
Nell'ora di punta serale, la strada statale 131 era intasata dal
traffico; peggio che stare in coda, durante una giornata afosa
d'agosto, sulla via del mare. Infatti stava pure diluviando.
In mezzo a quel fiume di auto che procedevano lentissime, e sommersa
dal frastuono di decine di clacson, Elisa guidava per tornare a casa
dopo una faticosissima giornata di lavoro. Non vedeva l'ora di
giungere a destinazione e di fare una bella doccia calda; poi si
sarebbe seduta davanti alla TV e avrebbe bevuto un tè bollente. Quel
pensiero soltanto bastò a rilassarla.
Dopo aver superato la deviazione causata da un tamponamento, proseguì
spedita lungo la strada che percorreva tutti i giorni, fino a
parcheggiare l'auto sotto casa sua e prendere l'ascensore che la
portava al suo piano. Girò la chiave nella toppa e quando si
richiuse la porta alle spalle si sentì pervadere dal benessere.
Finalmente a casa.
Circa venti minuti dopo usciva già dal bagno, avvolta in un morbido
e caldo accappatoio.
Con uno scatto secco il bollitore elettrico si spense; Elisa versò
l'acqua in una tazza e vi mise a bagno il filtro metallico contenente
l'ottima e costosa mistura di tè, comprata nel recente viaggio in
Turchia insieme a suo marito Piero. Quando avevano bevuto quel
nettare, erano stati d'accordo che era migliore di qualunque altra
bevanda avessero mai assaggiato, caffè compreso. Ne comprarono un
sacchetto da un chilo, pronti a sfidare qualunque ufficiale alla
dogana pur di portarselo a casa.
Mentre alla TV trasmettevano il suo programma preferito, Elisa girò
il cucchiaino nella tazza, lentamente, respirando l'aroma che
evaporava dal liquido e rilassandosi.
Quando bevve il primo sorso, sentì una leggera nota amarognola, come
un retrogusto di muffa, che non riusciva però ancora a nascondere il
sapore divino di quell'infuso. Forse aveva preso un po' di umidità,
pensò, ma avrebbe potuto essiccarlo mettendolo per pochi minuti nel
forno.
Un ragazzo stava litigando con la sua bella, in TV, quando il rumore
si udì per la prima volta; era distante e impercettibile, ma
ugualmente fastidioso. Per un po' Elisa non ci fece caso, e andò a
versarsi un'altra tazza di tè; poi abbassò il volume e tese
l'orecchio verso la porta. Era un suono intermittente, simile a
quando si passa un dito su un vetro pulito, e andava su e giù di
tono con regolarità. Lasciata la tazza sul tavolo, Elisa si alzò,
andando nel piccolo corridoio che collegava la cucina all'ingresso.
Si fermò vicino alla libreria, trattenendo involontariamente il
fiato per localizzare meglio la fonte di quel rumore. Proveniva
dall'ingresso.
Pensò subito a un topo che, in qualche modo, era riuscito a entrare
in casa salendo fino al quarto piano del palazzo; e dire che giù nel
cortile c'erano abbastanza gatti da scongiurare una simile evenienza.
Tornò indietro e prese una scopa dalla cucina, così sarebbe stata
pronta ad ammazzarlo quando fosse saltato fuori. Mentre avanzava, il
rumore si faceva sempre più distinto e vicino, finché fu certa che
provenisse dal mobile in noce dove teneva la sua collezione di
cristalli Swarovski. Con cautela e un po' di batticuore, Elisa
accostò l'orecchio all'anta spiovente del mobile, sentendo il rumore
vicinissimo. Si allontanò di qualche passo e, usando il bastone
della scopa come leva, sollevò completamente l'anta. Non era un
topo.
Qualche tempo prima, l'interno del mobile era stato modificato in
modo tale che l'apertura dell'anta accendesse dei faretti sui
cristalli, provocando una fantastica esplosione di colori. Ora, le
varie figure stavano ferme tra lo sfavillare delle luci riflesse
dalle innumerevoli sfaccettature, tranne una. L'orsetto col cuore
rosso in braccio si fermò, mosse la testa, le fece l'occhiolino e
riprese a pattinare sulla superficie di vetro del lago in mezzo ai
cigni.
Elisa sentì il freddo impadronirsi delle sue membra e la testa farsi
leggera. Continuava a fissare quell'allucinazione, perché solo di
questo poteva trattarsi, con la scopa ben stretta in mano, senza
riuscire a prendere una decisione su come comportarsi. Poi trovò la
forza di agire, dando un colpo secco all'anta che si richiuse.
Intanto lo stridio continuava, entrando di prepotenza nella sua mente
e rendendo quella visione più reale che mai.
