lunedì 4 novembre 2013

L’INDICIBILE SEGRETO di Fabio Calabrese



 Io non so se faccio bene a raccontare questa storia. La persona, il caro amico che me l'ha rivelata in strettissima confidenza, mi ha raccomandato il segreto, ma io non sono persuaso che tenerla nascosta sia la cosa migliore, anche perché è qualcosa che potrebbe permetterci di gettare una nuova luce sul modo in cui consideriamo “la vita, l'universo e tutto quanto”, per dirla con il compianto Douglas Adams.
Poiché non sono ancora riuscito a dissipare i dubbi che opprimono il mio animo, ho deciso di ricorrere a un compromesso: racconterò questa storia, si, ma sotto forma di racconto fantastico, e chiunque sarà liberissimo di non crederla, anzi sono più che certo che la stragrande maggioranza la riterrà una pura invenzione speculativa.
La persona di cui vi voglio raccontare la storia, oltre ad essere un mio caro amico da moltissimi anni, è un personaggio piuttosto noto fra gli appassionati di fantascienza, anche se non al grosso pubblico: Donato Altamura nativo di Moffetta in provincia di Bari.
Parecchi anni fa, Donato stava per convolare a giuste nozze con la sua prima moglie, Annamaria Altamura detta Mariella, quando facendo le pratiche per il matrimonio, saltò fuori un impedimento. I due non avevano solo lo stesso cognome, ma condividevano anche un qualche grado di parentela, erano cugini di terzo o quarto grado.
Per la legge civile, la cosa non costituiva un problema, ma al riguardo la Chiesa è notevolmente più rigida, e poiché i due intendevano sposarsi con rito religioso, occorreva la dispensa della curia. 
Donato presentò per tempo la prescritta richiesta ma, a quanto pareva, la curia non aveva nessuna fretta di rispondere, e così lui fu costretto a posticipare la data del matrimonio. Figuratevi la situazione: voi sapete che nel nostro meridione c'è l'usanza che i matrimoni siano piuttosto sfarzosi e impegnativi: era stato prenotato un ristorante di lusso per il pranzo di nozze, erano stati spediti centinaia di inviti ad amici e parenti vari sparsi un po' dappertutto, e ora occorreva far slittare la cosa.
Quando, sempre in attesa della dispensa della curia, cominciava a profilarsi un secondo rinvio, Donato non ne poté più, e dovendo recarsi a Bari per lavoro, decise di andare alla curia e cercare di parlare direttamente col vescovo.
Chi conosce Donato sa che è un tipo fisicamente di una certa imponenza e caratterialmente irruento. Una volta arrivato in curia, si trovò davanti un segretario, un pretino minuto e azzimato che tentò inutilmente di rabbonirlo.
“Niente da fare”, disse il mio amico, “Finché non mi date in mano la dispensa o non parlo di persona con il vescovo, io da qui non mi muovo”.
“Va bene”, sospirò il segretario, “vedrò cosa posso fare”.
Si fece seguire da Donato attraverso una serie di uffici, stanze, corridoi, in alcuni dei quali il mio amico notò impalcature e ponteggi.
“Dovete avere pazienza”, disse il pretino, “stiamo facendo alcuni lavori di ristrutturazione”.
Alla fine, il segretario aveva portato Donato in una stanza arredata con una certa pretenziosità, dove c'erano un lungo tavolo e tutt'attorno due file di sedie imbottite. Aveva tutta l'aria di essere una sala da pranzo.
“Siamo negli appartamenti privati di sua eminenza”, disse l'uomo, “se ha la bontà di attendermi, vedrò se può riceverla”.
Mentre il pretino si allontanava, Donato prese posto su una sedia rassegnato ad attendere e facendo appello a tutta la sua pazienza.
Passò un'ora, ne passarono forse due, e non accadde nulla. Conosco Donato abbastanza bene per sapere che anche se se ne stava pazientemente seduto in attesa, dentro di sé doveva ruggire come un leone ferito.
Infine tornò il segretario che gli disse con tono placido:
“Mi dispiace molto, ma sua eminenza è impegnato, per ora non può riceverla”.
In quel momento il mio amico dovette aver raggiunto il culmine dell'esasperazione. Mi ha confessato di non aver capito lui stesso cosa gli fosse frullato per la testa in quel momento.
Al lato opposto all'ingresso per il quale era entrato nella sala, c'era una porticina semiaperta attraverso la quale si scorgeva un locale che aveva tutta l'aria di essere una cucina dove, ben visibile si scorgeva un capiente frigorifero.
Fece un salto in quella direzione.
“Vorrà dire”, gridò, “che se non posso avere la dispensa, mi accontenterò del frigorifero!”
