Guardava
il mare verde che si stendeva silenzioso verso l'ovest della terra dei Legs: lì
scendevano i due soli quando si coloravano di fuoco e si nascondevano per la
lunga notte delle terre.
Accovacciato
sulle sue ginocchia, aveva stretto il suo viso fra le mani sino a sfiorare gli
occhi con le dita: chissà, si
chiedeva, se c'è qualcuno o qualche terra
al di là del mare, quel mare ostile anche se mai in burrasca, ma pauroso,
con la sua calma piatta, le sue nebbie e il movimento lento di palude.
Gli
anziani dicevano che oltre il mare non c'era nulla, solo il vuoto e la morte e
qualcuno asseriva che la linea d'orizzonte dove scendevano i soli era in realtà
una cascata infinita che si perdeva nel vortice del cielo: sentiva un brivido
di paura a quel pensiero, anche se non riusciva a distogliersi da quella
domanda, se mai ci fosse qualcosa o qualcuno dall'altra parte del mare, se pure
esisteva un'altra parte. Mai nessuno aveva tentato di saperlo: quel mare
misterioso celava mostri e morte e quasi un religioso divieto lo ricopriva;
poteva guardare i suoi tramonti incendiare il cielo ma doveva tenersi dentro
quella domanda inusitata e per molti blasfema. Non tentare l'ordine delle cose,
così dicevano gli anziani, e quel mare da sempre era proibito coi suoi misteri
e le sue onde brevi e silenziose.
Non
era contento, sentiva che non gli bastavano quelle risposte, ma non sapeva che
fare, se non cercare di scacciare via quel disagio che aveva catturato i suoi
pensieri insoddisfatti.
Ormai
il cielo era diventato una tenue linea arancione lungo un mare nero e fra poco
sarebbe arrivata la prima esangue ora della notte: si alzò quasi di scatto,
guardò lontano verso ovest e si avviò lungo la spiaggia, prendendo a calci la
sabbia.
Il
grido e il dolore furono pressoché simultanei, alzò la gamba prendendosi il
piede dolorante mentre cercava di capire cosa fosse successo...cosa diavolo
aveva colpito? guardò con attenzione in basso, si piegò per cercare a tentoni
mentre si sforzava di non pensare al piede dolorante. Spostò la sabbia, infilò
le mani più sotto, fece un largo gesto come a spazzolare e...ecco, qualcosa
toccò, con uno spigolo duro: è lì che aveva sbattuto il piede. Scavò attorno la
sabbia con curiosità crescente e una fretta inspiegabile.
Alla
fine era lì, liberato dalla sabbia che lo aveva semisepolto: un contenitore di
qualcosa, una specie di scatola chiusa, non molto grande, di una materia
strana. Aveva dimenticato ogni cautela nel toccarlo, ma ora lo prese una
giustificata preoccupazione, era pericoloso? gli avrebbe in qualche modo fatto
male l'averlo toccato?
Il
contenitore era lì, inerte. Lo punzecchiò con un bastone e non successe nulla;
provò ad urlare, non successe nulla. Si decise infine ad infilarlo nel suo
sacco, anche perché la notte stava scendendo più rapidamente e doveva tornare
al villaggio che già mostrava la sua
luce rassicurante.
Camminava
guardando ogni tanto il suo sacco con pensieri divisi fra curiosità e una preoccupazione
sempre più labile: cos'era? conteneva qualcosa? qual era il suo segreto?
Appena
arrivato, cercò di assumere un'espressione normale, rificcando indietro quello
strano pulsare che si sentiva dentro. E si guardò intorno, fingendo noncuranza,
a scoprire se mai qualcuno avesse intuito il marasma che provava: non accadde
nulla, qualcuno lo salutò distrattamente, qualche altro fece un gesto a cui
rispose con falsa euforia. Andò vicino al fuoco, prese un pezzo di cibo che
addentò con accanimento, aveva fame. Si guardò ancora intorno, cercando con
avidità Shervaz, l'anziano del villaggio.
Fu
quasi felice di non vederlo, a quell'ora di sicuro si era già ritirato nella
sua capanna: meglio, avrebbe condiviso solo con lui quella scoperta. E sperava
che almeno da lui gli venissero delle risposte.
Buttò
un osso sul fuoco, prese il sacco e si diresse verso la capanna dell'anziano.
Spostò
la tenda con rispettosa leggerezza, entrò chiamando, mentre la luce balbuziente
di una fiamma gli mostrava a tratti l'interno della capanna. Guardò con
attenzione e lo vide. Il vecchio era seduto in un angolo, appena discosto dal
fuoco.
Alzò
la testa come a chiedergli ragione di quella visita, mentre lui si avvicinava
col sacco, schiarendosi la voce: «Oggi,sulla
spiaggia, ho trovato questo,» ed aprì il sacco, mostrandogli il
contenitore. Gli parve ci fosse un lampo negli occhi del vecchio, mentre
tendeva la mano.
Chiese
solo, però, con un tono che gli sembrò molto stanco: «Veniva vento dal mare?»
«No, Sherv… c'era una calma quasi opprimente,
come ogni giorno,» fu la
risposta.
Il
vecchio guardava il contenitore, rigirandolo fra le mani, quasi incurante di
come il giovane ne seguisse i gesti con una curiosità che sfiorava l'ansia: «Cos'è? di che è fatto?»
Il
vecchio taceva, mentre rigirava l'oggetto con la fronte corrucciata: «Eri solo? Ne hai parlato con qualcuno?»
