
Le
Ombre sono la nostra controparte. La zona oscura di noi stessi.
Molti, oggi, hanno Ombre. Alcuni asseriscono che noi umani “normali”
non ci siamo ancora ben interrogati sul fenomeno; e che dovremmo
sforzarci di capire meglio non solo il ruolo delle Ombre, ma anche
ciò che esse pensano di sé, e riflettere su come sia accaduto che
abbiamo relegato le Ombre a un ruolo subordinato, da creature di
serie B. Eppure, non pochi affermano che il loro dilagare ha già
assunto la configurazione d’una rete in cui siamo rimasti
impigliati, una struttura profonda che ci condiziona. Le Ombre,
insomma, ci dominano.
Io
non so che dire: so soltanto che di “lei” ho bisogno. Se mi
prende la sensazione di vuoto, di completa inutilità, di incolmabile
solitudine, chiamo al videocellulare la mia Ombra. Le parlo, lei
tace. O accade il contrario. Talora mi limito a fissarla, ogni volta
stupito. Mi perdo negli inverosimili lineamenti del suo viso. Ma può
anche accadere che decidiamo d’incontrarci e uscire. In campagna,
per boschi, nel cuore convulso d’una metropoli, in un pub, in
periferie. Quanto a farci l’amore è questione controversa, ma so
che per molti è una spinta irrefrenabile.
La
prima volta che vidi la mia Ombra trasalii nel fissarla e balbettai:
“Oh…
sei tu, Julienne”.
Eppure
ero preparato. E’ ovvio, io mi chiamo Julien. Ho 25 anni e la
conobbi che ne avevo 20, anche se naturalmente sapevo della sua
esistenza. Alle spalle di ogni Ombra c’è un’oscura storia di
nuove ingegnerie genetiche: clonare l’ovulo appena fecondato del
nascituro (l’ovulo che sarebbe poi divenuto me, ad esempio), e
apportare al doppione una modifica minima, cambiandone solo il
sesso. Realizzare l’impossibile sogno (o mito) di due gemelli
omozigoti ma di sesso differente. Gemelli?
Noi siamo Umani, loro sono Ombre.
Pur
avendo io con Julienne quasi il 100% di geni in comune, è vuota
retorica parlare di “consanguineità”.
Di
lei fui subito ipnotizzato, come lei di me. Julienne ha una sua
storia fisica e psichica, io una mia. Ma ci accomuna qualcosa di
abissale che nessuno di entrambi potrà mai eludere. È
immorale? Perché l’umanità ha fatto questo? Comunque, ora capiamo
cosa significhi fissarsi in uno specchio magico, vedere la propria
luce e la propria notte, assistere all’unione dell’“animus”
con l’“anima”, guardare
in fondo a un baratro, scoprire la metà assente, ritrovarsi completi
ma divisi. Si dice di gente impazzita, di Ombre che hanno plagiato,
schiavizzato la loro controparte o viceversa. Ma forse sono false
voci, leggende fiorite sotto lo sguardo immobile di questo immenso
plenilunio.
Breve ma intenso, suggestivo racconto di Vittorio, cui rivolgiamo un cordiale saluto.
RispondiEliminaBel racconto fantasy sul tema dell'identità e del doppio. Un tema che ha sempre affascinato. Qui l'autore lo ripropone con una velatura di ironica malinconia.
RispondiEliminaGiuseppe Novellino
Storia singolare e scritta molto bene.
RispondiEliminaIn alcuni punti mi ha ricordato lo stile di Ernst Hoffmann.
Antonio Ognibene
Che dire? grazie, grazie di cuore ai "commentatori" :-)
RispondiEliminaVittorio