“Non avrei mai pensato”, disse Luis Alvarez Sosa, “Di
trovarmi un giorno a esercitare in un tribunale come questo”.
Christian Bellinghouse non rispose nulla tranne un
rassegnato scuotimento di spalle e uno sguardo sconsolato.
Alvarez Sosa era un giovane alto, bruno, elegante, dai
modi aristocratici, che si sarebbe detto un ballerino di flamenco, ma era
considerato il miglior penalista del foro di Lisbona.
Christian Bellinghouse era molto più anziano del
collega, vestiva un abito di ottima fattura un tantino demodè e sfoggiava una
candida criniera leonina che incorniciava il suo volto da patriarca; era da
molti anni la star indiscussa dell’Old Bailey di Londra.
Entrambi apparivano fuori luogo in quell’ambiente, ma
qualsiasi essere umano sarebbe sembrato fuori luogo in quell’ambiente.
Se i due uomini fossero stati in vena di reminiscenze
letterarie, cosa che certamente non erano, il paragone che si sarebbe più
spontaneamente presentato alle loro menti circa l’ambiente che si trovava poco
oltre la cupola trasparente, era con l’inferno dantesco.
Il cielo là fuori era di colore prevalentemente
marrone con vistose striature giallo vivo: un’atmosfera composta principalmente
da metano e zolfo. A tratti, un lampo vivido scoccava fra le nubi giallastre
seguito da uno scroscio di pioggia di acido solforico.
Il suolo era butterato di crateri, non tutti generati
dagli impatti di meteoriti, infatti dalla bocca di alcuni uscivano fiamme
vivide: non era sempre lava, non sempre eruttavano, il più delle volte erano
solo le esalazioni di metano che bruciavano.
In lontananza si scorgeva un lago dalle “acque”
violacee: era un lago di ammoniaca, era stato spiegato loro, e il colore
violaceo era dovuto allo ione ammonio. L’ammoniaca era ricoperta da una schiuma
sfrigolante che si formava quando veniva a contatto con l’acido solforico.
Poco lontano, quasi in riva al lago, si vedeva una
lunga sagoma nerastra: era l’astronave da trasporto dei Beutzi, e i due uomini
sapevano che nelle sue stive erano ammassati migliaia di esseri umani senza
alcuna distinzione di sesso, età, razza, fede religiosa, opinioni politiche, e
non erano che il “primo carico” di quanti sarebbero stati di lì a poco
trascinati verso un destino ignoto, a meno che il collegio difensivo di cui i
due uomini erano la punta di diamante, non riuscisse nell’improbabile impresa
di vincere la causa davanti al tribunale galattico.
Le Nazioni Unite che erano la cosa che ancora
somigliasse di più a un governo planetario terrestre, avevano scelto con un’attenta
selezione il miglior collegio difensivo di cui si potesse disporre, ma c’era un
inconveniente: nessuno sulla Terra poteva dirsi un esperto di legislazione
galattica.
Alvarez Sosa e Bellinghouse si fissarono negli occhi:
avevano fatto il meglio possibile, ma la responsabilità del destino di svariati
miliardi di esseri umani, compresi loro due stessi, era un peso troppo
opprimente.
Alvarez Sosa alzò lo sguardo a sbirciare il banco
della parte avversa.
Più alti e robusti di un uomo, i Beutzi avevano una
struttura che grosso modo si sarebbe potuta definire umanoide, erano bipedi con
due braccia, ma la somiglianza con l’uomo finiva qui: avevano un esoscheletro
esterno, forse di chitina come gli insetti terrestri, forse qualche altra
sostanza, vallo a sapere, che solo alle articolazioni era sostituito da un
tessuto più flessibile ed elastico ma pur sempre spesso come la pelle di un
rinoceronte. Le facce erano delle maschere rigide senza espressione. Le bocche
non avevano denti ma dei coriacei bordi seghettati; il colore era un uniforme
grigiastro. Per quanto si sforzasse, Alvarez Sosa non era mai riuscito a
distinguere caratteristiche individuali, neppure il sesso, sempre che ne
avessero uno: sembravano il clone l’uno dell’altro o di un unico modello, e chissà
forse lo erano.
Naturalmente, sulla maschera rigida che era la faccia
dei Beutzi non era possibile leggere nessuna espressione, ma allora perché, si
chiese il penalista portoghese, aveva l’impressione che avessero un’aria
soddisfatta e gongolante?
Il servizio d’ordine era assicurato dagli Squirmi,
piccoli bipedi pelosi dal muso simile a quello di una volpe con i peli ispidi e
ritti come se avesse appena ricevuto una scossa elettrica ad altissimo
voltaggio. Alvarez Sosa si chiese che senso avesse: era sicuro che se lo avesse
voluto, un beutzi sarebbe riuscito a sopraffare uno squirmi in pochi secondi
con estrema facilità.
“In piedi e silenzio!”, strillò uno squirmi con una
vocetta acuta e stridula, “Entra la Corte!”
