martedì 26 novembre 2013

IL CONNETTORE di Fabio Calabrese


James Tiberius Kirk gettò una fuggevole occhiata alla plancia di comando dell’Enterprise. Kynarus Scolymus, il connettore, continuava a sedere tranquillo nell’angolo che si era scelto. La sua presenza a bordo era per Kirk un motivo d’inquietudine. I gradi che portava sulle spalline dell’uniforme attestavano che costui era del tutto al di fuori della normale catena di comando della Flotta Stellare, non era vincolato dalla disciplina di bordo, libero di fare quello che volesse, anche di esautorarlo in qualsiasi momento dal comando della nave, come se si trattasse di un ammiraglio del grado più alto, se l’avesse ritenuto opportuno.
Poco prima della partenza per quella missione, gli era stato comunicato l’ordine di prendere il connettore a bordo senza una parola di spiegazione, ma finora l’uomo, l’umanoide, la creatura o cosa diavolo fosse, non aveva fatto niente altro che osservare tutto ciò che avveniva a bordo della nave mostrando una sorda di placida, distaccata indifferenza.
In quel momento il tenente Uhra passò sculettando davanti al connettore che continuò a guardare oltre di lei con aria distaccata senza degnarla di attenzione.
Questo aumentò le perplessità di Kirk: Uhra era una classica bellezza dalla pelle scura del tipo che una volta sulla vecchia Terra era definito mulatto, afroamericano, “di colore” e indossava una versione della severa divisa della Flotta Stellare da lei ritoccata in modo da renderla attillata e provocante.
Di solito non solo i maschi umani, ma anche gli umanoidi delle più varie origini e tipi, mostravano un qualche piacevole turbamento davanti a Uhra, ma il connettore proprio niente, indifferenza assoluta.
“È proprio un vegetale”, pensò Kirk.
Kynarus Scolymus del resto era un tipo di umanoide che fino a quel momento il capitano dell'Enterprise non aveva mai visto: aveva l'incarnato di un bel verde clorofilla. Sopra il collo, dei lineamenti paciosi approssimativamente simili a quelli umani erano stampati su di una testa tonda che si allungava un po' nella parte superiore. Sopra quella che per un uomo sarebbe stata la fronte, c'era una serie di squame di forma regolare che scurivano man mano che si saliva verso la parte alta e allungata della testa che a Kirk parve molto simile a un carciofo.
In quel momento però aveva altro da pensare, la missione affidata all'Enterprise era importante e forse pericolosa.
Si rivolse al navigatore.
“Vada via così, signor Sulu”.
L'Enterprise era scesa dalla velocità curvatura alla velocità impulso una volta giunta nel sistema stellare di Kandar, a una decina di unità astronomiche da Kandar 5. Sullo schermo della nave le stelle non erano più vorticanti strisce luminose che si espandevano in tutte le direzioni, ma punti che sembravano venire lentamente incontro all'Enterprise e poi si allontanavano alle sue spalle.
L'uomo a cui James Kirk si era rivolto aveva la pelle olivastra ma molto meno verde di quella di Kynarus Scolymus. Le orecchie appuntite e le sopracciglia stranamente inarcate rivelavano forse un'ascendenza in parte aliena. Un uomo del XX o del XXI secolo vi avrebbe forse notato una strana somiglianza con l'attore Leonard Nimoy.
“Spock”, chiese Kirk al suo primo ufficiale, “lei cosa consiglia di fare?”
“Per prima cosa”, rispose l'interpellato, “io direi di fermarci e studiare la situazione”.
“Porre la nave in orbita stazionaria”, ordinò Kirk nell'interfono.
Spock indicò il cielo davanti alla nave che, invece di apparire nero e trapuntato di stelle, era di un uniforme grigiastro lattiginoso. Nebbia a quel che pareva, ma non c'è nebbia nello spazio, anche le nebulose sono nebbiose se viste da lontano con un cattivo telescopio, altrimenti si comprende che sono ammassi di migliaia di stelle.
“Kandar 5 è lì davanti a noi”, commentò il mezzo vulcaniano, “ma naturalmente non la possiamo vedere, non riceviamo comunicazioni radio e non la rileviamo sui radar”.
“Non la rileviamo sui radar?”, chiese Kirk.
Spock sospirò. Questi umani puri erano così illogici, compreso un uomo intelligente come il capitano Kirk. Perché chiedere di nuovo qualcosa che gli era appena stato detto?
