(Illustrazione: Paolo Secondini - Astrattismo plastico)
...sebbene fosse il padrone del mondo, non sapeva bene ancora che cosa fare in seguito.
Ma avrebbe escogitato qualcosa.
Si fermò ancora ad
osservare quelle palla lattiginosa che una radioattività rovente andava bruciando,
pensò con un certo stupore ai popoli ed alle loro storie, pensò a quanti si
erano un giorno guardati con sguardi d’amore, pensò a quanti avevano guardato
le stelle con meraviglia.
Si sforzò, ma neanche
tanto, di capire tutto questo, e la
musica, la poesia, le dolcezze di legno e di marmo che l’anima esprimeva.
Decise però che l’odio e la stupidità erano più grandi e non assolvevano il
pianeta, che era necessario un diverso esperimento, a cui avrebbe prestato cura
maggiore di quella di un qualunque creatore.
E per un’ultima volta volle
guardare in basso. E vide, con curiosità e meraviglia, un giunco che si piegava
docile alla carezza mortale del fuoco, quasi accettandone l’abbraccio,
cercandolo.
Capì qualcosa che lo colpì
come una ferita… l’offrirsi a quel fuoco.
E pianse, sulla sua durezza
pianse, sulla sua anima arida di dio pianse.
Era solo, e tutto era privo
di luce.
Era solo come non aveva mai
creduto… solo… il buio e se stesso.
Interessante, riflessiva come sempre la narrativa di Peppe Murro,
RispondiEliminaIl giunco che si piega docilmente alla mortale carezza del fuoco è un'immagine veramente poetica, struggente. Rimbomba nel racconto e, direi, lo caratterizza nella sua divina nostalgia. Una bella, breve e fulminante prova sulla solitudine di Dio. In poche parole viene rievocata la fine del mondo e la tristezza che inevitabilmente la pervade. Mi è piaciuto moltissimo. In un breve racconto una forte suggestione e un invito a meditare.
RispondiEliminaGiuseppe Novellino