PAOLO SECONDINI
COMINCIA A PIOVERE
COMINCIA A PIOVERE
«Lascio a terra
qualcuno?» gridò Noè, prima di ritirare la passerella sull’Arca.
Non ebbe risposta.
Per un po’, egli volse lo sguardo in ogni direzione, poi:
«Lascio a terra qualcuno?» gridò nuovamente, le mani intorno alla bocca.
Un «Grunf!» improvviso gli fece girare il capo a sinistra.
«Chi è là?» chiese Noè. «Un ritardatario?»
«Grunf! Grunf!»
Il vecchio patriarca si grattò tra i candidi peli della barba. Sentì qualcosa – non più grande d’un sassolino – sotto i suoi polpastrelli. Lo prese con delicatezza tra l’indice e il pollice, l’accostò al viso.
Un coleottero!
«To’!» esclamò Noè. «Posso sapere che ci facevi nella mia barba? Dovresti già essere a bordo con la tua bella. In questo momento, non vedendoti, ti starà cercando da poppa a prua.»
«Grunf!»
«Ah! Dunque sei tu che parlavi?»
«Gru, grunf!» (Io, per l’appunto!)
«Hai da dirmi qualcosa?»
«Gru gru grunf grunf! Gr gru grunf gr gr grunf.» (Lasciami a terra, ti prego! Non consegnarmi a quella insopportabile smorfiosa.)
«Cosa?! Vorresti che ti lasciassi in mezzo al diluvio?»
«Grunf gr gru!» (Me la caverò!)
«Non dire sciocchezze!... E poi non posso.»
«Grunf?» (Perché?)
«Ho un ordine chiaro, preciso: due animali, maschio e femmina, di ogni specie.»
«Grunf?» (Davvero?)
«Ci puoi scommettere.»
«Gru gru gr, grunf grunf, gru gr grunf. Grunf grunf grunf… Grunf gru gru grunf?» (Se le cose stanno così, vuol dire che salverai – dati i rapporti non propriamente idilliaci tra me e la femmina della mia specie – anche i litigi, le ostilità, le incomprensioni, i tradimenti esistenti, suppongo, tra molti altri animali. Te la senti di assumerti questa responsabilità?)
«Pazienza!» rispose Noè alzando le spalle. «Non sono già a bordo quelle bisbetiche delle mie nuore?! Sono state le prime a salire sull’Arca, brontolando e inveendo contro il destino avverso. E i miei figli, felici, dietro di loro.»
«Grunf, gru? Grunf gru gru. Grunf, gr, gru, grunf! Grunf gru… Gru gru grrrrrrr!» (Ah, sì? Poveretti, li compiango! Quando si pentiranno sarà troppo tardi… To’, comincia a piovere! Nessuno, ormai, può scendere dall’Arca.»
Non ebbe risposta.
Per un po’, egli volse lo sguardo in ogni direzione, poi:
«Lascio a terra qualcuno?» gridò nuovamente, le mani intorno alla bocca.
Un «Grunf!» improvviso gli fece girare il capo a sinistra.
«Chi è là?» chiese Noè. «Un ritardatario?»
«Grunf! Grunf!»
Il vecchio patriarca si grattò tra i candidi peli della barba. Sentì qualcosa – non più grande d’un sassolino – sotto i suoi polpastrelli. Lo prese con delicatezza tra l’indice e il pollice, l’accostò al viso.
Un coleottero!
«To’!» esclamò Noè. «Posso sapere che ci facevi nella mia barba? Dovresti già essere a bordo con la tua bella. In questo momento, non vedendoti, ti starà cercando da poppa a prua.»
«Grunf!»
«Ah! Dunque sei tu che parlavi?»
«Gru, grunf!» (Io, per l’appunto!)
«Hai da dirmi qualcosa?»
«Gru gru grunf grunf! Gr gru grunf gr gr grunf.» (Lasciami a terra, ti prego! Non consegnarmi a quella insopportabile smorfiosa.)
«Cosa?! Vorresti che ti lasciassi in mezzo al diluvio?»
«Grunf gr gru!» (Me la caverò!)
«Non dire sciocchezze!... E poi non posso.»
«Grunf?» (Perché?)
«Ho un ordine chiaro, preciso: due animali, maschio e femmina, di ogni specie.»
«Grunf?» (Davvero?)
«Ci puoi scommettere.»
«Gru gru gr, grunf grunf, gru gr grunf. Grunf grunf grunf… Grunf gru gru grunf?» (Se le cose stanno così, vuol dire che salverai – dati i rapporti non propriamente idilliaci tra me e la femmina della mia specie – anche i litigi, le ostilità, le incomprensioni, i tradimenti esistenti, suppongo, tra molti altri animali. Te la senti di assumerti questa responsabilità?)
