
- Questo disco
non esiste.
- Come sarebbe
a dire?
- Ti dico che
l’Equipe 84 non l’ha mai inciso.
- Allora, come
mai si trova nella collezione della mia povera sorella?
Rigiro tra le
mani il 45 giri e comincio a provare un lieve capogiro.
La custodia è
molto sciupata, in un angolo macchiata da quello che sembra caffè. Riproduce,
sulle due facciate, un bosco rischiarato dalla luna e il nome del complesso a
caratteri gotici. E poi ha, come le altre, quell’odore di muffa.
Estraggo il
disco.
- L’Equipe 84
non ha mai avuto nel repertorio una canzone con questo titolo – ribadisco. Sul
lato A, infatti, spicca il titolo: “666” di Nepomuceno Ghislander.
Giro e osservo
il lato B. Qui il brano indicato è “Foschia notturna” dello stesso autore.
- Incredibile!
– esclamo. E lascio cadere il disco sul tavolino.
Si tratta di
un’incisione dell’epoca, senza dubbio. Ma il vinile, pur essendo infilato in
una custodia logora, sembra vergine, come se non sia mai stato fatto girare sul
grammofono. E sull’etichetta si vede la data: 1966.
- A
quell’epoca, l’Equipe era all’apice del suo successo, se non erro – osserva il
mio amico Michele. – Può darsi che avessero inciso due canzoni che di solito
non eseguivano. – Spalanca tanto d’occhi e si porta le mani sulle guance. –
Stai a vedere che sono in possesso di un disco raro! Magari vale una fortuna.
- No, no –
faccio, scotendo nervosamente la testa. Ti dico che questo disco non dovrebbe
esistere.
Ci sediamo e
rimaniamo per un momento in silenzio.
Michele mi ha
invitato a casa sua, in cima alla collina, per farmi vedere che cosa ha
scoperto nel fondo di una cassapanca abbandonata in cantina. Una sessantina di
vecchi 45 giri e un mangiadischi che appartenevano a sua sorella Maria, morta
nel 1966 in un incidente stradale. Era molto più grande di lui. Michele aveva
solo tre anni, all’epoca della disgrazia. Lei, appassionata di musica leggera,
ballava divinamente. Lui succhiava ancora il latte dal biberon. E in seguito
sarebbe diventato un cultore di musica classica.
Poiché conosce
il mio interesse per le canzoni degli anni ’60, ha voluto farmi partecipa della
scoperta. Così mi ha chiamato e l’ho raggiunto, in macchina, nella sua dimora
solitaria.
- L’esperto sei
tu – mi dice dopo un po’.
- Io ho una
pubblicazione con tutti i dischi, le esibizioni e i concerti dell’Equipe 84. Ti
posso assicurare che questo non figura.
- Il complesso
avrebbe potuto inciderlo all’estero – fa Michele con voce chioccia.
- No, è della
Ricordi. Non vedi l’etichetta?
- E allora, di
che razza di mistero si tratta?
Mi alzo in
piedi.
- Non ci resta
che ascoltarlo – dico.
Afferro il
disco e mi avvicino al hi-fi del mio amico. Lo metto sul piatto e poi mi giro
verso di lui. – Tua sorella amava l’Equipe 84, dunque.
- Sì – conferma
lui – e anche altri complessi italiani come i Rokes, i Camaleonti, i Dik
Dik… Naturalmente andava matta anche per
i Beatles e i Rolling Stones.
- Però questo
non l’avrà mai ascoltato.
- Come fai a
dirlo?
Gli faccio
notare che i solchi sembrano nuovi, benché impolverati.
- Forse l’avrà
sentito una volta – spiego, - ma non di più.
- Ascoltiamolo
noi, allora! - propone il mio amico, accavallando le gambe con uno scatto
nervoso.
Accendo
l’apparecchio e metto la puntina sul vinile.
Niente. Non si
sente alcuna musica. Alzo il volume, senza il benché minimo risultato. Giro il
disco su lato B. Ancora nulla. Torno sulla facciata di “666”.
Allora mi viene
il mente una cosa: - Hai detto di avere trovato un mangiadischi, nella
cassapanca?
Michele fa una
risatina. – Ma se non riusciamo a sentirlo sul mio giradischi moderno…
- Proviamo.
Finalmente
infilo il 45 giri nella bocca del vecchio strumento e quello, con uno scatto,
lo fa partire.
- Ma le pile…
Non ci sono le pile! - Quello di Michele è un autentico grido.
Infatti, ho
fatto l’operazione senza pensarci.
Ma il disco, incredibilmente
gira. La puntina scorre sui solchi di “666”.
Ma che strano!
Niente chitarre, niente batteria, niente voce di Maurizio Vandelli. Solo un
suono: un “uhuuu” continuo, monotono, una specie fischio, lugubre e cupo.
- Ma questo
disco… non è inciso – dice Michele con voce strozzata.
Così pare.
Eppure ha tanto di etichetta e di custodia. E poi gira, alla giusta velocità,
nel mangiadischi senza pile.
In quel
momento, mentre l’arcano suono si diffonde nel locale, mi afferra un pensiero:
quello della mia auto, là fuori, e della lunga strada, tutta curve, che mi
aspetta nella foschia notturna.
Rabbrividisco.
(Pubblicato per gentile concessione
dell’autore)
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