(Testi esposti nel 2010-2012 alle mostre/performances del
gruppo paradadista di Treviglio DONNA CON FRITTATA)
Frittata cosmogonica 0
Approntata
la padella, lancerai la parola.
Nello
strato sottostante, puramente potenziale fino ad allora, cadrà
l’uovo-logos.
Perderai
tutto, in quell’istante. Ma è anche vero che, per certi versi, non accadrà
nulla e continuerai a controllare la frittata, consapevolmente.
Ci sarà l’irreversibile incremento delle fratture. La
tua coscienza sarà infinitesima, nel proliferare di pack di realtà evolventesi.
Crepe su crepe in nome della tragedia della differenziazione. Non ne saprai
nulla, per eoni. Molti tipi di minerali non sapranno alcunché. E poi i
vegetali. Tutto sarà lasciato indietro e depositato in strati. Creeranno il
paesaggio. Saranno il tuo passato.
Infine
nascerà una minuscola copia di te stesso, che avrai cura di selezionare quale
alveo di conoscenza. L’arte darà una
mano ai tuoi episodi, ma sarà solo un mezzo, non un fine. Inizierà, nel corso
delle ere, il viaggio di ritorno a casa.
Fino alla ricostituzione della compatta, sapida frittata originaria.
Riporrai
l’uovo in bella vista su uno scaffale, accanto agli altri. Guarderai,
assicurato, la cucina di sempre.
E
dopo? Dopo lancerai la parola.
Frittata cosmogonica 1
Esposti
alla forza interferente di una supernova, mescerete una nube gassosa fredda
ricca di idrogeno ed elio.
La
vedrete comprimersi verso l’interno. Spingendo viepiù, innescherete il
collasso. Vedrete il disco ruotare più rapidamente. Gravità, pressione, campi
magnetici, rotazione centrifugheranno il tutto ed ecco delinearsi la
prelibatezza preventivata, la casual-deliberata
frittata.
Vedrete,
al suo centro, occhieggiare la protostella. Lì la temperatura andrà sempre più
aumentando. Poco a poco - perseverando in collisioni e fusioni - acqua e
metano, silicati e metalli formeranno piccoli nodi. Più esternamente
confluiranno gli elementi più leggeri,
aggregandosi in grossi globi
prevalentemente gassosi.
Avrete
cura di mantenere le condizioni adatte e vedrete evolversi dalle masse interne
corpi più estesi. Assisterete,
compiaciuti, all’addensarsi di un globo
compatto, dopo i primi due a ridosso del centro. Lo osserverete
riconoscenti, timorosi, ricordando qualcosa.
Sarà
allora che, precipitando la vostra vista dentro parvenze tremule, nell’ incapsularsi soffice di
tessuti e gocciolanti spasimi
rosei, vi vedrete nascere.
Frittata cosmogonica 2
Proseguendo
nella cottura, mi accorsi delle occasioni di rammarico. Sollevandone porzioni,
la massa tornava a se stessa in plurimi
sottigliezze. Coincidendo in quelle, il
mio uno diveniva due e poi tre. E dopo
decine.
Dovevo
avere i riflessi pronti per non precipitare nella mia dispersione, per cui
assecondai una sola striscia per volta, seguendola nel suo percorso.
Il
mio ideale di liscia frittata intatta, a suo totale agio di bollore, mi
costringeva a cadere lungo una data vicenda di molecole, una dopo l’altra.
Frequentavo in sequenza la successione dei loro risultati relativi, abbandonando le storie sconfitte nell’amalgama dove si rovesciavano,
in un annodarsi immediato o controverso. Ne restavano tracce sepolte nei trepidi cunicoli vischiosi, cisti
e cicatrici di esperienze negate.
Non
si trattava di scegliere ad incroci e biforcazioni. Ogni bivio scompariva nel
momento stesso del suo attraversamento. Mi tuffavo cieco nel filo che, ad ogni
alzata di forchetta, sceglievo di accompagnare nel suo futuro sommerso.
Bisognava fare molta attenzione, perché non potevo compromettere la riuscita
della frittata quale possibilità
compiuta, in cui gli adesso mancati non avrebbero prodotto smagliature. Fu
un’illusione. Mi ritrovai comunque ammaccato dai presenti probabili, smarriti, rifiutati.
