con una certa foga, “e
ancora di più ai templari prima di loro! I catari erano un movimento ereticale
uno dei tanti che pullulavano nell'Europa medievale, e quasi all'improvviso
diventano una potenza tale che il re di Francia se ne sente minacciato e la
Chiesa è costretta a bandire una crociata contro di loro. I templari, è una storia
ancora più incredibile: Uno sconosciuto cavaliere che di certo non appartiene a
una casata di prestigio, Ugo di Payns, che è come dire Pinco Pallino, si
presenta alle autorità ecclesiastiche e dice di voler costituire un ordine per
difendere dagli infedeli la Terrasanta liberata dalle crociate. Non solo viene
preso sul serio, ma il compito di stendere la regola del nuovo ordine viene
affidato a Bernardo di Clairvaux, il più insigne teologo dell'epoca. Ugo si
presenta al re di Gerusalemme con undici compagni, e questo di botto gli affida
il compito di proteggere le vie dei pellegrini e gli assegna come sede il
tempio di Salomone, da cui viene poi il nome dell'ordine. In poco tempo i
templari diventano un ordine potentissimo e ricco, una vera forza politica da
cui la stessa corona francese è arrivata a sentirsi minacciata. Tenga presente
che a Payns da cui era originario Ugo nei primi secoli del Medio Evo si era
insediata una colonia di monaci provenienti dall'Italia meridionale,
probabilmente pugliesi. Cosa le dice tutto questo?”
“Francamente non lo so”, ammise Donato.
“Che santa madre Chiesa è sciaguratamente ricattabile,
che Ugo di Payns, Bernger Sauniere, gli stessi catari sono riusciti a
estorcerle grandi quantità di denaro, minacciando la divulgazione di un segreto
che potrebbe distruggere la religione cristiana. Lei immagina di cosa potrebbe
trattarsi?”
“Beh, il Santo Graal, immagino”, rispose il mio amico.
Il vescovo ebbe uno strano sorriso.
“Il Santo Graal?”, commentò. “Quella è solo una
copertura. Guardi, nel XIII secolo i crociati hanno portato in Europa la Sacra
Sindone, si tratta di una reliquia della stessa importanza di quella che
potrebbe avere il Graal, se esistesse, le sembra che abbia messo in qualche
modo in pericolo la fede cristiana? No, si tratta di un segreto che potrebbe
far vacillare il cristianesimo dalle fondamenta. E' sicuro di volerlo
conoscere, non pensa che potrebbe gettarla nella disperazione?”
Non attese la risposta del mio amico, e chiese:
“Lei cosa ne sa di teologia o filosofia?”
“Non molto”, rispose Donato, “ho un altro tipo di
cultura, sono un ingegnere”.
“Bene”, disse il prelato, “Cercherò di essere più
semplice che posso. Uno dei più accaniti atei dell'ottocento è stato il
filosofo James Mill, padre del più noto John Stuart Mill. Egli pose una domanda
provocatoria: “Chi ha creato Dio?” Se si risponde che qualcuno l'ha creato, si
va ad un regressus ad infinitum di divinità di grado man mano superiore,
se si risponde che Dio esiste di per sé, allora perché Dio si e l'universo no?
Le faccio notare che questo argomento è stato ripreso pari pari da Richard
Dawkins, uno dei più accaniti atei della nostra epoca”.
“In realtà”, proseguì il vescovo dopo essersi umettato
le labbra, “una risposta ce l'abbiamo e in parte si trova proprio in quei
documenti, ma non la possiamo divulgare”
“Perché?”, chiede Donato.
“Perché metterebbe in crisi il concetto di peccato
originale e con esso quello del significato dell'incarnazione. Meglio
sopportare l'animosità di pochi atei che mettere in crisi la fede delle masse
cristiane.
Le faccio notare che il concetto di auto-creazione non
è logicamente inconcepibile. Le faccio un esempio tratto dalla matematica lei
sa che qualsiasi numero – zero compreso – elevato alla potenza di zero,
equivale a uno: zero, cioè nulla, la base, zero la potenza, ma il risultato è
uno, cioè qualcosa. Naturalmente, non ha senso parlare di qualcosa posto prima
o al di fuori di Dio e dell'universo da lui creato, perché è con Dio che hanno
cominciato a esistere il tempo e lo spazio. Capisce ora che cos'è che ha tra le
mani?”
“No”, ammise Donato che si trovava nella confusione
più completa.
