La tempesta soffiava con violenza. Il mare gonfio
s'infrangeva urlando contro il fragile scafo. Le creste delle onde schiumavano
e si attorcigliavano in spirali sopra le profondità di un verde fosforescente.
Una coppia di uccelli venne a rifugiarsi sul ponte di
legno grondante. La velatura dell'unico albero non era più che uno straccio.
Finì di afflosciarsi sotto gli sferzanti colpi delle raffiche. I due uccelli
sbatterono le ali appesantite d'acqua salata quando la barca s'infossò in un
avvallamento fra le onde prima di raddrizzarsi sopra le creste.
Lo scatto folgorante di una luce infiammò lo scafo che
si aprì in due prima di affondare negli abissi tenebrosi.
Con gli occhi sgranati e la bocca spalancata, il
negoziante fissava la bottiglia in vetro grossolano dove si era prodotta la
tempesta. Sbatte gli occhi pensando di essere vittima di un'allucinazione,
sussulta quando il campanello della porta d'ingresso fa risuonare la sua musica
cristallina. Ma non si volta, i suoi occhi rimanevano attaccati alla bottiglia
dove il mare si era calmato e la barca ricompariva in superficie come un tappo
di sughero.
“Buon giorno!”, dice sorridendo una giovane donna dai
lunghi capelli biondi, “Guardavo la sua vetrina e ho notato una clessidra che
sembra molto antica. Posso vederla più da vicino?”
“Si, si, certo!”, annuisce il giovane ancora turbato
dal dramma in miniatura cui aveva assistito.
Si diresse verso la vetrina aperta dalla parte del
negozio per prendere la clessidra. La capovolse come gli aveva detto
l'antiquario che desiderava che il suo commesso mostrasse ai clienti che tutti
gli strumenti antichi come i mappamondi, i sestanti e le bussole funzionavano
ancora.
La giovane donna si era avvicinata al tavolino, dove
su una base stava la bottiglia contenente il modellino. Carezzò con l'indice il
vetro traslucido e delle increspature apparvero sull'acqua.
Toglie subito il dito e se lo posa sulle labbra come
una bambina colta in fallo, prima di girarsi verso il commesso. I suoi occhi di
acquamarina, quasi trasparenti, incrociano
quelli scuri dell'uomo, che prova subito una curiosa sensazione: quella di
entrare in un sogno da cui avrebbe avuto difficoltà a uscire.
Si lascia riempire dalla luce di quello strano sguardo
e si sente subito differente, più sicuro di se, affascinato. Posa con la mano
chiusa la clessidra sul tavolino. La sabbia continua a segnare il tempo, ma né
il commesso né la giovane donna vi prestano attenzione. Entrambi si guardano.
“Chi è lei?”, domanda l'uomo con voce sorda.
“Io mi chiamo Lorelei, e lei?”
Aveva risposto alla domanda come se il semplice fatto
di aver detto il suo nome fosse sufficiente per tutte le spiegazioni che l'uomo
desiderava: chi era veramente e da dove veniva quel potere di animare gli
oggetti inerti.
“Io mi chiamo Phillippe Glez e sono il nuovo commesso.
Mi dica, lei capita spesso nei negozi di antiquariato in modo da provocare
tempeste in bottiglia?”
“No, stia
tranquillo, non mi era successo da moltissimo tempo, in effetti dalla mia
infanzia, da quando non ero ancora separata dalle mie sorelle”.
Solleva con la mano la massa pesante dei suoi capelli
dorati, poi la butta sulla schiena. Il
suo polso era ornato da un doppio filo di perle.
“E' bella come il mare e il cielo che si fondono
all'orizzonte”, pensa Philippe. Niente gli sembrava abbastanza per esprimere la
sua ammirazione e l'attrazione che sentiva. Lorelei lo guardava in controluce
col dorso appoggiato alla vetrina.
Sopra il vecchio porto il sole tramontava, una polvere
dorata volteggiava nei suoi ultimi raggi. Una calda intimità invadeva il
negozio di dolcezza.
