domenica 21 settembre 2014

SOLITUDINE di Eduardo Poggi



La lugubre abitazione era illuminata dalla debole luce di una candela. Egli poggiò il candelabro sul pavimento, spostò, trascinandolo, il letto, e chiuse la porta. Depose gli strumenti per cacciare i fantasmi vicino alla candela. Si chinò su di questa e soffiò. La fiamma si spense ed egli riuscì a vedere la punta rossa dello stoppino e il fumo denso trasformarsi in una figura fosforescente emanante un odore di sostanza grassa. Temette gli incubi di sempre. Si coricò. Le spalle rivolte al vuoto della stanza, provò le stesse paure di quando era bambino: qualcosa che si nascondeva sotto il letto; una mano che cercava di toccargli la testa; un respiro freddo sul collo; un odore nauseabondo; qualcuno che lo scopriva bruscamente. Mezzo assonnato, sentì che lo stavano chiamando. Dischiuse le palpebre e vide che la figura fosforescente lo assorbiva, con la stessa forza con cui è risucchiato il genio di una lampada.

(Traduzione dallo spagnolo di Paolo Secondini)

4 commenti:

  1. Bello e intenso questo racconto di Eduardo, che salutiamo di nuovo sulle pagine di Pegasus.

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    1. Grazie per il tuo commento, Paolo. Un abbraccio da qui, Argentina.

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  2. Suggestivo, riesce a dilatare la storia costruendo un piccolo mondo emozionalmente coinvolgente.

    Fabio Lastrucci

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