Ho aggiunto queste pagine iniziali al manoscritto che sto completando.
Non so se ce la farò a sopravvivere alle ulteriori operazioni chirurgiche e
conseguenti drastiche cure. Tutto dipende dalle metastasi in atto che mi stanno
invadendo il vecchio corpo. La mia esistenza comunque cambia in modo radicale.
Si tratta di esistenza crepuscolare che non vedrà mai più una fresca e vera
alba albeggiante.
Voglio solo capire altri tipi di misteri. Non vivo per me, ma per
qualcos’altro. Mi arrampico sui rami di un albero alquanto diverso. Don Vito
buonanima diceva che quella ragazza fatale, quella Elisa Miranda, era per lui
il simbolo della morte. Me lo aveva confidato e non aveva tutti i torti. Per
questo, l’amava fino alla disperazione. Quella ragazza per lui era
l’apparizione sulla Terra di una entità assoluta ed unica, come la Morte. La
Morte ha un suo fascino irresistibile, così per lui quella giovane. Lei come
Venere, artefice della morte improvvisa che può cogliere chiunque ed a
qualsiasi età: Ictus cerebrale, arresto cardiaco, o semplicemente un attentato
terroristico.
Presso i Romani ed i Germani come tra i popoli
indo-americani, la Morte fa parte integrante del destino umano, ma solo in
seguito al gesto sconsiderato di una donna. Nell’ebraismo, a causa di Eva,
l’Uomo fu condannato a dover morire in questo mondo.
Breve riassunto della mia problematica esistenza, per sommi capi.
Il fatto è che io non conto un niente, ma per davvero. Non sono mai
stato un individuo pronto alla lotta. Per me, il sessantotto non ha mai avuto
un particolare significato e neanche gli altri tentativi di rivoluzione
post-sessantottina. Figuriamoci adesso con i fatti da raccontare alla
magistratura ed inerenti la morte di don Vito. Che me ne importa infine? Se
dovessi sopravvivere all’operazione in Germania, confesserò tutto quello che so
sulla vicenda Orefice. Dirò agl’inquirenti la verità. Per adesso, taccio come
nei patti con la signorina Elisa Miranda. Taccio perché devo sopravvivere al
male che mi distrugge il corpo. Una volta salvato dal cancro, dirò tutto e
voglio vedere come la faccenda va a finire. Ho avuto sempre paura di dover
vivere secondo la morale corrente, perché se fossi vissuto in osservanza ad una
mia genuina direttiva morale, non ben accettata dalla gente, sorretta dalla piena
consapevolezza, avrei dovuto combattere ogni tipo d’ingiustizia. Diciamocelo
pure, avrei dovuto agire per il bene comune in ogni mio atto, parlando con la
voce del cuore. Avrei dovuto scegliere di aiutare e difendere i deboli,
procedere sempre per la retta via, senza temere mai chi ti sbarra la strada. Avrei dovuto
allenarmi fin nella gioventù a fare tutte queste scelte morali. Mi avrebbero preso
in giro? Non avrebbe dovuto importarmi. Anche se non fossi stato un giusto al
cento per cento come per esempio sant’Agostino, avrei camminato diritto,
seguendo la voce interiore:
Camminare con passo fermo e con sguardo
sicuro. Sembra facile.
Quando fui un modesto e squattrinato studente universitario,
speravo nella giustizia umana ed in un futuro meno nero. La giustizia in cui
ponevo le speranze era quella del mondo occidentale, una zona della Terra
altamente industrializzata che se ne infischiava di quelli del Terzo e del
Quarto mondo. Nonostante fosse (pensavo) una giustizia relativa a questo tipo
di civiltà evoluta, sempre giustizia era. Se non altro, serviva ad evitare di
sbranarci.
Ripetutamente, mi sono riproposto di procedere diritto, seguendo
determinati valori. Fare ciò è da eroe e non è per me, condannato alla
mediocrità. Sono stato uno che sognava cose grandi fin dai primi anni della
vita. Sono stato uno che si pasceva di sogni e che svegliato dal dormiveglia,
mi attardavo ad alzarmi presto, svincolandomi dalla onirica rappresentazione.
Uno che non avrebbe mai avuto la forza di vincersi. Adesso, accetto il castigo.
Adesso, ne pago le conseguenze. C’è una forza intrinseca nelle cose del mondo
che spinge a colpire prima o poi chi ha oppresso gli altri. Una volta era
Nemesis, la dea della vendetta che non temeva neanche i potenti della Terra.
