Due falci di luna si
contendevano il cielo, nella notte di Bagdad, ma quella più in alto gli
appariva più fredda, e terribile, e misteriosa. Il vecchio Harùn immerse la
destra nella fontana…era bello il fresco dell’acqua, come forse solo un uomo del
deserto poteva capire.
E guardava le stelle,
interrogando Rigel e Altair su quale fosse il suo destino, e il tempo rimasto,e
quando il Misericordioso avesse dato risposte, anche una sola, alle sue domande…
perché nel cuore dell’uomo crescesse una foresta intricata di sentimenti e
perché la sua saggezza di vecchio gli desse solo amarezza per quello che
scorgeva appena, senza riuscire mai a decifrare…
sì,
mio dio, qual è la cifra del cuore dell’uomo? E cosa lo muove? e perché?
Ma le stelle erano mute e
quella falce bianca guardava impassibile il suo groviglio di domande. Sarebbe
morto senza sapere, senza capire.
Eppure aveva dominato
uomini e terre, e stagioni…molti lo temevano, altri lo ossequiavano. E chi era
capace di reggerne lo sguardo diceva di lui che aveva perso l’anima.
Sentiva che era vero… persa l’anima e smarrita ogni strada perché
fosse mai più possibile il ritrovarsi…
Eppure nessuno era mai
entrato in quel fondo oscuro dove si celava la parte più vera di sé, la più
indecifrabile e segreta…quello che lui chiamava il suo tormento: c’era qualcuno
che non guardasse in lui il re ma l’uomo, c’era qualcuno tanto capace di osare…?
non per il potere, ma per quanto avrebbe potuto scoprire. Di bello e di
orrendo, di terribilmente umano.
Harùn sapeva che non lo
sgomentava il potere e la ricchezza, non lo incantava più l’amore, ma allora cosa gli urgeva dentro, cosa lo
ammalava?
Sentiva oscuramente che qualcosa
gli mancava, e la solitudine lo stremava: non uno che gli assomigliasse e con cui parlare
per addolcirsi l’anima.
Dov’erano
quegli uomini,si chiedeva, e dove
chi gli guardasse dentro ?! –sarebbe bastato solo questo per consolarlo-
Ma invecchiava senza
risposte, con ogni giorno nuove domande.
Si scosse, guardò la luna
che tremava nell’acqua come una foglia al vento…neppure lei aveva risposte, e
nessuna delle stelle, mute nel loro gelido silenzio. Fosse stato solo un
cammelliere, in una sera così avrebbe cantato una semplice poesia nel suo
cuore, fra il dolce di un dattero e le curve delle dune. Ma era un re,
e ne pativa il giogo…era un uomo, ed era solo.
Per un attimo quasi
pregò, con parole spezzate e l’anima sconfitta…c’è una risposta, Potente e Misericordioso, c’è una risposta? E perché mi
hai regalato ogni potere e non quello di avere pace?
Quella notte, come tante
altre, Harùn non prese sonno.
Non capiva, nella sua desolazione, che forse
era tutta lì la risposta, in quel giardino di due lune silenziose, e una
fontana che vibrava, e un uomo che si chiedeva della vita…
Molto bello... filosofico il racconto.
RispondiEliminaBello il racconto dell'amico Murro, con le domande che si fanno un po' tutti e scritte con saggezza e dolcezza...
RispondiEliminaBel raccontino, ricco di sentimento melanconico e di lirismo. Mi ha colpito una frase. La cito:"Ma invecchiava senza risposte, con ogni giorno nuove domande".
RispondiEliminaGiuseppe Novellino