sabato 25 gennaio 2014

IL BROKER di Antonio Ognibene



Un guizzo di luce e Andrea Okka si materializzò nella stanza del teletrasporto.
─ Anche stavolta è andata. ─ disse.
L'astrocamper aziendale della Lavinia Assicurazioni lasciò l'orbita di Blaned, specchiandosi sui frammenti di ghiaccio che componevano il Grande Anello del pianeta.
Okka appoggiò in terra la valigetta e fischiò.
Dalla palestra di fronte, sentì uno strepitio di unghie sul pavimento.
─ Ciao Rolf ─ disse tendendo le braccia ─ hai fatto il bravo?
Era rimasto chiuso nella palestra per tutto il giorno. Okka lo teneva sempre lì quando si teletrasportava nei vari mondi per lavoro. Aveva paura che andando in giro per l'astrocamper, potesse danneggiare qualche apparecchiatura di bordo.
Il pastore tedesco gli abbaiò due volte e gli si appoggiò sulla pancia con le zampe anteriori.
Okka prese di tasca un biscotto e glielo porse, accarezzandogli la testa.
─ Cuccia adesso, tra poco si cena.
Andrea Okka si tolse la cravatta, si slacciò il bottone del colletto, e si sedette davanti alla scrivania.
Accese il portatile e scaricò i dati delle quietanze dell'ultima settimana, poi inviò un rapporto all’agenzia sulla Terra.
Sorseggiò dell'orzo caldo e iniziò a spogliarsi.
Programmò la temperatura dell'acqua sui trentuno gradi, poi entrò nel box doccia e si insaponò, fischiettando un antico pezzo degli AC/DC.
Il box profumava di un miscuglio di bagnoschiuma e shampoo dalle fragranze silvestri. Si stava lavando via tutta la tensione della giornata e quella del breve viaggio di ritorno sull’astrocamper.
Infilatosi un accappatoio azzurro, con i piedi nudi ancora bagnati si diresse verso la plancia di comando.
Il locale s’illuminò al suo ingresso, mentre si stava asciugando il collo con un asciugamano.
Rolf lo seguì scodinzolante, accucciandosi in un angolo sotto lo schermo visivo esterno.
Okka si sedette sulla poltrona di comando e impartì alcuni ordini vocali.
─ Rotta 547.99.
─ Rotta 547.99. ─ ripeté una passionale voce femminile ─ Rientro stimato: un anno e ventuno giorni.
Uscì dalla plancia salutato dalla voce calda del computer, e seguito da Rolf.
─ Buon ipersonno, signore.
─ ‘Notte Lisa.
Okka si avvicinò alla camera di Animazione Sospesa e digitò su uno schermo touchscreen la data dichiarata dal computer.
Si tolse l'accappatoio e s’infilò un paio di boxer rossi con sottili righe bianche e una canottiera blu con il logo della Lavinia sul petto.
─ Ultimo viaggio, vecchio mio. ─ disse al cane, poi lo fece entrare nel compartimento di sospensione e lo baciò sulla testa. Rolf si raggomitolò con il muso sotto la coda, e la calotta di plexiglass si chiuse in automatico sopra di lui.
A sua volta Okka entrò nel proprio comparto aspettando un attimo prima di stendersi. Diede un'ultima occhiata al cane poi si sdraiò.
La calotta si chiuse con un sibilo smorzato.
Sentì subito il tepore che lo avrebbe accompagnato verso uno stato di assopimento, prima che il sistema lo avesse trasformato in un pezzo di ghiaccio.
Okka pensò alla casetta in collina sulla Terra, vicino al torrente e al bosco di pini. Pensò a Rolf, e al tempo che avrebbero trascorso insieme, lui a pescare e l'altro a inseguire rane. Okka pensò alla pensione che lo aspettava.
Voltò la faccia verso il monitor. Mancavano circa trenta minuti prima che il sistema di crioconservazione si attivasse.
Prese il tablet dalla tasca interna del comparto e navigò in rete, guardando le ultime notizie su quello che stava accadendo sulla Terra.
“Hanno finito di darsele” pensò. “era ora.”
Sul monitor c'era la foto del dittatore sudamericano Mezcal che stringeva la mano al collega, sotto il titolo ‘Pace tra Papaguay del nord e Papaguay del sud.’
Sfogliò le pagine virtuali leggendo altre notizie.
‘Ancora problemi con le nuove cabine di teletrasporto. Gravissimo un altro operatore.’
Okka si destò per un momento dal torpore e si concentrò sull’articolo. Anni fa il fratello era morto proprio in simili circostanze.
─ Basta. ─ disse ─ Non ci voglio nemmeno pensare.
Chiuse il browser e aprì l’applicazione del libro elettronico.
Lesse tre capitoli del romanzo che aveva iniziato prima di scendere su Blaned. Poco dopo, il sistema si mise in moto con una lieve vibrazione del comparto di sospensione.
Nel compartimento entrarono degli spifferi di aria calda, mescolati a una sostanza narcotizzante dall'odore di mentolo. Le palpebre iniziarono a calargli sugli occhi.
Rimise il tablet nella tasca e si preparò al lungo letargo.
Le orecchie gli si tapparono, e prima di cadere nell'oblio poteva sentire il proprio petto che andava su e giù sempre più piano.
─ Notte Rolf.
L'astrocamper doppiò i pianeti Spelta e Triticum, ultimi baluardi della galassia di Andromeda, prima di entrare nella Via Lattea.

