giovedì 27 giugno 2013

IL NANO di Massimo Licari




Cari amici, vorrei prima di tutto dirvi che siete tutti molto bravi. Dico sempre a mio figlio di andare in paese a casa di Don Germano, il nostro parroco, per controllare sul suo computer se c’è qualcosa di nuovo e sono davvero felice quando trova una nuova storia. Don Germano gliela fa stampare e lui viene a casa a leggermela.
Io non so leggere, perché ho cominciato a lavorare nei campi da ragazzino. Però mio figlio l’ho mandato a scuola. Dico sempre a mia moglie che coi tempi che corrono, un figlio istruito è una buona cosa.
Fa la seconda media e si impegna tanto. Ogni giorno fa venti chilometri per andare a scuola e altri venti per tornare indietro.
Gli ho detto di andare da Don Germano a scrivere su Internet (lui mi ha detto che si chiama blog) per chiedere il vostro aiuto. Quelli mi stanno perseguitando, e voi, che siete istruiti, magari mi potete aiutare.
Questa storia è cominciata sei mesi fa.
Ero nella stalla a mungere le mucche quando ho sentito un boato. La stalla ha vibrato e gli animali si sono spaventati. Figuratevi che la Carolina ha ricominciato a dare il latte due settimane dopo per lo spavento che si è presa.
Vado fuori a vedere che cos’è successo e vedo un gran fumo in mezzo al campo di mais.
Porca miseria, mi sono detto, un incidente nel mio campo di mais. Ma poi ho pensato che la strada passa molto più avanti.
Anche la Maria, mia moglie, era corsa fuori, ma gli ho detto di rientrare a casa e lasciare fare a me.
Così sono andato nel campo di mais.
C’erano pezzi di metallo tutto intorno.
Ho pensato che forse era caduto un aereo.
Insomma, giro tutto intorno e a un certo punto vedo un bambino per terra.
Cioè, all’inizio pensavo fosse un bambino.
Ma quando mi sono avvicinato, ho visto che c’era qualcosa di strano.
Aveva un vestito color argento e un casco come quello che usa il Luigi quando va in moto.
Io non sapevo cosa fare, perché sono capace di curare una mucca se si fa male, ma non un bambino.
Stavo per tornare a casa per andare a chiamare il dottore quando il bambino si è messo a sedere.
Meno male, ho pensato, sta bene. Anche perché il dottore sta a quindici chilometri da casa, e ci vuole più di un’ora per portarlo qui.
Quello si è tolto il casco e allora ho pensato che forse non stava davvero bene.
Aveva occhi molto grandi e la testa un po' schiacciata.
Ho pensato che forse aveva preso una gran botta, ma come si fa a schiacciare la testa senza rompere tutto?
Così ho capito che forse era nato un po' strano.
L’ho guardato meglio e mi sono accorto che aveva tre dita in ogni mano.
Povero figlio, ho pensato, chissà che dolore per i genitori avere un bambino con la testa schiacciata e gli occhi così grandi. E poi gli mancano due dita in ogni mano. Povero figlio.
Pensate che non era nemmeno capace di parlare.
Lui si è alzato e ho capito due cose: non era un bambino, perché altrimenti avrebbe pianto per l’incidente, e comunque non stava tanto male.
Infatti ha cominciato a raccogliere tutti i pezzi di metallo che stavano lì intorno.
Allora l’ho aiutato.
Si, mi aveva rovinato il mais, ma non potevo essere crudele con un nano deforme. La natura era stata già tanto severa con lui, potevo trattarlo male anche io?
Abbiamo raccolto tutti i pezzi fino al tramonto e poi gli ho detto che dovevo tornare a casa.
Maria si preoccupa se non torno a casa al calare del sole.
Lui mi ha fatto capire che restava lì ad aggiustare la sua automobile.
Cioè, all’inizio pensavo fosse un’automobile.
La mattina dopo mi ero quasi scordato del nano. Sono andato nella stalla, come sempre, e poi ho preso il trattore per andare a prendere l’acqua dal canale in fondo al campo.
Quando sono passato vicino al mais mi sono ricordato.
E così sono andato a vedere che cosa stava facendo.
Doveva aver lavorato tutta la notte, perché aveva quasi aggiustato l’automobile, cioè, quel coso strano, insomma, mi avete capito?
Però aveva bisogno di aiuto, così mi sono messo lì e mi sono scordato di andare a prendere l’acqua. Ho lavorato con lui tutto il giorno.
Alla fine sembrava contento.
Ho capito che gli serviva qualcosa, ma lui non poteva parlare, e come faccio a sapere cosa ti serve?
È venuto con me, fino quasi a casa, ma non è voluto entrare dentro. Ho pensato, meglio così. Povero figlio, non è colpa tua, ma magari Maria si spaventa.
Mi ha indicato la stalla e gli ho detto di andare pure. Forse voleva vedere le mucche, non so.
Invece ha lavorato a un aggeggio strano per due giorni.
Alla fine era tutto a posto.
Mi ha fatto capire che voleva farmi un regalo.
Io ho pensato che un regalo poteva anche andar bene, visto che mi aveva rovinato mezzo campo di mais.
Non so che cosa abbia fatto, ma da quel giorno io non ho più bisogno della corrente dell’Enel. Ho perfino staccato i fili.
Lui è partito una sera dopo il tramonto. È salito sul quel coso e io ho pensato: dove vuole andare se stiamo in mezzo al mais? Mi rovina l’altra metà del campo.
E invece quello è salito in cielo in un attimo. Quella automobile volava!
E così ho ricominciato la mia vita, nella stalla la mattina e nei campi tutto il giorno.
Ma senza pagare l’Enel.
E quelli mi hanno cominciato a perseguitare.
Sono venuti a dire che è impossibile che non mi serve l’elettricità, che non posso farmela da solo. Ma io non faccio niente.
Non gli ho fatto vedere quell’aggeggio, perché è un regalo e non voglio che il nano, semmai tornerà, si offenda. L’ha dato a me, mica a quelli dell’Enel.
Allora, amici, vi chiedo di aiutarmi.
Che cosa devo fare per convincerli a lasciarmi stare?

