Tutto ebbe inizio
in un luogo molto lontano dal nostro pianeta. Era un altro mondo, ma tale e
quale al nostro; ricordo che in quel posto regnava il silenzio e la pace
era la prima cosa che si percepiva.
Gli abitanti erano esseri viventi simili a noi, quasi identici, oserei dire, se non per un dettaglio che non passava certamente inosservato: non proferivano parola.
A quel tempo, fui inviato dal comando generale delle nazioni Terrestri per un sopralluogo su un nuovo corpo celeste; si pensava di trovare un pianeta simile al nostro, probabilmente più evoluto, infatti ne ebbi subito la conferma una volta atterrato con la mia navicella. Mi mischiai alla popolazione e imparai le loro abitudini, certo all'inizio non fu affatto facile trattenermi dall'emettere suoni fonetici ma poi imparai che la comunicazione poteva essere messa in pratica anche attraverso il solo sguardo.
Erano gli occhi infatti ad assumere il compito più importante. Quando incrociavano quelli di un altro individuo, entravano in contatto con l'anima e così facendo mostravano a nudo ogni aspetto del vissuto della persona a cui appartenevano.
Non si poteva mentire, tanto meno ingannare, tutto era alla luce del sole, e per un terrestre come me questo rappresentava un grande valore aggiunto.
Non nascondo di essermi trovato un po' a disagio durante le prime comunicazioni, il fatto di non poter indossare nessuna maschera mi costringeva a improvvisare un copione reale, senza impurità.
Era come per un comune bagnante, sconfinare in una spiaggia di nudisti. L'imbarazzo fu superato quando capii che quello era l'unico modo per relazionarsi agli altri, e che tutto diveniva molto più semplice.
Mi ci volle qualche mese però per integrarmi totalmente, dopodiché era come se fossi uno di loro e giorno dopo giorno la nostalgia per il pianteta Terra si affievoliva sempre più.
Una sera raggiunsi la collina da dove si poteva ammirare la Terra e rimasi lì per circa un'ora a contemplarla; pareva così vicina, tuttavia erano ormai lontani i ricordi di un passato trascorso su di un mondo col quale forse non trovavo più un punto in comune.
Mancavano solo cinque giorni alla fine della mia missione e il dilemma mi stava ormai torturando.
Lasciare questo nuovo mondo per il vecchio mi avrebbe rassicurato su ciò che avrei ritrovato ma mi avrebbe lasciato con una curiosità tale da non poter più vivere una vita normale.
Dovevo scegliere e il tempo stava ormai scadendo come sabbia in una clessidra.
Avevo imparato a far parlare i miei sentimenti, ad aprirmi totalmente agli altri e a farmi accettare pur sapendo che arrivavo da molto lontano e che appartenevo a quella specie primitiva chiamata: uomo.
Poi a un tratto tutto mi parve chiaro e illuminante.
Dovevo rimanere su questo nuovo mondo, non potevo perdere l'occasione della mia vita, forse l'ultima per proseguire il viaggio in un altro sistema solare, ma soprattutto... dentro me stesso.
Salii sulla navicella, presi il diario di bordo e scrissi gli ultimi appunti prima di accendere i motori e far partire il razzo.
Prima di scendere inserii il pilota automatico.
Ora potevo dire addio al mio vecchio mondo e incominciare una nuova avventura; nessun terrestre tranne me avrebbe mai saputo di questa fantastica storia.
Gli abitanti erano esseri viventi simili a noi, quasi identici, oserei dire, se non per un dettaglio che non passava certamente inosservato: non proferivano parola.
A quel tempo, fui inviato dal comando generale delle nazioni Terrestri per un sopralluogo su un nuovo corpo celeste; si pensava di trovare un pianeta simile al nostro, probabilmente più evoluto, infatti ne ebbi subito la conferma una volta atterrato con la mia navicella. Mi mischiai alla popolazione e imparai le loro abitudini, certo all'inizio non fu affatto facile trattenermi dall'emettere suoni fonetici ma poi imparai che la comunicazione poteva essere messa in pratica anche attraverso il solo sguardo.
Erano gli occhi infatti ad assumere il compito più importante. Quando incrociavano quelli di un altro individuo, entravano in contatto con l'anima e così facendo mostravano a nudo ogni aspetto del vissuto della persona a cui appartenevano.
Non si poteva mentire, tanto meno ingannare, tutto era alla luce del sole, e per un terrestre come me questo rappresentava un grande valore aggiunto.
Non nascondo di essermi trovato un po' a disagio durante le prime comunicazioni, il fatto di non poter indossare nessuna maschera mi costringeva a improvvisare un copione reale, senza impurità.
Era come per un comune bagnante, sconfinare in una spiaggia di nudisti. L'imbarazzo fu superato quando capii che quello era l'unico modo per relazionarsi agli altri, e che tutto diveniva molto più semplice.
Mi ci volle qualche mese però per integrarmi totalmente, dopodiché era come se fossi uno di loro e giorno dopo giorno la nostalgia per il pianteta Terra si affievoliva sempre più.
Una sera raggiunsi la collina da dove si poteva ammirare la Terra e rimasi lì per circa un'ora a contemplarla; pareva così vicina, tuttavia erano ormai lontani i ricordi di un passato trascorso su di un mondo col quale forse non trovavo più un punto in comune.
Mancavano solo cinque giorni alla fine della mia missione e il dilemma mi stava ormai torturando.
Lasciare questo nuovo mondo per il vecchio mi avrebbe rassicurato su ciò che avrei ritrovato ma mi avrebbe lasciato con una curiosità tale da non poter più vivere una vita normale.
Dovevo scegliere e il tempo stava ormai scadendo come sabbia in una clessidra.
Avevo imparato a far parlare i miei sentimenti, ad aprirmi totalmente agli altri e a farmi accettare pur sapendo che arrivavo da molto lontano e che appartenevo a quella specie primitiva chiamata: uomo.
Poi a un tratto tutto mi parve chiaro e illuminante.
Dovevo rimanere su questo nuovo mondo, non potevo perdere l'occasione della mia vita, forse l'ultima per proseguire il viaggio in un altro sistema solare, ma soprattutto... dentro me stesso.
Salii sulla navicella, presi il diario di bordo e scrissi gli ultimi appunti prima di accendere i motori e far partire il razzo.
Prima di scendere inserii il pilota automatico.
Ora potevo dire addio al mio vecchio mondo e incominciare una nuova avventura; nessun terrestre tranne me avrebbe mai saputo di questa fantastica storia.
Bel racconto quello di Maurizio, cui va un saluto cordiale.
RispondiEliminaStoria bella, semplice e ben scritta; è evidente nel racconto l'allegoria di un inaspettato punto di svolta nella scontata vita quotidiana.
RispondiEliminaDanilo Concas