Enorme, quel felino! Gigantesco!
Intagliato
nella montagna.
In verità, la scultura è l’intera montagna. Trecento metri
d’altezza.
Un gatto seduto.
I suoi occhi, mostruose agate gialle con fessure nere
striate di filamenti dorati. Giorno e notte, fissi, aperti. Essi vi attraggono,
faro che segnala una riva sconosciuta, pista illuminata in attesa
dell’atterraggio.
Secondo i dati disponibili, i baffi del “gatto” servirebbero da antenne. Le orecchie, triangolari, come nell’originale, si orientano secondo il rumore prodotto. Capterebbero il minimo suono emesso entro un centinaio di chilometri.
Eravamo in orbita. Altitudine: 4OO km. In ottanta minuti si faceva il giro del pianeta fino a tornare al Gatto.
Dietro al plexiglass, osservavamo, affascinati.
Ci lasciammo sedurre per un po’. E ci saremmo gettati sulla bestia, finendo per schiantarci tra le sue gambe.
Ferma! Ferma!
Inutile dire che l’abbiamo fermato. Cosa? Il sistema di atterraggio automatico.
All’ultimo istante.
Poi, la luminosità di quegli occhi si è indebolita. Sembrava che ESSI avessero capito che questa volta la loro trappola non aveva funzionato.
Almeno, non funzionato come previsto. Come ESSI l’avevano previsto. Di LORO non sapevamo tutto, eravamo lontani da questo. Eravamo venuti per controllare, perché il rapporto redatto da quelli dell’astronave Alpha aveva dei buchi. Parecchi buchi.
Da cos’era motivata la nostra azione: ESSI si comportavano come pirati, come quei sabotatori che una volta pareva accendevano fuochi sulla riva per ingannare le barche. Così coloro che si avvicinavano alla riva si fracassavano sugli scogli, offrendo il loro carico ai ladri.
Il Monte stava in agguato su una via che in teoria avrebbe anche potuto essere molto frequentata.
I nostri Astrocargo minerari spesso scomparivano. Avevamo scoperto sulle pendici del Gatto dei detriti di veicoli abbattuti e saccheggiati.
Tutt’intorno a quel sistema solare erano sorte stazioni che sono praticamente dei mini-pianeti nei quali si esercitano molte attività spesso lucrative e talvolta illegali. Dove proliferano racket di ogni tipo e ove si aggira ogni sorta di avventuriero.
Il Gatto e i pianeti. Una storia lunga.
Tra i “passeggeri” delle nuove missioni che hanno seguito quelle di colonizzazione del sistema solare c’erano anche dei gatti. Persino il nostro Capitano Alcott ne ha uno.
Come si erano comportati quegli animali? Si erano perfettamente adattati e riprodotti. Erano divenuti non solo delle mascotte, ma, soprattutto, un’immagine, un simbolo della vita sul pianeta madre, un animale molto popolare anche tra i terrestri installati nelle basi più recentemente create.
Purtroppo un focolaio di peste felina, probabilmente venuto dallo spazio (in quanto non è un male dilagante sulla Terra) avrebbe presto causato l’estinzione della specie su Venere.
Il che ha lasciato un profondo rammarico tra quei coloni. Bisogna anche dire che in numero crescente costoro sono ora impegnati in pratiche sempre più assimilabili alla pirateria. Così l’immagine stessa di questa nostalgia per un animale divenuto mitico ispirò probabilmente la trasformazione di quello che sarebbe diventato il Monte Gatto.
Ed eccoci qua!
Ora avevamo a bordo un commando del DIP, la dogana interplanetaria, che ci avevano raggiunto con una speciale navetta, sempre pronti a intervenire e fare la pulizia necessaria. Avevamo anche un passeggero considerato “volontario”, in realtà un criminale pentito che conosceva i segreti del Monte Gatto, quelli che ne controllano l’accesso, nonché la rete interna, un vero labirinto. In effetti, la montagna è vuota. Nei passaggi e cavità, che sono le interiora del Gatto, viene stivato il bottino dei pirati che poi lo vendono a prezzi elevati nel mercato nero delle stazioni e delle colonie. Si può ancora parlare di “mercato nero”, tanto questa pratica è comune e considerata da molti come “normale”?
È giunto il momento! Nella pancia del Gatto si nasconde il centro che comanda tutta la rete. È il posto giusto per colpire.
Come entrarvi? Ecco che arriva Mabick, il “pentito”.
Il punto debole della “Fortezza” è un accesso nascosto su uno dei fianchi della montagna. Mabick conosce il codice. Proviamo. Tre volte. Hanno cambiato il codice!
Cosa fare?
Il pentito crede di ricordarsi che spesso ESSI abbiano la tendenza a mantenere lo stesso insieme di numeri scambiandoli.
Quante combinazioni?
Idiota! Non è così... Ma Mabick insiste. Se provassimo... Un bagliore. La porta si muove... Il diaframma si apre!
Il commando dei marine è sul piede di guerra. Ora tocca a loro.
Monte Gatto scompare. Solo un orecchio esce dalla nebbia, di cui si avvolge il pianeta.