5 commenti:

  1. Bel racconto di fantascienza, suggestivo, ironico e anche un po' polemico. Mi ha fatto venire in mente "ET-L'extraterrestre", in versione adulta.
    Innanzitutto mi è piaciuto lo stile paratattico, molto pertinente, essendo il punto di vista narrativo quello di un contadino senza la minima cultura. Poi ho apprezzato la sottile e bonaria presa in giro del "genere alieno" con i suoi riferimenti all'ufologia classica, vista sempre attraverso gli occhi di un sempliciotto. Per non parlare della satira (qui non tanto sottile) relativa alle tariffe per l'energia elettrica, oggi diventate esose come tante altre. Ma c'è da dire che il racconto possiede anche una sua atmosfera bucolica ben delineata, dove la modernità e la fantascienza si integrano perfettamente. In questo fa venire in mente certa produzione di Clifford D. Simak, il cui capolavoro, "Anni senza fine", unisce prorio l'aspetto idillico con quello artificiale. Una buona prova di narrazione fantascientifica nostrana.

    Giuseppe Novellino

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    1. Ciao Giuseppe,
      Avevo già notato altri tuo riferimenti a Simak. Volevo solo dirti che queste citazioni mi fanno un gran piacere. Anch'io sono un grande estimatore di questo autore, e ho sempre pensato che, qui in Italia, non goda ancora - nonostante sia abbastanza tradotto - della considerazione critica che meriterebbe. E dire che lo stesso Asimov professava un debito stilistico nei suoi confronti!
      Sauro Nieddu

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    2. Scusate la doppia pubblicazione; c'è stato un problema col server.
      Sauro

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  2. Carissimo e incolto amico,
    Pur dall'alto della nostra raffinata intellettualità, non sappiamo offrirle una facile soluzione alla situazione in cui si è andato a cacciare. Purtroppo la gravità della situazione va al di là delle nostre capacità risolutive. L'unica soluzione pratica che ci viene in mente così su due piedi, è la fuga all'estero. A riguardo consiglierei il la fascia temperata del continente americano; essendo il mais originario di quelle parti, tale soluzione faciliterebbe notevolmente la ripresa della sua attività lavorativa.
    Distinti saluti
    Sauro Nieddu

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  3. Semplice, brillante, divertente....
    Bravissimo!!!
    Chiara

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