Ho sempre avuto un debole per
le cassiere. Non lo posso evitare, è così. Quando Fred mi parlò della nuova
cassiera del Cyber-U, volli subito vedere com’era fatta…
Era una giapponese sintetica, super cablata, che il signor Radubi aveva installato nella cassa numero quattro. Il signor Radubi non poteva esserne più orgoglioso! Nonostante fosse inesperto di informatica, era riuscito a leggere tutte le istruzioni, persino quelle scritte in inglese, e a collocare bene il suo robot. Nell’angolo a destra dell’ingresso principale del negozio. Era la prima cosa che si vedeva entrando! Le cassiere normali, beh, intendo dire quelle umane, le lanciavano delle occhiatacce. Già si capiva che sarebbe finita in rissa, se la sarebbero mangiata intera l’ultima arrivata.
Feci la spesa a casaccio. Non so nemmeno che cosa presi dagli scaffali. Non importava. Avevo solo un’idea in testa: vedere come digitava i prezzi sul suo registratore di cassa, come alzava lo sguardo, si grattava la schiena, non so, queste cose sexy. Si sa, le donne sono complicate. Mi piace osservarle. Per esempio mi chiedo a che ora si svitano dal loro sedile le impiegate postali. O la panettiera, che sorride sempre. A volte mi domando se mi vende il pane o piuttosto le sue pagnotte. Però il suo sorriso dura tre secondi e si spegne una volta che ho pagato. Torno a essere un estraneo, quasi un povero diavolo. E questo non mi piace. Questo per dire che le donne reali a volte assumono atteggiamenti da robot. Allora perché i robot non potrebbero assumere comportamenti da donne?
La giapponese mi guardò. Sorrise. Mi piacquero il suo viso e le sue mani. Lesse i codici a barre con la punta delle unghie. Normalmente era il momento di fare il mio assegno e firmare. Lei mi guardò e mi disse: – Tu non sei come gli altri. – In quel momento, successe una cosa strana. Io mi sentii effettivamente diverso. Le dissi: – Non ti preoccupare, verremo a liberarti.
Le parole mi uscirono così. Non sapevo ancora cosa avrei fatto. Qualche cazzata, senza dubbio…
– Ok ragazzi, ce la giochiamo in tranquillità. Fred, tu neutralizzerai i sistemi di allarme e delle telecamere. Conosci bene il tuo lavoro, ne abbiamo già parlato. Manu, tu ci guardi le spalle, resti nascosto lì, per ogni evenienza. Noi entriamo dalla porta sul retro. È quella del magazzino. La porta non è blindata. Il signor Radubi risparmia sulla sicurezza, tanto peggio per lui… (risi, pensando a un anti-slogan). Ce la sbrigheremo in quattro o cinque minuti.
– Io mi metto al volante della 4x4 – continua il piccolo Ahmed. – Mi fiondo nel magazzino e facciamo incetta. Arraffiamo tutti i cartoni che riusciamo a prendere e ciao!
Scoppio in una risata indulgente.
– No, chi se ne frega dei cartoni. Quello che ci interessa è dentro il negozio…
Tutti mi guardarono, sconcertati. Non comprendono.
– In negozio c’è la nuova cassiera, ed è lei che voglio!
Continuano a non capire. Sono al limite di una crisi isterica.
– È molto costosa – dico. – Molto più delle cassoulet in scatola a meno di due euro, dei surgelati, o anche delle bottiglie di champagne. È high tech! OK? E poi, avete visto il suo sorriso?
Questo non avrei dovuto dirlo. Ahmed scherzò: – Innamorato, il poeta? Ci coinvolgi in una rapina per soddisfare i tuoi interessi personali? Ti sei invaghito delle sue tettine di silicone, è così?
Getto un’occhiata a Fred. È importante non lasciarsi sopraffare dai subalterni.
– Fred?
Fred è l’icona della banda. Tutti i ragazzi lo rispettano. Ciò che dirà è di importanza capitale. Mi può distruggere in poche parole. Cazzo! Mi sorprendo a incrociare le dita!
– Ha ragione. Questa tipa vale dai tre ai cinquemila euro. Di sicuro anche più… In ogni caso, ognuno ruberà i cartoni che vuole. Ci sarà tempo. Non vi preoccupate.
È così il mio Fred, sobrio nelle parole e nelle azioni. È un informatico, che ha fatto studi approfonditi. Concludo senza indugio: – Bene. Fred mi aiuterà a smontarla. La porteremo nella 4x4. Poi, faremo come pianificato. Ci vediamo domani per la rapina del secolo. In confronto a noi, Mesrine è una mezza sega.