“Si fermi!”, gridò il segretario, “altrimenti chiamo la polizia”.
Donato non se ne diede per inteso, e cominciò a vuotare il frigo degli alimenti che conteneva.
Nella ghiacciaia, sotto i surgelati, gli capitò fra le mani qualcosa. Avvolta in uno spesso strato di cellofan per proteggerla dall'umidità del frigo, c'era quella che aveva tutta l'aria di essere una cartella per documenti.
D'un tratto capì. Ma certo! Se si volesse nascondere qualcosa veramente al sicuro, dove la si potrebbe mettere? Non in una cassaforte che potrebbe sempre essere svaligiata, ma là dove nessuno si sognerebbe mai di cercarla.
“Bene, vediamo cosa c'è qui”, disse.
Il segretario era impallidito.
Bisbigliò quasi senza voce: “Non la tocchi, per carità”.
Donato tolse l'involucro di cellofan e aprì la cartella: conteneva dei fogli, dei documenti, erano pagine fotocopiate. Le scorse, alcune sembravano la fotocopia di un documento molto antico, un rotolo pergamenaceo che, data la lunghezza dell'originale era stato fotocopiato con tre copie in sequenza; una scrittura molto antica e illeggibile, gli parve ebraico, poi c'erano alcuni documenti scritti, gli parve, in una specie di dialetto pugliese strano e arcaico, difficile da comprendere, e in un francese anch'esso poco leggibile, o forse era provenzale.
“E' meglio che li metta giù”.
L'uomo che aveva parlato era arrivato silenziosamente alle spalle del segretario: era un uomo anziano dall'aria mite. Donato lo riconobbe subito, era sua eminenza il vescovo.
“Eminenza”, rispose, “con tutto il rispetto, non ci penso nemmeno!”
“E cosa pensa di farne, cosa crede di poterne fare?”, chiede di rimando il vescovo con aria serafica.
“Questi”, rispose il mio amico che all'improvviso si sentiva stranamente audace, “devono essere documenti importanti che non desiderate siano divulgati. Li posso far arrivare alla stampa. Io non conosco l'ebraico, ma ci sarà senz'altro qualche specialista in grado di tradurli. Ho l'impressione che si tratti qualcosa di simile ai rotoli del Mar Morto, ma quella che voglio è solo la dispensa per potermi sposare. Me la faccia avere e mi spieghi cosa sono questi documenti, e glieli restituirò e terrò la bocca cucita finché vivo”.
“Vedo”, rispose il vescovo con grande calma, “che vuole passare notti insonni torturandosi con dubbi angosciosi sul significato della sua fede, come faccio io ormai da molti anni. Mi segua”.
Fece strada a Donato verso uno studiolo privato, lasciando da solo il segretario sempre più allibito.
Questo nuovo ambiente era molto semplice, spoglio: conteneva solo un tavolo, due sedie, una libreria alla parete e nient'altro.
Dopo aver preso posto, l'ecclesiastico fece cenno a Donato di sedersi.
“Quei documenti nella cartella che lei tiene sottobraccio”, disse, “sono la prova di un mio peccato. Molti anni fa fui chiamato dal Vaticano per tradurre dei documenti che erano stati trovati nella Francia meridionale: una parte di essi è in una sorta di dialetto pugliese risalente ai primi secoli del Medio Evo. Avrei dovuto mantenere il più assoluto riserbo, ma non ho resistito alla tentazione di fare delle fotocopie. Gli originali sono ora in Vaticano, ben custoditi, ma non è questo che mi preoccupa, è il loro contenuto”.
Si interruppe un attimo come per raccogliere le idee, poi proseguì:
“Le dice qualcosa il nome di Otto Rahn?”
“Francamente no”, rispose Donato, “Il nome mi sembra tedesco”.
Molto più tardi, quando il mio amico mi ha raccontato questa storia, mi ha detto che era un peccato che all'epoca Dan Brown non avesse ancora pubblicato Il codice Da Vinci, altrimenti quel nome e la vicenda che stava per ascoltare gli sarebbero stati subito molto più familiari.
“Esatto”, proseguì il prelato, “Otto Rahn era un esoterista tedesco che fra le due guerre mondiali pubblicò un libro che fu un bestseller dell'epoca, Crociata contro il Graal, nel quale raccontava questa storia che io le espongo in estrema sintesi: durante le crociate i cavalieri templari avrebbero trovato in Terrasanta la reliquia nota come Santo Graal, il calice dell'Ultima Cena, o quello dove sarebbe stato raccolto il sangue colato dalla ferita del costato di Nostro Signore. A questa reliquia sarebbero legate la grande potenza raggiunta dall'ordine templare e la sua distruzione. Dopo la fine dell'ordine templare, il Graal sarebbe stato portato da alcuni templari superstiti in Linguadoca presso i Catari, un movimento ereticale dove i superstiti dell'ordine avrebbero trovato rifugio. La crociata bandita nel XII secolo contro i Catari dal papato e dal regno di Francia, avrebbe avuto lo scopo di recuperare la reliquia.