“Si tratta di una pagina mancante della Bibbia, una
pagina CENSURATA della Genesi. Tenga a mente il concetto che le ho esposto. Vi
deve essere un luogo dove è cominciato tutto, un luogo che potremmo in un certo
senso considerare il luogo d'origine di Dio, un luogo che potrebbe trovarsi su
questo stesso pianeta, e questo metterebbe in crisi anche il copernicanesimo, e
io credo che possa trattarsi proprio della nostra Puglia”.
“Che cosa?”, Donato sobbalzò.
“Ha notato che in vari punti del Vangelo Gesù viene
chiamato Il figlio dell'Uomo. Non le
è mai sembrato strano, dal momento che il dogma dell'incarnazione ci dice
precisamente che Nostro Signore NON ERA figlio di un uomo?”
“Non ci avevo mai pensato”, ammise Donato.
“Si tratta probabilmente”, proseguì il presule, “di un
errore della traduzione greca. In greco “uomo” è “ANER”, genitivo “ANDROS”, è
probabile che in realtà dovesse significare “figlio di Andria”.
“Cosa, ma allora...”
“Allora”, rispose quietamente il vescovo, “noi siamo i
paesani di Dio”.
“Ma”, replicò Donato, “gli ebrei, il popolo
eletto...”.
“Lo sa”, rispose il vescovo, “come è stata scritta la
Bibbia? Per successive aggiunte al Pentateuco, i primi cinque libri scritti da
Mosè che cominciano con la Genesi, il libro delle origini. Mosè pare fosse in
corrispondenza con Pitagora, e Pitagora e i pitagorici hanno bazzicato
parecchio da queste parti”.
“Straordinario”, commentò Donato, “ma ancora non
capisco perché questo sarebbe un pericolo per la fede cristiana”.
“Gliel'ho detto, perché rimette in discussione il
concetto di Peccato Originale. Guardi, io non voglio dire che Dio parlasse
pugliese, ma diciamo che nella parlata della nostra gente si è conservato
qualcosa del modo di esprimersi divino e, come racconta quella pagina censurata
della Genesi, la storia del Peccato Originale potrebbe essere stata tutta un
malinteso. Dio avrebbe detto agli angeli di tenere Adamo ed Eva lontani “dal méle”,
e costoro avrebbero capito “dalle mele”.
Rendendosi conto di essere stato frainteso,
l'Altissimo avrebbe precisato:
“Ma no, ma no, possono mangiare tutta la frutta che
gli pére”.
E a questo punto gli angeli sarebbero andati del tutto
nel pallone.
Come sono andate poi le cose, lo sappiamo tutti”,
aggiunse il vescovo con aria sconsolata.
Molto bello il racconto. Approfitto per salutare sia Fabio sia il suo e nostro amico Donato.
RispondiEliminaDa sempre il caro amico Fabio mi prende in giro per il nostro dialetto (anche se quello di Molfetta è piuttosto differente da quello barese), ma, nella storia, ha toccato un paio di tasti molto interessanti. In primo luogo parla di Andria (una grossa città a pochi chilometri da Molfetta). Ebbene lì Federico II ha costruito il famoso Castel del Monte, opera alla quale nessuno è riuscito ancora a dare una precisa collocazione, come dire, edilizia. Insomma, nessuno sa perché è stato costruito. Nessuno, o quasi. Io lo so. E' stato costruito proprio per ricordare il luogo dell'Eden. E che la genesi sia stata rimaneggiata non possono esserci dubbi, basta leggre il mio racconto 'Dio è gobbo di alto' dell'antologia 'E la padella disse...' ed. Delos libri, (purtroppo ormai introvabile). Ma c'è anche un'altra cosa ai più sconosciuta. Il famoso fondatore dei Templari, Ugo de Payns non era francese, ma meridionale, precisamente di Forenza, in Basilicata e si chiamava Ugo dei Pagani, la cui storia è tracciabile e che si recò in Francia come mercenario cambiando nome. In conclusione Fabio ha svelato alcune verità che sarebbe stato meglio tenere nascoste.
RispondiEliminaInteressante e divertente.
RispondiEliminaQuindi l'Eden sarebbe a quasi 650 km da casa mia?
Incredibile.
Complimenti a Fabio perchè col suo racconto mi ha tenuto incollato al monitor sino alla fine.
Racconto ben scritto e davvero divertente. Il Donato Altamura di cui si parla non è forse lo scrittore Donato Altomare, di cui mi pare di riconoscere la figura nell'illustrazione?
RispondiEliminaG.S.
Non diciamolo in giro, ma quanto meno, è un alter ego molto plausibile
EliminaFabio Calabrese