La fantascienza italiana indubbiamente è una parente povera di quella
di lingua inglese, ma vi siete mai chiesti il motivo? Possibile che gli
scrittori italiani siano geneticamente incapaci di scrivere buona fantascienza?
In effetti, la motivazione genetica lascia piuttosto a desiderare; in parte
perché la presenza di alcuni ottimi scrittori negherebbe questa regola, in
parte perché – si sa – noi italiani geneticamente siamo un miscuglio di
popolazioni; la storia ci ha lasciato un’eredità di sangue nordico quanto
africano.
Quindi?
Colpa in buona parte dell’editoria, che nella sua mancanza di coraggio
– si preferisce quasi sempre affidarsi a scrittori esteri già affermati –
sbarra quasi completamente la strada agli esordienti. Situazione che non è
certo di stimolo alla crescita degli scrittori in erba.
Colpa dei lettori, che troppo spesso pigri, preferiscono farsi guidare
dalla pubblicità piuttosto che incuriosirsi di fronte a nomi sconosciuti.
Entrambe queste affermazioni hanno un fondo di verità, anche se a dire
il vero la situazione è ben più complessa; basti pensare, per esempio, che un
editore di lingua inglese, con a disposizione un pubblico di quattrocento milioni e passa di persone di madrelingua,
può ben permettersi di essere coraggioso rispetto all’editore italiano, il cui
pubblico è, a voler esagerare, meno di un quinto.
Ma lasciamo perdere questo problema, che comunque è troppo complicato
perché il sottoscritto ne possa venire a capo, e proviamo a passare direttamente
alla soluzione; servirebbe una buona palestra, un luogo dove chi si affaccia al
mondo della scrittura, possa iniziare a farsi conoscere e a confrontarsi col
pubblico. Purtroppo in Italia manca da tempo, almeno per quanto riguarda la SF,
una palestra di questo genere. O forse dovrei dire mancava. Questa nuova rivista edita da Paolo Secondini – Pegasus SF
– infatti, ha tutte le potenzialità per diventarla.
Per quanto sia grande l’impegno profuso da Paolo nelle sue
pubblicazioni, da solo non è però sufficiente a concretizzare tali
potenzialità. Per far sì che queste non vengano meno, è indispensabile la
partecipazione di tutti; dei lettori e degli stessi scrittori, che dando la
propria opinione sui vari racconti, aiutino gli autori a correggere i propri
difetti e siano di stimolo a migliorarsi. Sono convinto che le capacità e il
talento si possano sviluppare solo tramite un franco e costruttivo confronto.
È con questo spirito, perciò, che mi accingo a stendere questa breve
recensione. Invito inoltre gli autori dei racconti, a non prendersela a male
nel caso di opinioni negative o parzialmente negative sui loro scritti; si
tratta comunque di opinioni personali e come tali vanno affrontate. Tenendo
sempre a mente, però, che in quanto appassionato di fantascienza, lettore e
acquirente di libri, il sottoscritto è da considerarsi come parte del loro
pubblico potenziale.
A livello generale, questo primo numero di Pegasus, si presenta come
un’antologia di buon livello, nei vari racconti c’è una notevole varietà di
tematiche – si spazia dall’introspezione di TRAMONTO,
di Gianni Sarti all’azione di IL
CAVALIERE DEL FIOCCO, di Damiano
Lotto – e di ambientazioni – da quella rurale e contadina di IL SIGNORE DEL TEMPO, di Sergio Bissoli, al prossimo futuro
di TERRAMATTA, di Vittorio Catani
allo spazio profondo di LA METAMORFOSI,
del sottoscritto –.
Come potete vedere quindi, ce n’è per tutti i gusti.
Innanzitutto, mi è molto piaciuta la prefazione di Giuseppe Novellino,
col suo gusto della citazione che non diventa mai didattico, e la forma
narrativa, nella storia del chierico che si sviluppa senza intralcio
dall’inizio alla fine.