Suo Onore il giudice Umploogas entrò seguito da due
cancellieri, due squirmi la cui funzione era puramente decorativa, perché gli
atti del processo erano registrati elettronicamente dal vivo. Suo Onore il
giudice Umploogas, però, non era né uno squirmi né un beutzi, somigliava
all’incubo di un pittore surrealista che, sotto l’effetto di allucinogeni,
avesse avuto uno “sballo” cattivo: sembrava una grossa vescia o vescica
giallastra che si librasse nell’aria, parzialmente sgonfia, con due macchie
fumose là dove ci sarebbero dovuti essere gli occhi, che forse erano e forse
non erano gli organi della vista. Poco più sotto c’era un cespuglio di
appendici, alcune simili a piccole antenne, altre stranamente piumose, che
dovevano essere gli organi di un senso o di qualche senso sconosciuto agli
umani del pianeta Terra.
Ai lati, là dove ci sarebbero dovute essere le
braccia, c’erano delle appendici che ricordavano dei lombrichi giganti di
singolare lunghezza e spessore; alle estremità di queste, una sorta di vermi
grossi e tozzi erano in realtà le dita della creatura.
Suo Onore il giudice Umploogas non aveva arti
inferiori, il suo corpo terminava in basso con un’estremità rotondeggiante da
cui spuntava una sorta di ugello. Il popolo cui apparteneva il giudice
Umploogas, i Booragooan, abitavano un pianeta a bassa gravità e si spostavano
espellendo dall’ugello posteriore il gas che si formava nelle loro viscere a
seguito delle fermentazioni intestinali dei processi digestivi.
Alvarez Sosa sapeva che qualcuno aveva proposto per il
pianeta dei Booragooan il nome di Petonia, ma in quel momento non aveva nessuna
voglia di scherzare.
Nel pianeta dove si svolgeva l’udienza c’era una
gravità pressappoco di un “G”, e Suo Onore il giudice Umploogas si muoveva
grazie a una cintura munita di piccoli razzi che portava all’equatore del
corpo; senza di essa, si sarebbe afflosciato al suolo come un sacco vuoto.
Suo Onore il giudice Umploogas prese posto sul podio;
per essere esatti, si ancorò ad esso, poi cominciò a parlare con una strana
voce gorgogliante.
“Signori, buon giorno”, disse, “Sto per emettere la
sentenza su questo caso, ma prima, a beneficio dei nostri convenuti terrestri
che non sembrano avere molta pratica di diritto galattico, richiamerò
brevemente le norme che riguardano il caso in esame.
Come sembra che tuttora non vi sia completamente
chiaro, la nazione aderente alla Federazione Galattica che stabilisce un Primo
Contatto con un popolo selv … non aderente alla Federazione, esercita su
quest’ultimo un diritto di giurisdizione. Questa norma da secoli è considerata
inderogabile, perché nel passato ci sono state molte feroci guerre
interplanetarie fra le nazioni che oggi compongono la Federazione, guerre
scoppiate per contendersi le risorse dei pianeti sottosvilup … non aderenti
alla Federazione. Ovviamente, è stata introdotti una legislazione molto precisa
e rigorosa per tutelare i popoli primit … non aderenti alla Federazione da
possibili abusi.
Veniamo ai fatti: secoli fa dal pianeta Terra, dalla
località nota con il nome di Arecibo, è stato inviato nello spazio un
radiosegnale denominato CETI che, potendo viaggiare soltanto alla velocità
della luce, è giunto a destinazione non prima di venti CGS fa, data nella quale
è stato ricevuto dai nostri aventi causa, i Beutzi.
Il CGS, Ciclo Galattico Standard, ve lo ricordo perché
in questa causa la questione dei tempi è estremamente importante, corrisponde
approssimativamente a quaranta giorni terrestri.
Come è emerso dal dibattimento, i Beutzi hanno
ricevuto e tradotto il segnale, e inviato una risposta che è giunta sul pianeta
Terra in soli 0,5 CGS perché inviata per via subspazio infradimensionale.
Come previsto dalla Normativa Galattica per i Primi
Contatti, la risposta conteneva sia la Dichiarazione d’Intenti sia il
Protocollo Galattico di Garanzia redatti nelle lingue dei riceventi e in forma
ad essi comprensibile.
La Dichiarazione d’Intenti deve indicare le intenzioni
della nazione aderente alla Federazione nei confronti dei primit … non aderenti
alla Federazione, e questi hanno due CGS di tempo per presentare ricorso presso
la Commissione Galattica per i Primi Contatti nelle forme e nei modi indicati
nel Protocollo Galattico di Garanzia. Qualora il ricorso non sia presentato nei
tempi previsti, si intende approvata la Dichiarazione d’Intenti, vale il
principio del silenzio-assenso.
Trascorsi tre CGS, i Beutzi hanno aperto un tunnel
spaziale interdimensionale con un accesso nelle vicinanze del pianeta Terra, ed
iniziato a operare in base alla Dichiarazione d’Intenti. A questo punto, i
Terrestri hanno presentato ricorso presso la Commissione Galattica per i Primi
Contatti secondo la procedura indicata dal Protocollo Galattico di Garanzia,
ricorso che ha dato luogo al presente procedimento.
