Il ragazzo stava sul bordo della strada col pollice
alzato. Julia esitò una frazione di secondo prima di frenare e fermarsi alla
sua altezza. Il ragazzo apre la portiera, si sporge e domanda:
“Gosta de viajar no inverno?”
“Ma bene”, pensa Julia, “Per una volta che raccolgo un
passeggero, non parla neanche francese”.
Il ragazzino, che pareva avere una decina d'anni aveva
il volto bluastro per il freddo. Sbatte la portiera prima di domandare ancora
una volta:
“Gosta de viajar no inverno?”
“Espagnol?”
“ Nâo, portugese”.
“Questo non faciliterà le nostre relazioni, io conosco
si e no tre parole di spagnolo e altrettante di italiano”.
“Gosta de viajar no inverno?”
Julia sospirò, la neve si era rimessa a cadere, uno
spesso tappeto ricopriva già la strada, e il crepuscolo gli dava dei riflessi
malva e blu.
“Gosta de viajar no inverno?”
Tesa perché la macchina tendeva a slittare e il lato
destro sfregava la ghiaia sul bordo della strada, Julia s'innervosisce.
“Mi piacerebbe che tu cambiassi ritornello. Prima di
tutto, dove sei diretto? Questa è la strada per casa mia”.
Julia si dispiace di essersi irritata quando si volta
verso il ragazzino e vede il suo viso imbronciato come se stesse per mettersi a
piangere. Si piega per aprire la borsetta, ne toglie un pacchetto di caramelle
e o mette sulle ginocchia del suo passeggero.
“Obrigada”
“Ma di niente!”
Non era difficile da capire che l'aveva ringraziata.
Il ragazzino scarta una caramella e se la ficca in
bocca, ricomincia la prima operazione e tende la caramella a Julia.
“Obrigada”.
“Nào. Obrigado”.
“D'accordo, ho capito, Obrigado”.
Il fanciullo sorrise, contento di vedere che la
guidatrice aveva già imparato una parola.
“Casa mia non è più molto lontana, allora se vuoi che
faccia una deviazione...”
“Gosta de viajar no inverno?”
“D'accordo, non ti domando più niente, ci fermiamo a
casa mia, prendiamo una cioccolata calda e dei biscotti. Intanto che tu fai
colazione, telefonerò al paese”.
Julia alza la manopola del riscaldamento. L'atmosfera
nella macchina era divenuta glaciale, si sarebbe detto che la temperatura
esterna fosse caduta di una decina di gradi in brevissimo tempo. La giovane
donna mette la mano davanti alla griglia del riscaldamento per assicurarsi che
funzioni bene. Praticamente si scotta le dita, però non poteva impedirsi di
tremare, o peggio di battere i denti. Aveva fretta di arrivare a casa.
Julia s'infilò in un sentiero bordato di alberi dai
rami appesantiti dalla neve. La strada che stava per lasciare s'incuneava nella
foresta. Più oltre sorgevano le segherie e le baracche dove vivevano i
taglialegna. La notte era fonda e la neve cadeva sempre più fitta. I
tergicristalli andavano al massimo. L'atmosfera era sempre così gelida. Julia,
intirizzita, starnuta. Doveva essersi presa un'influenza e la febbre la faceva
rabbrividire, anche se non si era accorta di alcun sintomo premonitore di quel
dannato virus, né ronzii nelle orecchie né indolenzimenti. Le sue mani
s'intorpidivano sul volante. Le strofina una dopo l'altra sulle ginocchia. Il
suo fiato faceva condensa. Strofina il parabrezza col dorso delle mani. Faceva
veramente freschetto!
Il ragazzino non sembrava soffrire, vuotava il
pacchetto di caramelle, scartandole, masticandole e deglutendole con
regolarità. Julia pensa di chiedergli di smettere, poi rinuncia, lui le avrebbe
snocciolato la sua eterna e incomprensibile frase, che d'altronde lei non aveva
ancora cercato di analizzare, concentrata sulla guida e su quella sensazione di
freddo che le penetrava fin nel midollo delle ossa. Tenta di deviare il corso
dei suoi pensieri nella speranza che questo le eviti di rabbrividire. Cosa
poteva fare un ragazzino sul bordo di una strada al crepuscolo? E soprattutto,
da dove usciva quel piccolo portoghese?
Era eccezionale che i boscaioli fossero accompagnati
dalle loro famiglie, la maggior parte erano celibi. Era preferibile, almeno non
cercavano di ripartire per i fine settimana. Qualcuno, quelli che venivano dal
lontano, preferivano non prendere alcun permesso. Era illegale, ma il
caposquadra se ne fregava e Julia chiudeva gli occhi.