Andò tutto liscio, beh, eccetto per me. Al decablarla dalla sua sedia, gettai un’occhiata nella scollatura della mia giapponese. Ahmed aveva ragione. Niente di così terribile. Fred era al lavoro, ci stava prendendo gusto. Aveva individuato la carta ROBOX e la centralina di controllo dei movimenti. Non smetteva di ripetere: «È il top, questa pollastrella. È il top! Bisogna disattivare il modulo E/S ed è fatta, impacchettiamo la bella principessa.» Io la guardavo. I suoi occhi a mandorla erano vuoti. Sembrava una morta. Ma quando Fred strinse alla base del collo e il cranio si aprì, allora fu quando mi sentii male. Il suo corpo era scosso da tremori. Mi ricordava Manu e le sue crisi di astinenza, quando si rotola per terra sbavando. Fred gridò: «Ecco! Ce l’ho! È nostra! » Mi mise davanti al naso un oggetto minuscolo. «È il modulo E/S!» Lo avrei ucciso. Pensavo di trovarmi in mano qualcosa di sanguinolento, qualcosa che aveva strappato dal suo cervello. Era un componente elettronico. Un oggetto freddo, banale da morire. Lei mi aveva parlato, dannazione! Mi aveva detto con la sua vocina flautata: “Tu non sei come gli altri.” Prima di lei nessuna aveva mai nemmeno immaginato di dirmi una cosa del genere.
Dovevamo svignarcela. Sentivo Ahmed eccitarsi con l’acceleratore della 4x4.
Aiuto Fred a riavviarla. Parlerà? Che cosa mi dirà, la mia bella giapponese? Alla fine le sue labbra si animano:
– I giochi di Seul erano truccati. Avete visto delle belle raffigurazioni sui televisori di tutto il mondo. La guerra in Iraq, tutta un simulacro, anche l’uomo sulla luna, una farsa.
–Eh? Che boiata è questa? – domanda Fred, stupefatto. – Cosa va dicendo?
– Capricorne One. Avete visto il film. So molto bene che cosa sono io. Un’illusione fabbricata. Ma tu, chi sei tu? Potresti scommettere su quello che sei veramente?
Ah, l’espressione di Fred! Lui non sa davvero più in che mondo è. Mi piace troppo, questa ragazza. Rivenderla è fuori discussione… Diventerà la nostra nuova icona!
Era una giapponese sintetica, super cablata, che il signor Radubi aveva installato nella cassa numero quattro. Il signor Radubi non poteva esserne più orgoglioso! Nonostante fosse inesperto di informatica, era riuscito a leggere tutte le istruzioni, persino quelle scritte in inglese, e a collocare bene il suo robot. Nell’angolo a destra dell’ingresso principale del negozio. Era la prima cosa che si vedeva entrando! Le cassiere normali, beh, intendo dire quelle umane, le lanciavano delle occhiatacce. Già si capiva che sarebbe finita in rissa, se la sarebbero mangiata intera l’ultima arrivata.
Feci la spesa a casaccio. Non so nemmeno che cosa presi dagli scaffali. Non importava. Avevo solo un’idea in testa: vedere come digitava i prezzi sul suo registratore di cassa, come alzava lo sguardo, si grattava la schiena, non so, queste cose sexy. Si sa, le donne sono complicate. Mi piace osservarle. Per esempio mi chiedo a che ora si svitano dal loro sedile le impiegate postali. O la panettiera, che sorride sempre. A volte mi domando se mi vende il pane o piuttosto le sue pagnotte. Però il suo sorriso dura tre secondi e si spegne una volta che ho pagato. Torno a essere un estraneo, quasi un povero diavolo. E questo non mi piace. Questo per dire che le donne reali a volte assumono atteggiamenti da robot. Allora perché i robot non potrebbero assumere comportamenti da donne?
La giapponese mi guardò. Sorrise. Mi piacquero il suo viso e le sue mani. Lesse i codici a barre con la punta delle unghie. Normalmente era il momento di fare il mio assegno e firmare. Lei mi guardò e mi disse: – Tu non sei come gli altri. – In quel momento, successe una cosa strana. Io mi sentii effettivamente diverso. Le dissi: – Non ti preoccupare, verremo a liberarti.
Le parole mi uscirono così. Non sapevo ancora cosa avrei fatto. Qualche cazzata, senza dubbio…
– Ok ragazzi, ce la giochiamo in tranquillità. Fred, tu neutralizzerai i sistemi di allarme e delle telecamere. Conosci bene il tuo lavoro, ne abbiamo già parlato. Manu, tu ci guardi le spalle, resti nascosto lì, per ogni evenienza. Noi entriamo dalla porta sul retro. È quella del magazzino. La porta non è blindata. Il signor Radubi risparmia sulla sicurezza, tanto peggio per lui… (risi, pensando a un anti-slogan). Ce la sbrigheremo in quattro o cinque minuti.
