
Le sere d’inverno vado alla fattoria dello zio Ugo,
per fargli compagnia, dopo che è rimasto vedovo.
Appoggiandosi al bastone lo zio apre la porta e mi
accompagna nella sua cucina accogliente. Sulla tavola sono preparate
tazze di vino caldo e dentro alla fruttiera di vetro ci sono cachi e
nespole.
Vicino al camino stanno appese pentole e padelle di rame
lucidato. Più in là c’è una finestra e oltre i vetri si vede la
campagna ammantata di nebbia. Non si riesce più a distinguere
neanche gli alberi di mele cotogne piantati in fondo all’orto.
Zio Ugo si avvicina, guarda fuori e commenta:
«E’
scesa una nebbia fitta. Nelle sere come questa arrivava qui il
Capitano...»
Io non lo ho mai conosciuto e allora lo zio incomincia a
raccontare:
Nelle sere di dicembre, una nebbia umida, pesante,
impediva di vedere anche le case più vicine del villaggio. La
campagna era sommersa sotto lenzuoli grigi di nebbia. Era un mondo
lattiginoso, silenzioso, che isolava le persone e attutiva i rumori.
Io e altri ragazzi stavamo fuori nel cortile, ad
aspettare. Mani e piedi erano gelati e gli occhi lacrimavano per il
freddo. Poi, quando scendeva l’oscurità, noi ragazzi perdevamo la
speranza di vedere arrivare il Capitano.
Ma proprio allora, appariva, lontano nei campi, un lume
biancastro. Il lume serpeggiava, seguendo le curve del sentiero, e
noi gridavamo di gioia, impazienti di vederlo arrivare.
Dopo una lunga attesa, finalmente appariva la sagoma
scura di un uomo su una antiquata bicicletta nera, con fanale ad
acetilene. Era il Capitano: indossava berretto, guanti di lana e un
lungo cappotto nero con le code abbottonate ai lati delle tasche. A
passi lenti, dovuti all’età, l’uomo si dirigeva verso un
edificio scuro dove, dai finestrini, filtravano fessure di luce.
Venendo dal cortile squallido e desolato, la stalla
appariva come un rifugio caldo e accogliente. C’era la luce delle
candele, il calore prodotto dalle mucche, l’odore secco della
paglia...
La stalla di sera era come un’oasi di vita nel buio e
nella nebbia delle lunghe notti di dicembre. Gli uomini si radunavano
lì, dopo cena, per parlare di sementi o di cacciagione. Altri col
coltello ricurvo pelavano i rami dei salici e davano la corteccia
alle mucche. Le donne sferruzzavano per fare calze o rammendare
maglioni.
Ma appena entrava l’uomo alto e magro, si faceva
silenzio nella stalla. Tutti smettevano di lavorare e nella quiete
improvvisa si udiva solo tintinnare le catene delle mucche o qualche
muggito.
L’uomo appena arrivato si dirigeva verso una sedia
bassa, mezza spagliata, in fondo alla stalla. Nelle facce dei
presenti si disegnava una espressione di stupore e di attesa, e solo
allora, egli lentamente incominciava a parlare, incominciava a
raccontare...
Le sue storie narravano eventi prodigiosi, fatti
straordinari, incantesimi e magie di un’epoca tramontata.
E noi tutti ascoltavamo le sue storie, romantiche o
feroci, bizzarre o meravigliose. Era come un rito che si ripeteva
nella profondità delle notti invernali e al quale tutti noi eravamo
abituati.
Ma un inverno più brutto del solito, con neve e
ghiaccio oltre la nebbia, il Capitano tardava a venire. Noi ragazzi
lo aspettavamo nel cortile dalle prime ombre della sera, fino
all’arrivo del buio, quando il gelo ci faceva rientrare in stalla,
infreddoliti e delusi. Eppure continuavamo ancora a sperare, per un
suo arrivo in ritardo.
Non lo vedemmo più, né quell’inverno, né quelli
successivi; non arrivò più; nessuno sapeva chi era, né da dove
veniva.
Sono passati molti anni da allora; i vecchi sono morti,
i ragazzi sono diventati uomini e molte cose sono cambiate qui.
Ma, nelle sere invernali come questa, a volte, nella
nebbia appare un fanale ad acetilene che avanza, avanza e non arriva
mai...
Veramente un bel racconto, Sergio. Bravo!
RispondiEliminaChe sfilza di ghost-storie! |3)
RispondiEliminaIl fantastico non è direttamente presente in questo racconto, che sembra invece vivere dell'attesa di esso; idea originale. E altro racconto da sera invernale, anche questo molto ben scritto.
Sauro Nieddu
Racconto piacevole, ben scritto e ricco di sfumature descrittive di carattere psicologico. Il tema è quello dell'uomo misterioso, fantasma o personaggio dai contorni incerti, finito nel dimenticatoio. Nolto interessante questa narrazione dove il fantastico si basa tutto su una specie di "vedo, non vedo".
RispondiEliminaGiuseppe Novellino