Heinrich Himmler, il temuto capo delle SS hitleriane era un patito di esoterismo, e ammirava Rahn al punto da nominarlo maggiore delle SS. A un certo punto però, poco dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, Rahn scomparve misteriosamente. Lei immagina come?”
“Francamente non lo so”, rispose Donato.
“Glielo dico io”, rispose il vescovo, “Lo facemmo sparire noi, la Chiesa cattolica, voglio dire. Rahn non era un nazista e chiese il nostro aiuto: la possibilità di concludere i suoi giorni in santa pace in un luogo segreto e con una falsa identità in cambio dell'impegno a non divulgare quella parte della storia di cui era venuto a conoscenza che non aveva reso pubblica, quella veramente pericolosa per la fede cristiana”.
“Ahhh!”, fece Donato.
“E immagino”, proseguì il vescovo, “che non le dica nulla nemmeno il nome di Berenger Sauniere”.
“Infatti”, ammise Donato.
“Era un religioso vissuto nell'ottocento”, proseguì il vescovo, “Fu nominato parroco di Rennes Le Chateau, un paesino alle pendici dei Pirenei, una parrocchia molto povera con nulla di speciale tranne il fatto di trovarsi a due passi da Montsegur, l'ultima e quasi imprendibile fortezza dei Catari che le forze del re di Francia riuscirono a espugnare solo dopo un durissimo assedio. Al tempo della sua nomina, lo stesso Sauniere non aveva in tasca, come si suol dire, un soldo bucato.
A un certo punto, Sauniere si mise a fare dei lavori di restauro nella sua chiesa; da solo, credo, perché non aveva di che pagare maestranze. In un incavo sotto l'altare maggiore, trovò dei documenti, credo fossero gli stessi che si trovano nella cartella che lei tiene in braccio, voglio dire gli originali, non le copie che ho fatto io. A questo punto, tutto cambiò: Sauniere si trovò all'improvviso ad avere una grande disponibilità di denaro: si fece costruire una lussuosa villa, Villa Betania, e cominciò a fare frequenti viaggi a Parigi, frequentando salotti ed ambienti non proprio consoni per un ecclesiastico. Quando giunse in punto di morte, si confessò dal curato della vicina Rennes Les Bains, che rifiutò di dargli l'assoluzione”.
Il prelato s'interruppe nuovamente, come soppesando con attenzione ciò che stava per dire ancora.
“Pensi ai catari”, esclamò con una certa foga, “e ancora di più ai templari prima di loro! I catari erano un movimento ereticale uno dei tanti che pullulavano nell'Europa medievale, e quasi all'improvviso diventano una potenza tale che il re di Francia se ne sente minacciato e la Chiesa è costretta a bandire una crociata contro di loro. I templari, è una storia ancora più incredibile: Uno sconosciuto cavaliere che di certo non appartiene a una casata di prestigio, Ugo di Payns, che è come dire Pinco Pallino, si presenta alle autorità ecclesiastiche e dice di voler costituire un ordine per difendere dagli infedeli la Terrasanta liberata dalle crociate. Non solo viene preso sul serio, ma il compito di stendere la regola del nuovo ordine viene affidato a Bernardo di Clairvaux, il più insigne teologo dell'epoca. Ugo si presenta al re di Gerusalemme con undici compagni, e questo di botto gli affida il compito di proteggere le vie dei pellegrini e gli assegna come sede il tempio di Salomone, da cui viene poi il nome dell'ordine. In poco tempo i templari diventano un ordine potentissimo e ricco, una vera forza politica da cui la stessa corona francese è arrivata a sentirsi minacciata. Tenga presente che a Payns da cui era originario Ugo nei primi secoli del Medio Evo si era insediata una colonia di monaci provenienti dall'Italia meridionale, probabilmente pugliesi. Cosa le dice tutto questo?”
“Francamente non lo so”, ammise Donato.
“Che santa madre Chiesa è sciaguratamente ricattabile, che Ugo di Payns, Bernger Sauniere, gli stessi catari sono riusciti a estorcerle grandi quantità di denaro, minacciando la divulgazione di un segreto che potrebbe distruggere la religione cristiana. Lei immagina di cosa potrebbe trattarsi?”
“Beh, il Santo Graal, immagino”, rispose il mio amico.
Il vescovo ebbe uno strano sorriso.