«Pazienza!» rispose Noè alzando le spalle. «Non sono già a bordo quelle bisbetiche delle mie nuore?! Sono state le prime a salire sull’Arca, brontolando e inveendo contro il destino avverso. E i miei figli, felici, dietro di loro.»
«Grunf, gru? Grunf gru gru. Grunf, gr, gru, grunf! Grunf gru… Gru gru grrrrrrr!» (Ah, sì? Poveretti, li compiango! Quando si pentiranno sarà troppo tardi… To’, comincia a piovere! Nessuno, ormai, può scendere dall’Arca.»
STEFANO VALENTE
STIRPE DI GOLIA
STIRPE DI GOLIA
«A-aiutatemi. Rabbi…»
Il giovanetto parlava sommessamente, quasi mormorando. Il vecchio rabbino, nell’ombra fresca della sinagoga, si sporse in avanti per ascoltare meglio.
« Aiutatemi, Rabbi, ve ne prego! », seguitò a piagnucolare il ragazzino. Tremava tutto, scosso da un’angustia troppo grande per la sua innocenza.
Anche l’anziano se ne rese conto, e ne ebbe un turbamento tale che riuscì appena ad accennare un gesto con il braccio, perché l’altro continuasse.
« Rabbi: è… è possibile commettere un peccato con un sogno? ».
L’ultima parola era stata pronunciata rapidissima, dentro un soffio di paura.
Il rabbino inghiottì con fatica – un boccone di buio. Il fanciullo non era lì a contargli un’ineziuccia, una marachella da scolari. No. Di lì a poco, da quella voce ancora stridula, immatura, avrebbe udito un abominio. Ne era certo – con la certezza dell’anima.
La mano rugosa trovò per lui la forza: ondeggiò nel trapezio di luce così che la confessione del ragazzo si compisse per intero.
« Io… io ho sognato questo, Rabbi: che ero nel tempio, leggevo i Primi Profeti – ma… ma il libro era diverso, la storia cambiava… ».
Ora stava fissando il giovane discepolo, e negli occhi velati, quasi ciechi, sentiva bruciare uno scintillio. Antichissimo, furtivo.
Ma il ragazzino non era incenerito. Proseguiva nel racconto del suo sogno.
« La storia della nostra stirpe, Rabbi: me lo ricordo per filo e per segno… Il libro cominciava come sempre: “Ecco, uscì dall’accampamento dei filistei un gigante, di nome Golia, originario di Gat: alto sei cubiti e una spanna… con una corazza a scaglie pesante cinquemila sicli di bronzo…”. Poi però, d’improvviso », e qui il fanciullo ebbe una pausa, bevve l’aria in un singhiozzo da annegato, « d’improvviso il libro diventava differente: Davide non perdeva la sfida con Golia, il sasso della sua fionda andava a segno… Golia, invece di uscire vittorioso – di afferrare l’israelita per spezzargli la schiena a mani nude, prima di risparmiarlo e quindi essere benedetto per l’eternità da Colui che non si nomina, Golia e tutta la sua discendenza –, Golia stramazzava a terra morto! E Davide, strappandogli la sua stessa spada, Rabbi… lo decapitava! ».
Adesso la vocina era rotta da un pianto soffocato. A tratti, in una nota gutturale sempre identica, risuonava la parola « peccato » – penosamente, ripetuta con vergogna immensa.
Il giovanetto parlava sommessamente, quasi mormorando. Il vecchio rabbino, nell’ombra fresca della sinagoga, si sporse in avanti per ascoltare meglio.
« Aiutatemi, Rabbi, ve ne prego! », seguitò a piagnucolare il ragazzino. Tremava tutto, scosso da un’angustia troppo grande per la sua innocenza.
Anche l’anziano se ne rese conto, e ne ebbe un turbamento tale che riuscì appena ad accennare un gesto con il braccio, perché l’altro continuasse.
« Rabbi: è… è possibile commettere un peccato con un sogno? ».
L’ultima parola era stata pronunciata rapidissima, dentro un soffio di paura.
Il rabbino inghiottì con fatica – un boccone di buio. Il fanciullo non era lì a contargli un’ineziuccia, una marachella da scolari. No. Di lì a poco, da quella voce ancora stridula, immatura, avrebbe udito un abominio. Ne era certo – con la certezza dell’anima.
La mano rugosa trovò per lui la forza: ondeggiò nel trapezio di luce così che la confessione del ragazzo si compisse per intero.
« Io… io ho sognato questo, Rabbi: che ero nel tempio, leggevo i Primi Profeti – ma… ma il libro era diverso, la storia cambiava… ».
Ora stava fissando il giovane discepolo, e negli occhi velati, quasi ciechi, sentiva bruciare uno scintillio. Antichissimo, furtivo.