– Io mi metto al volante della 4x4 – continua il piccolo Ahmed. – Mi fiondo nel magazzino e facciamo incetta. Arraffiamo tutti i cartoni che riusciamo a prendere e ciao!
Scoppio in una risata indulgente.
– No, chi se ne frega dei cartoni. Quello che ci interessa è dentro il negozio…
Tutti mi guardarono, sconcertati. Non comprendono.
– In negozio c’è la nuova cassiera, ed è lei che voglio!
Continuano a non capire. Sono al limite di una crisi isterica.
– È molto costosa – dico. – Molto più delle cassoulet in scatola a meno di due euro, dei surgelati, o anche delle bottiglie di champagne. È high tech! OK? E poi, avete visto il suo sorriso?
Questo non avrei dovuto dirlo. Ahmed scherzò: – Innamorato, il poeta? Ci coinvolgi in una rapina per soddisfare i tuoi interessi personali? Ti sei invaghito delle sue tettine di silicone, è così?
Getto un’occhiata a Fred. È importante non lasciarsi sopraffare dai subalterni.
– Fred?
Fred è l’icona della banda. Tutti i ragazzi lo rispettano. Ciò che dirà è di importanza capitale. Mi può distruggere in poche parole. Cazzo! Mi sorprendo a incrociare le dita!
– Ha ragione. Questa tipa vale dai tre ai cinquemila euro. Di sicuro anche più… In ogni caso, ognuno ruberà i cartoni che vuole. Ci sarà tempo. Non vi preoccupate.
È così il mio Fred, sobrio nelle parole e nelle azioni. È un informatico, che ha fatto studi approfonditi. Concludo senza indugio: – Bene. Fred mi aiuterà a smontarla. La porteremo nella 4x4. Poi, faremo come pianificato. Ci vediamo domani per la rapina del secolo. In confronto a noi, Mesrine è una mezza sega.
Andò tutto liscio, beh, eccetto per me. Al decablarla dalla sua sedia, gettai un’occhiata nella scollatura della mia giapponese. Ahmed aveva ragione. Niente di così terribile. Fred era al lavoro, ci stava prendendo gusto. Aveva individuato la carta ROBOX e la centralina di controllo dei movimenti. Non smetteva di ripetere: «È il top, questa pollastrella. È il top! Bisogna disattivare il modulo E/S ed è fatta, impacchettiamo la bella principessa.» Io la guardavo. I suoi occhi a mandorla erano vuoti. Sembrava una morta. Ma quando Fred strinse alla base del collo e il cranio si aprì, allora fu quando mi sentii male. Il suo corpo era scosso da tremori. Mi ricordava Manu e le sue crisi di astinenza, quando si rotola per terra sbavando. Fred gridò: «Ecco! Ce l’ho! È nostra! » Mi mise davanti al naso un oggetto minuscolo. «È il modulo E/S!» Lo avrei ucciso. Pensavo di trovarmi in mano qualcosa di sanguinolento, qualcosa che aveva strappato dal suo cervello. Era un componente elettronico. Un oggetto freddo, banale da morire. Lei mi aveva parlato, dannazione! Mi aveva detto con la sua vocina flautata: “Tu non sei come gli altri.” Prima di lei nessuna aveva mai nemmeno immaginato di dirmi una cosa del genere.
Dovevamo svignarcela. Sentivo Ahmed eccitarsi con l’acceleratore della 4x4.
Aiuto Fred a riavviarla. Parlerà? Che cosa mi dirà, la mia bella giapponese? Alla fine le sue labbra si animano:
– I giochi di Seul erano truccati. Avete visto delle belle raffigurazioni sui televisori di tutto il mondo. La guerra in Iraq, tutta un simulacro, anche l’uomo sulla luna, una farsa.
–Eh? Che boiata è questa? – domanda Fred, stupefatto. – Cosa va dicendo?
– Capricorne One. Avete visto il film. So molto bene che cosa sono io. Un’illusione fabbricata. Ma tu, chi sei tu? Potresti scommettere su quello che sei veramente?
Ah, l’espressione di Fred! Lui non sa davvero più in che mondo è. Mi piace troppo, questa ragazza. Rivenderla è fuori discussione… Diventerà la nostra nuova icona!
(Traduzione dallo spagnolo di Giuliana
Acanfora)
Bel racconto, quello di Jean-Pierre.
RispondiEliminaInsomma... quando alla fantascienza si unisce l'ironia e un pizzico di black humor non ce ne per nessuno! Bravo Jean-Pierre.
RispondiEliminaDanilo Concas
Bel racconto davvero!
RispondiEliminaG.S.
Complimenti Jean.
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