Immobile, come pietrificato, perso nello sguardo della
giovane donna, Philippe non pensò di accendere le luci, fu Lorelei che lo fece,
azionando gli interruttori dietro una tenda damascata. Philippe sbatte le
palpebre, gli occhi feriti dalla luce diffusa dalle numerose appliques.
“Qualcuno l'aspetta?”, le domanda con una certa
ansietà.
“No, nessuno”.
La voce era soave, un sorriso fugace fece fremere la
bocca carnosa.
“Allora sto per chiudere”, disse Philippe, “Se
permette, posso fare due passi con lei”.
Aspetta col respiro affannoso.
“Ma la clientela”, protesta Lorelei.
“Non verrà più nessuno stasera. I clienti sono rari in
questo inizio di stagione. Il Mare del Nord non attira più nessuno, tranne
i...”.
Tacque bruscamente, i suoi occhi e i suoi pensieri si
smarrivano. Gli veniva da accostare il nome della giovane donna a quello
dell'altra Lorelei. Pensa a quello che è accaduto quando lei ha guardato
attraverso la vetrina. Non aveva detto di aver fatto una cosa identica quando
era bambina? “Quando non ero ancora separata dalle mie sorelle”? E se avesse
realmente provocato un naufragio? Assurdo, delirava, si stava innamorando, non
aveva la minima idea del tempo che passava. Immobile, con lo sguardo fisso
sull'immagine che si era impressa nel suo animo, sussultò quando il campanello
della porta d'ingresso tintinnò. Lorelei stava uscendo.
Non si prese nemmeno la pena di chiudere la porta,
tanto aveva ansia di ritrovarla. Lei doveva aver girato l'angolo della strada,
a meno che non fosse dalla parte opposta sul lungomare. Corre a perdifiato,
torna sui suoi passi, scruta i rari passanti nella luce crepuscolare.
Una risata ironica lo trattiene sull'orlo di un
marciapiede mentre sta per attraversare. Lorelei è seduta su una delle panchine
sparse lungo la strada. Un riverbero getta la sua luce ramata su di lei.
“Si sieda e riprenda fiato. Respiri questa buona aria
di mare. Perché è così agitato? Per il mio nome? Mia madre è appassionata di
mitologia. E come si chiama? Doris, e non ha trovato niente di meglio che
affibbiare alle mie sorelle e a me dei nomi ridicoli. La più piccola si chiama
Galatea, è tutto dire. Mio padre era un marinaio, è morto da molti anni. Mamma
pretende che quella notte abbiamo cantato di continuo, io e le mie sorelle.
Anche Galatea gorgogliava nella sua culla. Mamma dice che era un canto strano,
magnetico e così selvaggio che il mare si era ingrossato con una violenza
eccezionale. Afferma che si sentivano da casa nostra le onde che s'infrangevano
sugli scogli. Mio padre ha fatto naufragio con tutto il suo equipaggio”.
Protesta vedendo che Philippe stava per mettersi a
parlare.
“Io non c'entro niente con la bottiglia nel negozio.
C'è stata una piccola scossa sismica, capita spesso su questa parte della
costa. Lei non è di qui?”
“No, sono forestiero. Sono contento di aver scovato
questo lavoro per l'estate, o forse per tutto l'anno se sono un buon venditore.
Mi piace questo negozio, e in più la vista sul porto è piacevole. Almeno nei
quindici giorni da che sono qui, d'inverno dev'essere più triste. Il tempo è
bello per essere maggio, non trova?”
Alzò il viso verso il cielo che cominciava a
punteggiarsi di stelle.
“Vuole che...”
“Andiamo a far l'amore da te”, tronca lei determinata.
Philippe si alza, lei anche e lui le porge il braccio.
Lei lo guida verso la vecchia città come se conoscesse la strada. Le viuzze si
smarrivano tra file di case dalle finestre per la maggior parte cieche, dei
sentori sgradevoli avevano sostituito il forte odore di salso del mare e quello
più acre del catrame. Passarono davanti a un bar prima di sbucare in un
corridoio tenebroso.
