James Tiberius Kirk gettò una fuggevole occhiata
alla plancia di comando dell’Enterprise. Kynarus Scolymus, il connettore,
continuava a sedere tranquillo nell’angolo che si era scelto. La sua presenza a
bordo era per Kirk un motivo d’inquietudine. I gradi che portava sulle spalline
dell’uniforme attestavano che costui era del tutto al di fuori della normale
catena di comando della Flotta Stellare, non era vincolato dalla disciplina di
bordo, libero di fare quello che volesse, anche di esautorarlo in qualsiasi
momento dal comando della nave, come se si trattasse di un ammiraglio del grado
più alto, se l’avesse ritenuto opportuno.
Poco prima della partenza per quella missione,
gli era stato comunicato l’ordine di prendere il connettore a bordo senza una
parola di spiegazione, ma finora l’uomo, l’umanoide, la creatura o cosa diavolo
fosse, non aveva fatto niente altro che osservare tutto ciò che avveniva a
bordo della nave mostrando una sorda di placida, distaccata indifferenza.
In quel momento il tenente Uhra passò
sculettando davanti al connettore che continuò a guardare oltre di lei con aria
distaccata senza degnarla di attenzione.
Questo aumentò le perplessità di Kirk: Uhra era
una classica bellezza dalla pelle scura del tipo che una volta sulla vecchia
Terra era definito mulatto, afroamericano, “di colore” e indossava una versione
della severa divisa della Flotta Stellare da lei ritoccata in modo da renderla
attillata e provocante.
Di solito non solo i maschi umani, ma anche gli
umanoidi delle più varie origini e tipi, mostravano un qualche piacevole
turbamento davanti a Uhra, ma il connettore proprio niente, indifferenza
assoluta.
“È proprio un vegetale”, pensò Kirk.
Kynarus Scolymus del resto era un tipo di
umanoide che fino a quel momento il capitano dell'Enterprise non aveva mai
visto: aveva l'incarnato di un bel verde clorofilla. Sopra il collo, dei
lineamenti paciosi approssimativamente simili a quelli umani erano stampati su
di una testa tonda che si allungava un po' nella parte superiore. Sopra quella
che per un uomo sarebbe stata la fronte, c'era una serie di squame di forma
regolare che scurivano man mano che si saliva verso la parte alta e allungata
della testa che a Kirk parve molto simile a un carciofo.
In quel momento però aveva altro da pensare, la
missione affidata all'Enterprise era importante e forse pericolosa.
Si rivolse al navigatore.
“Vada via così, signor Sulu”.
L'Enterprise era scesa dalla velocità curvatura
alla velocità impulso una volta giunta nel sistema stellare di Kandar, a una
decina di unità astronomiche da Kandar 5. Sullo schermo della nave le stelle
non erano più vorticanti strisce luminose che si espandevano in tutte le
direzioni, ma punti che sembravano venire lentamente incontro all'Enterprise e
poi si allontanavano alle sue spalle.
L'uomo a cui James Kirk si era rivolto aveva la
pelle olivastra ma molto meno verde di quella di Kynarus Scolymus. Le orecchie
appuntite e le sopracciglia stranamente inarcate rivelavano forse un'ascendenza
in parte aliena. Un uomo del XX o del XXI secolo vi avrebbe forse notato una
strana somiglianza con l'attore Leonard Nimoy.
“Spock”, chiese Kirk al suo primo ufficiale,
“lei cosa consiglia di fare?”
“Per prima cosa”, rispose l'interpellato, “io
direi di fermarci e studiare la situazione”.
“Porre la nave in orbita stazionaria”, ordinò
Kirk nell'interfono.
Spock indicò il cielo davanti alla nave che,
invece di apparire nero e trapuntato di stelle, era di un uniforme grigiastro
lattiginoso. Nebbia a quel che pareva, ma non c'è nebbia nello spazio, anche le
nebulose sono nebbiose se viste da lontano con un cattivo telescopio,
altrimenti si comprende che sono ammassi di migliaia di stelle.
“Kandar 5 è lì davanti a noi”, commentò il mezzo
vulcaniano, “ma naturalmente non la possiamo vedere, non riceviamo
comunicazioni radio e non la rileviamo sui radar”.
“Non la rileviamo sui radar?”, chiese Kirk.
Spock sospirò. Questi umani puri erano così
illogici, compreso un uomo intelligente come il capitano Kirk. Perché chiedere
di nuovo qualcosa che gli era appena stato detto?
“Quella nebbia”, precisò, “riflette le onde
radar come del resto tutte le radiazioni dello spettro”.