Infine arriva davanti a casa sua con il suo strano,
piccolo passeggero. Julia preme il telecomando e la porta del garage si apre.
Una volta parcheggiata la macchina, la giovane donna aziona di nuovo il
telecomando. Il piccolo resta immobile con gli occhi fissi davanti a lui, le
ginocchia seminate di cartine.
Julia scende dalla macchina, fa il giro e apre la
portiera perché il ragazzino capisca che deve fare altrettanto. Non sembrava a
suo agio. La sua pelle, anche se pallida, non era più marmorea. Non portava che
un giubbotto lavorato a maglia troppo grande per lui, un jeans sbiadito e
stropicciato che formava pieghe sopra le sue scarpe da tennis troppo grande di
almeno tre misure se non di più. Quale madre poteva vestire suo figlio in quel
modo?
Julia aprì la porta della cucina che dava direttamente
sul garage e fece cenno al piccolo di seguirla. Lui segnò il passo. Lo osservò
con curiosità: sembrava più grande, più sviluppato. Anche il viso sembrava aver
perduto la rotondità dell'infanzia per prendere l'aspetto più angoloso
dell'adolescenza. Julia si ripromette di prendere un'aspirina dopo essersi
occupata del ragazzo. La sensazione di freddo persisteva anche nella casa ben
riscaldata. Deposita la borsa della spesa sul piano del tavolo, rinuncia a
cambiarsi d'abito e si sistema uno scialle sulle spalle. Poiché il ragazzo
restava in piedi con le braccia ciondolanti, lo fece sedere alla tavola.
Gli prepara una cioccolata mentre va a telefonare.
Riempie una caraffa di latte, la mette nel microonde, aziona il timer, poi tira
fuori un pacchetto di cacao e uno di biscotti. Il ragazzo si getta su
quest'ultimo.
“Parola mia, tu non mangi da otto giorni!”
“Gosta de viajar no inverno?”
Julia alza gli occhi, toglie la caraffa di latte dal
microonde, ci mette due cucchiai di cacao, zucchera, stempera e mette il latte
davanti al ragazzo.
“Bevi!”, gli raccomanda prima di uscire dalla cucina.
Chiude la porta prima che lui ripeta la sua frase idiota, attraversa il
corridoio ed entra nel suo studio. Comincia con l'alzare il termostato del
riscaldamento, sebbene sia regolato sui ventidue gradi, prima di fare il numero
telefonico del posto di polizia.
“Qui Julia Rouaix, ho raccolto un bambino sul bordo
della strada, e non arrivo a tirargli fuori una parola comprensibile, a parte
una frase in portoghese che ripete da un sacco di tempo”.
“Che età ha?”
“A saperlo! Sei tu Charly. Deve avere fra otto e dieci
anni, forse più”, aggiunge Julia dopo aver pensato a quel cambiamento che le è
parso di scorgere. “In ogni caso, porta dei vestiti troppo grandi per lui ed è
affamato. Ti è stata segnalata una fuga?”
“No, nessuna. In compenso, tu non sei la prima a
telefonarmi stasera per la stessa ragione”.
“Che cosa? Altre persone hanno raccolto dei ragazzi
che facevano l'autostop?”
“Si, almeno una decina, di solito su strade isolate
lontane dalla zona del villaggio, ragazzi palesemente della stessa età e
vestiti con abiti da adulti. Tutti pronunciano la stessa frase: “Gosta de
viajar no inverno?”. Secondo uno dei nostri stagisti che parla portoghese,
significa: “Ti piace viaggiare in inverno?”
“E' assurdo!”
“Si, nessuno dei ragazzi ha voluto dire il suo nome,
tutti sono affamati e storditi. Lo puoi sorvegliare fino a domani?”
“Posso fare altrimenti? Non lo posso buttare fuori con
questo tempo. Mi terrà compagnia, la casa è vuota da quando...”.
“Capisco, Julia”.
“Insomma, questi ragazzi sono pure venuti da qualche
parte. Tu non hai nessun indizio?”
C'è un fruscio lungo la linea. Julia capisce che
Charly ha messo la mano sulla cornetta, poi riprende a parlare, la sua voce è
diversa. Julia avverte un certo imbarazzo, come un malessere. Le sta
nascondendo qualcosa.
“Charly, che succede?”
“Niente, se non altre chiamate dello stesso tipo.
