Stava di fronte al mare, ad
occhi chiusi: intuiva le sfumature del tramonto in questo novembre pigro che
faceva scivolare nuvole d’ardesia sulle acque abbrunite.
Non c’erano profumi nell’aria e qualcosa di cupo ristagnava anche dentro i suoi pensieri. Aveva 90 anni, si diceva, ed era giunto il tempo. Ma sapeva che non poteva morire prima che arrivassero, non voleva.
Non contava più gli anni dell’attesa, sapeva solo che aveva più capelli, e mani più forti quando era cominciata. Sarebbero venuti, questo gli era stato detto: non avevano rivelato né da dove né quando.
Gli avevano solo ordinato di aspettare.
Ordinato, forse, non era il termine esatto; aveva sentito dentro di sé come una profezia, un consiglio, un impulso incoercibile e dolce.
Aveva abbandonato ogni cosa; si era seduto lì, aspettando.
L’isola, non si era mai occupato di scoprirla, di sapere se altri c’erano, e se da qualche parte qualcuno stesse come lui ad aspettare.
Stava lì, di fronte a quel mare, grigio di ovatta e di silenzio: no, non era il suo Atlantico! Da bambino sedeva sul punto più alto della scogliera, a picco sulle onde, ed ascoltava le parole dell’oceano, respirando a pieni polmoni echi di naufragi e profumo di salsedine e turbolenze di tempesta, mentre la madre gli ingiungeva implorante di togliersi da quel pericolo.
Non c’era pericolo, nessun mare lo aveva mai tradito. Neppure quel mare di oggi, scuro e silenzioso che ondulava appena l’ultimo bagliore del giorno.
Sarebbero venuti!
Si accucciò nel suo nido di roccia, respirò profondamente: avrebbe voluto vento e vento, come a volare.
Respirò quasi ad allargare mente e polmoni: sentì di colpo spezzarglisi dentro qualcosa: si piegò in avanti, goffamente, come una marionetta dai fili tagliati.
Non sentì più nulla; non vide, nel suo buio di morte, una luce squarciare le nubi e posarsi dolcemente al limite dell’onda.
Non c’erano profumi nell’aria e qualcosa di cupo ristagnava anche dentro i suoi pensieri. Aveva 90 anni, si diceva, ed era giunto il tempo. Ma sapeva che non poteva morire prima che arrivassero, non voleva.
Non contava più gli anni dell’attesa, sapeva solo che aveva più capelli, e mani più forti quando era cominciata. Sarebbero venuti, questo gli era stato detto: non avevano rivelato né da dove né quando.
Gli avevano solo ordinato di aspettare.
Ordinato, forse, non era il termine esatto; aveva sentito dentro di sé come una profezia, un consiglio, un impulso incoercibile e dolce.
Aveva abbandonato ogni cosa; si era seduto lì, aspettando.
L’isola, non si era mai occupato di scoprirla, di sapere se altri c’erano, e se da qualche parte qualcuno stesse come lui ad aspettare.
Stava lì, di fronte a quel mare, grigio di ovatta e di silenzio: no, non era il suo Atlantico! Da bambino sedeva sul punto più alto della scogliera, a picco sulle onde, ed ascoltava le parole dell’oceano, respirando a pieni polmoni echi di naufragi e profumo di salsedine e turbolenze di tempesta, mentre la madre gli ingiungeva implorante di togliersi da quel pericolo.
Non c’era pericolo, nessun mare lo aveva mai tradito. Neppure quel mare di oggi, scuro e silenzioso che ondulava appena l’ultimo bagliore del giorno.
Sarebbero venuti!
Si accucciò nel suo nido di roccia, respirò profondamente: avrebbe voluto vento e vento, come a volare.
Respirò quasi ad allargare mente e polmoni: sentì di colpo spezzarglisi dentro qualcosa: si piegò in avanti, goffamente, come una marionetta dai fili tagliati.
Non sentì più nulla; non vide, nel suo buio di morte, una luce squarciare le nubi e posarsi dolcemente al limite dell’onda.
E anche il ritorno dell'amico Peppe su Pegasus con un bel racconto.
RispondiEliminaBel racconto che esprime la tristezza di chi aspetta un futuro sconosciuto oppure la morte. Complimenti!
RispondiEliminaBello questo racconto, anche se velato da una certa tristezza.
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