
Aveva
dormito solo un paio d’ore con un occhio aperto e una mano sulla Colt, ma quel
breve sonno l’aveva ristorato.
Quella
mattina sentiva tutta l’energia per percorrere le restanti miglia che lo
separavano da Amarillo. Avrebbe guadato il Canadian River vicino alla casupola del vecchio Sanders. Da
quel punto sarebbe stata questione di una sola giornata.
Cavalcava
da sette giorni, dopo che Hugh era crepato lasciandogli anche la sua parte di
bottino. Una pallottola aveva bucato l’addome del suo compare e non gli aveva
lasciato scampo. Dopo solo due ore di cavalcata nelle aspre distese del Kansas,
Hugh si era lasciato scivolare di lato e aveva sputato l’anima nella polvere.
Peccato, perché l’impresa era andata a buon fine; erano riusciti ad assaltare
la diligenza, tutto secondo i piani. Ma il conducente aveva fatto quell’atto
inconsulto: aveva estratto una vecchia Remington per poi ritrovarsi con un
terzo occhio, proprio in mezzo alla fronte. Per Hugh le cose erano andate
altrettanto male. Il postiglione, prima di cadere, era riuscito a fare fuoco su
di lui, beccandolo nella pancia. Adesso Chuck aveva perso un compagno ma era
divento ricco il doppio. Eh sì, le monete hanno tutte una doppia facciata.
Nel cielo non si vedeva una nuvola. L’aria era
tersa, odorosa di erbe e di terra riarsa.
Mentre il
suo cavallo procedeva al passo, sul terreno accidentato e infestato dai rovi,
si lasciò cullare dal pensiero di Katy. Avrebbe trascorso una notte nel letto
di lei, dopo averla ascoltata cantare nel locale di Burke, laggiù ad Amarillo.
E chissà, vedendolo così pieno di grana, la ragazza avrebbe accettato di andare
con lui a New Orleans. Sarebbe stata la sua donna, ma anche una buona fonte di
reddito. Quel culo, quelle spalle ben tornite e quella capigliatura corvina
potevano fruttare molti altri quattrini.
* * *
Sean
Gregg raggiunse il luogo dove Chuck aveva bivaccato che il sole era già alto.
Smontò da cavallo ed esaminò attentamente la cenere sparsa. Si era raffreddata,
ma il fatto che il vento non l’avesse ancora dispersa significava che non era
passato molto tempo dalla partenza del bandito.
Sean si
sentiva ormai a un buon punto. Si tolse il cappello floscio, si deterse la
fronte con la manica della giubba. Ormai era sicuro. Lo avrebbe agguantato
prima che attraversasse il fiume.
Era
stata una lunga cavalcata, dal Kansas fino al Canadian River, ma ne era valsa
la pena. Sean non aveva assistito alla rapina, ma si era trovato a passare di
lì mentre i passeggeri della diligenza, ancora disorientati, stavano discutendo
sul da farsi. Lui li aveva aiutati a seppellire il cadavere e poi si era deciso
all’impresa solitaria: mettersi sulle tracce dei banditi e recuperare la
refurtiva. Ma non era stato facile, nemmeno per un uomo come lui, congedato
dall’esercito e dedito al vagabondaggio in cerca di fortuna. Aveva più volte
perso le tracce dei fuorilegge. Poi
aveva trovato un cavallo abbandonato nei pressi di un cadavere sfigurato dagli
avvoltoi. Solo dopo tre giorni aveva visto in lontananza un cavaliere
solitario. Era lui, certamente, il compare; ma il luogo troppo aperto lo aveva
dissuaso ad affrontarlo. Durante la notte aveva perso di nuovo le tracce e si
era ritrovato, a giorno fatto, decisamente fuori strada. Ci vollero altri due
giorni per avvistare di nuovo il suo uomo. Ora lo teneva in pugno. Il
territorio accidentato nei pressi del fiume avrebbe fatto al caso suo.
Un sole
spietato produceva riverberi dalle sassose ondulazioni del terreno. Sean faceva
procedere il cavallo al piccolo trotto, evitando le folte macchie di rovi. E
quando fu sulla sommità di un brullo dosso sabbioso, vide in lontananza la sua
preda.
Erano
ormai in prossimità del fiume. Sean pensò che la rada boscaglia lungo le rive
avrebbe facilitato il suo lavoro.
Si lanciò
al galoppo, facendo un ampio giro per avvicinarsi al corso d’acqua prima del
bandito. Quindi si appostò sopra una grossa roccia affiorante, appoggiò il
Winchester in una tacca nella pietra, che sembrava fatta al caso suo, e prese
la mira.
La
detonazione fece impennare il cavallo del fuggitivo. Il cappello gli volò via.