Julia, sei armata?”
“Certo, ma...”.
“Allora non perdere tempo, prendi il tuo fucile,
caricalo e tienilo sempre a portata di mano”.
“Perché? Ti hanno segnalato un'aggressione?”
“Non una, diverse”.
Charly fa una pausa.
“Dove sei in questo momento?”
“Nel mio studio”.
“E il ragazzo?”
“Nella cucina, a bere cioccolata e a rimpinzarsi di
biscotti”.
“Ti puoi chiudere nello studio?”
“Certo, ma...”.
“Fallo, Julia. Carica il fucile e resta barricata
finché arriviamo. E' un po' fuori mano ma faremo prima possibile”.
Julia guarda fuori dalla finestra. La neve cadeva
sempre molto fitta. La strada doveva essere impraticabile al momento. Anche coi
loro fuoristrada, avrebbero avuto difficoltà a passare.
“Charly, non datevi pena per me. Sono capace di
difendermi da quando vivo da sola. Ho molte squadre di boscaioli ai miei
ordini, e non è un ragazzo che mi può impressionare”.
“Julia, ti devo lasciare. Fai come ti ho detto. Ogni
minuto è prezioso”.
La comunicazione s'interruppe bruscamente. Julia posò
la cornetta. Sentendo un leggero rumore, si voltò. Il ragazzo era là, le labbra
sporche di cioccolata e delle briciole di biscotto attaccate agli angoli delle
labbra, che gli avrebbero dato un'aria commovente se...
Stavolta Julia non poteva sbagliarsi: era ancora
cresciuto, aveva raggiunto la taglia di un adolescente longilineo sviluppato
troppo in fretta. I suoi vestiti si adattavano perfettamente alla sua taglia
gracile. Julia stira le labbra per tentare di sorridere nonostante il freddo
che le paralizzava tutti i muscoli. Non doveva lasciarsi impressionare, non era
con un'arma che doveva lottare, presentiva che doveva resistere a qualcosa di
molto più sottile. Il ragazzo la guardava negli occhi e quello che sentiva
penetrare in lei era così insidioso, non aveva niente a che vedere con una
semplice paura. L'inquietudine, l'ansia, aveva conosciuto questo genere di
emozioni permanenti quando suo marito e suo figlio avevano avuto l'incidente e
non erano mai più usciti dal coma.
Poi c'era stato quel vuoto terribile che aveva
compensato lavorando come un uomo, come faceva suo marito. Quello che percepiva
in lei e attorno a lei era più freddo dell'aria
gelida che circolava nel suo studio. Julia fece un notevole sforzo per
domandarsi come mai non si fosse accorta di niente.
“Non hai forse voglia di dormire?”
Come lui sta per parlare, lei lo precede: “Lo so,
Gosta de viajar no inverno?”
Il giovane resta a bocca aperta, l'aria stupita, poi
replica:
“Lei è la prima a ripetere la frase”.
Doveva tentare di approfittare di questo stupore per
ordire qualcosa, per tentare di addomesticare quella forza oscura.
“Allora ti sei preso gioco di me fin dall'inizio, tu
parli la mia lingua”.
“No, l'ascoltavo”.
L'atmosfera era meno glaciale, lei l'avrebbe giurato.
Aver fatto un simulacro di scherzo l'aiutava a distendersi. I suoi muscoli si
rilassarono. Arrivò a spostarsi, ad aprire il mappamondo che serviva da bar, e
a toglierne una bottiglia di whisky. Se ne servì un bicchiere colmo. Lo
inghiotte, il suo stomaco si rivolta. Il ragazzo le si avvicina, lei si volta
verso di lui come se non notasse l'ombra che invadeva le sue guance, scavava i
suoi lineamenti. Era veramente molto bello coi capelli bruni che ondeggiavano
sulle sue spalle e la barba nascente. Una bellezza che si sarebbe detta
romantica, se non fosse stato per quello sguardo cupo che la sconvolgeva, la
trafiggeva. Si serve un altro bicchiere.
“Perché ripetere quella frase idiota tutto questo
tempo?”
“Era la sola che conoscevo prima di sentirti parlare”.
Julia avverte come un muto richiamo e non può
impedirsi di guardarlo ancora. Gli trova una vaga rassomiglianza con...
Era impossibile! Sentì un brivido scendere lentamente
dalla nuca alle reni. Un intenso sudore le bagna le ascelle sebbene sia gelata.