***

Okka fu svegliato dalla voce del computer di bordo e da una leggera vibrazione sotto il corpo.
Allungò le gambe tirando un lungo sospiro. Stirò la bocca e inarcò le labbra in un sorriso.
Guardò il monitor. Tra otto minuti il sistema avrebbe sbloccato la calotta.
─ Sono a casa. ─ pensò. Sentiva lo stomaco pieno di farfalle.
Si stropicciò gli occhi, poi con l’unghia del mignolo si tolse le caccole dagli angoli.
Portò le mani dietro la nuca e osservò il soffitto bianco della stanza. Schioccò la lingua. Sentiva un sapore amarognolo in bocca.
“Cos'avrò mangiato a cena?” pensò, riferendosi al pasto di oltre un anno prima.
Mentre ci pensava fischiettando un vecchio riff dei Van Halen, un forte colpo sulla calotta di plexiglass gli fece fare un sobbalzo. Il cuore gli batteva forte, fino a fargli male al petto.
─ Rolf? ─ disse.
“Come diavolo ha fatto a uscire prima di me?” pensò.
Ogni volta che il cane appoggiava le zampe sulla calotta, Okka sentiva il comparto tremare.
Il cane andava e veniva. Quando gironzolava per la stanza, Okka poteva vederne solo la punta della coda dimenarsi a destra e a sinistra.
Un altro forte colpo.
─ Basta Rolf. ─ gridò ─ Giù, a cuccia.
Guardò il display. Quattro minuti e dieci secondi all'apertura.
Vide la coda del cane che usciva dalla stanza.
─ Rolf, torna qua. ─ ordinò. Temeva che potesse andare a far danni sul ponte di comando.

Flashforward

Rolf scodinzolò fino in plancia e mise le zampe sul pannello di controllo dell’astrocamper. Guardava il pianeta Terra dal display e gli abbaiava contro, pestando una serie di pulsanti.
“Rotta revocata. Prego inserire nuovi dati.” disse la voce sintetica ma calda di Lisa.
Ancora latrati.
“Problemi di coordinate. Inserito pilota automatico di emergenza.”
“Nuova rotta ignota.”
Rooolf!