Affrontando
le serie parallele di delusioni, non mi restava che perseguire le risoluzioni dell’arte.
Fino
a quando, dolorosamente fumante, la frittata non sarebbe stata pronta, alla
fine e all’inizio dei tempi.
Frittata
cosmogonica 3
La donna con frittata sapeva di aver sognato
se stessa che cucinava la frittata.
Il
dubbio che la stava cogliendo in quel momento era se lei non fosse, invece, la
donna sognata. Per questo era concentrata sulla consistenza di quanto la circondava,
impegnata a cogliere ogni colore della cucina, ogni suono, dall’urto del
forchettone sulla padella all’eco lontano di una metropoli in fuga.
Valutava
l’intensità tattile dei suoi imperterriti maneggi. Ma poteva anche darsi che stesse sbagliando in
ogni caso, essendo, a sua volta, il sogno della donna sognata.
Riteneva
tuttavia che, in una così estrema
eventualità, la labilità delle cose avrebbe dovuto palesarsi senza ombra di
dubbio. Di fatto questo non avveniva, parendole che la pregnanza di quanto
stava vivendo fosse normale. La sensazione
della crassa umidità dell’aria le dava anzi l’impressione che
l’esperienza fosse particolarmente lucida e consapevole.
Questione
di slittamenti. Ancora un attimo e avrebbe pensato di essere in una realtà potenziata,
una realtà al quadrato. In quel caso lei non
sarebbe stata la donna che aveva fatto il sogno, ma addirittura colei che la precedeva, il calco
originario.
Era
così che la materia avrebbe sfondato il limite del percepito. Cuoca e annessi
avrebbero infine coinciso con il proprio farsi.
Frittata cosmogonica 4
I pizzi, le areole, le aiuole.
Fuoriescono le parrucche, le bacche, rotolano le verze e le bocce. Precipitano
i sostrati, le vicendevoli risorse dei bricchi, le compagini ministerial-peristaltiche,
con tutto il seguito delle visioni, delle commende e dei settori imboscati
degli accordi ambigui, delle amicizie incaute, base imperitura di falsi amori.
Anteposta, presiedi alla devastazione degli albori. Cadono le pitture, le
mansioni, le corolle, e con esse le leve, le reti, volatilizzandosi con le
mulattiere, le trottole di mirabolanti brevetti, le luci pulsanti e i fragori
degli anni. Emersioni, nel definirsi di
frastagliate parabole. Le cavi dai tuorli in suggeriti sbocchi, fiotti di
smagliature. Le delinei nella gelatina di adducenti freni. Emersioni annodanti
i cerchi, le paffute filiere di variabili al tatto, sotto conati di macchia,
lievi musi di feti. Imbevuti resti di frasche e strame, macerati in pois,
presentiti romboidi di pus. Avvolgimenti languidi di pennacchi e trecce in
forse, perseguimenti effimeri di
imbragate cornici. Quadri e definizioni che si accavallano morendo nel corso
degli accorrimenti ansiogeni, nel provvisorio fluire di micragnosi factotum,
nella tua indifferenza distratta. D'occasione Pandora.
Frittata cosmogonica 5
Si ingolfarono
singolarità-ossessione, nella gran frittata che fu fatta.
Nazioni, stamberghe, città metropolitane. Felici pochi. Fiori e koala. Ogni
individuazione incise sul gusto, sul colore residuo sul mestolo.
Questo fu il nostro modo di essere surfisti dell'amalgama. Professoresse, arrotini, magistrati,
metalmeccanici, preti e merciaie. Le cose e i loro nomi. Le categorie, le
opere. I significanti nella rete delle proiezioni, dei desideri, in mezzo alle
parole generantesi senza soluzione di continuità.
E le voci distoniche, le discese
nell'idioletto, a precipizio, fino alla monade, al solipsismo di ogni
divergenza più o meno poetante.
Ma dietro la scena, se si andava alla ricerca del vero, mitico significato,
della sostanza, dell'essenza, ci volgevamo
incontro al non-nulla.
L'opaco, noioso - fastidioso definitivo
ronzio - gran mare dell'essere.