“Quella nebbia”, precisò, “riflette le onde radar come del resto tutte le radiazioni dello spettro”.
Kandar 5, quinto pianeta della stella Kandar, era strategico: c'erano le più importanti miniere della Galassia di dilitium, il minerale usato nei motori a curvatura, perderlo avrebbe significato dover viaggiare fra una stella e l'altra a velocità impulso, impiegare decenni o forse secoli, la Federazione si sarebbe disintegrata. Se ciò non fosse bastato, sul pianeta c'era una colonia mineraria composta da migliaia di persone, con la quale si erano persi i contatti.
“Credo”, disse Spock, “che la Flotta Stellare sia molto preoccupata della situazione, se ci hanno fatto imbarcare un connettore”.
I connettori erano gli esperti nella scienza connettivista, scienza non solo teorica ma dalle importanti applicazioni pratiche. Il connettivismo era nato per collegare i diversi rami del sapere, contrastando la tendenza alla specializzazione e alla frammentazione sempre più marcate delle varie discipline. A un buon connettore non bastava solo avere una cultura enciclopedica, doveva avere la capacità di collegare e trasportare le nozioni apprese in un settore in uno del tutto diverso, applicare alla navigazione spaziale le nozioni di filatelia o numismatica.
“Mi domando”, chiese Kirk, “cosa ce ne facciamo di un connettore se abbiamo la logica impeccabile di un vulcaniano”.
“Ma capitano, anche se la ringrazio per la stima, vuole scherzare? La logica più perfetta non serve a nulla se non si parte da una conoscenza adeguata dei dati. Occorre una cultura enorme su migliaia di scienze, e la capacità di fare le connessioni giuste. Molti anni fa, prima di entrare nella Flotta Stellare, feci anch'io domanda per l'ammissione all'Accademia Connettivista Alfred E. van Vogt & Giovanni De Matteo, e non superai il test di ammissione, poi ho fatto domanda per una normale accademia della Flotta Stellare, quella stessa dove ci siamo conosciuti”.
“Lei bocciato? Spock, mi meraviglio!”
“Ogni anno l'Accademia riceve milioni di domande d'iscrizione da tutti i mondi civili, non accetta più di una dozzina di allievi, e non ne laurea più di quattro o cinque”.
“Finora”, commentò Kirk, “quella specie di carciofo non ci ha dato un grosso contributo”.
“In ogni caso”, rispose Spock, “non ci sono alternative, dobbiamo tentare di raggiungere Kandar 5”.
“Procedere”, ordinò Kirk, “un quarto d'impulso”.
L'Enterprise si addentrò nella nebbia e si fermò quasi subito. La nave incrementò la propulsione senza ottenere risultati.
Kirk ordinò macchine indietro. Nulla, l'Enterprise rimase immobile.
“Cosa consiglia, Spock?”, chiese al suo primo ufficiale.
“C'è solo una cosa da fare”, rispose il mezzo alieno che somigliava stranamente a Leonard Nimoy. “È rischioso ma è l'unica cosa possibile, passare alla propulsione curvatura”.
“Cosa?”, obiettò Kirk. “Ma l'Enterprise potrebbe anche andare in pezzi!”
“Dobbiamo rischiare, è l'unico modo per toglierci di qui”.
Kirk trasmise l'ordine in sala motori. Dopo un po' fu chiaro: la propulsione curvatura era  stata attivata, ma la nave non si era mossa.
“Siamo prigionieri”, commentò Kirk, “Intrappolati come mosche nella tela del ragno”.
In quel momento Kynarus che fin allora era rimasto seduto in un angolo della plancia con apparente indifferenza, scattò in piedi.
“Kirk”, disse, “assumo io il comando”.
Il capitano non disse niente, sapeva che il connettore aveva l'autorità per farlo.
Quest'ultimo si avvicinò alla postazione di Sulu.
“Signor Sulu”, disse, “provi se riesce a scarrocciare leggermente a sinistra”.
Il piccolo asiatico manovrò i comandi del timone, poi annuì.
“Benissimo, ora provi a imbardare di circa trenta gradi rispetto al nostro asse orizzontale”.
I movimenti della nave sembravano casuali e incoerenti, ma una cosa era certa: non erano più intrappolati, si stavano muovendo.
“Adesso”, disse Kynarus, “potete vedere un esempio dell'utilità della scienza connettiva. Sto applicando alla nave le tecniche che un uomo può usare per uscire senza aiuto dalle sabbie mobili”.