“Il Santo Graal?”, commentò. “Quella è solo una copertura. Guardi, nel XIII secolo i crociati hanno portato in Europa la Sacra Sindone, si tratta di una reliquia della stessa importanza di quella che potrebbe avere il Graal, se esistesse, le sembra che abbia messo in qualche modo in pericolo la fede cristiana? No, si tratta di un segreto che potrebbe far vacillare il cristianesimo dalle fondamenta. E' sicuro di volerlo conoscere, non pensa che potrebbe gettarla nella disperazione?”
Non attese la risposta del mio amico, e chiese:
“Lei cosa ne sa di teologia o filosofia?”
“Non molto”, rispose Donato, “ho un altro tipo di cultura, sono un ingegnere”.
“Bene”, disse il prelato, “Cercherò di essere più semplice che posso. Uno dei più accaniti atei dell'ottocento è stato il filosofo James Mill, padre del più noto John Stuart Mill. Egli pose una domanda provocatoria: “Chi ha creato Dio?” Se si risponde che qualcuno l'ha creato, si va ad un regressus ad infinitum di divinità di grado man mano superiore, se si risponde che Dio esiste di per sé, allora perché Dio si e l'universo no? Le faccio notare che questo argomento è stato ripreso pari pari da Richard Dawkins, uno dei più accaniti atei della nostra epoca”.
“In realtà”, proseguì il vescovo dopo essersi umettato le labbra, “una risposta ce l'abbiamo e in parte si trova proprio in quei documenti, ma non la possiamo divulgare”
“Perché?”, chiede Donato.
“Perché metterebbe in crisi il concetto di peccato originale e con esso quello del significato dell'incarnazione. Meglio sopportare l'animosità di pochi atei che mettere in crisi la fede delle masse cristiane.
Le faccio notare che il concetto di auto-creazione non è logicamente inconcepibile. Le faccio un esempio tratto dalla matematica lei sa che qualsiasi numero – zero compreso – elevato alla potenza di zero, equivale a uno: zero, cioè nulla, la base, zero la potenza, ma il risultato è uno, cioè qualcosa. Naturalmente, non ha senso parlare di qualcosa posto prima o al di fuori di Dio e dell'universo da lui creato, perché è con Dio che hanno cominciato a esistere il tempo e lo spazio. Capisce ora che cos'è che ha tra le mani?”
“No”, ammise Donato che si trovava nella confusione più completa.
“Si tratta di una pagina mancante della Bibbia, una pagina CENSURATA della Genesi. Tenga a mente il concetto che le ho esposto. Vi deve essere un luogo dove è cominciato tutto, un luogo che potremmo in un certo senso considerare il luogo d'origine di Dio, un luogo che potrebbe trovarsi su questo stesso pianeta, e questo metterebbe in crisi anche il copernicanesimo, e io credo che possa trattarsi proprio della nostra Puglia”.
“Che cosa?”, Donato sobbalzò.
“Ha notato che in vari punti del Vangelo Gesù viene chiamato Il figlio dell'Uomo. Non le è mai sembrato strano, dal momento che il dogma dell'incarnazione ci dice precisamente che Nostro Signore NON ERA figlio di un uomo?”
“Non ci avevo mai pensato”, ammise Donato.
“Si tratta probabilmente”, proseguì il presule, “di un errore della traduzione greca. In greco “uomo” è “ANER”, genitivo “ANDROS”, è probabile che in realtà dovesse significare “figlio di Andria”.
“Cosa, ma allora...”
“Allora”, rispose quietamente il vescovo, “noi siamo i paesani di Dio”.
“Ma”, replicò Donato, “gli ebrei, il popolo eletto...”.
“Lo sa”, rispose il vescovo, “come è stata scritta la Bibbia? Per successive aggiunte al Pentateuco, i primi cinque libri scritti da Mosè che cominciano con la Genesi, il libro delle origini. Mosè pare fosse in corrispondenza con Pitagora, e Pitagora e i pitagorici hanno bazzicato parecchio da queste parti”.
“Straordinario”, commentò Donato, “ma ancora non capisco perché questo sarebbe un pericolo per la fede cristiana”.
“Gliel'ho detto, perché rimette in discussione il concetto di Peccato Originale. Guardi, io non voglio dire che Dio parlasse pugliese, ma diciamo che nella parlata della nostra gente si è conservato qualcosa del modo di esprimersi divino e, come racconta quella pagina censurata della Genesi, la storia del Peccato Originale potrebbe essere stata tutta un malinteso. Dio avrebbe detto agli angeli di tenere Adamo ed Eva lontani “dal méle”, e costoro avrebbero capito “dalle mele”.
Rendendosi conto di essere stato frainteso, l'Altissimo avrebbe precisato:
“Ma no, ma no, possono mangiare tutta la frutta che gli pére”.
E a questo punto gli angeli sarebbero andati del tutto nel pallone.
Come sono andate poi le cose, lo sappiamo tutti”, aggiunse il vescovo con aria sconsolata.