Kandar 5, quinto pianeta della stella Kandar,
era strategico: c'erano le più importanti miniere della Galassia di dilitium,
il minerale usato nei motori a curvatura, perderlo avrebbe significato dover
viaggiare fra una stella e l'altra a velocità impulso, impiegare decenni o
forse secoli, la Federazione si sarebbe disintegrata. Se ciò non fosse bastato,
sul pianeta c'era una colonia mineraria composta da migliaia di persone, con la
quale si erano persi i contatti.
“Credo”, disse Spock, “che la Flotta Stellare
sia molto preoccupata della situazione, se ci hanno fatto imbarcare un
connettore”.
I connettori erano gli esperti nella scienza
connettivista, scienza non solo teorica ma dalle importanti applicazioni
pratiche. Il connettivismo era nato per collegare i diversi rami del sapere,
contrastando la tendenza alla specializzazione e alla frammentazione sempre più
marcate delle varie discipline. A un buon connettore non bastava solo avere una
cultura enciclopedica, doveva avere la capacità di collegare e trasportare le
nozioni apprese in un settore in uno del tutto diverso, applicare alla
navigazione spaziale le nozioni di filatelia o numismatica.
“Mi domando”, chiese Kirk, “cosa ce ne facciamo
di un connettore se abbiamo la logica impeccabile di un vulcaniano”.
“Ma capitano, anche se la ringrazio per la
stima, vuole scherzare? La logica più perfetta non serve a nulla se non si
parte da una conoscenza adeguata dei dati. Occorre una cultura enorme su
migliaia di scienze, e la capacità di fare le connessioni giuste. Molti anni
fa, prima di entrare nella Flotta Stellare, feci anch'io domanda per
l'ammissione all'Accademia Connettivista Alfred E. van Vogt & Giovanni De
Matteo, e non superai il test di ammissione, poi ho fatto domanda per una
normale accademia della Flotta Stellare, quella stessa dove ci siamo
conosciuti”.
“Lei bocciato? Spock, mi meraviglio!”
“Ogni anno l'Accademia riceve milioni di domande
d'iscrizione da tutti i mondi civili, non accetta più di una dozzina di
allievi, e non ne laurea più di quattro o cinque”.
“Finora”, commentò Kirk, “quella specie di
carciofo non ci ha dato un grosso contributo”.
“In ogni caso”, rispose Spock, “non ci sono
alternative, dobbiamo tentare di raggiungere Kandar 5”.
“Procedere”, ordinò Kirk, “un quarto d'impulso”.
L'Enterprise si addentrò nella nebbia e si fermò
quasi subito. La nave incrementò la propulsione senza ottenere risultati.
Kirk ordinò macchine indietro. Nulla,
l'Enterprise rimase immobile.
“Cosa consiglia, Spock?”, chiese al suo primo
ufficiale.
“C'è solo una cosa da fare”, rispose il mezzo
alieno che somigliava stranamente a Leonard Nimoy. “È rischioso ma è l'unica cosa
possibile, passare alla propulsione curvatura”.
“Cosa?”, obiettò Kirk. “Ma l'Enterprise potrebbe
anche andare in pezzi!”
“Dobbiamo rischiare, è l'unico modo per
toglierci di qui”.
Kirk trasmise l'ordine in sala motori. Dopo un
po' fu chiaro: la propulsione curvatura era
stata attivata, ma la nave non si era mossa.
“Siamo prigionieri”, commentò Kirk,
“Intrappolati come mosche nella tela del ragno”.
In quel momento Kynarus che fin allora era
rimasto seduto in un angolo della plancia con apparente indifferenza, scattò in
piedi.
“Kirk”, disse, “assumo io il comando”.
Il capitano non disse niente, sapeva che il
connettore aveva l'autorità per farlo.
Quest'ultimo si avvicinò alla postazione di
Sulu.
“Signor Sulu”, disse, “provi se riesce a
scarrocciare leggermente a sinistra”.
Il piccolo asiatico manovrò i comandi del
timone, poi annuì.
“Benissimo, ora provi a imbardare di circa
trenta gradi rispetto al nostro asse orizzontale”.
I movimenti della nave sembravano casuali e
incoerenti, ma una cosa era certa: non erano più intrappolati, si stavano
muovendo.
“Adesso”, disse Kynarus, “potete vedere un
esempio dell'utilità della scienza connettiva. Sto applicando alla nave le
tecniche che un uomo può usare per uscire senza aiuto dalle sabbie mobili”.
