Ci fu un rumore nel
buio.
Halem Duf ebbe un
sobbalzo e rimase immobile, il fiato sospeso.
Si trovava nel proprio
rifugio a decine di metri sotto la superficie di Orkel, al sicuro dalle
micidiali radiazioni della bomba Akerion 240-T.
Chi altri, oltre a lui,
era riuscito a salvarsi dalla tremenda esplosione?
Non lo sapeva, né poteva
immaginarlo.
Sicuramente di
sopravvissuti ce n’erano in tutto il pianeta: lui, d’altronde, ne era la prova.
Si sarebbe pazientemente
ricostruito ciò che i crudeli avrediani avevano distrutto o, forse, creduto di
distruggere in modo definitivo.
Sbuffò leggermente,
quindi, con trepidazione, tese la mano: la mosse a tentoni a destra e a
sinistra.
D’un tratto le dita
avvertirono come una fonte di calore. Si arrestarono di colpo, in quella cieca
ricognizione, ma subito dopo ripresero a muoversi, finché non urtarono contro
qualcosa di molle.
Si udì un lamento, poi:
«Chi è… chi mi tocca?»
chiese una voce di donna.
In un primo momento
Halem Duf non rispose, serrò le mascelle e inghiottì la propria saliva.
«Sono… sono il notabile
Duf,» disse alla fine. «Credevo di essere solo nel rifugio.»
«Oh, io ti conosco!»
esclamò la voce femminile.
«Davvero?... Ma tu chi
sei?... Che cosa ci fai…?»
«Mi chiamo Takàlen. Ti
ho visto scendere nel sottosuolo un attimo prima che la bomba scoppiasse… Ti ho
chiesto, mentre correndo mi passavi davanti, se potevo seguirti nel rifugio.»
Duf scosse la testa,
quindi emise un lungo sospiro.
«Non ricordo… Non riesco in questo momento a
rammentarmi di nulla, né di te né di altro, all’infuori di quell'esplosione
spaventosa… Credo che resterà per sempre impressa nella mia mente.»
«Oh, sì! Impossibile dimenticarla. È stato qualcosa di molto terribile,» convenne
Takàlen. Tacque un istante, e Duf poté ascoltarne il respiro un po’ affannoso.
«Credo che pochi su tutto il pianeta,» riprese la donna, «siano riusciti a
salvarsi: solo quelli che, come te, avevano a disposizione un rifugio sicuro,
fornito dal Regime Oligarchico di Orkel.» Restò in silenzio per un istante poi,
cambiando di colpo il tono di voce: «Ma gli avrediani non vogliono
sopravvissuti tra i loro nemici, gli orkeliani. Per questo motivo hanno
costruito ordigni-robot a guisa di esseri simili a voi nell’aspetto, come anche
nel modo di muoversi, di parlare, perché si infiltrassero ovunque, specialmente
in luoghi protetti come questo.»
Halem Duf inghiottì nuovamente la propria saliva,
mentre un freddo sudore gli imperlava la fronte, gli scorreva lungo la schiena.
«Co-cosa significa?» balbettò. «Non capisco… Stai
forse dicendo…»
«…che sono un ordigno-robot, e per te non c’è
scampo.»
Di colpo il rifugio fu
rischiarato da un bagliore violento, accecante, al quale seguì una cupa
esplosione.
Beffardo destino di sopravvissuti messi in trappola dalla tecnologia. Bel racconto dal taglio classico, che gioca sulla puntuale sorpresa finale.
RispondiEliminaGiuseppe Novellino
Mille grazie, Giuseppe.
EliminaQuesto racconto mi e` piaciuto parecchio, non solo per lo stile piacevole ma anche perche` tocca uno dei miei cliché` preferiti: il post-apocalisse.
RispondiEliminaGrazie tante, anonimo (peccato non sappia chi sei).
Elimina