Nonostante il rumore si sentisse ancora, Elisa cercò di ignorarlo e
si chiuse in cucina, alzando il volume del televisore al massimo; con
uno sforzo di volontà enorme, convinse se stessa che quanto aveva
visto e sentito era stato un parto della sua fantasia, causato dallo
stress del lavoro che, ultimamente, era davvero troppo.
Ci voleva un'altra tazza di tè.
Mentre sorseggiava la bevanda e seguiva i volteggi di una coppia di
ballerini, trattando quanto accaduto come un sogno lontano, notò sul
muro proprio dietro alla TV un riflesso iridescente che si muoveva,
poi si sentì toccare due volte una spalla.
La tazza volò via e si ruppe sul pavimento, quando lei balzò su
dalla sedia e si girò allo stesso tempo. Il fiato le rimase
intrappolato nei polmoni e la gola si strinse lasciando uscire solo
un gemito strozzato.
Davanti a lei c'era l'orsetto di cristallo, con le solite fattezze ma
alto quanto un bambino. E la stava salutando.
Elisa scappò via e si rinchiuse nella vicina camera da letto,
infilandosi sotto le coperte e tappandosi le orecchie per non sentire
i forti colpi dati alla porta. Non poteva essere reale, proprio no.
Qualcuno le stava facendo uno scherzo di cattivo gusto; era
sicuramente così.
Quando i colpi alla porta cessarono, Elisa tirò fuori la testa da
sotto le coperte e guardò tutt'intorno alla stanza, vedendo che era
vuota. Sentì dei brividi e stava sudando; doveva avere la febbre. La
febbre! Come aveva fatto a non pensarci prima? Da qualche parte aveva
letto che un aumento eccessivo della temperatura interna corporea
portava inevitabilmente a delirio e allucinazioni.
Un colpo fortissimo che proveniva dall'ingresso la costrinse a uscire
dal giro dei suoi pensieri e ad aprire, tutta tremante, la porta
della camera. Subito, sentì nuovamente quello snervante stridio
aggredirla, e si prese la testa fra le mani.
«Bastaaa!» urlò.
Come risposta, le porte di tutta la casa presero a sbattere
contemporaneamente, e lo stridio si alzò d'intensità andando sempre
più veloce. Elisa era sull'orlo della pazzia e scoppiò a piangere,
mentre le sue urla disperate rimbalzavano violente sui muri.
Ben presto la disperazione divenne odio. Un odio profondo e feroce
per quell'orsetto che gli stava causando tutto questo. Ma l'avrebbe
pagata. Eccome se l'avrebbe pagata.
Col viso rigato dalle lacrime e il naso gocciolante, Elisa raggiunse
la cassetta degli attrezzi che stava sullo scaffale dell'andito.
Frenetica, cercò il martello, impugnandolo poi ben stretto. Pazienza
per quello schifoso orsetto. Qualcuno le avrebbe regalato un altro
cristallo per sostituirlo.
Digrignando i denti e respirando affannosamente, si diresse decisa
verso l'ingresso, trovandovi la porta principale spalancata e
l'orsetto che, sorridente e con la testa simpaticamente reclinata su
un lato, la stava aspettando.
Elisa gli si avventò contro, e lo tempestò di terribili martellate
date con furia cieca, finché il pavimento non fu ricoperto di
scintillanti pezzi di cristallo. Lei cadde a terra, in ginocchio,
esausta e respirando rumorosamente. Dai suoi occhi colava il mascara,
trasformando il suo viso nella grottesca maschera di un demone.
«Pattina adesso, bastardo! Pattina adesso!» urlò, all'indirizzo
del pavimento. Poi si appoggiò al muro e iniziò a ridere
istericamente. E più rideva, più la scena che aveva davanti era
divertente.
Certo, aver ridotto a pezzi quello stronzo di orsetto era stato
appagante. Ma vedere Piero a terra con un martello conficcato in
testa, era un vero spasso.
Bel racconto, con un finafe davvero sorprendente. Benvenuto, Danilo, su LF
RispondiEliminaBuon racconto; ben strutturato, con un idea interessante, un bel finale e qualche annotazione divertente. Solo la scrittura è ancora discontinua, con alti e bassi che infastidiscono un po' la lettura (i bassi ovviamente), è un peccato perché uno stile anche appena più incisivo gli avrebbe dato una marcia in più.
RispondiEliminaSauro Nieddu
Un racconto interessante che mantiene una certa tensione fino alla fine. La scrittura evidenzia un buon mestiere e rivela tanta lettura di opere anglosassoni.
RispondiEliminaGiuseppe Novellino