Ma il ragazzino non era incenerito. Proseguiva nel racconto del suo sogno.
« La storia della nostra stirpe, Rabbi: me lo ricordo per filo e per segno… Il libro cominciava come sempre: “Ecco, uscì dall’accampamento dei filistei un gigante, di nome Golia, originario di Gat: alto sei cubiti e una spanna… con una corazza a scaglie pesante cinquemila sicli di bronzo…”. Poi però, d’improvviso », e qui il fanciullo ebbe una pausa, bevve l’aria in un singhiozzo da annegato, « d’improvviso il libro diventava differente: Davide non perdeva la sfida con Golia, il sasso della sua fionda andava a segno… Golia, invece di uscire vittorioso – di afferrare l’israelita per spezzargli la schiena a mani nude, prima di risparmiarlo e quindi essere benedetto per l’eternità da Colui che non si nomina, Golia e tutta la sua discendenza –, Golia stramazzava a terra morto! E Davide, strappandogli la sua stessa spada, Rabbi… lo decapitava! ».
Adesso la vocina era rotta da un pianto soffocato. A tratti, in una nota gutturale sempre identica, risuonava la parola « peccato » – penosamente, ripetuta con vergogna immensa.
* * *
Finalmente,
dopo minuti interminabili scanditi dal pulviscolo a danzare nelle altezze della
volta, il rabbino si indirizzò al discepolo. Aveva un’inflessione lenta,
consolante; e tuttavia il fanciullo vi intese una vertigine – come
l’equilibrismo elettrico dei grandi mentitori.
Spiegò, l’anziano, vecchissimo rabbino.
Che i piani di Colui che non si nomina sono impenetrabili. E molteplici.
E altrettanto i mondi che la Sua Mente ha immaginato e immagina.
E quindi affermò pure che non si può escludere – e, anzi, la Qabbalah lo testimonia – che esista un altro Secolo, con altri sacri libri, nei quali la stirpe di Davide (o degli uomini) è l’unica eletta, dove non è mai stato il tempo della stirpe di Golia.
Spiegò, l’anziano, vecchissimo rabbino.
Che i piani di Colui che non si nomina sono impenetrabili. E molteplici.
E altrettanto i mondi che la Sua Mente ha immaginato e immagina.
E quindi affermò pure che non si può escludere – e, anzi, la Qabbalah lo testimonia – che esista un altro Secolo, con altri sacri libri, nei quali la stirpe di Davide (o degli uomini) è l’unica eletta, dove non è mai stato il tempo della stirpe di Golia.
Quando
il Rabbi ebbe concluso, e si levò in
piedi – una torre ricurva di tendini, di ossa e di pelle avvizzita: ché i
giganti non smettono mai di crescere, fino all’ultimo giorno della loro vita –
sfiorando i candelabri del soffitto, il terrore che incuteva la sua vista fece
sì che il ragazzino dimenticasse tutto.
Che non si accorgesse della smorfia amara sul volto del centenario che rimuginava fra sé e sé – si torturava.
Perché un giorno di molti anni prima, nei sotterranei della sinagoga, fra i rotoli, i manoscritti e i tomi della biblioteca inaccessibile, lui stesso aveva avuto tra le mani il libro in cui Davide trionfava.
E poi, dopo averlo letto – ancora e ancora, incredulo –, lo aveva intriso d’olio di lanterna, e acceso.
Che non si accorgesse della smorfia amara sul volto del centenario che rimuginava fra sé e sé – si torturava.
Perché un giorno di molti anni prima, nei sotterranei della sinagoga, fra i rotoli, i manoscritti e i tomi della biblioteca inaccessibile, lui stesso aveva avuto tra le mani il libro in cui Davide trionfava.
E poi, dopo averlo letto – ancora e ancora, incredulo –, lo aveva intriso d’olio di lanterna, e acceso.
PEPPE MURRO
SUL MONTE
SUL MONTE
Guardò il figlio, ne
intuì la rassegnata disperazione e la domanda inespressa. Si chiese anche lui
perché il suo dio volesse tutto questo, cercò di respingere dentro il suo
tormento di padre per quel gesto orrendo e inusitato che chiunque avrebbe
trovato inaccettabile.
Si disse pure che forse
era il suo demone malvagio che voleva armargli la mano perché il sangue e la
colpa segnassero la sua vita... ma sapeva che non poteva comunque sfuggire a
quella scelta, o il suo no o l'obbedienza alla voce che gli parlava nei
pensieri.
Provò anche la bestemmia
di dirsi che nessun dio avrebbe mai provato quel dolore di padre, ma era
vecchio, era rassegnato a quella cieca obbedienza.
La sua anima, in
un'ultima protesta, gridò quanto nessun uomo avrebbe potuto mai capire: "Perché?".