Dal dibattimento tuttavia è emerso che tale ricorso è
stato presentato troppo tardivamente per avere effetto sulla Dichiarazione
d’Intenti che s’intende accettata dalle parti, e d’altra parte non risulta che
il comportamento successivo dei Beutzi sia stato tale da eccedere i limiti
della Dichiarazione d’Intenti o da violare la stessa. Pertanto, il ricorso
proposto dai Terrestri è rigettato da questa Corte”.
Bellinghouse era diventato rosso in faccia, stringeva
i pugni e digrignava i denti cercando di contenere uno scoppio di collera.
“Vostro Onore”, esclamò cercando di controllarsi, “Vostro
Onore, la supplico di ripensarci. Avrà certamente notato che, come noi abbiamo
dimostrato nel corso del dibattimento, la terza parola della Dichiarazione
d’Intenti non è in lingua inglese come tutto il resto del messaggio”.
“Nondimeno, avvocato”, replicò Suo Onore il giudice
Umploogas, “E’ in una lingua terrestre ed è perfettamente chiara. Tale
circostanza sulla quale voi avete basato interamente il vostro ricorso, non
solo non è rilevante ai fini dell’obbligazione da voi contratta, ma la
possibilità che la Dichiarazione d’Intenti sia redatta in una combinazione di
lingue del popolo primit … non aderente alla Federazione con cui le nazioni
membri della Federazione vengono in contatto, è una possibilità espressamente
prevista dalla Convenzione Galattica sui Primi Contatti. In passato, prima
della stipula della Convenzione nella sua forma attuale, era successo che
diverse Dichiarazioni d’Intenti fossero contestate per irregolarità formali o
linguistiche, dando luogo a rivendicazioni e conflitti fra i Popoli Membri per
il controllo delle risorse dei pianeti selv… non aderenti alla Federazione, e
preservare la pace galattica è un obiettivo assolutamente primario”.
“Ma Vostro Onore, ma Vostro Onore”.
L'avvocato Bellinghouse sembrava sul punto di
esplodere.
“Vostro Onore”, proseguì, “Non le può essere sfuggito
che i Beutzi hanno agito nei nostri confronti in modo fraudolento. Ci hanno
comunicato la loro Dichiarazione d'Intenti in modo che non la riconoscessimo
per tale, ma la scambiassimo per un semplice segnale di ricevuto del messaggio
CETI con l'indicazione del luogo d'origine dello stesso”.
Se un pallone ambulante mezzo sgonfio con due macchie
nebbiose al posto degli occhi e gli organi fonatori non visibili avesse potuto
mostrare irritazione, quello era certamente il caso di Suo Onore il giudice
Umploogas. La sua voce gorgogliante si alzò di un'ottava diventando stridula.
“Avvocato Bellinghouse”, gracchiò, “Ha intenzione di
ripetere daccapo la sua arringa? Mi interrompa ancora una volta, e la faccio
allontanare dall'aula”.
Bellinghouse si bloccò e impallidì. Essere allontanati
dall'aula significava essere sbattuti fuori dalla cupola a respirare
l'atmosfera fatta di metano, vapori di zolfo, esalazioni di ammoniaca sotto una
pioggia di acido solforico.
“Se voi non siete in grado di capire le vostre stesse
lingue”, disse Suo Onore il giudice Umploogas riprendendo la parola, “Questo
non è colpa dei Beutzi né tanto meno di questa Corte. Il ricorso è rigettato e
la sentenza è esecutiva. I Beutzi sono liberi di procedere”.
L'avvocato Bellinghouse abbassò la fiera testa leonina
e si strinse nelle spalle, sembrava in tutto e per tutto un leone sconfitto, il
vecchio leone che aveva perso la battaglia più importante per proteggere il
proprio branco.
Bellinghouse e Alvarez Sosa si scambiarono una lunga
occhiata silenziosa. Entrambi stavano pensando la stessa cosa: sarebbero
tornati sulla Terra, e non da vincitori. E poi, sarebbe toccato a loro, ai loro
figli, ai loro nipoti, e quando?
Dipendeva da molti fattori che non avevano elementi
per stabilire: da quanti erano i Beutzi, da quanto era elevato il loro
metabolismo, cioè in sostanza da quanto fossero voraci, e soprattutto dalla
fortuna, di non essere tra gli estratti di quella sorta di atroce lotteria.
Con aria rassegnata, Bellinghouse aprì la cartella dei
suoi appunti mettendo sotto gli occhi del collega una copia della trascrizione
della risposta inviata dai Beutzi al messaggio CETI.
La prima riga era la Dichiarazione d'Intenti, mentre
la parte seguente del messaggio era il Protocollo Galattico di Garanzia, una
garanzia inutile se non s'impugnava tempestivamente la Dichiarazione.
Picchiettò con l'indice sul foglio.
“Ecco qui la frase che ci ha condannati”, disse,
“Eppure avremmo dovuto capirlo”.
Lesse:
“You are CIBO”.
Come il solito, Fabio è un piacevole narratore di storie fantascientifiche.
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