sabato 15 novembre 2014

RIMPIANTO di Paolo Secondini



L’interfono squillò sulla scrivania di Mary Jacobson.
«Signore?» disse la segretaria, dopo avere premuto un pulsante dell’apparecchio.
«Venga un istante, la prego!» rispose una tremula voce senile.
«Senz’altro, signore!»
Mary Jacobson, giovane e graziosa, percorse a passi veloci un lungo corridoio. Bussò ed entrò nell’ufficio del direttore generale.
Non vide nessuno.
«Signor Boronsky?... Signor Boronsky?...» chiamò.
Non ottenuta risposta, stava per lasciare la stanza quando una voce la fermò.
«Sono qui, signorina!»
La segretaria si volse e, con grande stupore, scorse Arthur Boronsky seduto al solito posto: nella poltrona dietro la scrivania.
«Oh! La prego di scusarmi, signore!» rispose arrossendo. «Non mi spiego come ho potuto non vederla.»
«La capisco, signorina,» disse il direttore generale. «Con l’età mi sono rimpicciolito al punto di essere quasi invisibile. Ho più di cent’anni, sa?»
«Oh!» esclamò di nuovo la segretaria. «A me pare, signore, che lei non dimostri…»
«…l’età che ho?» la prevenne Boronsky. «È molto gentile, ma non menta. Sono vecchio, anzi vecchissimo. Mi muovo e parlo con molta fatica… Si sieda, la prego,» e indicò la poltrona davanti alla scrivania. Poi afferrò, con mano tremante, il collo di una bottiglia e riempì due bicchieri. «Ne prenda uno,» disse. «Voglio brindare alla sua efficienza. Non immagina quanto mi siano indispensabili i suoi servigi… Alla sua salute, signorina!»
 Mary Jacobson bevve, a piccoli sorsi, un liquore denso, giallastro.
«Come le sembra?» volle sapere Boronsky, guardandola negli occhi.
«Forse un po’ dolce per i miei gusti, ma tutto sommato gradevo…»
Non finì di parlare.
Reclinò la testa sul petto e rimase immobile, come si fosse addormentata. Dopo qualche secondo l’alzò di nuovo e fissò lo sguardo sul viso attraente di un uomo seduto dietro la scrivania. Poteva avere all’incirca trent’anni.  Era robusto, atletico, dai lunghi capelli biondi, dagli occhi verdi, dal sorriso cordiale.
«Signor Boronsky… è lei?» chiese, timidamente, la segretaria.
«Non mi riconosce?»
«Ma certo! Che stupida! Non so proprio che cosa mi accade quest’oggi!»
Arthur Boronsky non rispose. Si alzò con fatica dalla poltrona e, vacillando sulle gambe, si avvicinò a Mary Jacobson. Le prese il viso tra le mani gracili, rattrappite, ma che agli occhi di lei apparivano sane e vigorose.
«C’è una cosa che desidero fare da tempo,» disse l’anziano direttore, la cui voce, agli orecchi della segretaria, aveva un timbro decisamente giovanile. «Vorrei tanto baciarla, signorina. Spero che lei lo permetta.»
«Ecco, signore… io… non so…»
Ma prima che potesse aggiungere altro, Arthur Boronsky si chinò lentamente e, con labbra fredde, livide, grinzose, la baciò sulla bocca.
Poi tornò a sedersi nella poltrona e attese che la segretaria si riavesse dall’effetto dell’OSSUN C-138
Niente ricorderà di quel che è successo, si disse mentalmente, mentre io conserverò fino alla fine dei miei giorni – pochi, purtroppo! –, la dolcezza infinita delle sue labbra morbide e vellutate…. Oh! Avessi realmente trent’anni, cara signorina!


6 commenti:

  1. Bello, tenero e dolce il racconto di Paolo Secondini che descrive con parole gentili il desiderio atavico di non invecchiare mai.

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  2. L'impossibile tensione alla giovinezza coniugata con la sf in un racconto ben misurato.

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  3. Ahhh... quando si dice che l'amore è una questione di chimica!
    Bel raccontino, Paolo.

    Danilo Concas

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  4. Piacevole racconto, venato di sottile malinconia. Ormai sono anch'io nell'età in cui si gradirebbe bere un po' di quell'OSSUN C-138.
    Dove lo si può trovare?

    Giuseppe Novellino

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  5. Non disperare, caro Giuseppe! Abbiamo mandato Philae a posarsi su una cometa distante da Terra cinquecentodieci milioni di chilometri (dico cinquecentodieci milioni!) e non siamo capaci di produrre l’OSSUN C-138?. Sarà una bazzecola, una quisquilia, una pinzillacchera!
    Grazie a tutti dei commenti lusinghieri.

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  6. Piacevole stile, efficace racconto di sf.
    G.S.

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