Chiuse gli occhi, il
vecchio Abramo, ed alzò il pugnale.
ADRIANA ALARCO DE ZADRA
LO SCULTORE
LO SCULTORE
Dopo aver terminato la
statua di marmo della Disperazione e del Pensiero, Rodin scolpì Eva.
Prima di finirla era già innamorato di lei. In precedenza, aveva amato Danaide, ma poi, quando una notte liberò completamente Eva dalla pietra, egli l’abbracciò, l’accarezzò e l’amò con passione.
Lei desiderava restare da sola e aspettare Adamo, ma Rodin le ripeteva:
«Non c’è peccato nella bellezza, ma negli occhi di chi la contempla.»
E mise Eva nel suo letto.
Il giorno seguente, l'artista era immobile, stremato, lo sguardo fisso nel vuoto.
Eva, anche lei esausta, decise di rallentare il ritmo. Uscì dall’ appartamento di Rodin e si rifugiò in quello che volle chiamare, il Paradiso Terrestre.
Prima di finirla era già innamorato di lei. In precedenza, aveva amato Danaide, ma poi, quando una notte liberò completamente Eva dalla pietra, egli l’abbracciò, l’accarezzò e l’amò con passione.
Lei desiderava restare da sola e aspettare Adamo, ma Rodin le ripeteva:
«Non c’è peccato nella bellezza, ma negli occhi di chi la contempla.»
E mise Eva nel suo letto.
Il giorno seguente, l'artista era immobile, stremato, lo sguardo fisso nel vuoto.
Eva, anche lei esausta, decise di rallentare il ritmo. Uscì dall’ appartamento di Rodin e si rifugiò in quello che volle chiamare, il Paradiso Terrestre.
IL DIO SOLE
Il Sole è arrabbiato.
Ormai più nessuno crede che Lui è un dio.
Quale eresia! Che delusione!
Anche se è ancora una potenza celeste con i centauri a sua disposizione e molti pianeti gioviali che lo amano, oggi si è riempito di macchie di rabbia in faccia vedendo quell’ombra di infedeltà caduta sulla sua corona. Allora, con un ruggito invia venti solari verso le Ande e gonfiandosi come un pallone diventa sempre piú mostruoso e piú gigantesco.
Con una mano genera scintille e tutti i raggi che può versare sugli abitanti andini: raggi gamma, raggi X, raggi UV, elettroni, laser e anche i raggi del suo microonde personale. In questa forma scioglierà il ghiaccio andino, i ghiaccioli, i lastroni di ghiaccio eppure i gelati. Tutta l’acqua invaderà la terra finché rimarrà soltanto una piccola isoletta in mezzo all’oceano.
Allora, pensa il Sole con soddisfazione, Eva Yupanqui morderà la mela dell’albero e allora Lui potrà indossare un’altra volta la corona del dio Sole.
Quale eresia! Che delusione!
Anche se è ancora una potenza celeste con i centauri a sua disposizione e molti pianeti gioviali che lo amano, oggi si è riempito di macchie di rabbia in faccia vedendo quell’ombra di infedeltà caduta sulla sua corona. Allora, con un ruggito invia venti solari verso le Ande e gonfiandosi come un pallone diventa sempre piú mostruoso e piú gigantesco.
Con una mano genera scintille e tutti i raggi che può versare sugli abitanti andini: raggi gamma, raggi X, raggi UV, elettroni, laser e anche i raggi del suo microonde personale. In questa forma scioglierà il ghiaccio andino, i ghiaccioli, i lastroni di ghiaccio eppure i gelati. Tutta l’acqua invaderà la terra finché rimarrà soltanto una piccola isoletta in mezzo all’oceano.
Allora, pensa il Sole con soddisfazione, Eva Yupanqui morderà la mela dell’albero e allora Lui potrà indossare un’altra volta la corona del dio Sole.
DANIEL FRINI
GENESI, capitoli dalò 6 al 9
GENESI, capitoli dalò 6 al 9
«… E allora Mosè prese una coppia per ogni specie di
uccelli, di bestiame e di rettili, perché potessero sopravvivere. Inoltre,
raccolse viveri d’ogni tipo e li immagazzinò per utilizzarli come cibo per lui
e per gli animali. Quando fu tutto pronto, Mosè entrò nell’arca insieme alla
sua famiglia, e si preparò ad attraversare il Mar Rosso…»
— Chiedo perdono, mio Signore — disse l’angelo — ma mi sembra che i personaggi e le storie si stiano confondendo…
— Chi scrive il Libro? — replicò Dio — tu o io?
— Chiedo perdono, mio Signore — disse l’angelo — ma mi sembra che i personaggi e le storie si stiano confondendo…
— Chi scrive il Libro? — replicò Dio — tu o io?