5 commenti:

  1. Molto bello il racconto. Approfitto per salutare sia Fabio sia il suo e nostro amico Donato.

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  2. Da sempre il caro amico Fabio mi prende in giro per il nostro dialetto (anche se quello di Molfetta è piuttosto differente da quello barese), ma, nella storia, ha toccato un paio di tasti molto interessanti. In primo luogo parla di Andria (una grossa città a pochi chilometri da Molfetta). Ebbene lì Federico II ha costruito il famoso Castel del Monte, opera alla quale nessuno è riuscito ancora a dare una precisa collocazione, come dire, edilizia. Insomma, nessuno sa perché è stato costruito. Nessuno, o quasi. Io lo so. E' stato costruito proprio per ricordare il luogo dell'Eden. E che la genesi sia stata rimaneggiata non possono esserci dubbi, basta leggre il mio racconto 'Dio è gobbo di alto' dell'antologia 'E la padella disse...' ed. Delos libri, (purtroppo ormai introvabile). Ma c'è anche un'altra cosa ai più sconosciuta. Il famoso fondatore dei Templari, Ugo de Payns non era francese, ma meridionale, precisamente di Forenza, in Basilicata e si chiamava Ugo dei Pagani, la cui storia è tracciabile e che si recò in Francia come mercenario cambiando nome. In conclusione Fabio ha svelato alcune verità che sarebbe stato meglio tenere nascoste.

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  3. Interessante e divertente.
    Quindi l'Eden sarebbe a quasi 650 km da casa mia?
    Incredibile.
    Complimenti a Fabio perchè col suo racconto mi ha tenuto incollato al monitor sino alla fine.

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  4. Racconto ben scritto e davvero divertente. Il Donato Altamura di cui si parla non è forse lo scrittore Donato Altomare, di cui mi pare di riconoscere la figura nell'illustrazione?
    G.S.

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    1. Non diciamolo in giro, ma quanto meno, è un alter ego molto plausibile
      Fabio Calabrese

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