Tra i racconti, quelli che ho preferito sono il DIARIO DA UN AVAMPOSTO, di Paolo Secondini, che affronta il tema
della solitudine in modo originale e fulminante, e IL DIO IN SCATOLA, di Sergio Bissoli; nonostante un’idea di base
non proprio originale, la struttura e la forma, la caratterizzazione dei
personaggi, ne fanno un piccolo gioiello.
Devo fare un discorso a parte per TERRAMATTA,
di Catani; pur non avendomi preso in maniera particolare – forse perché le
vicende dei personaggi sono subordinate alla descrizione dello scenario, mentre
personalmente preferisco quei racconti in cui prevale la storia – è
obiettivamente un bel racconto, che ha dalla sua una splendida scrittura,
un’ambientazione originale ed efficace, nonché l’affascinante idea dei Mutamenti e un finale allo stesso tempo
morale e grottesco.
IL REGALO, di Giuseppe Novellino, che per il resto mi è
piaciuto molto – contiene un tentativo di immaginare dove porteranno alcune
tendenze sociali già avviate, che è davvero interessante – non mi ha convinto
nel finale, a mio avviso troppo didascalico.
In MIGLIORAMENTO DI SPECIE, di Danilo Concas, un’idea di partenza non originale avrebbe necessitato di qualche guizzo a livello della costruzione o almeno della scrittura, che invece è, ahimè, piuttosto discontinua. Ho anche rilevato un’incoerenza logica – o forse non ho proprio capito dove volesse andare a parare il racconto – che, pur non gravissima, mi ha disturbato nella lettura. IL CAVALIERE DEL FIOCCO, che mi è piaciuto sia nel linguaggio sia nella struttura, mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca in un altro senso; lo riterrei molto più valido come inizio di un romanzo, che non come racconto a sé stante. Mi sono chiesto se per caso l’autore non avesse quell’intenzione…
Riguardo agli altri racconti; trovo che siano tutti lavori di piacevolissimo mestiere, che forse non mi hanno lasciato un segno profondo, ma che ho trovato comunque delle letture molto gradevoli.
Detto ciò, a costo di essere noioso, voglio rinnovare il mio appello: Commentate. Confrontatevi. Fatevi sentire!
In MIGLIORAMENTO DI SPECIE, di Danilo Concas, un’idea di partenza non originale avrebbe necessitato di qualche guizzo a livello della costruzione o almeno della scrittura, che invece è, ahimè, piuttosto discontinua. Ho anche rilevato un’incoerenza logica – o forse non ho proprio capito dove volesse andare a parare il racconto – che, pur non gravissima, mi ha disturbato nella lettura. IL CAVALIERE DEL FIOCCO, che mi è piaciuto sia nel linguaggio sia nella struttura, mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca in un altro senso; lo riterrei molto più valido come inizio di un romanzo, che non come racconto a sé stante. Mi sono chiesto se per caso l’autore non avesse quell’intenzione…
Riguardo agli altri racconti; trovo che siano tutti lavori di piacevolissimo mestiere, che forse non mi hanno lasciato un segno profondo, ma che ho trovato comunque delle letture molto gradevoli.
Detto ciò, a costo di essere noioso, voglio rinnovare il mio appello: Commentate. Confrontatevi. Fatevi sentire!
Incisiva e sferzante la tua recensione, Sauro, non c'è che dire.
RispondiEliminaSecondo me, la fantascienza è come il rock. Ha avuto le sue origini in ambito anglosassone (almeno quella moderna)ma poi si è diffusa nel mondo, coinvolgendo scrittori e lettori. Come si può eseguire un buon brano rock con una band italiana o giapponese, così si può scrivere un buon racconto di fantascienza basandosi sulle atmosfere e sulla cultura di paesi non anglo-americani. Spitz, il grande scrittore di fantascienza francese, ne è un esempio.
RispondiEliminaGiuseppe Novellino
D'accordo con te, Sauro, sul fatto che occorre discutere e confrontarsi.