“Ma”, replicò il dottor Spock dopo un po', “non
stiamo uscendo dalla zona nebbiosa, ci stiamo addentrando sempre di più, non è
logico”.
“Spock, chiuda il becco!”
L'aspetto esteriore di Kynarus Scolymus non
mostrava emozioni di sorta, ma dentro di sé provava un'intensa soddisfazione,
erano settimane che aspettava il momento di dire quella frase.
L'astronave si muoveva in un moto
approssimativamente a spirale con molte irregolarità e deviazioni, verso il
centro della nebbia che aveva inghiottito Kandar 5.
James Kirk osservava il connettore che lo aveva
rilevato dal comando. Costui ostentava grande tranquillità e sicurezza.
Paradossalmente gli vennero in mente alcuni vecchi film di cui era
appassionato, e soprattutto i loro spot pubblicitari nei quali aperitivi a base
di carciofo erano reclamizzati come blandi sedativi e antistress: “Contro il
logorio della vita moderna”, “la forza dei nervi distesi”.
Ora davanti all'Enterprise c'era qualcosa di più
scuro che si scorgeva appena contro lo sfondo lattiginoso. Man mano che si avvicinavano,
diventava più nitida, a Kirk parve sulle prime una creatura tentacolata
che si contorceva in pigre volute.
“Mio Dio”, pensò
riconoscendola di colpo, “è l'Entità Cristallina”.
Ora si vedeva bene che i tentacoli di
quell'essere erano lunghe collane di grossi cristalli. Quella creatura era una
delle più pericolose che si potessero incontrare nella Galassia, responsabile
di aver seminato il terrore e la distruzione su migliaia di mondi.
“Avviciniamoci ancora”, disse Scolymus,
“dobbiamo trovare il centro della creatura. Attenti a evitare i tentacoli se
non vogliamo provocare la sua reazione
immediata”.
Lo videro qualche minuto dopo, un enorme
cristallo grande come tre uomini, le cui sfaccettature emanavano riflessi
violacei.
“Eccolo”, disse Kynarus, “armate i siluri
fotonici, non usate i faser!”
Due siluri in rapida successione andarono a
colpire il cristallo che esplose.
Kirk e Spock si guardarono stupiti. Non era
possibile: l'Entità Cristallina era morta.
La strana nebbia che aveva intrappolato Kandar 5
cominciò a diradarsi.
“Più tardi scenderemo su Kandar 5 e vedremo se
ci sono dei superstiti, anche se ne dubito”, disse Kynarus, “Adesso la cosa più
importante è distruggere tutti i frammenti dell'Entità Cristallina per evitare
che da qualcuno di essi possa riformarsene una nuova. Sarà un lavoro lungo, per
questo vi ho fatto risparmiare i faser”.
Si rivolse verso Kirk.
“Capitano, le restituisco il comando”.
Fece un cenno al dottor Spock invitandolo a
seguirlo in un angolo appartato.
“Dottore”, gli disse, “forse lei avrà capito che
la VERA ragione della mia presenza a bordo dell'Enterprise è lei”.
“Non comprendo”, rispose Spock.
“Oh, lei lo sa certamente”, replicò Kynarus,
“secondo molti, lei non dovrebbe neppure esistere, perché un accoppiamento fecondo
fra esseri di due pianeti alieni come i suoi genitori, sarebbe meno probabile
di quello fra un essere umano e un carciofo, che comunque condividono l'origine
dallo stesso pianeta e miliardi di anni di antenati che hanno partecipato alla
stessa storia evolutiva.
Proprio per dare un taglio a queste discussioni,
la Flotta Stellare ha deciso di far imbarcare a bordo dell'Enterprise anche un
uomo-carciofo”.
Molto bello questo racconto di Fabio (anzi, "interessante", per dirla con Mr. Spock), ispirato alla serie fantascientifica televisiva di Star Trek. Il racconto non manca di qualche spunto ironico-umoristico.
RispondiEliminaIncalzante, si legge tutto d'un fiato e convince per il suo visionario respiro. Un buon esempio di sapce-opera moderna, supportata da un'idea originale. Anch'io ho apprezzato l'umorismo che accompagna la narrazione.
RispondiEliminaGiuseppe Novellino
Splndido racconto, piacevole di per sé, ma arricchito da tanta ironia e da citazioni tutt'altro che scontate. E grazie a Fabio per aver finalmente fatto notare la scarsa plausibilità genetica di Spock (e di averlo messo a confronto con uno che ne sa davvero).
RispondiEliminaSauro nieddu