Elia era un uomo
alto e robusto con un testa tonda e rossiccia. Lavorava la campagna
con passione ed era considerato un uomo saggio.
Le sue particolari
attenzioni erano per la vigna, dove trascorreva lunghe ore. Da lassù
amava spaziare con lo sguardo sulla valle. A volte, nei momenti di
riposo, contemplava il verde piano sorseggiando un po’ di aspro
vinello da un fiasco slabbrato.
Gli piaceva il vino
ma lo beveva con moderazione. Un bicchiere di più gli scappava solo
quando si trovava all’osteria a chiacchierare con gli amici.
Amava raccontare
storie, ricercando nella bevanda rosso mattone un po’
d’ispirazione. Allora riusciva a catturare la curiosità con la
bravura di un romanziere popolare. Non era mai a corto di soggetti,
perché ne aveva raccolti tanti e tanti: storie che si perdevano
nella notte dei tempi, ma anche fatti a lui capitati.
Tra questi ultimi ce
n’era uno che ripeteva di rado, solo dopo insistenti inviti. E
prima di parlare ci pensava su un po’, vuotava lentamente il
bicchiere, mentre la fronte si corrugava, diventando come la
corteccia annosa di un castagno.
Prima di iniziare,
puntualmente ripeteva la frase:
- Da quella volta io
credo che i morti vanno in giro, la notte dell’1 novembre.
Riviveva così
l’atmosfera malinconica e fredda di quella sera autunnale, quando
lui, dopo aver trascorso un paio d’ore con gli amici all’osteria,
si era alzato per fare ritorno a casa.
Il cielo era
nuvoloso, il buio fitto.
Di buona lena, poiché
era quasi mezzanotte, Elia si era incamminato lungo la strada che,
seguendo la costa dei vigneti, scendeva lentamente verso la sua
contrada. Refoli di aria gelida gli frustavano la faccia, sollevando
le tese del cappello.
Camminava nelle
tenebre, mantenendosi al centro della carreggiata, discosto dal
ciglio esterno, che, privo di sponde, si affacciava sopra i paletti
acuminati delle vigne sottostanti. A monte, le altre coltivazioni
confinavano con le macchie più scure dei castagneti. Giù, verso il
fondovalle, si intravedevano i marmi del cimitero...
Elia ci teneva a
precisare che quella sera aveva bevuto un solo bicchiere, con
l’intenzione di fare un fioretto in onore dei Santi e dei Poveri
Morti.
Proprio dove la
strada passava sopra il cimitero, aveva visto uno spettacolo da fare
accapponare la pelle: una processione di lumicini, partendo dal
camposanto, saliva serpeggiando nei prati e nelle vigne in direzione
del luogo dove lui si trovava.
- Lì per lì -
diceva, sempre con le stesse parole - sono rimasto impietrito. Non mi
rendevo conto di cosa stava succedendo. Quei lumini venivano su come
una fiaccolata. Sembravano tante persone che andavano in processione.
Ma a quell’ora della notte? E non potevano essere neanche i
villeggianti. Quelli ci sono solo in agosto, e poi non sono così
numerosi. E di notte non li ho mai visti andare in giro con le
fiaccole. Erano, invece, i poveri morti, che uscivano dal cimitero
per camminare ancora una volta tra le loro case e i loro campi. Me ne
sono reso conto subito e il sangue mi si è gelato nelle vene. Volevo
quasi fermarmi per vedere il primo della fila, che ormai stava
raggiungendo il terrapieno della strada, che magari lo conoscevo. Ma
una voce mi ha detto di scappare… e sono scappato a gambe levate.
Eh sì, chissà che faccia aveva. Potevo anche morire di spavento,
perché non è naturale che i vivi vedano i morti… e i morti i
vivi.
E poi raccontava di essere arrivato a casa tremante, sudato per la corsa e per il terrore, di avere riferito tutto alla moglie Albina, di avere bevuto un sorso di quello buono per tirarsi su e di essere andato a letto agitato.
E poi raccontava di essere arrivato a casa tremante, sudato per la corsa e per il terrore, di avere riferito tutto alla moglie Albina, di avere bevuto un sorso di quello buono per tirarsi su e di essere andato a letto agitato.
Solo alla
conclusione del suo racconto, dopo un lungo momento di silenzio,
vuotava il bicchiere, schioccava un paio di volte la lingua e diceva:
- Eh, sì da quella
volta io credo che i morti vanno in giro la notte dell’1 novembre.
Il tuo bel racconto, Giuseppe, mi fa pensare a uno autobiografico che scrissi tempo fa, DUE NOVEMBRE, che, anche se non horror, lo pubblicherò volentieri per alcuni risvolti tra il reale e l'irreale.
RispondiEliminaBellissimo racconto, che evoca nostalgicamente atmosfere e situazioni in via di estinzione. Con un protagonista ben delineato con pochi tratti efficaci, e una storia che ha il sapore della leggenda popolare.
RispondiEliminaSauro Nieddu