Mette nel conto l'alcool, Charly le aveva detto di caricare la sua arma e
difendersi. Difendersi da che cosa, da quelle mani che si tendono verso di lei?
Lo stordimento raggiunge a poco a poco l'interno del
suo corpo. Gli occhi neri del giovane s'introducono dentro i suoi, la
penetrano, la violano. Lei si raggrinzisce sentendo questa penetrazione malsana
che però la lascia inappagata. Una forza sconosciuta si infila nel fondo del
suo essere. Un potere infausto prende possesso del suo addome.
Julia presagisce che quella creatura che quella
creatura impalpabile e fredda si nutrirà del suo calore, della sua carne, del
suo sangue, la sente agitarsi con violenza dentro di sé, poi la tempesta si
calma, non è che qualcosa di dolce che aveva dimenticato, un piccolo cuore che
batte. Pone la mano sul suo ventre prossima a svenire.
“Come si chiama?”
“Non ha nome, è come me”.
“Dirà: “Gosta de viajar no inverno?”
“Dirà quello che gli insegnerai”.
“Perché io?”
“Gli altri non hanno cercato di ripetere la frase.
Erano diffidenti perché noi cambiamo a vista d'occhio. Nessuno si è prestato,
allora i nostri si sono vendicati”.
“I tuoi simili, forse, non hanno saputo riprodurre
l'illusione adeguata”.
“Io ho penetrato la tua memoria”.
“E mi hai fecondata senza toccarmi. Noi usiamo altri
metodi, più piacevoli”.
“Lo so, vieni!”
Le tende le braccia. Julia si rannicchia contro il
petto del giovane.
“Charly non verrà, vero?”
“Né lui né nessun altro, nessuno dei tuoi”.
“E poi? Morirò?”
Lui carezza la sua schiena, le sue spalle, segue la
linea della sua figura, delle sue anche. Julia risponde alla sua stretta con un
ardore di cui non si sarebbe creduta capace. Non sentiva più il freddo. Lui
mordicchiava il suo collo. Lei riscopriva il piacere, Lui la trascinò sul
tappeto, la fece mettere lunga distesa. La giovane donna restava immobile, la
bocca socchiusa, il respiro accelerato. Il ragazzo contempla il suo addome già
gonfio. Julia solleva la testa.
“E' cosi rapido?”
“Si”.
“Si nutrirà di me?”
“Io resto con te”.
“Ma se io muoio non potrò insegnargli nulla, neanche
“Gosta de viajar no inverno?”
Il profondo piacere che lei traeva dalla sua docilità
di fronte a quel che stava per accadere, non era niente come compenso di ciò
che immaginava del fenomeno che si stava producendo dentro di lei.
Quell'esistenza che era germogliata e assorbiva la sua sostanza. Avrebbe voluto
provare ancora una volta la dolcezza di fare l'amore. Il giovane gliela dà.
Julia perse conoscenza dominata dal sentimento
primitivo del prodigio che si stava compiendo. Più tardi un dolore la fa
svegliare con un urlo. Era livida, lo sforzo che fece per sollevarsi le squassò
i fianchi. Il suo corpo s'infila in un corridoio di dolori, di gemiti, di
sospiri, si ricorda che non aveva sofferto così tanto la prima volta.
Con lo sguardo smarrito, vede l'uomo mettersi in
ginocchio, sente le mani di lui che si
agitano tra le sue cosce. Delle ombre si muovono sul soffitto. Julia
vede altra gente attorno a loro, una massa indistinta che attende in piedi.
All'improvviso un'esplosione di dolore squarcia il suo basso ventre , frantuma
le ossa del bacino. Un grido inumano scaturisce dalla sue labbra. Vertigine,
freddo, caduta nel vuoto. Il suo corpo
ondeggiava in una luminosità bluastra. Credette di essere morta, poi udì un
debole vagito.
Delle labbra si posarono sulla sua fronte poi sulle
sue labbra. Julia tocca la cicatrice che
il suo amante aveva all'incavo del collo. Si ricorda della loro stretta.
Lei era dei loro adesso, avrebbe insegnato a suo
figlio. Suo figlio, la carne della sua carne, il sangue del suo sangue.
“Gosta de viajar no inverno? Amore mio!”
(Traduzione dal francese di Fabio Calabrese)
Un cordiale saluto a Micky Papoz che con questo bel racconto fa il suo esoredio sulle pagine di Pegasus
RispondiEliminaSimpatico racconto con sorprendenti personaggi...
RispondiEliminaRacconto dal fascino particolare.
RispondiEliminaG.S.