«To’, guarda, Gedeone, ci sono due
tipi in fondo alla sala,» bisbigliò Evaristo all’orecchio dell’amico. «Hanno
anch’essi le torce elettriche. Chi saranno?»
«Certamente non sorveglianti. Ci
avrebbero già intimato di fermarci e, probabilmente, sparato contro.»
«Vuoi dire che come noi sono qui
per rubare?»
«Nessun dubbio. Tra ladri c’è
concorrenza al giorno d’oggi,» rispose Gedeone cercando di penetrare con lo
sguardo la fitta penombra.
«Che cosa facciamo?»
«E che vuoi fare?! Il palazzo è
grande: c’è spazio per tutti. L’importante è non intralciarsi.» Rimase un
istante in silenzio, deglutì, poi: «Aspettami qui. Vado a dir loro se possono
agire al piano di sopra, mentre a noi riserveremo il piano terra. O viceversa.»
«Sì, sì, ottima idea!» convenne
Evaristo annuendo. «Vai, vai!»
Gedeone si diresse verso i due
tipi, ancora fermi nel punto di prima, no, anzi… uno di loro, adesso, gli
veniva incontro.
Qualche metro distante, Evaristo
assisteva alla scena, respirando adagio.
Spero di giungere a un rapido accordo, pensò Gedeone mentre avanzava per la sala. Dovunque, in questo palazzo, ci sono oggetti di grande valore: quadri, statue,
orologi, argenteria, porcellane varie… Possiamo far tutti un ottimo bottino.
* * *
«Ebbene?» chiese Evaristo allorché
Gedeone fu di ritorno. «Che cosa ti ha detto?»
«Non ha pronunciato una parola.»
«Ma come è possibile? Gli hai
esposto la nostra intenzione?»
«Non ho potuto.»
«E per quale motivo?»
«Ti assicuro che è molto difficile fare un
accordo con uno che altri non è… se non te stesso.»
«Spiegati meglio. Non capisco.»
«Accidenti, Evaristo! Siamo noi due
quelli là in fondo, riflessi nello specchio della sala.»
«Oh, caspita!» esclamò l’amico scaricando di colpo la propria tensione. «Che
bellezza! Arraffiamo tutto noi due?»
«Muoviamoci!»
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