«No, solo io e te sappiamo di questo,»
rispose il giovane, sentendo come all'improvviso un senso di importanza. Gli
era piaciuto rassicurare il vecchio, anche se la sua faccia pensosa in qualche
modo non lo rendeva tranquillo. Cos'è?
gli sarebbe piaciuto chiedere ancora, ma tacque: sapeva quando era meglio
tacere.
D'improvviso,
con uno scatto, il contenitore si aprì quasi facendolo sobbalzare: il vecchio
infilò la mano e tirò fuori qualcosa che assomigliava a un libro, uno di quello
che erano gelosamente custoditi in quella capanna.
Shervaz
lo aprì con cura, con una mano che sorprendentemente gli sembrò improvvisamente
leggera, sfogliò qualche pagina, mentre la sua espressione diventava sempre più
dolorosamente cupa.
«Cos'è?» chiese quasi con forza il
giovane.
L'anziano
continuò ancora un po' a sfogliare: «È la
morte,» disse, «è il male,» e
senza dargli modo di rispondere o reagire scagliò quei fogli sul fuoco.
Sorpresa
rabbia sgomento accompagnarono il suo grido, mentre il giovane tentava le
fiamme: «Ma perché? Che hai fatto? Perché?»
E
senza riflettere mise le mani sulla fiamma cercando di salvare quell'oggetto
che si consumava in uno sfrigolio leggero di cenere.
Riuscì
a strappare qualche foglio al fuoco, mentre sentiva il dolore lampeggiare sulla
sua pelle: raccolse quanto poté, lo strinse al petto e fuggì via, inseguito da
un inutile: Fermati, pazzo, del
vecchio.
Corse
a nascondersi, ansimando d'ansia e di dolore, cercò ai limiti del villaggio
l'angolo più nascosto. Si guardò il petto, sporco di cenere nera, con brani di
carta bruciacchiata appiccicati al suo sudore:doveva sapere cos'era, doveva
capire il comportamento dell'anziano.
Delicatamente
prese in mano quei fogli e la sua prima sorpresa fu che i caratteri erano identici
ai loro anche se la lingua era diversa. Cosa c'era scritto?
Voleva
capire e intuì che forse il solo che poteva aiutarlo era il vecchio Shervaz: di
sicuro doveva sapere qualcosa che gli nascondeva.
Tornò
alla capanna, il vecchio lo guardò con un'aria stanca: «Sapevo che saresti tornato.»
«Devi insegnarmi quella lingua, io devo
leggere quei fogli, altrimenti tutti sapranno che cosa ho trovato.»
«Vi troverai solo altre domande, o solo
orrore.»
Non
lo guardò neppure, certo che non valeva la pena insistere: «Siedi!» gli disse.
E
così, per tutta la durata della lunga notte della terra dei Legs, il giovane
imparava, scavando da un libro del vecchio che gli aveva posto come sola
condizione che solo alla fine avrebbe letto i fogli trovati.
E
un giorno, mentre il primo dei soli si annunciava alle spalle della terra,
schiarendo di un tenue viola il cielo, il vecchio chiuse il libro e lo guardò. Non
disse nulla, lui si alzò con un gesto che voleva essere di ringraziamento e di
soddisfazione, ed uscì dalla casa dell'anziano.
Non
c'erano che flebili rumori nel villaggio, un'aria sonnacchiosa sembrava coprire
ancora tutto come una coperta calda. Si avviò, respirando forte, verso la riva
del mare. Lo trovò ancora scuro, quasi terribile; si sedette e aspettò.
D'un
tratto il cielo sembrò squarciarsi di luce, e il secondo sole fece scivolare
strisce dorate sul mare,che diventava a mano a mano sempre più livido e
opalescente, come ogni giorno.
Stava
lì, di fronte a lui, quel mare che lo inquietava col suo movimento di palude (Il
Melmoso lo chiamavano i ragazzi nella loro gioiosa irriverenza); aprì il sacco
e tirò fuori con cura pezzi di fogli bruciacchiati. Ora poteva togliersi ogni
curiosità, se lo era meritato, Provò anche ad ordinarli, ma era una fatica
impossibile. Cominciò a leggere
«...se si alzasse un po’ di vento… sono
giorni che mi pare di non essermi mai mosso… devo…»
Troppo
poco per capire, ne prese con cura un altro:
«Gli anziani dicono che dove sorge il
sole non c’è che orizzonte, e qualcuno afferma che da lì c’è un baratro…»
«...che volevo partire mi hanno dato del
matto, predicendomi che sarei morto nel nulla… Devo sapere se…»
Maledì
in cuor suo l’anziano e il fuoco, anche se cominciava a capire: dove tramontano
i due soli esiste un’altra terra, quel mare non è infinito e loro non sono soli;e
tra quell'altra gente c’era stato
qualcuno che aveva tentato il mare e, ora ne era certo, era morto nella
traversata.
Continuò
a leggere.
«...sono stanco, forse davvero non esiste
un’altra terra…. paura di… non ho più forza di scriv…»
Con
un nodo alla gola, come se avesse perso un fratello, prese l’ultimo foglio:
«...ho visto l’alba dei due soli
allargarsi sul mare, ne ho visto lo splendore e la desolazione; forse questo mi
ripaga del…»
«...ho sete…»
Sentiva
lacrime, provava rabbia, eppure si sentiva sollevato: di la dal mare c’era
un’altra terra e forse quel mare ostile, livido e crudele poteva essere vinto.
Si
alzò in piedi, lasciò cadere l’ultimo foglietto annerito.
Guardò
il mare: da lì avrebbe avuto le sue risposte, o forse lì avrebbe incontrato il
suo destino.
Bellissimo il racconto di fantascienza. Una storia che si ripete sempre fra i giovani, siano essi curiosi avventurieri o feroci conquistatori.
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