Okka scosse la testa per scacciare via il pensiero. Era così tanta la voglia di tornare a casa, che nella testa gli arrivavano improvvisi flash negativi.
─ Rolf. Rolf.
Un guaito provenne dall'ingresso della stanza.
─ Vieni qua, Rolf. ─ ordinò.
Il cane arrivò scodinzolando e si appoggiò con le zampe sulla calotta.
─ A cuccia là. A cuccia là. ─ disse perentorio.
Il cane andò in un angolo e con un mugolio si mise a sedere. Okka poteva vedere la testa e metà busto.
─ A cuccia giù. ─ disse.
Vide la testa abbassarsi.
─ Rimani lì, capito? .
Okka gonfiò il petto e buttò fuori un bel po' d'aria.
─ Cavolo.
Chiuse gli occhi e inspirò un paio di volte.
Guardò il monitor. Dieci secondi all'apertura automatica. Nove, otto, sette...
Il cuore di Okka sembrava voler sfondare lo sterno. Guardava il monitor con i numeri rossi che cambiavano forma. I capelli sudati avevano formato una chiazza bagnata sul cuscino.
Tre, due, uno. Cla-clack.
La calotta non si sbloccò.
Okka trattenne il respiro.
Guardò di nuovo il monitor. C’erano una sfilza di zero che lampeggiavano. Si sarebbe dovuta aprire.
Appoggiò i palmi delle mani sulla calotta di plexiglass e provò a farla scorrere a mano.
Non si muoveva. Okka la fissò con la bocca spalancata e gli occhi stravolti che gli uscivano quasi dalle orbite.
─ No. Non è possibile. No. No.
Un avviso acustico precedette la voce di Lisa.
“Sistema in attesa di disposizioni.”
Okka sbatté i pugni sulla plastica infrangibile, poi si passò le dita nei capelli.
─ Così non va, Andrea ─ disse a se stesso ─ così peggiori solo le cose.
Aveva un vago sapore metallico in bocca.
"Dev'essere stato Rolf col suo peso." pensò.
─ Computer. ─ gridò. ─ sperando che il sistema potesse captare la sua voce anche da quella distanza.
─ Computer. Maledizione.
Ancora l’avviso acustico.
“Sistema in attesa di disposizioni.”
─ Inutile ─ disse ─ il computer non può sentirmi da qui.
Osservava la pulsantiera di apertura e chiusura della calotta sulla paratia di fronte a lui.
Aggrottò le sopracciglia e imprecò contro l'ingegnere che aveva progettato quello stupido sistema di sblocco.
─ Perché solo fuori? Perché non dentro, anche? ─ ringhiò ─ Maledetto figlio…
Rolf si rimise a sedere e guaì.
Okka spostò la testa avanti e indietro, in su e in giù alla ricerca di qualche possibile soluzione. Poi si girò verso Rolf, che lo guardava con la lingua fuori e la testa piegata da un lato.
─ Rolf, bello.
Il cane drizzò le orecchie e ritirò la lingua.
Quello che aveva in mente Okka era pazzesco, ma che altro poteva fare?
L’uomo poteva vedere sopra la punta dei suoi piedi, il pannello del compartimento inserito nella paratia di fronte a lui. Era un sistema semplicissimo: un pulsante rettangolare verde per sbloccare le calotte e uno giallo per chiuderle. Ce n’era uno di fronte a ogni comparto di sospensione.
“Come posso farglielo capire?” si domandò Okka, stropicciandosi la bocca con la mano.
Non c’era molto tempo; sapeva che l’astrocamper non era entrato nell’orbita terrestre, e senza nuovi dati sarebbe andato alla deriva nello spazio.
─ Rolf ─ disse ─ spingi il pulsante verde.
Cercava di fare dei segni con le dita.
─ Quello là, Rolf. Appoggiati sopra.
“Inutile” pensò “non può capire.”
Il pastore tedesco tirò di nuovo fuori la lingua.
Okka si stropicciò la faccia con le mani.
─ Niente. Niente.
Batté un pugno sul lato del plexiglass.
─ Come posso…? ─ aspirò con la lingua appoggiata contro denti ─ Appoggia la zampa sul pulsante verde. ─ scandì.
Rolf rimase fermo al proprio posto e rispose con un latrato.
─ Spingi quel pulsante, idiota. ─ gridò.
Il pastore tedesco si alzò. Okka vide la punta della coda passare sotto la pulsantiera.
─ Dai bello, dai.
 La oltrepassò e si avvicinò a una porta scorrevole chiusa.
Okka la vide aprirsi e poi richiudersi dopo che il cane vi entrò.
è andato a pisciare. ─ disse.
Rooolf.
Okka urlando prese a pugni la calotta.
─ Così è peggio, così è peggio. ─ disse rimproverandosi.
Avviso acustico.
“Attenzione. Il sistema ha bisogno di nuove coordinate per l’avvicinamento all’atmosfera terrestre.”
Urlò ancora contro il cane, ma il tono della voce non era più forte come prima. Gli bruciava la gola.
La porta del bagno si aprì e Okka vide la punta della coda dondolare a destra e a sinistra. Rolf andò ad annusare qualcosa in palestra, poi tornò in plancia.
─ Vieni qua. ─ gridò con voce rauca.
Il cane passò proprio nel punto dove i sensori si incrociavano.
“Buongiorno, signore.”
Okka iniziò a fischiare verso l’animale.
─ Vieni Rolf, vieni. ─ Questa volta non gridò.
Non vide nessuna coda.
─ Rolf Rolf Rolf ─ disse ─ Rooolf.
Iniziò di nuovo a prendere a pugni la calotta, ma questa volta usò anche le ginocchia e i piedi.
─ Apriti carogna schifosa.
Okka si fermò. Grondava di sudore. Guardò il pulsante di sblocco lì a due passi, e lui prigioniero dentro quella bara.
─ Inutile ─ farfugliò sottovoce.
Segnale acustico.
“Box liberi. La decompressione antibatterica inizierà tra cinque minuti.”
La faccia di Okka si fece pallida come se gli avessero succhiato litri di sangue. I comparti si auto-pulivano quando il periodo di ibernazione era stato completato. Quegli urti dovevano aver danneggiato i sensori interni. Il computer pensava che il compartimento di sospensione fosse vuoto.
Presto sarebbe mancata l'aria lì dentro.
─ Rolf, dannazione. ─ disse con voce rauca ─ Vieni qui. Rooolf.
La punta della coda comparve alla sinistra del box e sparì dietro la testa di Okka, per ricomparire alla sua destra. Il cane tornò nell’angolo e si sedette guardando il padrone.