“Ma”, replicò il dottor Spock dopo un po', “non stiamo uscendo dalla zona nebbiosa, ci stiamo addentrando sempre di più, non è logico”.
“Spock, chiuda il becco!” 
L'aspetto esteriore di Kynarus Scolymus non mostrava emozioni di sorta, ma dentro di sé provava un'intensa soddisfazione, erano settimane che aspettava il momento di dire quella frase.
L'astronave si muoveva in un moto approssimativamente a spirale con molte irregolarità e deviazioni, verso il centro della nebbia che aveva inghiottito Kandar 5.
James Kirk osservava il connettore che lo aveva rilevato dal comando. Costui ostentava grande tranquillità e sicurezza. Paradossalmente gli vennero in mente alcuni vecchi film di cui era appassionato, e soprattutto i loro spot pubblicitari nei quali aperitivi a base di carciofo erano reclamizzati come blandi sedativi e antistress: “Contro il logorio della vita moderna”, “la forza dei nervi distesi”.
Ora davanti all'Enterprise c'era qualcosa di più scuro che si scorgeva appena contro lo sfondo lattiginoso. Man mano che si avvicinavano, diventava più nitida, a Kirk parve sulle prime una creatura tentacolata che  si contorceva in pigre volute.
“Mio Dio”, pensò  riconoscendola di colpo, “è l'Entità Cristallina”.
Ora si vedeva bene che i tentacoli di quell'essere erano lunghe collane di grossi cristalli. Quella creatura era una delle più pericolose che si potessero incontrare nella Galassia, responsabile di aver seminato il terrore e la distruzione su migliaia di mondi.
“Avviciniamoci ancora”, disse Scolymus, “dobbiamo trovare il centro della creatura. Attenti a evitare i tentacoli se non vogliamo provocare la sua  reazione immediata”.
Lo videro qualche minuto dopo, un enorme cristallo grande come tre uomini, le cui sfaccettature emanavano riflessi violacei.
“Eccolo”, disse Kynarus, “armate i siluri fotonici, non usate i faser!”
Due siluri in rapida successione andarono a colpire il cristallo che esplose.
Kirk e Spock si guardarono stupiti. Non era possibile: l'Entità Cristallina era morta.
La strana nebbia che aveva intrappolato Kandar 5 cominciò a diradarsi.
“Più tardi scenderemo su Kandar 5 e vedremo se ci sono dei superstiti, anche se ne dubito”, disse Kynarus, “Adesso la cosa più importante è distruggere tutti i frammenti dell'Entità Cristallina per evitare che da qualcuno di essi possa riformarsene una nuova. Sarà un lavoro lungo, per questo vi ho fatto risparmiare i faser”.
Si rivolse verso Kirk.
“Capitano, le restituisco il comando”.
Fece un cenno al dottor Spock invitandolo a seguirlo in un angolo appartato.
“Dottore”, gli disse, “forse lei avrà capito che la VERA ragione della mia presenza a bordo dell'Enterprise è lei”.
“Non comprendo”, rispose Spock.
“Oh, lei lo sa certamente”, replicò Kynarus, “secondo molti, lei non dovrebbe neppure esistere, perché un accoppiamento fecondo fra esseri di due pianeti alieni come i suoi genitori, sarebbe meno probabile di quello fra un essere umano e un carciofo, che comunque condividono l'origine dallo stesso pianeta e miliardi di anni di antenati che hanno partecipato alla stessa storia evolutiva.
Proprio per dare un taglio a queste discussioni, la Flotta Stellare ha deciso di far imbarcare a bordo dell'Enterprise anche un uomo-carciofo”.

3 commenti:

  1. Molto bello questo racconto di Fabio (anzi, "interessante", per dirla con Mr. Spock), ispirato alla serie fantascientifica televisiva di Star Trek. Il racconto non manca di qualche spunto ironico-umoristico.

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  2. Incalzante, si legge tutto d'un fiato e convince per il suo visionario respiro. Un buon esempio di sapce-opera moderna, supportata da un'idea originale. Anch'io ho apprezzato l'umorismo che accompagna la narrazione.

    Giuseppe Novellino

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  3. Splndido racconto, piacevole di per sé, ma arricchito da tanta ironia e da citazioni tutt'altro che scontate. E grazie a Fabio per aver finalmente fatto notare la scarsa plausibilità genetica di Spock (e di averlo messo a confronto con uno che ne sa davvero).
    Sauro nieddu

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