Fu ancora la donna che accese la lampadina nuda che
pendeva appesa a un filo. Quel po' di luce rivelava dei muri lebbrosi, la scala
dai gradini irregolari. Lorelei precede l'uomo e si ferma al primo piano.
Philippe apre la porta dell'appartamento. Un angolo cucina è sistemato da una
parte, dall'altra una tenda plastificata dissimula una doccia e un lavabo.
“Mi ci sono appena trasferito, non ho ancora potuto
sistemare niente”.
“Incantevole”, mormora Lorelei gettando uno sguardo
indifferente sull'insieme.
Gli scatoloni accatastati erano ancora chiusi con lo
scotch, ma s'indovinava una preoccupazione di comodità: dei cuscini disposti
sul divano, una lampada con il paralume avvolto da un drappo di mussolina,
tanti dettagli che il commesso aveva preso dal magazzino del suo padrone.
Philippe invita la sua compagna a sedersi. Lei si
toglie il suo leggero soprabito. Sotto di esso è vestita di un abito di fine
lana nera. Il desiderio blocca la respirazione del giovane. Abbraccia Lorelei e
premendo sulla sua bocca la trascina su divano. Presto i loro corpi diventano
uno solo.
E' più tardi, molto più tardi, nel cuore della notte,
che Philippe si sveglia e il suo desiderio si riaccende. Tasta al suo fianco
cercando il corpo morbido e docile. La luna riversava la sua luce beffarda
attraverso la finestra senza tende. Il giovane era solo. La porta
dell'appartamento era socchiusa. Una sofferenza acuta isola Philippe. Egli
accende tutte le luci, fruga più volte lo stesso cantuccio alla ricerca di un
ipotetico biglietto. Solo un braccialetto di perle perso fra due cuscini prova
che non aveva sognato. Singhiozza come un bambino. Nella sua mano le perle
gelate intiepidiscono.
Per giorni interi Philippe restò appostato dietro la
vetrina. Quando passava una donna dai lunghi capelli biondi, il battito del suo
cuore si accelerava.
Il padrone gli affida il negozio e Philippe,
rasserenato, accetta l'impiego. Rivide la giovane donna nel mese di maggio
dell'anno seguente. Giorno dopo giorno, i loro sguardi s'incrociarono
attraverso la vetrina. Gli occhi d'acquamarina
di Lorelei erano vuoti, distaccati. Philippe si sentì deluso, ma avrebbe
giurato che lei avesse articolato una frase muta. Quale?
Quella sera nel suo appartamento fece come le altre
sere da un anno. La nave in bottiglia era là davanti, l'aveva poggiata su un
basso tavolino davanti al divano. Si siede e rievoca il minimo dettaglio che
l'aveva colpito al loro primo incontro. Un solo particolare gli sfuggiva, così
tenue che si domandava perché lo ricercava quando sarebbe stato più semplice
evocare le carezze scambiate con Lorelei.
Si era comportato come un idiota, non aveva saputo
pronunciare le parole che lei si attendeva. Doveva essere per questa ragione
che lei era passata indifferente. Come doveva burlarsi della sua timidezza e
della sua goffaggine! Si inginocchia davanti alla tavola, vi appoggia i gomiti,
e col viso tra le mani fissa la bottiglia.
No, non sognava.
Dei minuscoli fremiti sulla superficie dell'acqua
facevano muovere lo scafo. Due uccelli si posarono sull'albero. In sordina, una
voce lontana, stupenda e priva di corpo, risuona. Un canto soprannaturale,
quando la tempesta si scatena e fa affondare la barca come la prima volta.
“Il mare del Nord non attira più che le sirene”.
Si, era stata questa frase che le labbra di Lorelei
avevano articolato.
Philippe si alza e si dirige verso la porta.
Già essa si apriva...
(Traduzione dal francese di Fabio Calabrese)
Bellissimo racconto con descrizioni dell'intorno molto attraenti.
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