C'era
un'atmosfera strana in quel posto: si aspettava qualcosa di cupo e
terribile, invece tra quelle rocce percepiva una malinconia
indicibile e opprimente che come una nebbia ti entrava dentro, quasi
a soffocarti. Non c'erano rumori, non si sentiva stridio d'uccelli.
Neppure un refolo di vento.
Tutto gli pareva come sospeso in una dimensione dove tempo e spazio e vita fossero assenti. Come per una scelta, come per punire qualcuno. Niente di quanto sapeva o aveva vissuto gli somigliava, nessuna storia dei vecchi gliela ricordava. Per questo cominciò ad avere paura.
Per tenere a bada il tumulto che lo stava aggredendo pose la mano sull'elsa della spada: si sentì un po' rassicurato, fece ampi respiri.
Sapeva bene che una prova lo attendeva, ripeteva mentalmente di continuo il motivo per cui era venuto, anche se forse nessuno nella città si aspettava che riuscisse a tornare: troppi avevano fallito e pagato con la morte, troppi anche solo per sperare. Ma lui era la loro ultima speranza, quella cui si erano aggrappati con frenesia e livore: guai se non fosse riuscito, sarebbe stato maledetto anche da morto, senza trovare le risposte della sua vita.
Non era, però, solo per i suoi concittadini che era venuto a quel passo. La verità è che voleva sapere di sé e della sua vita, conoscere il mistero che sembrava accompagnare i suoi passi: doveva sapere, perché neppure a dio era consentito celare le ragioni della vita di un uomo. Doveva sapere, per quietare il marasma che sentiva inquietargli l'anima.
E quando vide quella creatura fu come una liberazione. In alto, ferma, sembrava quasi fusa con la roccia.
Edipo la guardava, immobile, la mano poggiata alla spada.
La Sfinge si voltò: perché sei venuto? per te io non ho dilemmi, e tu non hai risposte per il tuo destino.
Tutto gli pareva come sospeso in una dimensione dove tempo e spazio e vita fossero assenti. Come per una scelta, come per punire qualcuno. Niente di quanto sapeva o aveva vissuto gli somigliava, nessuna storia dei vecchi gliela ricordava. Per questo cominciò ad avere paura.
Per tenere a bada il tumulto che lo stava aggredendo pose la mano sull'elsa della spada: si sentì un po' rassicurato, fece ampi respiri.
Sapeva bene che una prova lo attendeva, ripeteva mentalmente di continuo il motivo per cui era venuto, anche se forse nessuno nella città si aspettava che riuscisse a tornare: troppi avevano fallito e pagato con la morte, troppi anche solo per sperare. Ma lui era la loro ultima speranza, quella cui si erano aggrappati con frenesia e livore: guai se non fosse riuscito, sarebbe stato maledetto anche da morto, senza trovare le risposte della sua vita.
Non era, però, solo per i suoi concittadini che era venuto a quel passo. La verità è che voleva sapere di sé e della sua vita, conoscere il mistero che sembrava accompagnare i suoi passi: doveva sapere, perché neppure a dio era consentito celare le ragioni della vita di un uomo. Doveva sapere, per quietare il marasma che sentiva inquietargli l'anima.
E quando vide quella creatura fu come una liberazione. In alto, ferma, sembrava quasi fusa con la roccia.
Edipo la guardava, immobile, la mano poggiata alla spada.
La Sfinge si voltò: perché sei venuto? per te io non ho dilemmi, e tu non hai risposte per il tuo destino.
Breve ma intenso racconto di ispirazione mitologica.
RispondiEliminaMolto ben descritto quel subbuglio d'inquietudini che ha l'essere umano dentro di sé.
RispondiEliminaSuggestivo quadretto di ambientazione mitologica. Ha le caratteristiche del frammento, inquietante. Mi è piaciuto.
RispondiEliminaGiuseppe Novellino