venerdì 20 febbraio 2015

FRITTATE COSMOGONICHE di Paolo Durando



(Testi esposti nel 2010-2012 alle mostre/performances del gruppo paradadista di Treviglio DONNA CON FRITTATA)                                                     

Frittata cosmogonica  0
Approntata la padella, lancerai la parola.
Nello strato sottostante, puramente potenziale fino ad allora, cadrà l’uovo-logos. 
Perderai tutto, in quell’istante. Ma è anche vero che, per certi versi, non accadrà nulla e continuerai a controllare la frittata, consapevolmente.
Ci sarà l’irreversibile incremento delle fratture. La tua coscienza sarà infinitesima, nel proliferare di pack di realtà evolventesi. Crepe su crepe in nome della tragedia della differenziazione. Non ne saprai nulla, per eoni. Molti tipi di minerali non sapranno alcunché. E poi i vegetali. Tutto sarà lasciato indietro e depositato in strati. Creeranno il paesaggio. Saranno il tuo passato.
Infine nascerà una minuscola copia di te stesso, che avrai cura di selezionare quale alveo di conoscenza. L’arte  darà una mano ai tuoi episodi, ma sarà solo un mezzo, non un fine. Inizierà, nel corso delle ere,  il viaggio di ritorno a casa. Fino alla ricostituzione della compatta, sapida frittata originaria.
Riporrai l’uovo in bella vista su uno scaffale, accanto agli altri. Guarderai, assicurato, la cucina di sempre.
E dopo? Dopo lancerai la parola.

Frittata cosmogonica  1
Esposti alla forza interferente di una supernova, mescerete una nube gassosa fredda ricca di  idrogeno ed elio.
La vedrete comprimersi verso l’interno. Spingendo viepiù, innescherete il collasso. Vedrete il disco ruotare più rapidamente. Gravità, pressione, campi magnetici, rotazione centrifugheranno il tutto ed ecco delinearsi la prelibatezza preventivata,  la casual-deliberata frittata.
Vedrete, al suo centro, occhieggiare la protostella. Lì la temperatura andrà sempre più aumentando. Poco a poco - perseverando in collisioni e fusioni - acqua e metano, silicati e metalli formeranno piccoli nodi. Più esternamente confluiranno gli  elementi più leggeri, aggregandosi in grossi  globi prevalentemente gassosi.
Avrete cura di mantenere le condizioni adatte e vedrete evolversi dalle masse interne corpi  più estesi. Assisterete, compiaciuti, all’addensarsi di un globo  compatto, dopo i primi due a ridosso del centro. Lo osserverete riconoscenti, timorosi, ricordando qualcosa.
Sarà allora che, precipitando la vostra vista dentro parvenze  tremule, nell’ incapsularsi soffice di tessuti  e gocciolanti spasimi rosei,  vi vedrete nascere.

Frittata cosmogonica 2
Proseguendo nella cottura, mi accorsi delle occasioni di rammarico. Sollevandone porzioni, la massa tornava a  se stessa in plurimi sottigliezze.  Coincidendo in quelle, il mio uno diveniva  due e poi tre. E dopo decine.
Dovevo avere i riflessi pronti per non precipitare nella mia dispersione, per cui assecondai una sola striscia per volta, seguendola nel suo percorso.
Il mio ideale di liscia frittata intatta, a suo totale agio di bollore, mi costringeva a cadere lungo una data vicenda di molecole, una dopo l’altra. Frequentavo in sequenza la successione dei loro risultati relativi,  abbandonando le storie  sconfitte nell’amalgama dove si rovesciavano, in un annodarsi immediato o controverso. Ne restavano tracce  sepolte nei trepidi cunicoli vischiosi, cisti e cicatrici di esperienze negate. 
Non si trattava di scegliere ad incroci e biforcazioni. Ogni bivio scompariva nel momento stesso del suo attraversamento. Mi tuffavo cieco nel filo che, ad ogni alzata di forchetta,  sceglievo di  accompagnare nel suo futuro sommerso. Bisognava fare molta attenzione, perché non potevo compromettere la riuscita della  frittata quale possibilità compiuta, in cui gli adesso mancati non avrebbero prodotto smagliature. Fu un’illusione. Mi ritrovai comunque ammaccato dai  presenti probabili, smarriti, rifiutati. 
Affrontando le serie parallele di delusioni, non mi restava che  perseguire le risoluzioni dell’arte.
Fino a quando, dolorosamente fumante, la frittata non sarebbe stata pronta, alla fine e all’inizio dei tempi.

