Mancava una
manciata di secondi a quella che sarebbe stata l’esibizione più importante
della sua vita. Il cuore di Caterina aveva preso a palpitare oramai senza sosta
da circa dieci minuti, mentre si trovava dinanzi alla pedana.
Ella sapeva che
quel salto sarebbe stato assai importante e quell’attimo inevitabilmente
determinante per l’inizio di una nuova avventura. Non poteva e non doveva fallire, avrebbe però
dovuto dare il massimo, concentrarsi a tal punto da non far caso neanche al più
insignificante rumore.
Doveva scrollarsi
di dosso ogni minima tensione, paura, indecisione ed affrontare il numero nel
migliore dei modi.
Il momento era
giunto. Si posizionò sul nastro di
partenza e cominciò a calarsi nella parte.
Era una prassi che
durava una quindicina di secondi, ma era necessaria per far trovare a Caterina
la condizione psicofisica ideale ed affrontare così il salto in modo egregio.
Non avrebbe mai
desiderato trovarsi dall’altra parte della pedana, e dopo essere atterrata sul
materassino rendersi conto di aver sbagliato intenzione o di aver posizionato
il piede di appoggio in modo scorretto.
Era una
perfezionista e questa idea non l’avrebbe proprio accettata.
Il tempo di attesa
era quasi scaduto e così pure la sua breve
elucubrazione mentale.
Il colpo di pistola dello starter ruppe ogni
indugio; la mente fresca e lucida dell’atleta incanalò tutte le energie nelle
fibre muscolari chiamate in causa per l’esecuzione del numero. Caterina cominciò la corsa in direzione della
pedana e mentre il suo esile corpo prendeva velocità, la sua testa immaginava
passo dopo passo il percorso da solcare. Ora si trovava coi piedi uniti sulla
pedana e pareva si specchiassero l’un l’altro, era in quell’attimo che si
sarebbe intravisto il suo spessore, la sua grazia, la sua anima. Il salto ebbe
inizio e come una freccia che scocca dall’arco Caterina aveva ormai preso la
sua direzione, niente poteva più essere cambiato. Mentre si trovava in
volo, pareva essere un angelo, la grazia
del movimento e l’espressione sul suo volto confermavano questa sorta di
metamorfosi. Forse sapeva, ancor prima
di atterrare di aver compiuto il salto più bello, la figura acrobatica più
elegante, e come il volo di un gabbiano
raggiunse il suo apice, sparendo all’orizzonte, in attesa di un altro sogno di
gloria.
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