Sean subito si rese conto di avere sbagliato il colpo. Certo, aveva calcolato
male le distanze e si era lasciato prendere dalla fretta.
- Scendi
da cavallo e metti le mani bene in vista, carogna – gridò – se non vuoi
ritrovarti con un buco in testa! La prossima volta non sbaglio.
L’altro
rimase in sella e rispose: - Vaffanculo! – Estrasse la pistola e aprì il fuoco
verso la roccia. Tre colpi in rapida successione. Poi fece scartare il cavallo
sulla destra, lanciandolo verso una macchia di cactus e di alti cespugli.
Sean
sparò di nuovo e questa volta ebbe l’impressione di avere colpito il suo uomo,
forse ad un braccio. Un terzo colpo di fucile andò a vuoto, mentre il
fuorilegge si inoltrava nell’intricata vegetazione.
-
Accidenti! – ringhiò Sean Gregg, levandosi in piedi sulla sommità della roccia.
Chuck
uscì dalla macchia e vide una cosa stranissima. Davanti a lui c’era una larga
striscia di pavimento grigio scuro, liscia come una tavola, con una doppia riga
gialla che correva nel mezzo. Si allungava da nord a sud. In una direzione si
perdeva a vista d’occhio nel sole abbagliante, nell’altra faceva una curva
aggirando una collinetta.
Davanti a
quell’incredibile spettacolo, Chuck dimenticò il suo inseguitore e la ferita al
braccio che sanguinava copiosamente.
Poi vide
una cosa ancora più incredibile: una specie di bolide bianco sfrecciare su quel
largo nastro liscio. Gli passò davanti con un sibilante ronzio e scomparve
dietro la curva.
Dopo
essersi ripreso dallo stupore disse a voce alta:
- Devo
attraversare… mettere questa barriera tra me e il mio inseguitore.
Diede uno
strappo alle redini e si ritrovò nel mezzo di quella assurda carreggiata. Qui
l’animale si impennò, preso da un terrore istintivo.
Poi
l’urlo lacerante, non umano. Una specie di rauca sirena.
Il
mastodontico carro metallico era sbucato dalla curva. Gli fu addosso.
-
Porcaccia d’una vacca! – imprecò il camionista al volante.
-
Maledetto cowboy! – fece eco un biondino minuto, seduto sul sedile a fianco. –
Forse ha voluto suicidarsi.
Scesero
dal mezzo e corsero vicino al cavaliere investito. Il cavallo, centrato in
pieno, era stato sbalzato sull’altro lato della carreggiata; l’uomo, invece,
appariva maciullato. Uno spettacolo raccapricciante.
- Guarda
– disse il biondino, - aveva un cinturone al fianco… con una vecchia Colt. Che
stiano girando un film, da queste parti?
- Non
giustificherebbe il comportamento di questo disgraziato – disse l’autista del
camion, togliendosi il berretto. Poi raggiunse il cavallo.
- Vieni a
vedere – disse al compagno.
In mano,
il camionista teneva ora una pesante sacca di yuta. Ne rovesciò il contenuto
sull’asfalto: una vecchia caffettiera, una collana, tre orologi da tasca e
alcuni mazzetti di banconote.
Intanto
si erano fermate altre due automobili.
* * *
Sean
Gregg giunse ad Amarillo la sera del giorno dopo.
Andò ad
ubriacarsi nel locale di Burke. Vi si esibiva una ragazza dalla voce
celestiale. Aveva capelli corvini, un bel culo e robuste spalle nude, ben
tornite. Doveva scorrerle sangue messicano nelle vene.
E prima
di essere sbronzo marcio, Sean raccontò la sua caccia all’uomo, come quella
carogna si fosse volatizzato dentro una macchia di rovi e cactus.
La
ragazza aveva smesso di cantare e lo stava ad ascoltare.
Un
avventore con la lunga barba grigia calò un pugno sul tavolo e gridò.
- Katy,
su da brava, cantaci un’altra canzone!
Bel racconto! Avvincente e ricco di suspense. Straordinario finale! Bravo, Giuseppe. Racconto di genere western tra fantasy e fantascienza.
RispondiEliminaBel caso di traslazione temporale fortuita. Concordo con Paolo sulla suspense e sul finale, ma ho trovato splendida anche l'ambientazione, da vero scrittore western.
RispondiEliminaSauro Nieddu
Anche se il western non è un genere da me molto amato, devo dire che il racconto di Novellino è molto ben strutturato ed ha qualcosa di veramente particolare.
RispondiEliminaG.S.
Una storia molto interessante che mescola due generi molto distanti tra loro.
RispondiEliminaOttima narrazione.