Ora sapete tutto, quasi tutto del ruolo che abbiamo giocato laggiù.
Il commando ha compiuto la sua missione. Anche noi. La prossima missione ci attende.
Secondo i dati disponibili, i baffi del “gatto” servirebbero da antenne. Le orecchie, triangolari, come nell’originale, si orientano secondo il rumore prodotto. Capterebbero il minimo suono emesso entro un centinaio di chilometri.
Eravamo in orbita. Altitudine: 4OO km. In ottanta minuti si faceva il giro del pianeta fino a tornare al Gatto.
Dietro al plexiglass, osservavamo, affascinati.
Ci lasciammo sedurre per un po’. E ci saremmo gettati sulla bestia, finendo per schiantarci tra le sue gambe.
Ferma! Ferma!
Inutile dire che l’abbiamo fermato. Cosa? Il sistema di atterraggio automatico.
All’ultimo istante.
Poi, la luminosità di quegli occhi si è indebolita. Sembrava che ESSI avessero capito che questa volta la loro trappola non aveva funzionato.
Almeno, non funzionato come previsto. Come ESSI l’avevano previsto. Di LORO non sapevamo tutto, eravamo lontani da questo. Eravamo venuti per controllare, perché il rapporto redatto da quelli dell’astronave Alpha aveva dei buchi. Parecchi buchi.
Da cos’era motivata la nostra azione: ESSI si comportavano come pirati, come quei sabotatori che una volta pareva accendevano fuochi sulla riva per ingannare le barche. Così coloro che si avvicinavano alla riva si fracassavano sugli scogli, offrendo il loro carico ai ladri.
Il Monte stava in agguato su una via che in teoria avrebbe anche potuto essere molto frequentata.
I nostri Astrocargo minerari spesso scomparivano. Avevamo scoperto sulle pendici del Gatto dei detriti di veicoli abbattuti e saccheggiati.
Tutt’intorno a quel sistema solare erano sorte stazioni che sono praticamente dei mini-pianeti nei quali si esercitano molte attività spesso lucrative e talvolta illegali. Dove proliferano racket di ogni tipo e ove si aggira ogni sorta di avventuriero.
Il Gatto e i pianeti. Una storia lunga.
Tra i “passeggeri” delle nuove missioni che hanno seguito quelle di colonizzazione del sistema solare c’erano anche dei gatti. Persino il nostro Capitano Alcott ne ha uno.
Come si erano comportati quegli animali? Si erano perfettamente adattati e riprodotti. Erano divenuti non solo delle mascotte, ma, soprattutto, un’immagine, un simbolo della vita sul pianeta madre, un animale molto popolare anche tra i terrestri installati nelle basi più recentemente create.
Purtroppo un focolaio di peste felina, probabilmente venuto dallo spazio (in quanto non è un male dilagante sulla Terra) avrebbe presto causato l’estinzione della specie su Venere.
Il che ha lasciato un profondo rammarico tra quei coloni. Bisogna anche dire che in numero crescente costoro sono ora impegnati in pratiche sempre più assimilabili alla pirateria. Così l’immagine stessa di questa nostalgia per un animale divenuto mitico ispirò probabilmente la trasformazione di quello che sarebbe diventato il Monte Gatto.
Ed eccoci qua!
Ora avevamo a bordo un commando del DIP, la dogana interplanetaria, che ci avevano raggiunto con una speciale navetta, sempre pronti a intervenire e fare la pulizia necessaria. Avevamo anche un passeggero considerato “volontario”, in realtà un criminale pentito che conosceva i segreti del Monte Gatto, quelli che ne controllano l’accesso, nonché la rete interna, un vero labirinto. In effetti, la montagna è vuota. Nei passaggi e cavità, che sono le interiora del Gatto, viene stivato il bottino dei pirati che poi lo vendono a prezzi elevati nel mercato nero delle stazioni e delle colonie. Si può ancora parlare di “mercato nero”, tanto questa pratica è comune e considerata da molti come “normale”?
È giunto il momento! Nella pancia del Gatto si nasconde il centro che comanda tutta la rete. È il posto giusto per colpire.
Come entrarvi? Ecco che arriva Mabick, il “pentito”.
Il punto debole della “Fortezza” è un accesso nascosto su uno dei fianchi della montagna. Mabick conosce il codice. Proviamo. Tre volte. Hanno cambiato il codice!
Cosa fare?
Il pentito crede di ricordarsi che spesso ESSI abbiano la tendenza a mantenere lo stesso insieme di numeri scambiandoli.
Quante combinazioni?
Idiota! Non è così... Ma Mabick insiste. Se provassimo... Un bagliore. La porta si muove... Il diaframma si apre!
Il commando dei marine è sul piede di guerra. Ora tocca a loro.
Monte Gatto scompare. Solo un orecchio esce dalla nebbia, di cui si avvolge il pianeta.
Ora sapete tutto, quasi tutto del ruolo che abbiamo giocato laggiù.
Il commando ha compiuto la sua missione. Anche noi. La prossima missione ci attende.
(Traduzione :
Giorgio Sangiorgi)
Un cordiale saluto all'amico Pierre Jean, fedele collaboratore di PEGASUS.
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