La sera del 3
ottobre 1849, il signor Joseph Walker, tornando a casa per un vicoletto deserto
di Baltimora, vide un uomo disteso sull’acciottolato.
Essendo un tipo
altruista e determinato per natura, affrettò i passi in quella direzione.
Quando ebbe raggiunto l’uomo, si piegò in avanti e, dal momento che quegli era
prono, lo rigirò.
La sorpresa fu
grande allorché riconobbe il volto emaciato, pallido, di Edgar Allan Poe.
«Che le è
successo?» chiese, allarmato, Walker. «Si sente male? È stato aggredito?»
Lo scrittore non
rispose.
Il soccorritore,
allora, gli tastò il polso per accertarsi che fosse vivo.
Lo era.
«Riesce a
sentirmi?» chiese ancora Joseph Walker. «Signor Poe, la prego, mi risponda.»
L’osservò con molta attenzione, poi, quasi parlando a se stesso: «È davvero in
un pessimo stato!»
Lo scosse più
volte leggermente e, d’un tratto, lo sentì lamentarsi.
Walker emise un
sospiro di sollievo.
«Ora l’aiuto ad
alzarsi. Ha bisogno di cure,» disse. Gli mise le mani sotto le ascelle.
«Avanti, si tiri su. La porto in ospedale: al Washington College. Non è molto
lontano da qui. Sapranno rimetterla in sesto, vedrà.» E Joseph Walker, che era
un uomo robusto, sollevò di peso lo scrittore. «Si appoggi a me. Ecco, così… Si
sforzi di camminare.»
* * *
Erano ormai trascorsi quattro giorni da quando
Edgar Allan Poe era stato condotto al Washington College.
La domenica
mattina del 7 ottobre, dunque, lo scrittore vi era ancora degente.
Supino nel
letto, se ne stava immobile, le palpebre chiuse.
Era praticamente
rimasto così dal momento in cui era stato ricoverato.
A un tratto,
inaspettatamente, tirò fuori le braccia da sotto il lenzuolo che lo ricopriva.
Le agitò in aria.
Un’anziana
infermiera, che lo sorvegliava seduta vicino al letto, corse a chiamare il
dottore. E quando, pochi momenti dopo, tutti e due entrarono nella stanza dello
scrittore, lo sentirono farneticare ad alta voce.
«No! No! No!...
Non lasciate che il corvo muoia… Vi prego! Vi prego!… Aiutatelo!… Deve vivere
ancora, anche quando sarò scomparso… Volare, volare, volare!… A voi… a voi lo
affido… Ligeia… Morella… Berenice… Non lasciate che muoia, vi scongiuro!…
Reynolds, Reynolds, Reynolds… A te, ultimo nato… Reynolds… Reynolds… Reynolds…»
Emise un urlo straziante, poi, la fronte imperlata di sudore, parve calmarsi.
«Signore,» disse infine con un filo di voce, «eccomi!… Ti prego… aiuta la mia
povera anima.»
Furono, queste,
le sue ultime parole prima di morire.
Al dottore e
all’infermiera parve di udire, all’istante, un frenetico battere d’ali.
Istintivamente,
si guardarono intorno ma non videro niente, mentre il rumore continuava a
sentirsi chiaramente e sempre più forte. Pareva che un grosso uccello volasse
nello spazio ristretto della stanza d’ospedale, cercando disperatamente di
uscire all’aperto.
Quando infine
tornò il silenzio, il dottore si chinò su Poe. Gli auscultò il cuore.
«È andato!»
disse con freddezza. Si raddrizzò nella figura e guardò l’infermiera. «Chi sarà
quel Reynolds che ha chiamato con tanta insistenza?»
«Davvero non
saprei,» rispose la donna crollando il capo.
«Bisogna
informare qualcuno del suo decesso,» disse il dottore. «Era sposato? Aveva
figli, amici, conoscenti? »
«Guardi qui,»
esclamò d’un tratto l’infermiera porgendogli dei fogli. «Erano in tasca alla
sua giacca. Forse potranno aiutarci…»
«Dia qua!»
esclamò il dottore e, inforcati gli occhiali, lesse: «Il prezzo di Reynolds,
racconto di Edgar Allan Poe.» Rimase un momento in silenzio, poi, stringendo le
labbra, riconsegnò i fogli all’infermiera. «Quel Reynolds non è che un
personaggio di un mondo fantastico, immaginario, come tanti creati dalla sua
penna; un mondo nel quale Poe è vissuto di sogni e illusioni per tutta la vita,
e in cui alla fine, come forse desiderava… è spirato.»
Complimenti, Paolo. Un bel racconto dedicato a un Grande Scrittore.
RispondiEliminaIl raccontino è impeccabile, molto espressivo ed evocativo nella sua brevità. Mi è piaciuto questo fantasticare su un grande personaggio della letteratura mondiale, il quale è colto nel suo "vizio" caratteristico: quello di fantasticare a sua volta... anche in punto di morte.
RispondiEliminaGiuseppe Novellino