lunedì 6 giugno 2016

VENERE E PARIDE di Peppe Murro

Stava latrando sul suo sangue sparso, piegato sulla propria ferita come un animale, quando accanto a lui comparve lei, la Dea.
Venere lo guardò con un misto di apprensione umana e di divina solarità, gli sorrise e… Paride, sono tornata…
Il troiano la guardò a fatica... lei, la causa della spada che lo aveva dilaniato e dello strascico di morte che il suo nome aveva portato a Troia…
Non disse nulla, le parole gli dolevano quanto quella visione. Chiuse gli occhi.
La Dea si avvicinò, col suo tocco divino fermò il sangue…sono tornata… e lo guardò in viso…sorrise di nuovo…ti porto una nuova vita e una nuova Elena, basta che tu lo voglia…
Non era certo d’aver capito, istintivamente si strinse la ferita, meravigliandosi di non provar dolore. Aprì gli occhi…
Ora la vedeva, bella e luminosa nel suo fulgore celeste, e tenera e dolce come può esserlo solo l’amore. Rimproverò i suoi pensieri per quella dolcezza, si disse che stava bestemmiando tutti i suoi morti, e le rovine, e la sua città che bruciava… non c’era dolcezza possibile in un amore che portava distruzione e morte, e neppure ad un solo pensiero di dolcezza sentiva di avere diritto: era stato lui ad uccidere Ettore, non la furia greca, ad avvelenare la vita del padre, a scatenare l’ululato di dolore della madre…e tutto per essersi dato a quella Dea, all’illusione di un amore al di là delle cose e degli uomini. Ma gli uomini, che belve feroci!, coltivano rancore e pretendono sangue… e gli dei, compiaciuti  al loro odio…
Si girò verso la Dea, non gli riuscì di sorridere mentre con lo sguardo le chiedeva …perché?, perché il ritorno e la nuova promessa?! A quali altri disastri lo andava votando, a quali altre feroci illusioni?!
Eppure era dolce lo sguardo della Dea, dolce come ogni promessa, dolce e fatale come tutti gli inganni…
Ti porto una nuova vita e una nuova Elena…devi solo accettare di essere di nuovo mio, il mio servo, il mio sacerdote, il mio amante… devi solo adorarmi come una volta… e lo sfiorò con un gesto leggero, e sembrò che sparisse ogni dolore ed ogni pensiero…solo quelle parole gli turbinavano nell’anima…una nuova vita, una nuova Elena…
E fu allora che lo prese l’orrore, una tenaglia amara ed aspra che quasi gli toglieva il respiro…il suo sogno aveva portato morte e desolazione dovunque avesse posato il piede, ed erano morti, affogati nel loro sangue, gli amici, i fratelli, gli Achei sconosciuti e i principi mortali. Per il suo sogno era cresciuto l’inganno del cavallo fino a distruggere la sua città…ora sì, lo sapeva, quel sogno aveva desolato di rovine la pianura in cui scivolava il suo fiume, quel sogno aveva innalzato un monumento di mura fumanti dove un tempo Ettore domava cavalli e le donne troiane si preparavano all’amore. La colpa era solo sua, quella ferita era giusta, e la morte, si disse, era una punizione appena sufficiente.
Guardò la Dea, il suo sguardo meravigliato e offeso, sentì di nuovo dolore e il caldo del suo sangue…era tutto accaduto, la Dea sarebbe tornata a scivolare sulla schiuma del mare, ed Elena ad essere la moglie infedele che era.
Respirò come un grido, per l’ultima volta.      

 

Nessun commento:

Posta un commento