Frittata cosmogonica 3
 La donna con frittata sapeva di aver sognato se stessa che cucinava la frittata.
Il dubbio che la stava cogliendo in quel momento era se lei non fosse, invece, la donna sognata. Per questo era concentrata sulla consistenza di quanto la circondava, impegnata a cogliere ogni colore della cucina, ogni suono, dall’urto del forchettone sulla padella all’eco lontano di una metropoli in fuga.
Valutava l’intensità tattile dei suoi imperterriti maneggi. Ma  poteva anche darsi che stesse sbagliando in ogni caso, essendo, a sua volta, il sogno della donna sognata.
Riteneva tuttavia che,  in una così estrema eventualità, la labilità delle cose avrebbe dovuto palesarsi senza ombra di dubbio. Di fatto questo non avveniva, parendole che la pregnanza di quanto stava vivendo fosse normale. La sensazione  della crassa umidità dell’aria le dava anzi l’impressione che l’esperienza fosse particolarmente lucida e consapevole.
Questione di slittamenti. Ancora un attimo e avrebbe pensato di essere in una realtà potenziata, una realtà al quadrato. In quel caso lei non  sarebbe stata la donna che aveva fatto il sogno, ma  addirittura colei che la precedeva, il calco originario. 
Era così che la materia avrebbe sfondato il limite del percepito. Cuoca e annessi avrebbero infine coinciso con il proprio farsi.

Frittata cosmogonica 4
I pizzi, le areole, le aiuole. Fuoriescono le parrucche, le bacche, rotolano le verze e le bocce. Precipitano i sostrati, le vicendevoli risorse dei bricchi, le compagini ministerial-peristaltiche, con tutto il seguito delle visioni, delle commende e dei settori imboscati degli accordi ambigui, delle amicizie incaute, base imperitura di falsi amori. Anteposta, presiedi alla devastazione degli albori. Cadono le pitture, le mansioni, le corolle, e con esse le leve, le reti, volatilizzandosi con le mulattiere, le trottole di mirabolanti brevetti, le luci pulsanti e i fragori degli anni.  Emersioni, nel definirsi di frastagliate parabole. Le cavi dai tuorli in suggeriti sbocchi, fiotti di smagliature. Le delinei nella gelatina di adducenti freni. Emersioni annodanti i cerchi, le paffute filiere di variabili al tatto, sotto conati di macchia, lievi musi di feti. Imbevuti resti di frasche e strame, macerati in pois, presentiti romboidi di pus. Avvolgimenti languidi di pennacchi e trecce in forse,  perseguimenti effimeri di imbragate cornici. Quadri e definizioni che si accavallano morendo nel corso degli accorrimenti ansiogeni, nel provvisorio fluire di micragnosi factotum, nella tua indifferenza distratta. D'occasione Pandora.
Frittata cosmogonica 5
Si ingolfarono singolarità-ossessione, nella gran frittata che fu fatta. 
Nazioni, stamberghe, città metropolitane. Felici pochi. Fiori e koala. Ogni individuazione incise sul gusto, sul colore residuo sul mestolo.
Questo fu il nostro modo di essere surfisti dell'amalgama.  Professoresse, arrotini, magistrati, metalmeccanici, preti e merciaie. Le cose e i loro nomi. Le categorie, le opere. I significanti nella rete delle proiezioni, dei desideri, in mezzo alle parole generantesi senza soluzione di continuità.
E le voci distoniche,  le discese nell'idioletto, a precipizio, fino alla monade, al solipsismo di ogni divergenza più o meno poetante.
Ma dietro la scena, se si andava alla ricerca del vero, mitico significato, della sostanza, dell'essenza, ci volgevamo  incontro al non-nulla.
L'opaco,  noioso - fastidioso definitivo ronzio - gran mare dell'essere.

3 commenti:

  1. Simpatiche e comiche le frittate del cosmo... Alle volte c'é proprio bisogno di una risata mattutina...

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  2. esilarante il tutto, ma la frittata finale è da stretta di mano. Grazie
    peppe murro

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  3. Visionario e lussureggiante nella sua prosa "plurifantaconnotata" (l'aggettivo è mio, per quanto improvvisato, ma lo metto ugualmente tra virgolette, forse per il fuggevole desiderio di autocitarmi). Venato di ironia e di umorismo, si presenta come un'affresco storico dall'arcana escatologia. Bello e piacevole. Va riletto per essere meglio gustato.

    Giuseppe Novellino

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