Flashforward

─ Rolf, per l’amor del cielo, metti le zampe su quel bottone. . ─ disse indicando con entrambi gli indici la pulsantiera.
Il cane si alzò e andò ad appoggiare le zampe sulla calotta. Okka poteva vedere i cuscinetti scuri sopra il plexiglass.
─ Metti le zampe là. . ─ Sbatteva i piedi contro la calotta, in direzione della maledetta pulsantiera.
Rolf scese. La punta della coda andò verso la paratia, poi si fermò.
Il cane lupo si alzò su due zampe, con quelle anteriori che andarono ad appoggiarsi sul pulsante verde. La calotta scorse indietro quando mancavano dieci secondi alla decompressione.
Le mani di Okka si aggrapparono ai bordi.
─ Bravo cane. ─ gridò ─ Bravo cane.

Gli sarebbe piaciuto. E invece.
 “Decompressione box in corso.”
Okka iniziò a sentire l’aria sempre più rarefatta.
Prese di nuovo a pugni e calci il plexiglass, e mentre si dimenava urlava.
Rolf, vedendo il padrone in quelle condizioni, iniziò a mugolare e girare su se stesso. Corse in plancia, poi in bagno e ancora di nuovo in plancia.
“Buongiorno, signore.”
“Buongiorno, signore.”
Ritornò abbaiando nella sala di Animazione Sospesa. Salì con le zampe sulla calotta di plexiglass e abbaiò al padrone.
Il volto di Okka era diventato livido, con le labbra viola. Con una mano si teneva la gola, mentre con la bocca cercava il respiro, come facevano i pesci che tirava fuori dall’acqua.
Ancora pugni e calci contro il plexiglass, ma ormai avevano perso l’energia di poco prima; sembrava che si agitasse al rallentatore.
Le mani di Okka premettero in alto contro la plastica appannata dal proprio fiato, poi scivolarono giù.

L’astrocamper con le insegne della Lavinia Assicurazioni, prese la traiettoria del Quadrante diciannove. Il Pianeta Azzurro diventò una sfera sempre più piccola.
A bordo, Rolf non aveva ancora smesso di correre. Passava da una stanza all’altra della cosmonave. Andava e veniva dal ponte di comando.
“Buongiorno, signore.”
“Buongiorno, signore.”
Okka aveva il volto sfigurato in una smorfia orribile, con gli occhi fuori dalle orbite e velati da una patina grigia. La bocca era aperta con il mento che toccava il petto. Le unghie delle dita affondavano nel materassino ergonomico, e le gambe erano contratte in posizione fetale, tutte storte rispetto al resto del corpo.
Avviso acustico.
“Si attendono ancora disposizioni per la nuova rotta.” disse la voce vellutata di Lisa “Il signore ha intenzione di intraprendere un nuovo viaggio intergalattico?”
Rolf le abbaiava contro, come per chiederle aiuto.
“Prego ripetere nuove disposizioni. Riconoscimento vocale non identificato.”
Il cane correva e saltava da tutte la parti.
“Resto in attesa di ulteriori delibere.”
Rolf continuava a saltare facendo cadere alcuni oggetti dentro la stanza. Saltava e correva. Una delle zampe del pastore tedesco finì per caso sul bottone verde della pulsantiera. La calotta scorse con un cigolio sulle guide del comparto
Rolf si affacciò prima sul comparto poi vi balzò dentro iniziando a leccare la faccia del padrone. Una faccia fredda.

L’astrocamper continuò ad andare alla deriva nello spazio, portandosi dietro gli echi dei latrati di Rolf.

4 commenti:

  1. Davvero molto bello il racconto di Antonio: semplice, avvincente. Si legge d'un fiato fino alla fine. Scritto molto bene.

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  2. Bel racconto, e molto inquietante, sulla nostra abitudine, brutta e crescente, di affidarci ai sistemi automatizzati. Conseguenze eclatanti come quella del racconto, per fortuna non sono frequenti. Ma siamo sicuri dei risultati che avranno su di noi tanti piccoli particolari che fanno già parte della nostra vita quotidiana?

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  3. Racconto intrigante, pieno di suspence, che contiene la simpatica idea dell'astrocamper. Rileggendolo, trovo conferma riguardo la densità di azione ben costruita e la capacità di trasmettere il senso dello spazio interplanetario. Un buon esercizio di fantascienza corposa con ironiche e amare allusioni ai pericoli dell'automazione. Secondo i canoni più classici della fantascienza. Bravo!

    Giuseppe Novellino

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