Adesso, è la stessa forza invincibile che non si sa come chiamarla. Scienziati
e filosofi contemporanei dicono che l’universo di per sé è in grado di generare
la coscienza umana. E’ l’universo dunque, permeato da una forza invisibile a
generare gli dei onnipotenti, come Nemesis.
Ho il cancro e non penso che ce la farò.
Perderò anche quest’ultima battaglia con la solita rassegnazione. Potrei fare
diversamente? Si vive tra speranze in parte accantonate. Si vive nutrendosi di
falsi ed illusori miti. Si vive compiendo ingiustizie giornaliere, piccole e
grandi. Per calmare la coscienza, uno
dice: ovunque c’è violenza palese, oppure occulta.
Sono stato uno che spesso si è lamentato della vita, sena volerla
cambiare davvero. Sotto sotto, mi sono adagiato nel posticino in banca ottenuto
per meriti politici e non per capacità intellettive. Ho usato quel posto per ingrandire
il mio potere a livello locale. Ecco la mia colpa. Può essere stato che non
tutto fosse dipeso da me. Ostacoli troppo grossi, come macigni, sarebbero stati
eretti lungo la mia strada bianca. Troppe muraglie e castelli con nuovi
privilegi, dovuti alla gran massa di soldi, si elevano superbi lungo la via di
ciascuno. Che fare? Uno si adegua, ecco tutto. Sono una bestia dunque? Forse
sono come un albero, fisso nella staticità di una situazione in apparenza
mutevole.
Ecco l’abat-jour cinese che tengo sulla consolle, accanto al letto. E’
un lume da notte che se acceso, svela il suo segreto. Di giorno, mostra
l’immagine di una dea velata che sorvola su prati fioriti, come un’allodola. Di
sera, quando accendo la lampadina per addormentarmi, l’abat-jour cinese,
attraverso il paralume di porcellana, fa emergere la nuova immagine: la dea è
una meravigliosa donna nuda sollevata in aria dalle braccia di un maschio
virile, anch’egli nudo. Si capisce che la donna e l’uomo nudo stanno per fare
l’amore. Comprai l’abat-jour da una bancarella a Napoli, dalle parti della
Duchesca. Non nascondo che quella duplice immagine mi ha da sempre incuriosito.
La dea pudica e vestita che vola su un prato fiorito e la donna bella e nuda
che abbraccia un valido giovane, anch’egli nudo, mi rasserenano l’animo e mi
fanno prendere sonno prima. Due realtà che si fondono in una, se l’abat-jour è
acceso di notte.
La mia, una vita come tante altre. Qualcosa cambiò, intendo nel
profondo, quando vidi in cielo quella strana apparizione. Un fenomeno che
secondo alcuni è ascrivibile alla categoria degli UFO. Qualcosa cambiò nel mio
profondo, ma senza che me ne accorgessi all’inizio. Cominciai ad avere dubbi su
consolidate certezze. Da allora, è stato come due entità avverse e separate siano
cresciute in prati diversi. Da un lato ero la persona ben vista dalla gente ed
inserita nella società. Un direttore di banca, in apparenza onesto, ma affamato
da sempre di denaro. L’altro me stesso cominciava ad essere problematico,
lottando contro la maschera che mi ero tessuto addosso. L’altro me viveva di
vita vegetativa e come un bruco, erodeva l’involucro costruitomi addosso. Questo altro me rifletteva sempre più
intensamente sugli enigmi dell’esistenza e su ciò che può celarsi oltre la
comune apparenza.
Al presente, il corpo diviene sempre più,
di giorno in giorno, un peso da dover spostare da un punto all’altro dello
spazio. Ci sono momenti che alzarmi ed andarmi a sedere alla scrivania è uno
sforzo non indifferente. La vecchiaia dicono. La malattia, mi dicono altri. C’è
un tempo della tua vita in cui tutto viene meno. Tutto è pesante come un
macigno e pesa anche sul flebile destino. La vita allora appare come una serie
di parametri medici da rispettare: la colesterolemia, la concentrazione
linfocitaria, la pressione sanguigna e via di seguito. Tu stai in bilico su un
congegno che pochi anni prima ignoravi ed adesso scricchiola. Inevitabilmente
scricchiola sotto i tuoi piedi.
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